VIVERE IN UN MONDO DI CLONI

Salvatore   Bini

 

Nell’immaginario collettivo, l’idea della clonazione [1] di soggetti umani produce sentimenti controversi: da una parte essa solletica le fantasie legate al senso di onnipotenza dell’intelligenza e delle capacità tecniche e creative dell’uomo e ad una sconsiderata e acritica fiducia incondizionata nelle possibilità della scienza e della tecnica di oggi; da un’altra parte essa fa emergere e sostiene preoccupazioni, ansie e paure nell’uomo, tra le altre che lo assillano, principalmente provenienti dal fatto che tale idea richiama alla mente non mondo di individui-persone, ma uno scenario di esseri “fotocopiati”, duplicati o riprodotti in serie.  Si teme che il mondo, che già di per sé fornisce e induce  comportamenti “inautentici” e sempre più standardizzati per gli effetti della globalizzazione e del contagio di bisogni rispondenti più alle leggi dell’economia che alle logiche dell’esistenza, possa appiattire anche la differenziazione somatica e genetica, costringendoci ad “essere gregge” indifferenziato e a perdere, oltre a quella piscoculturale, anche l’identità biologica. Metaforicamente richiamiamo in negativo il modello della clonazione quando vogliamo difendere il principio della “singolarizzazione” o vogliamo affermare il valore della irripetibilità del soggetto umano, nella sua situazione bioevolutiva, psicologica e socioculturale, vale a dire nei caratteri sinergici che definiscono la sua identità e la sua personalità. 

Preso in se stesso e nel suo significato originario, il concetto presenta,  comunque, problematiche delicate e profonde, che è opportuno considerare, seppure brevemente.

Il dibattito sulla clonazione applicata all’uomo si pone oggi in maniera molto complessa, come complessi sono sostanzialmente il pensiero ed i modelli culturali che ci coinvolgono. È possibile riferire la clonazione a due dimensioni distinte e contrapposte, ma appartenenti a due “linguaggi” mossi da logiche, metodi e regole tra di loro molto diversi: da un lato vi è la dimensione scientifica, entro cui vanno considerati gli assertori della inarrestabilità della ricerca scientifica e della sperimentazione avanzata, soprattutto nel campo della genetica, che stanno facendo realizzare il  progetto genoma che ha consentito la lettura del Dna e che adesso mira alla sua decifrazione [2] e la  manipolazione genetica ai vari livelli e con interessi da parte dei ricercatori molto diversi tra di loro. Da un altro lato vi è la dimensione etica, in forte ripresa nella speculazione filosofica di oggi, entro cui spiccano, pur non essendo i soli, le problematiche etiche e morali, dalla bioetica all’agire comunicativo e dalla ricerca della qualità e del senso della vita ai progetti riferiti all’eugenismo o all’eutanasia, che proprio la ricerca scientifica e tecnologica e le teorie della comunicazione e dell’informazione, con le loro “derive” o incontrollate impennate e spinte in avanti  “senza valori”, hanno determinato.

Al di là di ogni possibile suggestione richiamata dal termine o di ogni enfasi, va preliminarmente chiarito che, nel suo significato scientifico, la clonazione sta a significare una riproduzione di esseri viventi che si realizza in forma asessuale e agamica, nel senso che l’atto riproduttivo che ad essa è riferito non richiede una coppia generante per cui non c’è più bisogno dell’incontro tra il gamete maschile (spermatozoi ) e quello femminile(uova). Nel meccanismo della clonazione la fecondazione viene sostituita dalla «fusione di un nucleo prelevato da una cellula somatica, dell'individuo che si vuole clonare, o della cellula somatica stessa, con un ovocita denucleato, privato cioè del genoma di origine materna. Poiché il nucleo della cellula somatica porta tutto il patrimonio genetico, l'individuo ottenuto possiede — salvo alterazioni possibili — l'identità genetica del donatore del nucleo. È questa essenziale corrispondenza genetica con il donatore che induce nel nuovo individuo la replica somatica o copia del donatore stesso» [3] .

Questa procedura, applicata fino ad oggi a molti vegetali e a mammiferi – si pensi alla clonazione della famosa pecora scozzese Dolly nel 1997, è diversa dalle tecniche di fecondazione artificiale finora praticate e soltanto impropriamente può essere accomunata alla scissione gemellare artificiale (splitting). Con la clonazione si producono  individui biologicamente uguali all’individuo che ha fornito il patrimonio genetico nucleare tratto da una cellula del proprio organismo e non più dall’incontro di gameti di individui eterosessuali. Le conseguenze di tale progetto sono ancora sfumate ed indefinite: si pensi a cosa potranno significare per la ricerca futura concetti o modelli come “autoclonazione”  o “incrocio di diversi codici genetici” o “clonazione terapeutica”. E si pensi anche a quali paradossi si potrebbe arrivare: da uno stesso individuo si potrebbero avere più cloni, anche in tempi diversi e successivi alla sua morte, il che vorrà anche dire che l’autoclonazione offrirebbe la possibilità di avere individui-cloni che, oltre ad essere figli del donatore sarebbero anche suoi gemelli “posticipati” !

