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I M P A R A R E A C O M P R E N D E R E IL M O N D O
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SALVATORE BINI
binisa@tiscalinet.it
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IMPIANTO FORMATIVO E INSEGNAMENTO DELLE SCIENZE NELLA SCUOLA DI BASE
PARTE PRIMA
: I P R I N C I P I.
" Interroga
la bellezza della terra, del mare,
dell'aria
rarefatta e dovunque espansa:
interroga la
bellezza del cielo...
interroga tutte
queste realtà.
Tutte ti
risponderanno:
- Guardaci pure e
osserva come siamo belle.
La loro bellezza è
come un inno alla lode."
Sant'
Agostino
" Conoscersi, conoscere gli altri
o conoscere il mondo,
non significa...avere accesso
a se stessi, agli altri
o al mondo.
E' invece molto di più
costruirsi un'idea
di sé, degli altri, del mondo
(e) essa richiede l'attivazione
di una serie di teorie"
M.
Deschamps
1. C O O R D I N A T E E P I S T E M O L O G I C H E
1.1. COMPRENDERE ED INTERPRETARE IL MONDO
Un mondo, tanti mondi,
diverse strutturazioni di uno stesso mondo; un mondo che va dall'eccessivamente
piccolo - l'atomo e le particelle sub-atomiche - all'infinitamente grande -
l'universo.
Un mondo
strutturato al plurale ed al complesso : gli universi, le galassie, le
forze fisiche, le dimensioni, quelle note e quelle sconosciute.
E poi: il mondo della natura, il mondo dell'uomo, il mondo artificiale della tecnologia, il mondo dei simboli, il
mondo del linguaggio, dell' arte, della scienza, del mito, della religione, il
mondo virtuale. O ancora: il mondo della politica, dell'economia,
dell'elettronica... O il mondo della soggettività umana, consapevole od
inconscia, dei sentimenti , dell'emotività o delle relazioni sociali.
Ha ancora senso parlare di
"mondo" come entità o sostanza in maniera ben definita?
Che cos'è per l'uomo di oggi il
"mondo"?
Come vanno intese le due indicazioni di
fondo che, nei Programmi Elementari [1],
sono alla base dell'impostazione delle Scienze?
Si legge nel testo:
"Finalità generale dell'educazione
scientifica è l'acquisizione da parte del fanciullo di conoscenze e abilità che
ne arricchiscano la capacità di comprendere e rapportarsi con il mondo..."
E ancora:
«L'educazione scientifica si propone come obiettivi
fondamentali: a) lo sviluppo di atteggiamenti di base nei confronti del mondo...»
Può essere ancora utile e possibile una
concezione paleoscientifica del mondo che lo vede come «realtà dispiegata»
che va osservata, interpretata e codificata?
C'è
del vero nell'affermazione secondo la quale i mondi si costruiscono mediante le
teorie?
C'è una possibilità seppure minima di poter
rispondere, in sede di impostazione dell'insegnamento delle Scienze, a qualcuna
di queste domande?
I "mondi" della scienza sono
costruiti su questi problemi e sono strutturati su dubbi, su ipotesi, su
interpretazioni e su teorie.
La scienza con i suoi strumenti e con le
teorie degli scienziati descrive i suoi mondi e li propone alla comprensione
degli uomini.
E' all'interno di queste concezioni e di
queste prospettive che va ricercato il "campo", secondo i Programmi
Didattici del 1985, dell' insegnamento delle scienze nella scuola elementare.
Le coordinate di questo campo possono
essere date dalle "tre"
realtà, che pervadono e racchiudono l'esperienza esistenziale dell'uomo:
* la realtà naturale
* il mondo umano
* la realtà artificiale e la
dimensione della tecnologia.
Si tratta, come si può facilmente rilevare, di un campo aperto e non chiuso alla
sola incidenza delle discipline cosiddette scientifiche, orientate
esclusivamente sulle Naturwissenschaften o scienze della natura per
moltissimo tempo considerate "diverse", divergenti o in
contrapposizione con le scienze dello spirito. E' un campo aperto che assorbe
l'intero contesto dell'"alfabetizzazione culturale" e che implica un
itinerario di ricerca di tipo trasversale ed interdisciplinare.
Le altre coordinate riguardano:
a) la natura del campo, consistente
nella percezione dei problemi e nel
dare alle ipotesi di soluzione una spiegazione razionale ed un procedimento rigoroso ;
b) l'articolazione dei procedimenti e dei
percorsi all'interno del campo che si dispiegano nei momenti delle OSSERVAZIONI,
delle INDAGINI, delle RICERCHE e delle
ESPLORAZIONI, come viene stabilito dai Programmi;
c)
un "clima" operativo determinato dalle condizioni di
problematicità ed ipoteticità delle ricerche ed osservazioni che si effettuano,
di verificabilità-falsificabilità degli assunti e di dubbio - sospetto su ogni
presuntuosa ed esclusivistica
affermazione di veridicità ;
d)
una progressione che tiene conto sia degli specifici linguaggi
disciplinari e subdisciplinari in senso specialistico, sia della iniziale
visione "pervasiva"[2]
o globale in cui è da interpretare il riferimento alla
"predisciplinarità" del testo programmatico, sia ancora degli sviluppi interdisciplinari e, in un primo tempo pluridisciplinari,
imprescindibili per chi voglia avvicinarsi ai "mondi" e non ad una
parte statica ed isolata del
tradizionale "mondo" scientifico.
