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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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BAUMAN: VITE DI CORSA NELLA SOCIETA’ LIQUIDA
Spunti di riflessione su alcune opere di Z. Bauman

di Umberto Landi

La perdita di senso del tempo - tipica della condizione umana nella ‘modernità liquida’ - è uno degli aspetti fondamentali dello scenario nel quale Bauman vede persone e gruppi sociali muoversi in un dinamismo frenetico che travolge ogni dimensione della vita.

Nella società liquida prevalgono quelle che Bertman, citato in Vite di corsa, ha definito 'cultura dell’adesso‘ e ‘cultura della fretta’ che insieme mettono in crisi anche le dimensioni costitutive più intime della personalità e del comportamento, come le aspirazioni e le potenzialità di costruirsi persone, cioè soggetti capaci di pensare, di aderire a principi e obiettivi di autoregolazione e soddisfazione, di instaurare relazioni interpersonali gratificanti e portatrici di un equilibrio emotivo non effimero.

Quella che fino a qualche anno fa caratterizzava la vita dei soli giovani e giovanissimi, presi in un perpetuo e trafelato presente in cui tutto è affidato all’esperienza del momento, sembra ormai la condizione umana generalizzata.

 

Non so se è metodologicamente corretto recensire insieme più di un’opera di un Autore.

Sono indotto a farlo per diversi motivi. Il primo deriva dalla ‘storia personale’ e dal profilo culturale dell’Autore che negli ultimi decenni ha rivolto le sue analisi su una molteplicità di campi di indagine..

Dopo intensi studi di questioni di filosofia politica e di sociologia generale, da diversi anni Bauman va dedicando un’attenzione sempre più specifica ad atteggiamenti e comportamenti umani, soggettivi e collettivi, nella società postmoderna e globalizzata, che egli preferisce definire liquida, con una suggestiva connotazione metaforica che in opere successive riferisce alla vita, alla paura, all’amore.

Non è difficile ritrovarsi nelle analisi descrittive di una quotidianità diffusa con le quali, di volta in volta, egli sostiene la sua tesi. Viene facile vedervi più o meno riflessi aspetti della vita di persone e gruppi sociali che si lasciano trascinare da una sorta di coazione consumistica che sospinge verso un ruolo ineluttabile di consumatori, mettendo in crisi identità e possibilità di esercitare spazi ragionevoli di autonomia, di decisione soggettiva, di rapporti umani significativi e di interessarsi a problemi comuni e collettivi.

Il senso di insoddisfazione e di incertezza ( già delineato in Società dell’incertezza e voglia di comunità) che consegue ad un ritmo/scenario di vita consumistico e competitivo, dove per occupare la scena bisogna cacciare via gli altri, ha indotto Bauman a ribadire in seguito (Conferenza tenuta a Bologna tre anni fa) che ‘siamo condannati a vivere in un’incertezza permanente’, che è causa ed effetto di precarietà emozionale e instabilità relazionale e valoriale.

In un processo continuo di ampliamento/specificazione dei suoi campi di analisi, sul finire del secolo Bauman con Modernità liquida apre il ciclo che gli ha procurato maggiore notorietà, a livello mondiale, quello della ‘liquidità’, caratteristica emblematica della postmodernità. Da allora il sociologo polacco, con ritmo incalzante, ha analizzato aspetti specifici della condizione umana nella società liquida vischiosamente connessa alla vita liquida.

 

 “Vita liquida” e “modernità liquida” sono profondamente connesse tra loro. … Il carattere liquido della vita e quello della società si alimentano e si rafforzano a vicenda. La vita liquida, come la società liquido-moderna non è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo”. (Vita liquida, Introduzione, pag. VII).

E più recentemente preso atto che la sindrome consumistica è fatta tutta di velocità, eccesso e scarto (Consumo, dunque sono, pag. 108) riprende l’analisi delle ripercussioni del consumismo sui comportamenti delle persone nella società globalizzata.