Ma, per adesso, la clonazione non significa ancora la sostituzione di un metodo riproduttivo per accoppiamento o sessuale con un altro che fa a meno della coppia che pure trova riscontri in natura, sebbene tra organismi semplici e le piante [4] .

Secondo Maurizio Zuccotti, docente presso l’Università di Parma, oggi, la ricerca sulla clonazione si orienta su questi tre itinerari: «la clonazione terapeutica di cellule embrionali , ricavate dagli embrioni in soprannumero prodotti per la fecondazione assistita. La clonazione terapeutica di cellule già differenziate, prelevando il Dna di queste ultime…l’uso di cellule staminali» [5] , che sono cellule non differenziate e totipotenti, capaci, cioè, di autoreplicarsi e generare cellule differenziate  Queste ricerche perseguono  finalità terapeutiche: l’obiettivo della clonazione, osserva M. Zuccotti , «non è certo produrre copie di uomini in laboratorio, ma studiare meccanismi cellulari che ci aiutino a capire meglio come si sviluppano certe malattie o a ottenere tessuti e organi da trapiantare» [6] . 

Ma chi può dire che l’uomo conterrà la ricerca entro questi confini e che non si possa spingere oltre, in assenza di forti vincoli etici,  sotto l’effetto dei suoi sogni di onnipotenza o a causa della sua  sete di conoscenza  unita alla sua imperizia da novello “apprendista Stregone” ?

Il procedimento che sta alla base della clonazione è molto semplice, se così si può dire, e  prevede i seguenti passaggi, sintetizzati nella tavola che segue:

q        Dal soggetto che si vuole clonare si preleva una cellula da cui si estrae il nucleo, in cui è presente il Dna, e lo si trasferisce in una cellula-uovo fornita da una donatrice (gamete femminile), dopo che da esso sia stato tolto il proprio nucleo originario (denuclearizzazione).

q        Lo zigote, costituito dall’involucro della cellula-uovo (citoplasma) e dal nucleo della cellula del soggetto da clonare,  viene sottoposta in vitro a scariche elettriche che avviano il processo di divisione cellulare, dando luogo alla formazione prima di una morula, poi di una blastula e successivamente di un embrione, che sarà impiantato in utero.

q        Si formerà, in tal modo,  un nuovo individuo che sarà un clone, vale a dire una “copia” sul piano genetico del soggetto che ha fornito il Dna.

 

Gli  aspetti scientifici e le ricerche di laboratorio sulla clonazione fanno prefigurare i risvolti sul piano dell’esistenza umana e gli strani scenari che possono intravedersi sugli orizzonti della clonazione: una vita senza diversità biologica, indebolita  per questo  nella sua lotta per la sopravvivenza ed esposta a gravi ed incontrollabili rischi, connessi a profonde mutazioni genetiche e alla sua possibile estinzione.

A conclusione di queste brevi note, ci sembra giusto esprimere le seguenti considerazioni, anch’esse sintetiche, attinenti soprattutto il piano dei significati e delle logiche.

v    La clonazione applicata al mondo vegetale ed animale, nonostante i vari rischi che comunque si corrono nell’evoluzione dell’ecosistema vegetale–zoologico e nell’applicazione in campo commerciale ed alimentare, con conseguenze non determinabili al presente sulla salute dell’uomo, potrebbe anche rappresentare dei notevoli vantaggi nel campo della ricerca e della sperimentazione medico-farmaceutica e nella produzione di proteine e sostanze per finalità terapeutiche. La clonazione applicata all’uomo presenta problemi molto più gravi e complessi rispetto alla fecondazione artificiale, del tipo : - quali rapporti ci sono tra la rassomiglianza bio-morfologica e l’identità? - quanto peseranno le condizioni ambientali, i contesti di esistenza o i sistemi culturali nella costituzione della personalità umana? - si potranno ancora utilizzare “vecchi” concetti come “eticità”, “responsabilità”, “unicità dell’essere”, “autenticità”, “filiazione” ?  - si dovrà (e si potrà) porre dei limiti alla ricerca della scienza ed alle sue applicazioni sull’uomo e gli altri viventi e sulla natura in generale ?   A tal riguardo, ciò che preoccupa è soprattutto costituito dal fatto che la libertà di ricerca e di sperimentazione scientifica ed il loro avanzamento possano porsi come “derive” nei confronti dell’essere umano, comprimendone la sua dimensione di esistenza. In tal caso, anziché di sviluppo e di estensioni delle forme dell’essere nei contesti di vita  si potrebbe finire con  il parlare di selezione, di culto della razza e di «interferenze sulla personalità di coscienza di un essere umano, vale a dire sulla autocoscienza della propria dignità e sulla coscienza sociale attribuita dagli altri» [7] .

v    E allora, è forse arrivata l’ora di chiederci, non soltanto a livello di scienze dell’educazione o di dissertazione filosofica, ma nella vita pratica di ogni giorno di ciascuno di noi, qual è il vero senso della persona umana e su quali elementi andiamo a contrassegnare i tratti dell’individualità personale, nei diversi piani e contesti di esistenza. Inoltre,  è la nostra “cultura” che dovrà chiarire quale rapporto esiste tra l’individualità biologica e quella personale, che si realizza ad un livello più alto e complesso di relazioni e che rappresenta la base su cui si costruiscono da parte del singolo soggetto l’autocoscienza e la dignità della persona umana, pur sempre nell’interazione con gli altri uomini e nella cornice della dimensione socio-relazionale.

v    Due citazioni conclusive aiutano a tenere aperta la discussione circa le implicazioni etico-religiose che la clonazione umana potrebbe comportare.