Tutta questa complessa articolazione di
campo è centrata sul compito peculiare delle scienze di facilitare e
perseguire, per la loro parte, la comprensione del mondo o dei mondi,
articolati nelle tre dimensioni o realtà di cui si è detto.
Comprendere, però, non è sicuramente un
processo semplice e lineare. Né risulta essere unidirezionale ed agevole il
percorso che si può tracciare sulla base di questa funzione - la comprensione-
tipicamente umana.
Due indicatori ci possono essere utili
nella ricerca e nella determinazione di solidi punti di orientamento e di
riferimento: in primo luogo va rilevato che la scienza, come la storia,la letteratura,
l'arte, il mito e le altre dimensioni
entro cui si realizza la conoscenza umana, entra nel sistema complesso della
cultura e si esprime con forme e
simboli significativi; in secondo luogo
c'è da tener presente che la conoscenza che la scienza propone è soprattutto di
tipo costruttivistico ed è fondata sulla
metodologia della ricerca.
Esaminiamo un pò più nel particolare il
primo di questi due principi di base per tentare di orientare nella giusta
direzione l'impostazione dell'insegnamento delle scienze nella scuola
elementare, rinviando al capitolo successivo l'approfondimento della
metodologia scientifica della ricerca.
1.2. LA SCIENZA NEL SISTEMA DEI SIMBOLI
CULTURALI
Prima di impostare un discorso qualsiasi in
questa prospettiva, è necessario stabilire delle regole ermeneutiche e dei
sistemi di riferimento: si entra in tal modo in un sistema di
"verità" che ha bisogno di essere accuratamente definito.
Non ha senso nella dimensione logica e scientifica del nostro contesto culturale
parlare, oggi, di una verità qualsiasi
in senso assoluto e senza fare ricorso ad una struttura di riferimento, che
poi, rileva NELSON GOODMAN, non è altro che il sistema di descrizione prescelto[3].
Stando a questa considerazione, non è,
allora, possibile stabilire in assoluto se è vero l'enunciato "l'Universo
è in espansione" oppure "l'Universo è immobile ed infinito".
Né sarebbe possibile fornire una adeguata spiegazione al principio della "curvatura"
einsteiniana dello spazio-tempo al di fuori della teoria della relatività.
Favorire un approccio scientifico alle
questioni di conoscenza vuol dire soprattutto riferirsi alla categoria logica del "DIPENDE".
Alle domande: -Cosa c'è davanti a me?
-Cosa posso osservare del mondo? -Che cos'è la realtà? si può
rispondere appunto con : -Dipende!
Il pensiero relativo è il pensiero della
reciprocità, dei punti di vista diversi, della reversibilità e del feed-back,
come ha messo bene in luce JEAN PIAGET nel definirne la sua genesi e nel descriverne
il suo sviluppo, soprattutto nel corso dell'età evolutiva dell'uomo[4].
Ma è anche il pensiero da cui si generano il pluralismo ed il pluriprospettivismo, il confronto, la
partecipazione ed i fondamentali principi della vita democratica.
Possiamo sapere del mondo ed entrare nei suoi complessi segreti, quanto più
riusciamo a capire ed a confrontarci con le diverse risposte che sono state
date o che potranno essere date ai quesiti ed ai problemi che ad esso si
connettono. La ricerca scientifica sul mondo, sui mondi o sulle diverse realtà
di uno stesso mondo, si pone
preliminarmente come
individuazione delle possibili alternative di ricerca o delle diverse versioni esplicative che provengono dai tentativi di
conoscenza sempre più approfondita o delle teorie, paradigmi e strutture di
riferimento entro cui quei tentativi acquistano organicità e significatività.
La conoscenza, in questa prospettiva, si
propone soprattutto come costruzione e
ri-costruzione logica di mondi, mentre
la ricerca diventa una vera e propria sfida conoscitiva per pervenire ad impianti
cognitivi
sempre più nuovi, utilizzando gli strumenti della critica e
superando,
rielaborando e ricomponendo le costruzioni "vecchie".
Il superamento dell'esistente e del già
elaborato è da intendere come la vera costante della prassi conoscitiva e della
dinamica della ricerca.
L'"andare oltre", che già per J.
BRUNER rappresentava l'essenza stessa dell'apprendimento, si configura, nei
processi della conoscenza scientifica,
come quella tensione tipicamente umana rivolta verso il progresso della
cultura e come quella propensione che l'uomo naturalmente avverte nei confronti
delle sempre più nuove conquiste della
civiltà.
