RICERCA

UN MODELLO DI RICERCA:
COME NASCONO LE PIANTE

Umberto Tenuta

 

<<Il problema è il primum della ricerca scientifica, ma è anche il primum dell'insegnamento.

Il problema è il fondamento della motivazione a ricercare.

È il problema che trasforma la scuola da luogo di noia e di pena - dove si danno risposte a domande non poste - in "centro di ricerca">> (1).

 

Ogni attività didattica deve avere origine da un problema, un problema degli alunni, dei singoli alunni, e non del docente.

Il problema non esiste se non c’è una motivazione: una domanda, un interrogativo, un bisogno di sapere, di fare, di essere (2).

Le motivazioni (3) possono essere spontanee o suscitate dai docenti.

La domanda può essere "Come nascono le piante"?

Nata la domanda, l'insegnante si asterrà dal dare o suggerire le risposte attraverso una lezione espositiva, che magari si avvalga di immagini e di oggetti concreti.

Egli invece impegnerà gli alunni a ricercare le risposte, perché ciò che importa non è tanto che gli alunni abbiano a disposizione le risposte, quanto l'impegnativa attività di ricerca che essi svolgono.

Pertanto, si potrà innanzitutto muovere da una discussione (brainstorming), nella quale gli alunni, sulla base delle loro precedenti esperienze, proporranno delle risposte (preconoscenze) e formuleranno delle ipotesi.

Le une e le altre saranno raccolte e messe in discussione, senza pervenire a delle conclusioni definitive, ma impegnando gli alunni a ricercare conferme o smentite, attraverso la raccolta di informazioni o l'esecuzione di esperienze.

Gli alunni, individualmente o, preferibilmente, in gruppo, saranno impegnati a raccogliere informazioni, documentazioni e materiali, nell'ambiente domestico ed extradomestico.

Gli alunni andranno a domandare come sono nate le piante che conoscono: la mamma dirà che ha interrato il bulbo del giacinto, i semi delle margheritine, i rizomi delle canne, le talee dei gerani; il giardiniere dirà delle margotte e degli innesti ecc.

Assieme alle informazioni, gli alunni raccoglieranno talee che cominciano a mettere le radici, semi appena germogliati, margotte con le radici ecc.

Le informazioni ed i materiali raccolti saranno oggetto di esame e di discussione.

Sulle informazioni, sui materiali raccolti e sulle esperienze effettuate si discuterà insieme.

In merito, si potrà riconoscere l'opportunità che gli alunni procedano ad un esame preliminare e ad una prima messa a punto delle risposte nei gruppi e solo in un secondo momento si procederà all'esame collettivo, nel quale i referenti formuleranno le risposte cui sono pervenuti i rispettivi gruppi.

Al termine del lavoro collettivo si perverrà ad una conclusione complessiva, che sarà formulata dall'insegnante, seppure con la collaborazione degli alunni (sintesi magistrale).

La sintesi magistrale può essere quella offerta dal libro di testo.

Gli alunni dovranno impegnarsi a consolidare le conoscenze acquisite, attraverso opportune attività, che non dovranno certamente tradursi in esercizi di mera memorizzazione.

In merito, va presa in considerazione l'opportunità che la ricerca venga lasciata aperta ad ulteriori approfondimenti, da realizzare mediante ulteriori indagini, esperienze dirette di riproduzione delle piante (semine, talee, margotte, innesti) ecc.

In particolare, si potranno progettare ricerche intorno alle varie forme di disseminazione (anemofile, zoofile, idrofile ecc.).

Le ricerche botaniche potranno intrecciarsi con ricerche fisico-chimiche (condizioni del terreno per la germinazione: umidità, temperatura ecc.), con ricerche geografiche (stagioni delle semine, formazione dei boschi ecc.; zone climatiche ecc.), con ricerche storiche (dalle piante selvatiche alle coltivazioni; le importazioni di piante ecc.), con ricerche linguistiche (nomenclature, famiglie di parole, descrizioni, resoconti, letture ecc.).