A ben considerare l’orizzonte di problemi sui quali ─ di anno in anno ─ sofferma l’attenzione e le modalità con cui li analizza, non è facile definire il profilo di Bauman. Sociologo ? Filosofo ? Qualcuno lo ha definito ‘anatomista’ della società contemporanea. Senza nulla togliere alla sua eccellente capacità descrittiva del nostro tempo e dei meccanismi socio-economici che influenzano bisogni e comportamenti umani, a ben leggere le sue tante opere sulla ‘liquidità’ della vita delle persone, delle loro relazioni, delle motivazioni dei loro comportamenti, alla fine, dopo la diagnosi e la interpretazione, sostenuta anche da studi di altri autori, resta ─ e non è poco ─ il contributo ‘propositivo’ del suo pensiero che non manca in nessuna delle sue opere. Qualcuno si è chiesto anche se egli sia ottimista o pessimista. Senza rievocare una frase fatta di qualche anno fa, si nota chiaramente che il rigore dell’analisi non gli consente di prefigurare prospettive rosee o soluzioni facili. Ma dove più dove meno, nelle diverse opere, a un certo punto Bauman dismette i panni del sociologo e assume quelli del saggio e del filosofo sociale, quasi del pedagogo che ─ pur consapevole delle difficoltà di tracciare ipotesi e vie di uscita ─ fornisce qualche indicazione praticabile, nonostante tutto, che affida però alla disponibilità di uomini e donne del nostro tempo, considerati nella non facile intersezione di individuo e persona nel significato specifico che egli attribuisce a questi termini.

 

Questo avviene quasi sempre nella seconda parte delle sue opere, che perciò bisogna avere la cura e la pazienza di leggere per intero, resistendo alla tentazione – che pure può affiorare – di non andare fino in fondo perché talvolta l’analisi della quotidianità sembra rasentare l’ovvio o il già sentito. Egli infatti costruisce le sue argomentazioni sulla base di dati e di contributi di ricerca di una infinità di studiosi di molti campi di indagine.

Parti preziose delle riflessioni di Bauman sono sintetizzate in capitoli dai titoli invitanti e propositivi:“Far affiorare le paure”, “Il pensiero contro la paura” (ultimi due capitoli di Paura liquida);“ Imparare a camminare sulle sabbie mobili” (pare di risentire uno dei Frammenti apocrifi di Borges quando dice che dobbiamo ‘costruire sulla sabbia come fosse pietra’), “Pensare in tempi oscuri, rileggendo Arendt e Adorno” (ultimi capitoli di Vita liquida).

Altre volte nel titolo stesso ( non solo in italiano ma anche in edizioni originali) si trovano espresse le istanze dialettiche del rigore dell’analisi e della possibile scommessa per non rimanerne schiacciati. Senza facili illusioni, sembrano elementi utili che possono suggerire una qualche via di uscita ─ per quanto impervia ed estremamente impegnativa ─ che non può non cercare di tentare chi non vuole rassegnarsi all’apatia e alla perdita di identità e di senso, almeno di se stesso e della propria esistenza.

 

Un consiglio e un criterio

Conoscere il pensiero di Bauman può essere, anzi è, senz’altro interessante e utile per le persone che si occupano di processi e problemi educativi e, in genere, di problemi socio-culturali. Per molteplici ragioni. Ma chi vuole farlo dovrebbe cercare di evitare un rischio paradossale e un ‘effetto perverso’ quello, cioè, di cadere nelle trappole del ‘consumismo’ che l’Autore vorrebbe vedere – se non evitato – almeno contenuto e dominato da parte dei suoi lettori,e non solo.

È probabile che l’interesse per i suoi libri, che si susseguono a breve distanza di tempo (spesso più di uno nello stesso anno intorno allo stesso tema), e si richiamano (per la ripresa o l’approfondimento di problematiche già trattate) possa indurre una sorta di sindrome consumistica spingendo i lettori ad acquistarli tutti fino all’ultimo.

Non conviene; e, per certi aspetti, forse non è necessario se si vuole cogliere e valorizzare il senso dei contributi di riflessione che l’anziano studioso va elaborando da molti anni sul nostro tempo e sui comportamenti diffusi tra noi che lo viviamo.

