PRESENTAZIONE DEL VOLUME
UMBERTO TENUTA, Il piano dell’offerta formativa – La programmazione nella scuola dell’autonomia, ANICIA, ROMA 2001
Salvatore Bini
Rispetto alle precedenti, numerose e significative pubblicazioni dell’Ispettore Tenuta, qui siamo in una diversa dimensione e prospettiva. E non soltanto perché lo sfondo culturale – quello disegnato dalle logiche della complessità e della globalizzazione – e la referenza educativo-didattica – la scuola dell’autonomia, del successo formativo e dell’organizzazione flessibile – sono costitutivamente cambiati, ma soprattutto perché questo lavoro si pone come chiarificazione di nuclei tematici, come sistemazione di concetti fondamentali e come risultato pensato e costruito nel tempo su basi di saggezza e di riflessione, piuttosto che di scienza e di tecnologia, che pure restano tra gli interessi dell’Autore, ma in forma più ponderata e mediati da una logica più marcatamente funzionalistica.
Si tratta di un nuovo orientamento verso le dimensioni etiche e teleologiche, di una ricerca del centro aggregatore e del riferimento significante della funzione formativa della scuola, che viene intesa più come strategia educativa, che come architettura e disegno di un sistema in profonda trasformazione.
Il riferimento?
È il soggetto che apprende, considerato secondo un’ottica "personalistica", tra i cui valori sono posti in risalto quelli relativi alla unicità e irripetibilità del suo essere, alla storicizzazione e alla singolarizzazione dei suoi vissuti, vale a dire alla diversità in positivo come risorsa formativa.
Chiarisce Tenuta : «La scuola dell’autonomia si impegna a valorizzare le diversità innanzitutto attraverso la personalizzazione degli obiettivi formativi, che non possono continuare ad essere uguali per tutti gli alunni della scuola», riproponendo nella pagina introduttiva, richiamandola in altre successive, sicuramente per precisare la chiave ermeneutica del suo discorso pedagogico-didattico, la bellissima frase-programma che Edgar Faure inserì qualche anno fa nel suo famoso Rapporto:
"Ogni uomo è destinato ad essere un successo e il mondo è destinato ad accogliere questo successo" ,
che potrebbe essere associata a questa di Clyde Kluckhohn, citata dall’antropologo culturale svedese Ulf Hannerz in una suo recente scritto, che ne è sicuramente complementare:
« Ogni uomo è per ceri aspetti uguale a tutti gli altri uomini; uguale ad alcuni altri uomini; uguale a nessun altro uomo».
Il tema della diversità in educazione è centrale in quest’opera, come, d’altra parte, è costantemente ricorrente in tutti gli scritti e gli interventi elaborati o prodotti dall’Ispettore in questi ultimi tempi. Ed è proprio in virtù della sua difesa, della sua affermazione e della sua traduzione in atti concreti d’insegnamento e di relazionalità che si coglie nell’Autore l’intenzione di fare chiarezza, di essenzializzare, di significare, di esemplificare.
Da qui la necessità di superare luoghi comuni, asserzioni ovvie, principi soltanto enunciati o proclamati che finiscono inesorabilmente con il far perdere la problematicità e la valenza concettuale ai messaggi in essi contenuti.
Conseguenza diretta di questa impostazione, è l’esigenza di lasciare da parte definitivamente quella retorica della formazione che già il 34° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, relativo all’anno 2000, ha riscontrato essere troppo emergente e risonante nei documenti ufficiali e nella letteratura pedagogico-didattica, peraltro "nell’indifferenza della società", specifica il Rapporto.
I solidi agganci all’impianto valoriale personalistico e ai principi della nostra Costituzione Repubblicana e le puntuali precisazioni e chiarificazioni dei termini più "caldi", oggi utilizzati nel lessico pedagogico, consentono all’Autore di porsi al di fuori di quell’enfasi e di quella ridondanza che accompagnano, purtroppo, oggi, molti interventi nel campo, anche autorevoli. I messaggi veicolati dal testo sono, invece, ben chiari, essenziali, isolabili per poter dare corso ad azioni di ricerca e di approfondimento e, perciò, traducibili in strategie operative, al cui sostegno servono i modelli e gli schemi, non soltanto cartacei, che l’Autore validamente ci offre.
La rigorosa e puntuale sistemazione semantico-culturale, si colloca entro una logica ampia e ricorsiva, non lineare, ma organica e coerente. In tal modo, Tenuta ci rende più comprensibili e gestibili significati ed immagini mentali di particolare importanza nel campo sociopedagogico, quali:
o formazione-educazione-istruzione;
o capacità-competenze-successo formativo;
o progettazione-programmazione-curricolo- pianificazione…
Questi paradigmi sono fatti cogliere nella loro significatività ed essenzialità, oltre che nella loro interazione e sintesi funzionale.