La conoscenza scientifica affonda le sue
radici motivazionali nelle profondità dell'essere umano e nei processi
evolutivi delle società.
Questo non significa, però, riproporre il
culto positivistico della scienza che riesce a riscattare sia l'uomo che la
società dalle false credenze e a guidarli verso il progresso, né vuol dire
affrancare
le direzioni del continuo progredire delle conoscenze scientifiche dai vincoli
dell'unitarietà dei loro esiti e dall' organicità e convergenza delle sintesi
che esse, alla fine, raggiungono.
Il discorso che può essere impostato intorno al pluralismo, al prospettivismo e
al costruzionismo della conoscenza e della cultura non deve far fuorviare dalla
necessità di puntare sull'unità del sapere e sulla sintesi delle conoscenze,
che rappresentano nello stesso tempo
dimensioni e prospettive ineludibili per ogni progetto di ricerca. Qui unità
non vuol dire né il semplicistico determinismo, né l'ambigua conciliazione, ma
semplicemente quella "organizzazione globale"[5],
capace di abbracciare e considerare i
diversi modi con i quali si costruiscono i mondi e si realizza la conoscenza.
ERNST CASSIRER individua le diverse
modalità e dimensioni dell'attività conoscitiva dell'uomo nelle note "forme simboliche".
L'arte, il mito, il linguaggio, le scienze,
la religione, la storia, sono tutte dimensioni nelle quali si estrinseca la
potenza e la creatività dello spirito umano[6]. Queste forme sono considerate dal filosofo
neokantiano come «cosmi, mondi sottesi da peculiari processi formativi»[7].
La comprensione dei mondi costruiti
dall'uomo non prescinde da una visione
unitaria della realtà nelle sue
varie articolazioni, seppure colta da
un punto di osservazione completamente diverso dalle visioni
sostanzialiste o fisicaliste. La creazione dei mondi della cultura da parte dell'uomo
non è un fatto di per sé rilevante da un punto di vista materiale, concreto o
sostanziale. Essa va invece valutata in rapporto alle funzioni che riesce ad
attivare e ad esercitare per pervenire alla sua realizzazione.
La funzione della conoscenza e della
ricerca, espressa dall'uomo nel suo programma di costruzione dei mondi, è
prioritaria, nel senso logico e temporale, rispetto ad ogni costruzione di tipo
materiale e concreto.
Nel processo della conoscenza scientifica
emerge, insieme ai contenuti, anche la stessa funzione del conoscere, al punto
che i due dati, l'oggetto e la funzione, possono sempre essere colti
contestualmente, il che fornisce alle scienze un alto potenziale di
"formatività", oltre che il normale potenziale d'informazione che
tutti riconoscono loro.
In questo quadro, la centralità del
processo è tutta da cogliere e da costruire intorno alla realtà funzionale
dell'uomo, il che esorcizza nel campo degli apprendimenti da ogni tentativo di
vecchio o muovo nozionismo o di esasperato cognitivismo che si determina ogni
qualvolta si persegue un modello di conoscenza fine a se stessa.
Si delinea, allora, un tipo di ricerca
impostata secondo "programmi
scientifici"[8], vincolata
da particolari leggi di sviluppo ed orientata sugli scopi che ad essa vengono
assegnati.
L'uomo si definisce all'interno di queste
costruzioni e di queste attività, rivolte funzionalmente verso dimensioni
unitarie, sebbene distinte tra di loro per modalità, riferimenti, metodologie e
compiti.
Esaminato attraverso l'ottica delle forme
simboliche, l'uomo perde le sue connaturazioni metafisiche, tanto di tipo
spiritualistico, quanto materialistico.
Si supera il dualismo
cartesiano, colpevole di aver diviso l'uomo e con esso la cultura.
Precisa Cassirer: «É
il sistema delle attività umane a definire e a determinare la sfera dell'umanità.
Il linguaggio, il mito, la religione, l'arte e la storia sono gli elementi costituitivi
di questa sfera, i settori che essa comprende...Non sono creazioni isolate e
causali. Sono unite da un comune vincolo»[9].
Seguendo le indicazioni di Cassirer,
cerchiamo di cogliere alcuni riferimenti significativi per cercare di approfondire meglio l'esame sul
mondo e sui mondi.
Un primo riferimento essenziale va alla
natura della conoscenza scientifica. Questa potrebbe essere ricercata partendo
dalla definizione di un modello di
cultura costruito come un sistema di simboli e strutturato mediante
forme significative. Tra queste, alcune sono descrittive, in quanto non vanno
oltre la rappresentazione dei fatti e la descrizione dei fenomeni, mentre altre
sono prescrittive in quanto forniscono
dei precetti di comportamento da osservare in campo etico, religioso o sociale.
