ONDA ANOMALA E RITMI DI APPRENDIMENTO DEGLI ALUNNI
Umberto Tenuta
Sorprende che la proposta di accorciare di un anno la durata del corso di studi venga fatta solo oggi, in occasione dell’emergenza creata dalla riforma dei cicli.
Tuttavia, nel momento in cui non si ha difficoltà a riconoscere che il 25% degli alunni può impunemente accorciare di un anno la durata degli studi primari, ci si dovrebbe domandare con quale diritto finora si sono costretti tutti gli alunni a rimanere nella scuola dell’obbligo per 8 anni e con quale diritto, domani, quando l’onda anomala sarà passata, si richiederà agli alunni di permanere nella scuola primaria per 7 anni.
Evidentemente, chi condivide la proposta ritiene che sia possibile accorciare di una anno la durata degli studi senza arrecare alcun danno agli alunni: diversamente, si avrebbe una strumentalizzazione di alcuni alunni, che verrebbero immolati alle esigenze poste dall’onda anomala.
Al riguardo, anche noi siamo convinti che l’abbreviazione del corso di studi possa essere realizzata senza alcun danno, anzi con beneficio per gli alunni che si dimostreranno "capaci" di pervenire ai traguardi apprenditivi e formativi finali dell’intero corso di studi con un anno di anticipo.
In effetti, lo straordinario evento dell’onda anomale dovrebbe portare a prendere definitivamente atto che non tutti gli alunni hanno bisogno della stessa durata degli studi per perseguire le mete formative che sono proprie di un determinato ordine di scuola .
Le durate temporali previste dall’ordinamento scolastico sono gabbie nelle quali si comprimono le possibilità apprenditive e formative, che sono diverse da alunno ad alunno, relativamente alle mete complessive dei corsi di studio ed alla singole discipline ed attività educative.
La scuola, con il suo ordinamento in classi ed annualità, ingabbia le possibilità apprenditive e formative dei singoli alunni, costringendo alcuni a procedere più velocemente ed altri più lentamente rispetto alle loro possibilità.
L’assurdità di tale situazione è stata già da tempo e più volte evidenziata ed ha portato alla creazione di scuole senza classi (Sistema di Winnetka (1), Piano Piano Dalton (2) e The non graded school) (3).
Tuttavia, nei "normali" ordinamenti scolastici si continuano a mantenere gli sbarramenti, le gabbie, i binari obbligati delle classi e della annualità scolastiche, costringendo tutti gli alunni a seguire lo stesso passo relativamente a tutte le dimensioni della loro formazione.
IL RISPETTO DEI RITMI PERSONALI DI APPRENDIMENTO
Al riguardo, però, è doveroso chiedersi con quale diritto la scuola possa costringere le persone umane, portatrici di diritti, quali sono gli alunni, a rallentare i loro processi di sviluppo e di apprendimento o ad accelerarli, vivendo i disagi e le sofferenze che nascono dall’impossibilità di procedere secondo i propri ritmi di sviluppo e di apprendimento.
In merito, è forse il caso di evidenziare che il mancato rispetto dei ritmi di apprendimento dei singoli alunni è causa di disagio innanzitutto per gli alunni più lenti, i quali prima sono costretti ad accelerare il passo per cercare di non rimanere indietro e poi sono costretti e ripercorrere il cammino fatto, ripetendo l’intero anno scolastico: perdono un anno anche quando magari avrebbero avuto bisogno solo di qualche mese in più. Tuttavia il mancato rispetto dei ritmi di apprendimento causa disagio anche a coloro che sono costretti ad attardarsi, a perdere tempi preziosi della loro vita, a vedere mortificate le loro possibilità formative. La frequenza obbligatoria da parte di tutti gli alunni delle intere annualità scolastiche previste dall’ordinamento scolastico mortifica le possibilità formative di molti alunni che potrebbero procedere più velocemente, non frequentando tutte le annualità dei corsi di studi.
Da tali considerazioni dovrebbe apparire evidente l’incongruenza delle annualità scolastiche e dei raggruppamenti degli alunni nelle classi e si dovrebbe finalmente prendere atto delle fondate ragioni dei sostenitori della scuola senza classi (Nongraded school).
In verità, i principi ispiratori della scuola dell’autonomia si pongono in tale prospettiva, nel momento in cui recepiscono il principio della flessibilità, che è principio valido, non solo in riferimento alle esemplificazioni contenute nell’art. 4 del Regolamento dell’autonomia scolastica (RAS), ma ad ogni possibile forma di flessibilità. Il RAS contiene "in nuce" il modello di una scuola flessibile in tutti i suoi aspetti e, quindi, anche relativamente alle annualità scolastiche ed ai raggruppamenti degli alunni nelle classi.
D’altra parte, non è da questo principio della flessibilità totale che trae fondamento l’attuale proposta di accorciamento di una annualità? Nessuno lo ha mai evidenziato, ma evidentemente l’accorciamento del corso degli studi viene proposta sulla base del principio della flessibilità (<<tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune>>).
