Per non bocciare
Umberto Tenuta
Già a fine anni ‘60, in riferimento alla polemica aperta dal libro Lettera a una Professoressa di Don Milani, Roberto Mazzetti scriveva che il problema non era quello di bocciare o di non bocciare. Non bastava ammettere alla classe successiva. Il problema vero era quello di promuovere, era quello di creare le condizioni che consentissero all’alunno di acquisire le competenze necessarie per essere promosso.
Anche oggi il problema si pone negli stessi termini. Dinanzi agli alunni sui quali pende la spada di Damocle della bocciatura - e ci auguriamo che siano pochi! - il problema vero è un problema pedagogico.
Non sono consentite alternative.
Non possiamo assumere atteggiamenti intransigenti, rigoristici, severi, mascherandoci dietro l’affermazione che la scuola è una cosa seria e che non si può essere indulgenti con chi la scuola non ha considerato una cosa seria, anche perché in questo caso occorrerebbe andare a verificare anche quanto seria la scuola sia stata considerata da tutti, non solo dell’alunno da bocciare.
Ma non possiamo assumere atteggiamenti pietistici, facendo appello alle ragioni del cuore, perché rischieremmo di arrecare ancora di più del danno all’alunno promosso.
Ecco, come diceva Roberto Mazzetti, il problema non è quello di bocciare o di promuovere: il problema è quello di creare le condizioni perché l’alunno meriti d’esser promosso.
E, allora, che cosa fare?
Certo, porsi oggi una simile domanda può essere troppo tardi.
Ma questa è la domanda, l’unica domanda da porsi: che cosa possiamo fare, che cosa dobbiamo fare, che cosa è necessario fare perché l’alunno sia promosso.
Forse gli scrutini e gli esami costituiscono un’occasione buona per porsi questa domanda. Mai come in questo momento siamo tutti in crisi, dinanzi all’alunno che ci mette in crisi. È certamente un momento di crisi quello che in questi giorni si vive nella scuola: sono in crisi tutti, anche i più intransigenti, quelli che non sembrano avere dubbi, incertezze, perché proprio la loro intransigenza è il sintomo del loro profondo dubbio. Occorre cogliere questo momento, questa occasione, questa situazione di dubbio, che è la più professionale, perché il docente non può non essere uomo del dubbio, dell’incertezza, della ricerca continua della soluzione.
Il momento degli esami pone veramente il docente nel suo più autentico atteggiamento professionale, che è quello del dubbio, dell’incertezza, della ricerca delle soluzioni ai problemi che sempre si trova a dover affrontare. E, perciò, occorre cogliere questo momento per porci il problema dell’alunno che ci sta dinanzi e che non sappiamo se promuovere o se bocciare.
Porsi il problema significa domandarsi che cosa fare perché l’alunno meriti di essere promosso: che cosa fare perché l’alunno apprenda!
È questo il vero, autentico, fondamentale problema della scuola. Che cosa occorre fare perché tutti gli alunni siano messi nella condizione di andare incontro al successo formativo.
Se abbiamo il coraggio di vivere con autenticità questo momento di crisi, ne possiamo trarre forza per impegnarci con rinnovato vigore a svolgere il nostro compito: possiamo cominciare a rimboccarci le maniche e a trasformare il momento degli esami degli alunni in un’occasione di verifica della validità dell’organizzazione educativa e didattica della scuola.
Il RAS prevede che le istituzioni scolastiche individuano <<i criteri per la valutazione periodica dei risultati conseguiti dalle istituzioni scolastiche rispetto agli obiettivi prefissati>>.
Ma non basta prendere atto dei risultati. Nel momento in cui la valutazione deve sempre assumere valenza formativa, non basta acclarare i risultati: occorre accertare le cause, le condizioni, le motivazioni che hanno portato a quei risultati.
Gli esami possono costituire la migliore occasione per un autoesame di istituto, per sottoporre a verifica l’intera organizzazione educativa e didattica della scuola.
L’elaborazione del POF comincia dall’analisi della situazione. L’analisi cominciamo a farla, ora, al termine di un anno scolastico, quando andiamo a verificare i risultati conseguiti dagli alunni, che sono lo strumento per la verifica dei risultati conseguiti dall’azione educativa e didattica svolta dagli operatori scolastici.
L’esame di ogni alunno può essere l’occasione per cogliere alcuni aspetti della situazione scolastica, interna o esterna.
Le risposte che l’alunno non dà hanno le loro cause nel background sociale, familiare e personale, ma chiamano in causa anche l’azione educativa e didattica che è stata svolta a scuola.
Da dove i docenti sono partiti nell’impostare la loro azione educativa e didattica: quale conoscenza analitica dei livelli di sviluppo e di apprendimento, dei ritmi e degli stili apprenditivi, delle motivazioni dei singoli alunni essi hanno realizzato all’inizio della loro attività didattica?
Quali ricerche essi hanno realizzato per individuare le strategie educative e didattiche più adeguate ai singoli alunni, nell’ambito di una programmazione che non può non essere individualizzata per tutti gli alunni, e non solo per gli alunni portatori di handicap?
Quale organizzazione educativa e didattica flessibile, e cioè individualizzata, è stata effettivamente realizzata?
Quali verifiche sono state effettuate durante l’intero corso dell’anno scolastico per tenere sempre sotto controllo le situazioni e quali aggiustamenti sono stati effettuati per adeguare l’organizzazione dell’azione educativa e didattica all’andamento dei processi di apprendimento dei singoli alunni?
Come afferma M. Mencarelli, <<la valutazione è il momento della esperienza educativa... nella quale l'educatore riesce a comprendere per quale itinerario riuscirà a prestare il suo aiuto…affinché la ricchezza del potenziale educativo (intelligenza, linguaggio, affettività, socialità, volontà, memoria, ecc.)>> si autorealizzi (1).
Attraverso la valutazione si creano le condizioni perché l’alunno possa apprendere, possa formarsi, possa essere promosso.
Come afferma lo Zavalloni, <<non si valuta per giudicare, si valuta per conoscere e quindi per educare>> (2).
Gli esami possono servire a insegnarci come fare per promuovere tutti e per non bocciare nessuno, nemmeno la scuola!
(Si ringrazia Nino Martino per la preziosa collaborazione)
Note:
1 MENCARELLI M., La pedagogia della valutazione scolastica, La Scuola, Brescia, 1974, p.42.
2 ZAVALLONI R., Valutare per educare, La Scuola, Brescia, 1967.