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SANTINA
GERVASI, Amori Affetti Ricordi
Solitudine Speranza, CENTRO CULTURALE DI STUDI STORICI- “IL SAGGIO”,
EBOLI, 2010.
Recensione
di Umberto Tenuta Non entro nel merito del libro, questa volta di
poesie, di Santina Gervasi. Altri ne hanno letto l’estro e il
significato poetico. A me interessa che questo libro sia stato scritto da
un’insegnante, non importa se di scuola primaria, perché la poesia ha un
triste destino nella scuola. Nella Scuola primaria le poesie si imparano
a memoria e tutto finisce qui. Nella Scuola secondaria si spiegano e,
per meglio spiegarle, si traduco in prosa. Invece, dovrebbe essere lapalissiano che la poesia è
altra cosa della prosa. Un ragazzo di una classe di scuola secondaria di primo
grado, ai cui alunni la
Professoressa di lettere aveva fatto leggere poesie per un’intera
mattinata, mi raccontava che, dopo cinque ore di lettura delle poesie
più belle che lei era riuscita e mettere assieme, le si rivolese
dicendole: Professoressa, ma la pelle si accapponava! La Professoressa però mi manifestava il dubbio di
avere sprecato cinque ore di lezione per leggere poesie e chiedeva il
mio parere, giustificandosi col dire che però aveva dato un compito per
casa, nel quale gli alunni avrebbero dovuto esporre quello che avevano
inteso. La mia reazione immediata immediata è stata quella di
dire alla Professoressa che l’unica cosa sbagliata era questo compito. Non ne ho avuto il coraggio e le ho scritto che la
cosa andava bene se gli alunni, nel fare il resoconto della mattinata,
avessero sentito “accapponarsi” la pelle come era avvenuto durante la
mattinata. La poesia è poesia. Non può essere tradotta in prosa,
a meno che la prosa non si presenti come poesia. Ma tant’è, nelle scuole si interpretano le poesie, si
spiegano, si traducono in prosa. Ovvero, per essere espliciti, se le poesie non restano
poesie, scritte in versi e vengono tradotte in prosa, non sono poesie. Ritengo che questo sia, dal punto di vista pedagogico,
il maggior merito della Gervasi, maestra che scrive, legge e fa leggere
poesie. Ora, in pensione, non lo fa più, perché nessuna
collega la chiama a leggere poesie ai propri alunni. E allora? Allora, gli insegnati dovrebbero imparare dalla
maestra Gervasi che la poesia è una delle cose più belle che la scuola
può coltivare. Se è vero quello che, come
dice il poeta latino
Publio Terenzio Afro,
<<Homo
sum, humani nihil a me alienum puto>>[1],
allora,
tra le varie attività di
apprendimento, nella scuola vi dovrebbe essere anche la lettura delle
poesie, da parte degli insegnanti, non importa di quale disciplina, ma
anche da parte degli alunni. Ritengo il libro della Gervasi un invito in questo
senso. E, se la
poesia è tutto,
Amori Affetti Ricordi Solitudine Speranza,
allora essa assolve
ad uno dei compiti più importanti della scuola, chiamata a promuovere la
formazione integrale della personalità degli alunni. Vorrei
aggiungere che la poesia non è un’isola felice della scuola, riservata
all’ora di Italiano, perché la Matematica è poesia[2],
la Storia è poesia, le Scienze sono poesie… Il mondo, nelle sue diverse sfaccettature geografiche,
storiche, scientifiche ecc., è anche poesia! La maestra Gervasi, anche nel titolo del suo libro, ce
lo insegna.
E noi gliene siamo grati, soprattutto se gli
insegnanti, e non solo essi, sapranno sentire la poesia dei versi di cui
ci ha fatto dono e sapranno comunicarla ai loro alunni.
[1] Frase in
lingua latina che significa letteralmente: «sono
un essere umano,
non ritengo a me estraneo nulla di umano» (in parole più
semplici: «Nulla che sia umano mi è estraneo»). La frase
è di
Publio Terenzio Afro
che la usò nella sua
commedia
Heautontimorùmenos
(Il punitore di se stesso, v. 77) del
165 a.C.
[2]
Pitagora diceva che il mondo è numero e, perciò, si chiama
cosmos, cioè
bellezza, da cui, ieri e oggi, tutti i cosmetici!
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