Così il successo formativo viene inteso come logica e vincolo della scuola incentrata flessibilmente sull’allievo, perché esprime in concreto la possibilità che si possa realizzare un’educazione "piena", autodiretta, "integrale", direbbe Maritain. Ciò potrà essere possibile, chiarisce l’Ispettore Tenuta, soltanto "se si migliorano i processi di insegnamento / apprendimento", cioè se si rende la didattica efficace ed incentrata sulla considerazione dei risultati, oltre che dei processi. E qui si ritrova la piena deontologia della funzione dei docenti e di quella dei dirigenti scolastici !
Allo stesso modo, la personalizzazione della proposta di apprendimento/insegnamento, intesa come conseguenza diretta e cogente dell’affermazione sul piano etico e culturale della diversità e della differenza tra le persone, è riferita non soltanto agli obiettivi, ma anche ai percorsi, ai metodi ed agli strumenti, cioè ai curricula.
È così che la costruzione della relazione interattiva e della stretta connessione tra le conoscenze, intese come nuclei concettuali o tematici o fondanti, o come oggetti e contenuti culturali…, e le competenze, che stanno a significare ciò che il soggetto sa fare, il know-how, il sapere-come o il saper applicare le conoscenze, diventa la strategia per rendere le conoscenze, trasformate in saperi, capitalizzabili, spendibili, applicabili o sfruttabili in situazione; mentre la sintesi funzionale coinvolgente anche le altre dimensioni del soggetto è da Tenuta individuata negli atteggiamenti, che rinforzano, motivano ed orientano le attitudini ed i comportamenti verso "il saper essere e il saper vivere insieme agli altri", che per Jacques Delors rappresentano due dei noti quattro pilastri dell’educazione.
Parimenti il Pof, inteso come anima dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, viene auspicato più come risposta che come offerta: "… risposta – precisa Tenuta – alle esigenze ed alle caratteristiche, sia dei soggetti coinvolti, sia della realtà locale". In questa prospettiva il Pof potrebbe effettivamente diventare la sintesi dei diversi Piani educativi personalizzati, che ogni scuola predispone per i suoi allievi, ma dovrebbero potersi verificare alcune indispensabili precondizioni: esso dovrebbe assumere come punto di riferimento "non il successo, ma quel successo" formativo e potersi "coniugare al plurale ", "a due, quattro, dieci, cento mani", si augura l’Autore, che sono sicuramente quelle dei docenti, ma anche del dirigente, del personale Ata, degli studenti, dei genitori e delle forze socioculturali esprimibili da parte del territorio specifico.
A sostegno del Pof e delle logiche che lo animano, vi sono almeno tre impianti generali indispensabili, ben chiariti nel testo:
q la modularità didattica ed organizzativa, con i suoi requisiti della flessibilità e della "multipercorribilità" degli itinerari di apprendimento, che fanno presupporre una loro strutturazione "a rete" o a ragnatela;
q le tecnologie e, in particolare, le nuove tecnologie multimediali applicate alla didattica, che rappresentano ben altro rispetto all’alfabetizzazione informatica e all’uso strumentale del computer da parte di docenti ed allievi;
q la ricerca applicata alla situazione di apprendimento, come progettazione, attuazione, verifica ed eventualmente rimodulazione: un "progetto-azione", la chiama opportunamente Tenuta, volendo significare che la progettazione non può non essere che ricerca-azione.
«In tale prospettiva, – considera l’Autore – l’attività di progettazione non può essere concepita come mera attività di registrazione, verbalizzazione, codificazione di quanto è già acquisito, ma come processo che impegna gli operatori scolastici tutti a individuare, ricercare, sperimentare le ipotesi educative, didattiche ed organizzative che si presume possano risultare più adeguate ad assicurare a tutti gli alunni il successo formativo».
Torna, qui esplicitamente, ma in altre parti del testo implicitamente, il costante riferimento al successo formativo, che è il nucleo concettuale centrale, trasversale e ricorrente che bisogna considerare quando in modo non retorico si voglia disegnare o "narrare" la nuova scuola dell’autonomia. Esso è sicuramente il vincolo e il paradigma che regolano il rapporto tra il mezzo e il fine in educazione, ma, nello stesso tempo, è anche un costrutto culturale ed un modello relazionale, strutturato su fondamentali idee socioeducativie e sui conseguenti valori ad esse legate, quali :
q un’ idea politica: il valore della democrazia;
q un’idea pedagogica: le potenzialità educative e creative della persona umana;
q un’idea antropologica: il valore delle diversità personali e culturali;
q un’idea psicologica: le intelligenze multiple e la multidimensionalità della personalità;
q un’idea didattica: la modularità e i percorsi multipli personalizzati.