Per fare tesoro delle sue riflessioni ed indicazioni potrebbe anche bastarne uno di ogni ciclo (se così si può dire), da leggere però a fondo, utilizzandolo cioè per ‘fare una pausa e pensare’ , come egli dice all’inizio del primo capitolo di L’arte della vita (2009). È vero, i ‘cicli’ (o campi di analisi) di Bauman sono tanti e bisognerebbe avere cura (o la fortuna) di sceglierne qualcuno tra gli scritti ‘fondamentali’. “Vite di corsa” non mi sembra tale. Raccoglie una lezione magistrale tenuta da Bauman a Bologna e non esprime concetti ‘nuovi’, in quanto sintesi di argomentazioni già presenti in precedenti opere. Per la verità, bisogna anche riconoscere e sapere che l’anziano studioso non ha la primogenitura o l’esclusiva delle problematiche che affronta e delle analisi che effettua. Ha avuto però, ed ha senz’altro, una singolare capacità di rendere affascinante la descrizione di problemi e processi nei quali tutti siamo immersi e di portarli all’attenzione di un vasto pubblico che, se vuole, può servirsene per capire e intervenire con qualche efficacia nei campi di azione di sua competenza. Purché l’interesse sia sostenuto da intento non superficiale di cambiamento o almeno di ‘resistenza’ alle conseguenze e ai rischi dei macroprocessi che stritolano il soggetto nella società post- moderna.

 

Ma Bauman ‘colpisce’ ancora

Tra i tantissimi libri di Bauman, come dicevo, non è facile ‘scegliere’ e orientarsi, perché i cicli (o campi di analisi) non solo sono tanti ma quasi sempre contengono rimandi, riprese, approfondimenti e integrazioni, inquadrabili in una quasi ineludibile ottica sistemica dove tutto si tiene e dove il Nostro non smette di sorprendere e di suscitare interesse con la sua produzione a getto continuo, richiamando magari argomenti già trattati qualche anno fa. E, tranne che per qualche aspetto, non si tratta di mere ‘ripetizioni’, bensì di riprese e puntualizzazioni.

C’è sempre qualche spunto nuovo e qualche spiraglio di prospettiva o qualche ipotesi di comportamenti possibili di cui egli delinea la praticabilità nella società liquida della postmodernità, nel contesto consumistico diffuso e negli scenari della globalizzazione.

Che fare dunque? Continuare ad acquistare e a leggere i libri di Bauman? O scegliere di utilizzare qualche ‘filone’ del suo pensiero riferito alla politica, alla morale (cui ha dedicato particolare attenzione nell’ultimo anno), all’educazione delle nuove generazioni?

Orientamenti in tal senso ci sono già e vanno tenuti in dovuta considerazione, anche perché –senza nulla togliere ad una lettura personale degli scritti di Bauman– una lettura ‘esperta’ può fornire qualche chiave di lettura. Uno sguardo panoramico sulla sua vastissima produzione senza pregiudicare la libera lettura può servire ad orientarsi e ad evitare il rischio di disperdersi in una produzione così vasta.

 

Per quanto riguarda la scuola e l’educazione, alcuni pedagogisti italiani hanno già cercato di analizzare il pensiero di Bauman per coglierne spunti di riflessione utili per coloro che si occupano di problematiche educative nel nostro tempo. Alba Porcheddu, ad esempio, (docente all’Università La Sapienza di Roma ), dopo aver pubblicato una lunga intervista con Bauman, sull’educazione (Anicia, 2005), ha curato un’opera collettanea: La crisi del soggetto nella modernità liquida. Una nuova sfida per l’educazione, Unicopli, Milano, 2006. Ma non si tratta di un caso isolato, perché le analisi ‘sociologiche’ di Bauman interpellano fortemente educatori e docenti che cercano di affrontare i problemi dell’educazione e della formazione nella società complessa non con teorie ingenue ma con la consapevolezza e la competenza di ‘professionisti riflessivi’.

