|
|
PROGRAMMARE E INSEGNARE COME? di Umberto Tenuta
Dai Programmi ministeriali alla Programmazione del Piano dell’offerta
formativa: la Comunità
scolastica
La scuola è nata, nella notte dei tempi,
per trasmettere i saperi che la comunità e la famiglia non erano
più in grado di trasmettere, stante la crescente complessità dei saperi
e soprattutto della formazione dei giovani attraverso l’acquisizione,
non solo dei
saperi, ma anche delle
abilità e soprattutto
degli
atteggiamenti[1].
Ma mentre la famiglia e la comunità
provvedevano, non solo alla trasmissione dei saperi, ma anche alla
formazione integrale della personalità nella molteplicità dei suoi
aspetti, morale, sociale, religioso, estetico, musicale. fisico ecc., la
scuola funziona quasi sempre solo per trasmettere il sapere o i saperi. Con lo sviluppo dei saperi e la sistematizzazione
delle discipline, a cominciare dalla Rivoluzione francese, ma
soprattutto da Bacone e Galilei,
le discipline si organizzano sempre più e diventano la finalità
preminente della scuola. Peraltro, con la Rivoluzione Francese, in
particolare con la Dichiarazione del Condorcet, il sapere diventa un
diritto di tutti gli esseri umani. Con la Riforma luterana o con la Controriforma,
erano intanto nate le scuole per tutti, che gli stati moderni, nati
dalla Rivoluzione francese, istituirono. La scuola italiana è nata con la Legge Casati del
1859, copia riveduta, ma non troppo, della Legge piemontese del
Boncompagni del 1849. Nati nel 1859, i Programmi didattici, almeno
quelli per la scuola primaria, ma subito riveduti e integrati, diventano
nel 1904 una vera e propria enciclopedia con i Programmi dell’Orestano. Per sovrappiù, con la Riforma Gentile del 1923,
si ha una riforma di tutti gli ordini di scuola che, ispirata al
neoidealismo, assegna alle scuole il compito della trasmissione dei soli
saperi. I saperi vanno trasmessi attraverso le lezioni
espositive, perché il Neoidealismo gentiliano
nega ogni valore alle scienze
sociopsicopedagogicodidattiche, che in precedenza, almeno per la scuola
elementare, i cui docenti uscivano dalla
scuole di metodo, aveva avuto
grandi pedagogisti, a cominciare dal Comenio, dal Pestalozzi,
dall’Herbart e, nell’800, il Gabelli, nonché le prime
Lezioni di didattica del
Lombardo-Radice nel 1913. Con la Riforma Gentile, i docenti, soprattutto
quelli della scuola secondaria, sono solo esperti delle singole
discipline: ciascun docente è un esperto, quando lo è, solo
della propria disciplina ed
ignora quasi sempre le altre. Venuta meno la formazione o, meglio, identificata
la formazione con l’istruzione ─che miracolosamente diventerebbe “istruzione
educativa”─, il docente è colui che conosce le discipline nella
loro sistematicità e le espone agli alunni attraverso le
lezioni:
lectio ─ dal latino
legere─, azione del
leggere e perciò
insegnamento dato dalla
cattedra,
così detto, perché il professore suole ordinariamente leggere il
libro di testo o esporre oralmente, magari con l’ausilio della lavagna
di ardesia o luminosa, ora diventatA LIM, alla quale si attribuiscono
virtù taumaturgiche che assolutamente non ha e che costituisce una
visione estremamente riduttiva della informatizzazione della scuola, la
quale invece doveva essere realizzata attraverso il berlingueriano
“banco a due piazze”, una per
il libro e l’altra per il PC (NOTEBOOK).
<< La lezione è una delle più antiche e
dirette tecniche d’istruzione e risulta essere la più tradizionale e
diffusa per il trasferimento di informazioni e conoscenze.
La lezione appartiene ai metodi denominati
espositivi, ed è, infatti, un tipico esempio di “comunicazione a una
via”, le cui caratteristiche sono un’esposizione prevalentemente
verbale. Questo tipo di strutturazione si diversifica persino dalla
lezione classica, nata nel Medio Evo. Originariamente, infatti, la
tecnica rappresentava una forma di reale confronto problematico e
dialettico tra le opinioni degli allievi, i quali innanzi tutto
studiavano accuratamente il testo del maestro, poi chiarivano i propri
dubbi con degli assistenti, ed ascoltavano le opinioni del maestro
stesso. Anzi, era proprio il dibattito il momento centrale
dell’apprendimento e rappresentava il vero e proprio cuore della
lezione>>[2].