Si deve perciò essere coerenti fino in fondo e prendere atto dell’assurdità degli sbarramenti annuali, che non consentono agli alunni di procedere secondo i loro ritmi, come pure il RAS richiede (<<le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell'insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni>>)
Pertanto, occorre avere il coraggio di prendere atto che va riconosciuto ai singoli alunni il pieno diritto di procedere nel corso degli studi secondo i loro ritmi di apprendimento.
In tal senso, non ha ragione di essere nemmeno la proposta di un 25% di promozioni anticipate. Si deve invece attuare una flessibilità dei percorsi formativi che consenta a ciascun alunno di procedere secondo i propri ritmi, pervenendo al conseguimento delle mete previste per il termine del settennio della scuola primaria secondo i propri tempi, che possono essere anche di 6, di 5, di 4 anni…
Si pensi agli alunni iperdotati che ad 11 anni vanno all’università!
Evidentemente, ciò dovrebbe portare a riconoscere che alcuni alunni hanno anche tempi più lunghi e che l’onda anomala si fronteggia, non solo con gli "anticipi", ma anche con i "ritardi", che peraltro non avrebbero ragione di definirsi tali, nel momento in cui si riconosce che non esiste una "normalità", perché non è una regola che il tempo necessario sia di 8, 7, 6… anni.
D’altra parte, oggi sembra "normale" che il corso degli studi primari abbia una durata di 7 anziché di 8 anni.
Al riguardo, nessuno evidenzia che le durate dei corsi di studi non possono essere determinate con decisioni legislative che non trovino fondamento in considerazioni di natura sociopsicopedagogica, con specifico riferimento ai processi individuali di sviluppo e di apprendimento.
UNA "Scuola SU MISURA"
Qualcuno obietterà che in questo modo si smantella l’ordinamento della scuola.
È così!
Si smantella l’ordinamento uniforme della scuola per rispettare i ritmi apprenditivi e formativi dei singoli alunni, i quali meritano maggiore attenzione delle astratte norme ordinamentali.
La legittimità delle durate dei corsi di studio dovrebbe trovare fondamento nelle possibilità e nei ritmi apprenditivi degli singoli alunni, che però non possono essere considerati in astratto, nel presupposto che essi siano uguali in tutti gli alunni.
La qualità della scuola si correla anche alla sua capacità di rispettare i livelli, gli stili ed i ritmi di apprendimento dei singoli alunni, adeguando ad essi i percorsi formativi anche nelle loro durate, attraverso l’attuazione di un’organizzazione educativa e didattica che risulti personalizzata, non solo negli obiettivi formativi, ma anche nelle durate dei percorsi formativi relativi ai singoli alunni.
Si dirà ancora che realizzare un’organizzazione educativa e didattica "su misura" dei singoli alunni risulta un’impresa estremamente difficile.
Certamente è più agevole procedere secondo l’ordinamento uniforme delle classi, degli orari e delle lezioni, concependo la scuola come una macchina che procede secondo tempi e modalità uniformi, uguali per tutti gli alunni.
Ma in questo modo non si rispettano i ritmi apprenditivi e formativi e quindi non si garantiscono le condizioni che possano consentire ai singoli alunni di avere successo nei processi apprenditivi e formativi, causando danni che dovrebbero risultare inammissibili.
Se le esigenze prioritarie da rispettare sono quelle degli alunni, allora occorre impegnarsi a realizzare una scuola su misura dei singoli alunni, non solo nelle strategie didattiche, ma anche nei tempi di apprendimento (Personalizzazione educativa).
L’impresa è difficile ma possibile (4).
Tuttavia, ciò che importa rilevare è che la personalizzazione educativa è ineludibile.
Il diritto all'educazione ed all'istruzione è anche il diritto a spendere utilmente i tempi della propria vita: la scuola non ha il diritto di togliere ai propri alunni un solo anno della loro vita!
La polemica innescata dall’onda anomale potrebbe risultare salutare per tutti gli alunni, favorendo l’attuazione di un’organizzazione educativa e didattica personalizzata che la Pedagogia moderna ha sempre auspicato per consentire ai singoli alunni di procedere secondo i propri ritmi di apprendimento.
Si saprà cogliere questa occasione per creare finalmente una "scuola su misura" (5) dei singoli alunni, secondo la suggestiva metafora del Claparède?
Oppure, ancora una volta, le ragioni burocratiche degli ordinamenti prevarranno sui diritti solo retoricamente conclamati dei giovani?
La posta in gioco non è da poco.
Eppure il disegno di una scuola a misura dei singoli alunni è già tutto delineato nel RAS, nel quale si prevede un’organizzazione educativa e didattica fondata sul principio della flessibilità (6).
Si tratta solo di verificare fino a che punto si è disposti a tenere presenti le esigenze dei giovani e a non sacrificarle ancora una volta sull’altare dell’uniformità burocratica, la quale purtroppo sembra dimostrarsi restia a morire anche nella scuola dell’autonomia.
WASHBURNE C.W., Winnetka, La Nuova Italia, Firenze, 1960.1