Da questo quadro fuoriescono le "forme
non forme", vale a dire le forme spurie che non si elevano oltre la sfera
della pura e semplice materialità, della banalità, della particolarità o della
stretta soggettività.
Le forme culturali si costruiscono entro la
"sintassi" dei linguaggi della cultura e progrediscono all'interno
della produzione spirituale in senso lato, tipica dell'uomo. I loro vincoli
dipendono soprattutto da un perenne dinamismo e dalla direzionalità impressa al
processo, attratto dalla finalità o dagli scopi suoi propri, seppure da
considerare nella prospettiva un pò indefinibile dell' "evoluzione
creatrice" e dello "slancio vitale" bergsoniani. E'
per questo che le forme simboliche della cultura non possono essere distaccate
dalle "direzioni fondamentali del produrre spirituale: l'<esser> qui
non si può mai cogliere altrimenti che nel <fare>", spiega
Cassirer[10].
Anche la scienza si costruisce intorno a
questi parametri.
Non può esserci una scienza “perennelista”
o dogmatica, che abbia ad oggetto sostanze od essenze. Vi è, invece, una
scienza che pone tra i fatti, i fenomeni e le teorie connessioni e relazioni
funzionali. Una scienza che,
diversamente da altre forme simboliche, come la religione, non può prescrivere
norme comportamentali o valori etici: la bontà, la bellezza, l'utilità non sono
tratti della ricerca o delle teorie scientifiche, ma riguardano le applicazioni
dei loro risultati ed alcune di esse sono connesse all' uso che se ne fa.
La conoscenza scientifica serve a
descrivere fatti, fenomeni e situazioni e non a prescrivere norme
comportamentali, valori o precetti morali. Essa non è, poi, un dato, un
costrutto, ma una continua elaborazione, un costruirsi continuo all' interno di
una realtà, quella culturale, che è dinamica ed in continua tensione verso
dimensioni e sviluppi sempre più ampi e complessi. Parlare, allora, di ricerca
scientifica significa riportarsi ad una
situazione in divenire, "in - fieri", piuttosto che ad uno stato di
fatto o ad un contesto statico e consolidato.
Il secondo riferimento che ci proviene
dalla filosofia cassireriana delle forme simboliche riguarda la dimensione
operativa ed il punto di convergenza delle forme simboliche, che è poi il punto
verso il quale la cultura si dirige.
Questo punto di orientamento e di richiamo del dinamismo culturale è
rappresentato per Cassirer dall'uomo e
dalla sua "produzione spirituale".
L'uomo, con il suo "saper fare" e
con il suo "produrre" contribuisce a costruire le forme culturali e a
farle ulteriormente progredire. L'attività del fare o del produrre non è il semplice attivismo; in essa convivono le
forme simboliche, unitamente all' esperienza conoscitiva del soggetto e si
ritrova nelle sue funzioni tutto l'essere
umano, compresa la sua dimensione spirituale.
E' il nesso cultura-uomo ad emergere anche nell'attività del fare, che in virtù
di questo legame tra i due elementi, diventa significativo e
rappresentativo.
La conoscenza scientifica, legata al
"fare" tipico della ricerca,
è significativo non perché fornisce immagini, allegorie o modelli che
spiegano una realtà ad essa sottesa.
Proprio come le altre forme simboliche
anche la scienza esprime e fa
emergere dalle sue specifiche costruzioni e dai legami che riesce a porre con
le altre forme un "mondo di senso", il che significa che con le
conoscenze si dà "forma e senso all'esperire" e si consente al soggetto che attiva la ricerca di porsi a
contatto con gli altri ricercatori e di confrontarsi con essi.
Sotto questo aspetto, si comprende bene che
non diventa significativa sul piano scientifico quella specifica osservazione
soggettiva su di un fenomeno che non si dovesse collocare in un progetto di
ricerca, in una teoria o in particolari ipotesi; né quell'osservazione che non
entrasse nelle regole, per così dire, sintattico-semantiche che il linguaggio
delle scienze deve necessariamente rispettare. L'osservazione soggettiva
svincolata da questi legami posti dal "sistema" simbolico-culturale
diventerebbe patrimonio della sfera emotiva del soggetto e molto verosimilmente
resterebbe relegata nella zona di sedimentazione di quelle esperienze
soggettive che restano difficilmente comunicabili.
Un terzo riferimento riguarda il rapporto
tra l'unità e la molteplicità delle forme simboliche di Cassirer. La conoscenza
pluriprospettica
dei mondi passa necessariamente attraverso i diversi linguaggi della cultura e
attraverso le molteplici forme simboliche.
La conoscenza non può non proporsi come
comprensione, almeno ad un livello generale, dei diversi punti di vista
costruiti nell'ambito delle forme simboliche e come costruzione dei modelli
d'indagine in una visione d'insieme. E' questo il senso che ritroviamo nel
progetto di "alfabetizzazione culturale", proposto dai Programmi
didattici elementari del 1985.