Ancora oggi, i docenti, tranne eccezioni,
fanno lezione dalla cattedra,con o senza pedana, non ha alcuna
importanza! Le lezioni riguardano i contenuti dei
Programmi didattici
ministerialiche indicano i contenuti dei
saperi disciplinari. Nei
Programmi sono
indicati
i saperi delle singole discipline,
peraltro presentati nei rispettivi libri di testo. Ovviamente, i docenti delle singole discipline si
attengono ai contenuti dei loro
Programmi didattici
emanati dal Ministero della P.I. Ma tale impostazione cambia nell’ultimo
Quarantennio. Nel D.P.R. 416/1974,
si istituiscono gli organi
collegiali, tra i quali, in particolare, all’art. 3, il Consiglio
di interclasse e di classe, e, all’art. 4, il Collegio dei
docenti. CONSIGLIO DI INTERCLASSE
E DI CLASSE
<<Il
consiglio di interclasse nelle scuole elementari e il consiglio di
classe negli istituti secondari ed artistici sono rispettivamente
composti dai docenti dei gruppi di classi parallele o dello stesso ciclo
o dello stesso plesso nella scuola elementare e dai docenti di ogni
singola classe nella scuola secondaria….
I consigli di interclasse e di classe sono
presieduti rispettivamente dal direttore didattico o dal preside oppure
da un docente, membro del consiglio loro delegato; si riuniscono in ore
non coincidenti con l'orario delle lezioni,
col compito di formulare al
collegio dei docenti proposte in ordine all'azione educativa e didattica
e ad iniziative di sperimentazione e con quello di agevolare ed
estendere i rapporti reciproci tra docenti, genitori ed alunni….
Le competenze relative alla realizzazione del
coordinamento didattico e dei rapporti interdisciplinari
spettano al consiglio di interclasse e di classe con la sola presenza
dei docenti.
Nella scuola secondaria ed artistica, le
competenze relative alla valutazione periodica e finale degli alunni
spettano al consiglio di classe con la sola presenza dei docenti….>>. COLLEGIO DEI DOCENTI In particolare,
si prevede che <<Il
collegio dei docenti è
composto dal personale insegnante di ruolo e non di ruolo in servizio
nel circolo o nell'istituto, ed è presieduto dal direttore didattico o
dal preside. Il collegio dei
docenti:
a) ha potere deliberante in materia di
funzionamento didattico del circolo o dell'istituto.
In particolare cura la
programmazione dell'azione educativa anche al fine di adeguare,
nell'ambito degli ordinamenti della scuola stabiliti dallo Stato,
i programmi di insegnamento alle specifiche esigenze ambientali e
di favorire il coordinamento interdisciplinare.
Esso esercita tale potere nel rispetto della
libertà di insegnamento garantita a ciascun insegnante;
b) formula proposte al direttore didattico o
al preside per la formazione e la composizione delle classi, per la
formulazione dell'orario delle lezioni e
per lo svolgimento delle altre
attività scolastiche, tenuto conto dei criteri generali indicati dal
consiglio di circolo o d'istituto;
c)
valuta
periodicamente l'andamento complessivo dell'azione didattica
per verificarne l'efficacia in rapporto agli orientamenti e agli
obiettivi programmati, proponendo, ove necessario, opportune misure per
il miglioramento dell'attività scolastica;
l)
esamina, allo scopo di individuare i mezzi per ogni possibile recupero,
i casi di scarso profitto o di irregolare comportamento degli alunni,
su iniziativa dei docenti della rispettiva classe e sentiti gli
specialisti che operano in modo continuativo nella scuola con compiti
medico, socio-psico-pedagogico e di orientamento.
Nell'adottare le proprie deliberazioni il collegio dei docenti tiene
conto delle eventuali proposte e pareri dei consigli di interclasse o
di classe>>.
Coi Decreti delegati del 1974
finisce
l’isolamento
dei singoli docenti, ma soprattutto
nasce la
comunità scolastica
e, addirittura,
il
SISTEMA FORMATIVO INTEGRATO.
Infatti: <<nasce la
programmazione dell'azione
educativa anche al fine di adeguare,
nell'ambito degli ordinamenti della scuola stabiliti dallo Stato,
i programmi di insegnamento alle specifiche esigenze ambientali>>,
ma nasce soprattutto <<il
coordinamento
interdisciplinare>>.
Quanto queste innovazioni siano state attuate
è discutibile, stante il secolare isolamento dei docenti,
ma costituiscono un’esigenza ineludibile della
scuola, se non vuol morire![3]
Inoltre, nel 1999 si ha il D.P.R.
8 marzo 1999, n.275 ─
REGOLAMENTO RECANTE NORME IN
MATERIA DI AUTONOMIA DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE AI SENSI DELL'ART.
