METACOGNIZIONE METODOLOGICO-DIDATTICA

Umberto Tenuta

Il primo criterio metodologico-didattico che riteniamo opportuno offrire ai docenti riguarda la riflessione didattica (metacognizione metodologico-didattica).

Almeno all’inizio della sua storia, nessuno ha preso per le mani l’uomo e lo ha guidato, indicandogli le azioni da compiere; né egli aveva un repertorio di abitudini da seguire.

L’uomo ha dovuto imparare tutto da sé, osservando, sperimentando, riflettendo. Agiva per soddisfare i suoi bisogni e rifletteva sui risultati.

Tra questi sceglieva quelli che risultavano più soddisfacenti.

Le azioni più congrue venivano ripetute e diventavano abiti comportamentali.

Ad un certo punto, mentre altri continuavano a ricercare strategie sempre più avanzate, alcuni si limitavano a vivere di abitudini.

Anche nella realtà della scuola avviene la stessa cosa: alcuni sono impegnati a ricercare nuove strategie didattiche, organizzative, relazionali; altri seguono la routine, ripetendo schemi d’azione consolidati dalla tradizione.

È appena il caso di evidenziare che oggi, in una realtà in rapida trasformazione ed in una scuola che è impegnata ad assicurare il successo formativo a tutti gli alunni, l’uno diverso dall’altro, non è più possibile vivere di consuetudini didattiche: non ci sono schemi operativi, programmazioni, unità didattiche, criteri didattici che vadano bene per tutte le situazioni.

Oggi, per non soccombere, il docente deve essere impegnato nella continua ricerca di soluzioni adeguate alle sempre nuove situazioni alle quali si ritrova a far fronte.

In tale prospettiva, il docente si configura, non più come un esecutivo, ma come un ricercatore: ogni docente è impegnato a ricercare le strategie educative e didattiche più adeguate ai singoli alunni della sua classe o delle sue classi.

La ricerca si fa attraverso la documentazione delle esperienze degli altri o attraverso la riflessione sulla propria esperienza.

Tutt’e due le strategie sono valide e da seguire.

Da una parte, ci si documenta, con le riviste, i libri, Internet.

Dall’altra si riflette.

Innanzitutto, ci si documenta: ogni uomo eredita le esperienze di coloro che lo hanno preceduto. Lo scienziato non perde il suo tempo a scoprire quello che prima di lui è stato già scoperto, ma il suo primo impegno è quello di documentarsi, di prendere consapevolezza di quanto è stato già scoperto nel campo che lo interessa.

Allo stesso modo, il docente si documenta relativamente a quanto deve affrontare: come altri hanno insegnato a leggere, ad eseguire l’addizione con il riporto, a studiare le regioni d’Italia, a imparare la Storia ecc.?

In un prossimo intervento, daremo alcune indicazioni per documentarsi.

In questa sede, invece, vogliamo soffermarci sulla ricerca.

Ogni docente può fare delle ricerche. Le può fare secondo modalità formalizzate, utilizzando le procedure previste dall’art. 6 del Regolamento dell’autonomia scolastica, ma le può fare anche in modo informale.

Tutti facciamo ricerca, perché tutti traiamo profitto dalle nostre esperienze personali.

Ad una condizione: a condizione che riflettiamo su quello che facciamo.

Ebbene, la qualità più significativa del docente è la sua capacità di riflettere.

L’insegnante riflessivo!

Riflettere significa non dare mai nulla per scontato, significa domandarsi sempre il perché, il come, il quando; significa ricercare sempre le strategie più adeguate.

Riflettere significa pensare, comportarsi in modo non abitudinario, da professionisti riflessivi (1).

Riflettere su quello che si deve fare.

Riflettere su quello che si fa.

Riflettere su quello che si è fatto.

Riflettere su quello che si deve fare.

Innanzitutto, occorre riflettere su quello che si deve fare.

Riflettere su quello che si deve fare significa domandarsi:

a) perché lo faccio: quali sono i fini che intendo perseguire, e questi fini sono validi?

b) come lo posso fare: quali sono le migliori strategie, per i singoli alunni?

c) con quali materiali didattici lo posso fare?

d) quali sono le modalità organizzative più valide?

Riflettere su quello che si fa

Una volta avviata l’attività didattica, occorre non cessare di riflettere su quello che avviene, su quello che fanno i singoli alunni.

Il docente "non se ne va mai per conto suo", dimenticando la scolaresca che ha davanti: i singoli alunni, che lo seguono o non lo seguono nell’esposizione, che sono impegnati o non sono impegnati nelle attività di ricerca ecc.

Il docente è sempre vigile, attento, riflessivo.

Osserva, domanda, riflette, e interviene.

Interviene, prima che gli alunni abbiano speso il loro tempo. È meglio prevenire che correggere: gli errori si imparano (Skinner).

Dagli errori si può imparare, ma solo se si riflette.

Riflettere su quello che si è fatto

Le interrogazioni, i compiti, i lavori degli alunni servono soprattutto per riflettere, per capire come è possibile fare meglio.

Occorre guardarsi allo specchio ¾ riflettersi appunto¾ per compiacersi, anche per compiacersi, di quello che si è e si è fatto, ma occorre guardarsi allo specchio soprattutto per riflettere, per riconsiderare l’attività svolta e individuare i punti di forza ed i punti di debolezza.

Occorre riflettere su quello che si è fatto, che è stato fatto, che è avvenuto, per imparare dall’esperienza.

Si può vivere una vita senza imparare nulla.

Ma ogni giorno si può imparare qualcosa.

Se si riflette!


Note

1. SCHON D. A., Il professionista riflessivo, Dedalo, Bari, 1993.


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