In questo
contesto i nessi tra unità e diversità
non seguono una logica di riduzionismo o di semplificazione. Si tratta,
invece, di individuare successioni logiche e legami funzionali e razionali tra le forme o le discipline di studio .
Un orientamento dei problemi specifici
verso un centro, un "punto focale", in cui convergono e dal quale
partono i percorsi che si intersecano tra di loro in maniera da formare un reticolato.
Osserva
a tal proposito Cassirer: «I
prodotti della cultura spirituale, il linguaggio, la conocenza scientifica, il
mito,l'arte, la religione, nonostante ogni loro diversità, diventano membri di
un'unica grande connessione problematica - diventano molteplici punti di
partenza diretti tutti all'unico scopo di trasformare il passivo mondo delle
semplici impressioni, nelle quali da prima lo spirito pare rinchiuso, in un
mondo della pura espressione spirituale»[11].
Ogni tentativo di interpretare il mondo è una costruzione di
itinerari, tracciati per ricondurre fatti e fenomeni particolari
dell'esperienza spirituale dell'uomo a leggi generali ed universali ed a teorie
interpretative. Conoscenza è allora una serie di ipotesi da verificare, è "pro-getto",
è ricerca, è superamento di errori e di convinzioni errate.
Non ci può essere un criterio assoluto di verità nella conoscenza scientifica del mondo. La finalità della ricerca
scientifica non può consistere nel
rifugiarsi nella verità intorno ai fatti. Le scienze si costruiscono
sulle teorie partendo dai problemi e si strutturano nella dimensionalità
prospettica di costruire e ricostruire
nella complessità e nella incertezza,
secondo modalità, regole e procedure ben definite.
Sintetizza Goodman: «Il
nostro orizzonte è costituito dai modi di descrivere tutto ciò che viene
descritto. Il nostro universo consiste, per così dire, di questi modi,
piuttosto che di un mondo o di mondi»[12].
E ancora: «Ben lungi dall'essere un
padrone grave e severo, la verità è un servitore docile e obbediente. Lo
scienziato che suppone di essere dedito unicamente alla ricerca della verità
non fa che ingannare se stesso»[13].
1.3. CONOSCENZA E COSTRUZIONE DEI MONDI
Se va rivisto il nostro modo di affrontare
i problemi della conoscenza e della scoperta è, allora, giusto chiederci come
può essere descritto in termini scientifici accettabili il processo della
conoscenza.
Dire che la conoscenza è un processo vuol dire
che essa può accrescersi e subire dei mutamenti, ma vuole anche dire che essa
si origina e procede partendo da una base preesistente.
A livello strettamente cognitivo il
processo della conoscenza si esprime attraverso funzioni particolari, quali il
capire, il porre relazioni, l'associare, il discriminare, il generalizzare.
Conoscere vuol dire realizzare un continuo
crescendo e un costante
"progresso
nel capire", nel senso che le funzioni che vengono attivate nel processo
generano ed attivano funzioni superiori, sempre più affinate, fino a far
raggiungere le alte dimensioni tipiche del pensiero critico e creativo.
Ci sembra molto giusta ed opportuna la
riflessione che Goodman svolge in proposito: «Se i mondi - egli scrive -
sono tanto costruiti quanto trovati, anche la conoscenza è tanto un ricostruire
quanto un riportare. Tutti i processi di costruzione di mondi...entrano a far
parte della conoscenza. Percepire il moto...spesso consiste nel produrlo.
Scoprire leggi comporta che le si progetti. Riconoscere strutture è in buona
parte inventarle e imporle. Comprendere e creare vanno di pari passo»[14].
Esaminiamo brevemente quali potrebbero
essere i principali elementi che si possono ritrovare all'interno di questo
complesso processo.
Le
fondamentali variabili che possono essere isolate nell' impianto funzionale
della conoscenza rivolta alla comprensione del mondo, sono costituite dal:
1. mondo esterno al soggetto;
2. soggetto;
3. concetto;
4. sistema semantico-culturale;
5. livelli di comprensione.
La composizione degli elementi porta ad
elaborare una sintesi del tipo
seguente:
MONDO ESTERNO : stimolazioni… informazioni… esperienze… fenomeni…
SOGGETTO :
ristruttura… percepisce… riorganizza…
seleziona… le informazioni che già possiede…
acquisisce nuovi dati e dà senso ai mondi in
cui vive o che costruisce…
CONCETTO :
semplifica… raggruppa… pone relazioni… decontestualizza…
generalizza… formalizza…
SISTEMA SEMANTICO - CULTURALE : comunicare … vivere con
gli altri… negoziare i significati… creare
mondi simbolici…
FORME SIMBOLICHE: IL MONDO TRE : non specchi, ma reti… non oggetti, ma simboli… non realtà, ma
idee… non entità statiche, ma
relazioni…
FORMAZIONE SCIENTIFICA: passaggio dalla conoscenza pragmatica o self evident (concetti spontanei o
naturali ) alla conoscenza sistematica e formalizzata (concetti scientifici) :
QUESTO PROCESSO DIVENTA SIGNIFICATIVO NELLA SCUOLA DI BASE
Dalle relazioni, dalle dinamiche e dalle
intersezioni delle variabili in gioco,
è possibile cogliere più a fondo il meccanismo complesso della “comprensione”,
inteso come relazionalità, non soltanto di tipo cognitivo, e partecipazione con
gli elementi e le dinamiche rientranti nel concetto complesso di MONDO.