             La prima  è tratta da un documento dal titolo “La clonazione di soggetti umani” e serve a mettere in evidenza i più rilevanti problemi bioetici  che l’argomento pone alla nostra attenzione:

q    «In sintonia col Rapporto statunitense Splicing life non si può considerare questa intenzione eticamente accettabile per almeno quattro ragioni: 1) il concetto di miglioramento è materia di giudizio soggettivo; 2) il miglioramento non terapeutico apre la strada alla costruzione dell'uomo perfetto; 3) la costruzione di uomini migliori di altri infrange il principio di uguaglianza fra gli esseri umani; 4) non sono controllabili i rischi per le future generazioni» [8] .

              La seconda citazione, di taglio più marcatamente religioso, è presa da un documento della Pontificia Accademia Pro Vita, dal titolo Riflessioni sulla Clonazione :

q        « Ancora una volta all'uomo è chiesto di scegliere: tocca a lui decidere se trasformare la tecnologia in uno strumento di liberazione o diventarne egli stesso lo schiavo introducendo nuove forme di violenza e di sofferenza. Si deve rimarcare ancora una volta la differenza che esiste tra la concezione della vita come dono di amore e la visione dell'essere umano ritenuto come prodotto industriale. Fermare il progetto della clonazione umana è un impegno morale che deve anche essere tradotto in termini culturali, sociali, legislativi. Il progresso della ricerca scientifica è infatti altra cosa dall'emergere del dispotismo scientistico, che oggi sembra prendere il posto delle antiche ideologie. In un regime democratico e pluralistico, la prima garanzia nei confronti della libertà di ognuno si attua nel rispetto incondizionato della dignità dell'uomo, in tutte le fasi della sua vita e al di là delle doti intellettuali o fisiche di cui gode o di cui è privato. Nella clonazione umana viene a cadere la condizione necessaria per qualsiasi convivenza: quella di trattare l'uomo sempre e comunque come fine, come valore e mai soltanto come un puro mezzo o semplice oggetto» [9] .

 



[1]   Il termine, utilizzato in biologia, indica la possibilità di riprodurre per duplicazione il patrimonio biologico-genetico di qualsiasi essere vivente; la radice “clone”, usato anche come sostantivo, deriva dal greco klon che vuol dire germoglio o ramoscello. 

[2] La sorpresa più rilevante che ci è provenuta dalla pubblicazione della mappa del genoma (13 febbraio 2001) sia da parte   dell’organizzazione americana pubblica  Human Genome Sciences, che è collegata con la ricerca scientifica di altri Paesi, sia da parte della società privata Celera Genomics, è data dal fatto che i geni umani sono poco più di 30.000, molto in meno di quanti gli studiosi se ne aspettavano.  Se da un lato ciò può significare che abbiamo molti geni in comune con gli animali, da un altro ci fa pensare che le “basi” della vita dell’uomo sono “semplici” e che sempre più l’adattamento umano all’ambiente modella e diversifica gli individui.

[3]   Documento della pontificia academia pro vita, pubblicato col titolo “Riflessioni sulla clonazione” da L’Osservatore  Romano del 25/6/1997. Il testo è disponibile presso la libreria editrice vaticana e sul sito www.bioeticacristiana.it/testi/clonazione.html

[4]   Si pensi alla partenogenesi , per cui la riproduzione si realizza per mitosi, cioè una cellula si divide in due cellule identiche e con lo stesso patrimonio genetico di quella originaria; oppure alla gemmazione che consiste nella formazione di un nuovo organismo all’interno del corpo che lo genera da cui si distacca e continua il suo sviluppo autonomamente, ma come clone dell’organismo originario. Per gli organismi “superiori” la riproduzione naturale è sempre di tipo sessuale.

[5]   Le cellule staminali sono, ad esempio, presenti nel sangue, nella cute, nel midollo osseo e nei tessuti nervosi : sono però molto poche e difficile da individuare. La citazione è  tratta dalla rivista mensile Quark, n° 2,  aprile 2001, Rusconi  Editore, Milano, pag. 52; l’articolo dal titolo Un mondo di sole donne  è di Francesca Capelli.

[6]   In Quark, op. cit., pag. 55.

[7]   In www.gte.it/est/clonazio.html

[8]   Ivi.

[9]   Documento citato (vedi nota 13).