21, DELLA LEGGE 15 MARZO 1997, N.59
. nel quale si introduce l’autonomia
delle istituzioni scolastiche Si riportano le norme che riguardano la tematica
proposta:
<<Art.1
(Natura e scopi dell'autonomia delle istituzioni scolastiche)
1. Le istituzioni scolastiche sono espressioni
di autonomia funzionale e
provvedono alla definizione e alla realizzazione dell'offerta formativa.
A tal fine interagiscono tra loro e con gli enti locali promuovendo il
raccordo e la sintesi tra le esigenze e le potenzialità individuali e
gli obiettivi nazionali del sistema di istruzione.
Art. 3
(Piano dell'offerta formativa)
1. Ogni istituzione scolastica predispone, con
la partecipazione di tutte le sue componenti, il
Piano dell'offerta formativa.
Il Piano è il documento
fondamentale costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle
istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare,
extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole
adottano nell'ambito della loro autonomia.
2. Il Piano dell'offerta formativa è coerente
con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di
studi determinati a livello nazionale a norma dell'articolo 8
e riflette le esigenze del
contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo
conto della programmazione territoriale dell'offerta formativa. Esso
comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi
minoritari, e valorizza le corrispondenti professionalità.
3.
Il Piano dell'offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti
sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle
scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio
di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri
formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei
genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli studenti.
Il Piano è adottato dal consiglio di circolo o di istituto.
4. Ai
fini di cui al comma 2 il dirigente scolastico attiva i necessari
rapporti con gli enti locali e con le diverse realtà istituzionali,
culturali, sociali ed economiche operanti sul territorio…
Art. 4
(Autonomia didattica)
1. Le
istituzioni scolastiche, nel rispetto della libertà di insegnamento,
della libertà di scelta educativa delle famiglie e delle finalità
generali del sistema, a norma dell'articolo 8
concretizzano gli obiettivi
nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del
diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni,
riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di
ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del
successo formativo.
2. Nell'esercizio dell'autonomia didattica le
istituzioni scolastiche regolano i tempi dell'insegnamento e dello
svolgimento delle singole discipline e attività
nel modo più adeguato al tipo di
studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni.
A tal fine le istituzioni
scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che
ritengono opportune e tra l'altro:
a)
l'articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina e
attività;
b) la definizione di unità di insegnamento non
coincidenti con l'unità oraria della lezione e l'utilizzazione,
nell'ambito del curricolo obbligatorio di cui all'articolo 8, degli
spazi orari residui;….
d)
l'articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o
da diverse classi o da diversi anni di corso;
e)
l'aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari;
3.
Nell'ambito dell'autonomia didattica possono essere programmati, anche
sulla base degli interessi manifestati dagli alunni, percorsi
formativi che coinvolgono più discipline e attività nonché insegnamenti
in lingua straniera in attuazione di intese e accordi internazionali….
Art. 5
(Autonomia organizzativa)
1.
Le istituzioni scolastiche adottano, anche per quanto riguarda l'impiego
dei docenti, ogni modalità organizzativa che sia espressione di libertà
progettuale e sia coerente con gli obiettivi generali e specifici di
ciascun tipo e indirizzo di studio, curando la promozione e il sostegno
dei processi innovativi e il miglioramento dell'offerta formativa…).
Inoltre, si
tenga presente quanto previsto per la scuola primaria dalla L. 5
giugno 1990, n.148─Riforma
dell'ordinamento della scuola elementare … In particolare,
essa, all’art.
5 - Programmazione e organizzazione didattica… statuisce
che <<Essa si propone:…c)
l'unitarietà dell'insegnamento…>>.