Ma, osserviamo più da vicino ciascun
elemento del processo, da considerare
soprattutto nella sua dinamicità e nelle sue interazioni con gli altri
elementi del sistema.
1.3.1. Il mondo esterno al
soggetto.
E' il punto di riferimento della conoscenza
scientifica e nello stesso tempo il punto di partenza del processo. Il mondo
esterno al soggetto rappresenta la dimensione nella quale è possibile percepire
ed osservare i fenomeni. Da esso si originano le stimolazioni, le
informazioni, le esperienze, i problemi.
Riferirsi al mondo nella sua triplice
realtà umana, naturale e tecnologica
vuol dire operare una scelta di campo ben precisa.In tal modo si conviene di rivolgere l'attenzione a ciò
che accade, a ciò che si presenta, a ciò che è osservabile, piuttosto che a ciò
che un oggetto è in se stesso o a ciò che potrebbe essere in quanto dipendente
da altre dimensioni metafisiche dell'essere.
L'epochè husserliana, consistente
nel "mettere tra parentesi" tutti quegli elementi, considerazioni e
principi che porterebbero lontano da un'analisi fenomenologica della realtà di
tipo scientifico, rappresenta uno strumento ed una metodologia particolarmente
utili per la conoscenza e la comprensione del mondo. Con ciò, si badi bene, non si vuole disconoscere l'importanza
della costruzione dei mondi della morale, della religione, della metafisica o
dell'arte, che, come abbiamo visto, restano espressioni delle forme simboliche
ed aspetti rilevanti dell' attività cognitiva dell'uomo. Parlare di mondo
esterno vuole dire demarcare i confini
della ricerca scientifica ed orientarne la sua direzionalità verso
obiettivi ben precisi, in maniera da non farne disperdere i contenuti di
conoscenza.
Restano, comunque, in tanti i mondi dell'uomo, reali, formali o virtuali
che siano.
KARL R. POPPER ha distinto i vari mondi in tre raggruppamenti, precisandone per
ognuno i contenuti e le caratteristiche.
Il MONDO UNO è quello
degli oggetti o degli stati fisici della realtà; il MONDO DUE è
quello degli stati mentali e di coscienza dell'uomo che ne determinano le
azioni ed i comportamenti; il MONDO TRE è il mondo dei "contenuti
oggettivi di pensiero", dei linguaggi disciplinari e delle forme
simboliche.
In questo
terzo mondo si collocano le scienze e le altre discipline formali del
sistema simbolico culturale[15].
Il percorso che porta alla formazione dell'uomo ed alla sua
autoconsapevolezza è tasversale rispetto ai tre mondi di Popper: i contenuti
del Mondo 1 diventano oggetto del Mondo
3, attraverso la mediazione del Mondo 2. In tal modo, la conoscenza non può mai
scindersi completamente dagli stati di coscienza e dall'emotività del soggetto,
né può prescindere dalla realtà concreta del mondo fisico. Su di un piano
funzionale, però, queste relazioni ed implicazioni non possono inficiare la
specificità e la peculiarità di ciascuna dimensione.
Secondo
JOHN C. ECCLES, che insieme a Popper ha contribuito a sviluppare la
teoria della tripartizione dei mondi, già anticipata da H.FEIGL, il
Mondo 3 è specifico dell'uomo e di nessun altro.
«Il mondo 3 - osserva
Eccles - è il mondo che appartiene esclusivamente all'uomo. E' il mondo che è
completamente sconosciuto agli animali. Essi sono ciechi per tutto il mondo 3»[16].
E' in questo mondo che si colloca la
scienza.
«La provincia logica del
mondo 3 - precisa DARIO ANTISERI - è costituita dai problemi, dalle teorie e
dalle argomentazioni scientifiche. La provincia logica del mondo 3 è la scienza»[17].
All'interno del Mondo 3 la realtà
fenomenica diventa oggetto culturale attraverso l'elaborazione del soggetto che
conosce, il che porta a considerare, diversamente dalle concezioni
fisicalistiche, che la scienza non può essere identificata con la realtà fisica
e naturale, né con la realtà fenomenica del mondo esterno, ma soltanto con la
rappresentazione formale di questa realtà.
Non vi sono contenuti materiali nella
scienza, ma costruzioni di idee e di teorie: la scienza resta un linguaggio
attraverso cui si rappresentano i mondi, visti da una particolare ottica e
prospettiva, seguendo certe regole.
