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A CINQUE ANNI: NON è QUESTO IL PROBLEMA! Umberto Tenuta Da
un secolo si è scoperta l’infanzia come età della fondazione
dell’uomo. S.Freud
e M. Montessori
[1]
ne sono stati gli antesignani, ma tutto il
secolo XX non ha fatto che confermare che l’età della ragione,
quando i bambini vanno a scuola, non
comincia a sei anni, ma molto prima. Oggi
anche le neuroscienze insegnano che la struttura della mente si
realizza soprattutto nei primissimi tempi della vita del singolo
individuo. G.
Doman
[2]
ha dimostrato che l’età più adatta per
cominciare a imparare a leggere è quella dei diciotto mesi.
M. Ibuka
[3]
ha aggiunto che a tre anni, non solo si
legge, ma si suona anche il violino. In Italia, R.Titone ha parlato
di bilinguismo precoce
[4]
. Non
ultime, le precoci competenze informatiche dei bambini di cui tutti
siamo costretti a prendere atto
[5]
. I
genitori ne sono pienamente consapevoli e pretendono che i loro
bambini vadano alla scuola dell’infanzia prima dei tre anni e
soprattutto vadano in seconda elementare a sei anni, frequentando la
“Primina” nella scuola dell’infanzia. Moltissimi
bambini ormai non frequentano più la prima elementare, soprattutto
i bambini appartenenti alle classi sociali medie e alte. Restano
come sempre discriminati i bambini appartenenti alle classi sociali
più svantaggiate. In
effetti, la situazione attuale è ancora una volta una situazione di
discriminazione a danno dei ceti sociali più depressi. Soprattutto
a questi ceti
appartengono i pochi bambini che non imparano a leggere ed a
scrivere a cinque anni. Il
mantenimento dell’ingresso a scuola a sei anni varrebbe solo o
soprattutto per i bambini appartenenti a famiglie svantaggiate sul
piano culturale, sociale ed economico. Si
vuole ancora
mantenere questa situazione di discriminazione? Se
la nostra analisi è sbagliata e se veramente si ritiene che i
bambini, tutti i bambini, debbano andare a scuola a sei anni, allora
si abbia il coraggio di abolire l’esame di idoneità alla seconda
classe! Questo
è il discorso sul piano sociologico. Sul
piano psicopedagogico, poi, non sembra che si possa dimenticare
l’affermazione del Bruner, secondo la quale <<si può
insegnare in forma onesta qualsiasi argomento a chiunque, in
qualsivoglia età>>
[6]
. Anche
le critiche sul piano cognitivo ed emotivo non possono prescindere
dall’impostazione metodologico-didattica (<<forma onesta>>)
che si dà alla scuola. Certamente, se si rimane
ancorati alla visione della scuola autoritaria e della
lezione frontale, le critiche possono risultare fondate, ma se si
pensa alla nuova scuola, a quella che dovrebbe essere la scuola di
oggi e di domani, allora non si giustificano le riserve, né in
ordine alle possibilità di apprendimento, né in ordine allo
sviluppo emotivo-affettivo dei bambini. Nessuno
oggi chiede
che la <<vivacità di un bambino di cinque anni>>
[7]
sia repressa, né
a cinque, né a sette anni, quando entra nella scuola
elementare, ma nemmeno a due o a tre anni, quando entra nella scuola
dell’infanzia. E,
poi, chi ha detto che la scuola
<<non può concedere spazio alla creatività ed alla
fantasia>>? Non
sono proprio i Programmi didattici del 1985 che dedicano un intero
paragrafo alla Creatività? Finiamola
di gridare Al lupo al lupo! La
nuova scuola, quella che oggi dovrebbe essere la scuola
dell’infanzia e la scuola elementare (ma anche la scuola media e
la scuola secondaria),
è, e deve essere, una scuola diversa da quella che era la
scuola di un secolo fa. Che
poi la scuola continui ad essere quella che era un secolo fa, è un
altro discorso. Ma,
allora, il problema non è quello di non mandare alla scuola
elementare i bambini a cinque anni, perché vi stanno male anche a
sette anni, anche a undici anni, anche a quindici anni! Allora,
il problema, che è poi il vero problema della scuola
[8]
, è il problema del rinnovamento della
scuola, rinnovamento
che riguarda non tanto gli ordinamenti, le annualità, la
primarietà e la secondarietà, quanto il modo di fare scuola, come
hanno ben capito gli Americani con la Riforma Bush. Nel
presentare la Legge di riforma della scuola americana, sottoscritta
dal repubblicano Bush e dal democratico Kennedy,
su Repubblica del 9 gennaio 2002, Vittorio Zucconi scrive che
si tratta di una riforma che <<non pretende di
stravolgere cicli, di cambiare curricula o di reinventare l'insegnamento>>
ma
che <<parte invece dal presupposto, così
classicamente americano, che la sostanza importa più della
confezione e il problema delle scuole americane non sono le materie
di insegnamento o i computer in classe, ma il modo con il quale sono
insegnate>>. Da
mezzo secolo stiamo discutendo dell’organizzazione della scuola,
di un anno in più
o di un anno in meno, dimenticando che quelli che contano non
sono gli anni, le classi, i calendari, i docenti primari e i docenti
secondari, ma quello che conta è il modo di fare scuola. Se
l’attenzione si sposta dall’insegnare all’apprendere e si
realizza veramente la centralità degli alunni nei processi
apprenditivi, allora la scuola cessa di essere il luogo della pena
di apprendere e diventa
il luogo della gioia di imparare
[9]
, a due, a tre, a cinque, a undici, a
quindici anni! Vogliamo
anche noi italiani essere un po' più pragmatici, come gli Americani
di Bush e di Kennedy, ed occuparci, non dell’età in cui i bambini
vanno a scuola , ma di come i bambini imparano a scuola? Questo sarebbe finalmente un discorso serio! [1] MONTESSORI M., La scoperta del bambino, Garzanti, Milano, 2000. [2] Doman G., Leggere a tre anni. I bambini possono, vogliono leggere, Armando, Roma. 1991. Ma vedi anche: Hughes F., Leggere e scrivere prima di andare a scuola, Armando, Roma, 1984. [3] Ibuka M., A un anno si pattina, a tre si legge, e si suona il violino, Armando, Roma, 1984. [4] Titone R., Bilinguismo precoce e educazione bilingue, Armando, Roma, 1993. [5] Antinucci F., Computer per un figlio, Laterza, Bari, 1999. [6] BRUNER J. S., Dopo Dewey, Armando, Roma, 1970, p. 27. [7] Dichiarazione di Luca Volontà, Corriere della sera del 13.1.2002. [8] Umberto Tenuta, Riforma più Urgente in DIDATTICA@EDSCUOLA.COM [9] In merito cfr.: Umberto Tenuta, Gioia di Imparare; Gioia di imparare / Gioia di insegnare ; Gioia e Gusto di Imparare in DIDATTICA@EDSCUOLA.COM |
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