Note

1 ANTISERI D., Insegnare per problemi, in: Insegnamento della matematica e delle scienze integrate, vol. 8, n. 1, febbraio 1985, p. 12.

2 <<Si è sempre assunta l'esistenza del problema come un dato, come un fatto esistente per sè e non richiedente ulteriore comprensione... Ma questa assunzione del problema come dato dal quale partire è arbitraria: il problema non è un dato, un fatto naturale, ma è... un prodotto psicologico. Si converrà senza difficoltà che esiste un problema solo là e quando vi è una mente che vive una certa situazione come problema. Diciamo di più, e più esattamente: vi è problema solo quando la mente crea o determina il problema: vi è problema solo nella dimensione psicologica, non in quella naturale, o oggettiva […] Un problema sorge quando un essere vivente, motivato a raggiungere una meta, non può farlo in forma automatica o meccanica, cioè mediante un'attività istintiva o attraverso un comportamento appreso….>>(KANIZSA G., Il "problem-solving" nella psicologia della Gestalt, in: MOSCONI G., D'URSO V. (a cura di), La soluzione dei problemi, GIUNTI-BARBERA, FIRENZE, 1973, pp.31 e 35).

3 PELLEREY M., Motivazione e volizione nell’apprendimento scolastico. Fondamentali teorici e orientamenti operativi, SEI, Torino, 1996. In effetti, come ritiene il Bruner, e con lui la quasi totalità dei pedagogisti moderni, l'apprendimento scolastico può essere originato e sostenuto soprattutto dalle motivazioni intrinseche, cioè dalla volontà di apprendere, che si manifesta come curiosità, desiderio di competenza, bisogno di identificazione, bisogno di reciprocanza (BRUNER J.S., Verso una teoria dell'istruzione, Armando, Roma, 1967, pp.178ss.). La curiosità è una caratteristica costitutiva dell'uomo, e non solo dell'uomo. I bambini nascono naturalmente curiosi, desiderosi di conoscere, come dimostrano le loro impegnative attività esploratorie della realtà e delle cose che li circondano, le domande ed i perché che essi continuamente pongono ed a cui purtroppo non sempre gli adulti rispondono.
Oltre che sulla curiosità, si può fare affidamento anche sul desiderio di competenza, cioè sull'innato bisogno di divenire abili nell'esecuzione delle attività che si svolgono. È a tutti noto che ci si interessa soprattutto delle cose che si riusce a fare bene e si abbandonano le attività nelle quali non si ha successo. Gli insegnanti debbono creare situazioni adeguate alle possibilità degli alunni, in modo che essi abbiano sempre quasi sempre successo nell'esecuzione delle attività svolte, perché la riuscita accresce la loro motivazione a continuare ad impegnarsi in esse: il successo rafforza la motivazione e quindi crea successo, mentre l'insuccesso demotiva e perciò crea insuccesso. L'immagine positiva che l'alunno si forma di sé come essere capace, abile, "bravo", accresce la fiducia in se stesso e lo spinge a perseverare con sempre maggiore impegno nelle attività di apprendimento.
Bruner fa riferimento anche al bisogno di identificazione, cioè alla <<forte tendenza dell'uomo a plasmare se stesso e le proprie aspirazioni sul modello offerto da un altro individuo>>, in particolare dai genitori, dagli insegnanti, da figure particolarmente significative (compagni, protagonisti dei romanzi, dei films, delle attività sportive ecc.). Gli insegnanti debbono rappresentare dei modelli di identificazione e di imitazione, sia nelle attività di apprendimento che nei processi educativi, come si precisa anche nei NP (<<l'insegnante, anche testimoniando la sua consuetudine alla lettura, stimola e accresce la motivazione del fanciullo a leggere>>).
Tuttavia, nella scuola cha fa largo spazio al lavoro di gruppo, si può fare affidamento anche su quello che Bruner chiama bisogno di reciprocanza, cioè bisogno di rispondere in modo adeguato alle attese che gli altri nutrono nei nostri confronti.