«Noi conosciamo il mondo -
rileva J.BRUNER - in diversi modi e da posizioni diverse; e ciascuno dei modi
in cui lo conosciamo produce rappresentazioni e strutture diverse, anzi < realtà
> diverse. Una volta raggiunta l'età adulta, acquisiamo sempre più (per lo
meno nella cultura occidentale) la capacità di vedere lo stesso insieme di
eventi da una molteplicità di prospettive e di posizioni, nonché di considerare
gli esiti di questo processo come, per così dire, dei possibili mondi
alternativi»[18].
La modalità tipica attraverso la quale la
conoscenza di tipo scientifico si esprime e si articola, è quella che lo stesso
Bruner definisce come "paradigmatica" o logico-scientifica, diversa
dalla modalità "narrativa" che è propria della letteratura.
La modalità del pensiero
paradigmatico-scientifico «persegue l'ideale di un
sistema descrittivo ed esplicativo formale e matematico»[19] e si lega ad un tipo di
conoscenza in cui il pensiero è contraddistinto dalla caratteristica di
trascendere dal particolare e di operare astrazioni e generalizzazioni a
livelli sempre più alti. E' per questo
che una prima caratterizzazione del procedimento scientifico la si ritrova nel suo ricorso «alla
categorizzazione o concettualizzazione, nonchè alle operazioni mediante le
quali le categorie si costituiscono, vengono elevate a simboli, idealizzate e
poste in relazione tra loro in modo da costruire un sistema»[20].
Un'altra specificità o
"singolarità" del pensiero paradigmatico o scientifico è data dalla
verifica, che è quella essenziale condizione cui ogni invenzione ed ogni
costruzione di fatti e di ipotesi devono sottoporsi. Non così avviene per il
pensiero narrativo e per la creazione letteraria dell'opera d'arte, per i quali
non si avverte il bisogno di
dover
procedere alla verifica o, come direbbe Popper, di sottoporre le proprie
produzioni al vaglio del "tribunale della falsificabilità".
Tutta la didattica delle scienze, sottesa
od esplicitata nei Programmi del 1985 deve necessariamente costruirsi e
dimensionarsi su questi principi di fondo e sull'assunto, ad essi conseguente,
secondo cui le scienze nella scuola elementare non vanno raccontate o narrate,
ma vanno ricostruite, rielaborate e
rifatte in un contesto logico ed operativo che lega insieme le
conoscenze, le abilità e gli atteggiamenti dell'allievo in una sintesi
funzionale nella quale si connettono e si integrano tra di loro il saper fare
con il conoscere, il problematizzare con l'osservare ed il produrre ipotesi con
il verificare.
1.3.2. Il soggetto
Non tutta l'esperienza fenomenologica del
mondo esterno e le sue informazioni possono essere ritenute ed utilizzate dalla
mente del soggetto che conosce, la
quale è perciò costretta a svolgere operazioni di economizzazione e di
selezione dei dati.
La selezione si realizza su due fronti: vi
è una selezione "da campo", per così dire, che serve ad individuare
il contesto di riferimento, e vi è, poi, una selezione di dati ed elementi
all'interno di uno stesso campo. La prima modalità selettiva è riscontrabile,
ad esempio, nella operazione husserliana della "riduzione
fenomenologica" e nel principio dell'epochè. La scelta di campo,
nell'ottica fenomenologica, è quella della realtà osservabile e dei fenomeni
che in essa si presentano. Altre forme di realtà, o dimensioni diverse della
stessa realtà, pur se esistenti, vanno messe tra parentesi e su di esse va
sospeso il giudizio di conoscenza, ogni qualvolta che questo dovesse risultare fuorviante o irrilevante per la
ricerca scientifica.
Per questo lo scienziato
"sospende" tutti quei giudizi di natura etico-morale, ideologica,
politica o religiosa nel corso della sua ricerca scientifica e si astiene da
ogni dissertazione moraleggiante che su di essi si potrebbe fare.
La scienza, rilevava Locke, descrive ma non
prescrive!
Una volta tracciati i confini del campo
operativo della conoscenza scientifica occorre realizzare altre selezioni ed
altre operazioni
nella
riduzione dei fenomeni osservabili e nel trattamento dei relativi dati.
Il soggetto, oltre che percepire i dati del
mondo esterno, li classifica ed assegna loro un "senso",
connettendoli ai problemi ed alle ipotesi, li sceglie e li confronta con le
informazioni che già possiede e quindi li organizza e li riordina in più ampi
quadri e sistemi logici.
Il duplice compito del soggetto, quello di
assicurare l'attività di percezione e di organizzazione e quello di svolgere una funzione di
integrazione e di riorganizzazione,
rende possibile l'elaborazione ed il trattamento delle informazioni.