INTERDISCIPLINARITà, TRANSDISCIPLINARITà, OLOGRAMMATICITà Dopo i
decreti delegati del 1974,
nei quali la scuola si configura come
una
comunità che interagisce
con la più vasta
comunità extrascolatica,
costituendo un
sistema formativo integrato,
è venuto meno l’isolamento dei docenti, ciascuno responsabile della
propria o delle proprie classi e delle proprie discipline e si è
cominciato a parlare di
multi─pluri─inter─transdisciplinarità, coerentemente con
quanto avveniva fuori della scuola nei vari campi scientifici,
ove ormai non esistono più
scienze isolate, così come avevano statuito Bacone e Galilei,
ma si va verso una
concezione scientifica sempre più interdisciplinare o, addirittura,
transdisciplinare, che nelle RACCOMANDAZIONI ALLA LEGGE MORATTI
viene definita
concezione ologrammatica.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE È stata riportata solo una parte della normativa
che la
ologrammaticità
(pluridisciplinarità,
interdisciplinarità, transidisciplinarità) dell’azione formativa
impone ai docenti delle diverse discipline. Ma basterebbe uscire
dalla scuola, nel mondo extrascolastico,
ma anche in altri campi a
tecnologia avanzata, per rendersi conto che ormai le discipline
isolate e gli esperti di singole discipline non esistono più. Come nella scuola, tempio della cultura più
avanzata, possano continuare ad operare
docenti che rivendicano l’autonomia delle proprie discipline,
l’una separata dall’altra, è il segno più evidente del decadimento della
scuola, non certo per colpa dei docenti, ai quali incombe anche
l’obbligo dell’aggiornamento, che tuttavia non si fa, se è vero, come è
vero, che negli ultimi anni i PON si sono fatti solo per gli alunni e,
quest’anno, per la formazione sull’uso delle famigerate LIM, strumenti
per fare
lezioni (unità
didattiche), e, come tali, negazione delle
unità di apprendimento
introdotte dalla Riforma del Ministro MORATTI,
unità di apprendimento
che costituiscono la riforma più avanzata di cui la scuola ha bisogno,
se vuole essere al passo con l’avanzamento delle scienze
sociopsicopedagogiche, al fine di garantire ad ogni alunno il
successo formativo, come
il Regolamento dell’autonomia scolastica di cui al D.P.R. 275/1999
impone. Restare nei confini delle singole discipline è
ormai impossibile, fuori della scuola:
si rifletta quanto sia possibile
nella scuola!
IN SINTESI Se la scuola non vuole rimanere arretrata, fuori
dal tempo, una
turris eburnea, un
hortus conclusus, un’isola priva di significato per i giovani
che debbono imparare a vivere nella società dei nostri tempi, allora la
scuola, quale che sia la riforma che ne venga prevista, non può non
obbedire ai seguenti criteri che riassumono il discorso finora fatto:
a)
non
ci sono discipline separate dalle altre
e, quindi, docenti specialisti di saperi monotematici, ma
necessita una visione
interdisciplinare,
transdisciplinare ovvero
ologrammatica dei saperi:
il docente che si pone fuori
di tale prospettiva,
non è docente nemmeno di quella che crede essere la propria
disciplina, perché non esistono più discipline isolate;
b)
il
compito della scuola non è più l’acquisizione del
sapere, ma anche del
saper fare e soprattutto
del saper essere;
c)
non
esistono Programmi specialistici delle singole discipline, ma
Programmazioni educative
interdisciplinari ovvero OLOGRAMMATICHE (PIANO
DELL’OFFERTA FORMATIVA);
d)
COSì
COME PREVISTO DAL D.P.R. 416/1974, i docenti non sono docenti di
alcune classi ma hanno la responsabilità di tutta la scuola,
attraverso gli organi collegiali di cui fanno parte (comunità
scolastica) che peraltro entra nel
sistema formativo integrato.
Pertanto, un docente
che si chiude nella propria (!) aula e che fa lezione sulla propria
disciplina (?) è fuori del tempo e non ha diritto di cittadinanza nella
scuola del terzo millennio.
[1] In merito cfr.: Cresson,
E., Insegnare ad
apprendere. Verso la società conoscitiva,
Libro bianco su
istruzione e formazione, Lussemburgo, Commissione Europea.
1995;. In merito cfr.: CAMBI F. (a cura di),
Nel conflitto delle
emozioni – Prospettive pedagogiche, Armando Editore, Roma,
1999; TENUTA U., I
contenuti essenziali per la formazione di base: homo patiens,
habilis, sapiens, in Rivista dell’istruzione, Maggioli,
Rimini, 1998, N. 5; TENUTA U.,Verificare
le conoscenze essenziali, ma soprattutto le capacità ed anche
gli atteggiamenti, in Rivista dell’istruzione, Maggioli,
Rimini, 2002, n. 4; TENUTA U.,
Atteggiamenti: non solo
conoscenze, non solo capacità, Il Dirigente scolastico,
ScuolaSNALS, Roma, gennaio 2002; TENUTA U.,Conoscenze
Capacità Atteggiamenti; TENUTA U.,
Obiettivi Formativi da
Raggiungere; TENUTA U.,Obiettivi
Formativi e Competenze; TENUTA U.,
Obiettivi Specifici di
Apprendimento; TENUTA U.,
Obiettivi: come
districarsi?; TENUTA U. ,
Atteggiamenti Capacità
Conoscenze, nel sito
https://www.edscuola.it/archivio/didattica/index.html; TENUTA U.,
Atteggiamenti, capacità e
conoscenze , in RIVISTA DIGITALE DELLA DIDATTICA:
http://www.rivistadidattica.com/
[2] R. Titone,
Psicodidattica, Ed. La Scuola, 1977 [3] In merito cfr.: Illich i., Descolarizzare la società, Mondadori, Milano, 1972; REIMER E., La scuola è morta, Armando, Roma, 1973. |
La pagina
- Educazione&Scuola©