Con queste sue peculiari caratteristiche – la pervasività, l’estendibilità, le potenzialità - il "successo formativo" si pone come la vera logica e la profonda anima del Pof, perché compendia ed esprime tutti quei significati che in esso hanno veramente importanza.
I paletti segnastrada che a riguardo ci provengono dall’intero testo in esame possono essere così sintetizzati
- Il successo formativo:
v Dovrà essere assicurato a tutti e a ciascun alunno.
v Vuol dire far raggiungere i livelli più alti possibili.
v Equivale all’autorealizzazione e alla maturazione della persona.
v Aiuta a diventare adulti e a partecipare alla vita democratica.
v È generativo di ulteriori successi, lungo l’intero corso della vita.
v Ha come suoi indicatori il "successo scolastico" e lo "star bene a scuola".
v Dà significato e valenza alla funzione docente e alle altre funzioni che si esprimono nella scuola.
v É il punto di riferimento e di verifica del POF.
v Può essere assicurato soltanto se si migliora l’efficacia del processo d’insegnamento – apprendimento.
A far migliorare il processo d’insegnamento /apprendimento, però, concorre un buon sistema di valutazione, che si pone come meccanismo di garanzia della buona riuscita del Pof e del conseguimento del successo formativo da parte degli allievi.
Anche qui un passaggio obbligato : «Solo i protagonisti dell’autonomia – considera l’Ispettore Tenuta – possono essere i titolari della valutazione … E, nella scuola dell’autonomia, sono e debbono diventare autonomi, non solo i docenti, ma anche gli alunni…».
Valutazione formativa, dunque, che regola ed orienta i processi d’insegnamento / apprendimento, che ridisegna o consolida, a seconda dei casi, i percorsi, le modalità e le strategie didattiche e che sostiene le identità "personali, sociali, culturali e professionali", precisa l’Autore; ma anche e soprattutto autovalutazione, che non è soltanto dei docenti e degli altri operatori scolastici, nei termini di autoanalisi e di monitoraggio, ma è anche degli alunni e degli studenti, se si vuol essere coerenti con gli obiettivi educativi connessi ad un apprendimento autodiretto, sebbene guidato e sostenuto dai docenti-mediatori e facilitatori, e ad una formazione "piena" e "consapevole" da parte di tutti gli allievi e di ciascuno di essi, in particolare.
Tante altre riflessioni il testo di Tenuta ci indurrebbe a fare, ma non è possibile dilungarci oltre.
In conclusione, vorrei, però, aggiungere un’ultima considerazione generale.
A me sembra che, in rapporto a tutta l’ammirevole produzione editoriale dell’Ispettore Tenuta, comprese le pubblicazioni on line, ed in riferimento ai numerosissimi interventi direttamente svolti in esperienze di formazione del personale docente e dei dirigenti scolastici, questo possa essere considerato come un libro del disincanto e dell’impegno:
v del disincanto perché, sebbene in un contesto culturale di complessità e di iper-relazionalità, l’Autore è riuscito a raccogliere e ad organizzare idee e modelli intorno a due nuclei concettuali organizzatori – il Pof e il successo formativo –, presentandoceli senza distorsioni, miraggi, evasioni o iperboli e centrandone, invece, l’essenzialità; e del disincanto ancora perché le tecnologie, vecchie e nuove, vengono meglio sistemate nella loro giusta dimensione, che è quella del funzionale e dello strumentale e non certamente quella dei fini;
v dell’impegno sia perché lascia alla scuola , ai suoi operatori e ai suoi utenti un quadro paradigmatico, teorico e attuativo, di orientamento il più chiaro e completo possibile, cosa che raramente oggi accade, visto che siamo coinvolti nella trasformazione e difficilmente ne riusciamo ad intravedere i punti di arrivo, e sia perché il messaggio centrale del testo consiste nel ricordarci che la scuola dell’offerta e del successo formativi potrà essere realizzata soltanto con un forte impegno e una costante determinazione da parte di tutti gli operatori scolastici, degli studenti e delle loro famiglie e dei gruppi sociali.
È un libro della maturità, perciò è caratterizzato da una saggezza pedagogica e da un’ampia e solida competenza, che tutti riconosciamo da anni all’Ispettore Tenuta e che sicuramente ci farà ritrovare ancora tante altre volte insieme, in futuro, per farne tesoro, come questa sera.
Grazie, Ispettore