Docenti ed educatori –e tutti coloro che ambiscono ad un ruolo di ‘intellettuali’– possono inoltre trovare senz’altro utile la lettura di un’opera di Bauman tradotta in Italia nel 2007 da Bollati e Boringhieri, La decadenza degli intellettuali, che nel titolo originale bene e meglio esprime il problema di fondo sul quale egli vuole richiamare l’attenzione: il loro passaggio da Legislators a Interpreters, ossia lo scadimento del loro ruolo nella società postmoderna.

Ma Bauman forse si rivolge non ad un pubblico ristretto bensì aperto e vasto (1), auspicando che gli uomini e le donne del nostro tempo riescano a realizzare nei diversi momenti della loro esistenza una sintesi virtuosa tra individuo e persona, com’egli li intende, senza farsi schiacciare, anzi senza annullarsi, nello sciame inquieto dei consumatori. Lo studioso polacco sa che non è facile oggi assumere atteggiamenti e comportamentiappropriati’, tra l’etica del lavoro e l’estetica del consumo. Lo si avverte chiaramente non solo in Le sfide dell’etica (1996), ma anche in alcune opere degli ultimi anni, come Homo consumens, nel cui sottotitolo troviamo l’efficace metafora dello sciame inquieto.

Ancora meglio in L’arte della vita (2009) dove delinea la scommessa ardita –per gli uomini contemporanei– di dare prova di inventiva, creatività, riflessione e impegno personale tenace (per decidere e riuscire ad agire di conseguenza) e quindi anche di capacità di sofferenza, dolore e ricerca faticosa, continua e profonda.

A ben leggere anche negli ultimi scritti, alla fine, Bauman fa appello al soggetto-uomo/donna del nostro tempo visto nella intersezione individuo-persona, ovviamente senza maschera.

E non è un fatto casuale. Anzi penso che sia un suo preciso modo di considerare le funzioni e il ruolo della Sociologia. Nell’ambito di polemiche insorte anche in ambito accademico, per il calo del numero di iscritti ai corsi di laurea in sociologia, e di fronte ad accuse malevole che gli rinfacciavano di fare analisi senza formulare proposte conseguenti, Bauman si è difeso dichiarando apertamente che Il compito della sociologia è venire in aiuto dell´individuo. Dobbiamo porci a servizio della libertà. È qualcosa che abbiamo perso di vista’.

Credo che per queste ed altre considerazioni, il pensiero e le opere di Bauman da alcuni anni sono oggetto di studio da parte di pedagogisti e uomini di scuola alla ricerca non certo di ‘ricette’ ma di possibili orizzonti di senso e di ancoraggi non superficiali al meglio della riflessione sociologico-filosofica sul tempo presente, al fine di fondare e impostare l’azione educativa su basi non illusorie e non arrendevoli ma realistiche, progettuali, per un’azione –quella di educare e orientare i comportamenti delle nuove generazioni– sempre più difficoltosa e sempre a rischio; oggi più che mai.

 

Tra le poche ‘vie’ percorribili, Bauman a un certo punto ipotizza anche un "Empowerment", che egli vede ed auspica come "capacità di compiere scelte ed agire efficacemente in base alle scelte compiute". Anche se non è proprio questo il compito del ‘sociologo’, egli getta così –come è stato notato─ un asse fra passato, presente e futuro, legando le scelte in una sequenza dove il tempo non è una trama "puntillistica" di attimi, ma una curva evolutiva che solo la nostra volontà può inclinare verso l'alto o verso il basso.

(1)   ad un pubblico ancora più vasto sembra rivolgersi con l’ultima sua opera: Vite che non possiamo permetterci, trad. it. di Marco Cupellaro, Laterza, 2001, in cui evidenzia in particolare la crisi del credito che a molti è  apparsa come un ‘fallimento’ del sistema bancario mentre in effetti è stato uno straordinario successo mondiale delle banche che sono riuscite  a  trasformare una grande maggioranza di uomini e donne, vecchi e giovani, in una razza di debitori. Le banche hanno ottenuto quello che volevano: una razza di eterni debitori che vive in una condizione di indebitamento che si autoperpetua’. E questo è accaduto per effetto di quei comportamenti indotti dalla globalizzazione e dal consumismo di cui l’anziano sociologo, da anni, si occupa con tagliente acume – non scevro da sottile  ironia.


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