Il che si pone come qualcosa di
qualitativamente molto diverso dal semplice atto di assorbimento di dati diretti
ed oggettivi provenienti dalla realtà esterna , oggetto di conoscenza.
Il soggetto possiede la capacità di fornire
senso e significato a ciò che osserva, per cui alle sue capacità percettive ed
osservative che gli consentono di agire, unisce quelle più raffinate dell'interpretazione, con le quali
ricostruisce gli schemi entro i quali i dati di conoscenza acquistano
significato. Con questi riferimenti possiamo capire meglio come la funzione
principale del soggetto nei confronti del sapere si sviluppa nel produrre
"teorie" o "mappe" concettuali da utilizzare per capire più
a fondo le cose, vale a dire per destrutturare e ristrutturare gli oggetti di
conoscenza, che in questo procedimento non possono più essere
"distaccati" o isolati dai fatti soggettivi e dall'intenzionalità del
soggetto che conosce. Vi è, al contrario, una sostanziale coincidenza tra colui
che osserva e l'oggetto osservato, proprio come la fenomenologia ha messo in
evidenza.
E' evidente che in questa prospettiva
cambiano alcuni parametri di riferimento anche nel campo della razionalità euristica.
La logica che qui si assume non è più
quella della linearità, della
semplificazione, della causalità o della non contraddizione, ma è quella
della complessità e della "proceduralità", sicuramente più adatta a
gestire il "disordine" e le contraddizioni presenti nelle
trasformazioni e nei mutamenti culturali del nostro tempo, ed è quella che è
attrezzata a considerare anche il caso,
l'imprevisto, l'errore o il disorganizzato, che entrano nel sistema "in
divenire" dei processi mentali.
Un altro parametro da considerare riguarda
la funzione relazionale che il soggetto è chiamato ad esercitare nei confronti
dell'oggetto di conoscenza. In questo
tipo di rapporto, egli, oltre che svolgere le funzioni di un attento
osservatore, dovrebbe poter essere soprattutto un abile solutore di problemi
che trovano origine principalmente nel
rapporto di interazione e di transazione tra la realtà esterna ed il suo
mondo interno.
Ogni tentativo di soluzione o di
interpretazione dipenderà, più che dai livelli di comprensibilità e di
permeabilità del fatto in sé, dalla plausibilità del sistema ermeneutico che si
utilizza, vale a dire dalla capacità da parte del soggetto di sapere e poter
ritornare sui fatti osservati per interpretarli mediante l'utilizzazione di
teorie e costrutti mentali che vengono elaborati sempre in rapporto alla
"storia personale" del conoscente ed ai suoi punti di vista.
Proprio con l'esercizio e lo sviluppo di
queste funzioni cognitive, si raggiungono i livelli più alti e produttivi nel
processo di sintesi che si determina tra l'esperienza esterna e quella interna
del soggetto, sintesi che è alla base
del processo di formazione e di crescita dell'uomo.
E' in questa dimensione che, secondo le
tesi del costruttivismo logico, l'uomo costruisce i mondi e ri-crea le realtà,
comprese quelle che rientrano nel mondo della scienza.
Osserva J.BRUNER: «...la
realtà che noi creiamo è il prodotto della trasformazione di una precedente realtà
che abbiamo assunto come dato. Noi costruiamo molte realtà e lo facciamo sulla
scorta di intenzioni diverse»[21].
Il lavoro di costruzione e di
rappresentazione del mondo della scienza che il soggetto realizza passa,
allora, attraverso la sua attività mentale e si dispiega attraverso il
complicato processo di elaborazione dei concetti.
Sono proprio i concetti a costituire il
vero patrimonio conoscitivo e pratico dell'uomo e la vera indispensabile
risorsa per il progresso delle scienze.
1.3.3. Il concetto
Il soggetto,nella sua difficile ma affascinante
impresa di pervenire alla comprensione
del mondo, ha bisogno, per poterli isolare e trattarli, di "imbrigliare" i fenomeni
entro una rete costruita con relazioni
e coordinate logiche. A tal fine, mette
in atto particolari strategie operative: seleziona le informazioni, le
semplifica, le raggruppa e le collega mediante nessi logici. Attua, insomma,
quei processi cognitivi che portano alla decontestualizzazione e alla
generalizzazione. Questi processi sono alla base della costruzione e della
formazione dei concetti. Spiega BRUNER:
«La formazione di un concetto è il processo
mediante il quale,dopo aver incontrato un considerevole numero di esempi
particolari di una certa cosa, noi decidiamo che un sottoinsieme di essi forma
una categoria o una classe a sé stante.»[22].
Per la costruzione di nuovi concetti non occorrono soltanto le nuove informazioni
o i nuovi dati che si acquisiscono dalle stimolazioni esterne; è necessaria
anche una base concettuale preesistente entro cui le nuove cognizioni vanno a
collocarsi e ad assumere significatività.
Più è solido il patrimonio concettuale che
si possiede, più consistente e rapido diventa il processo dei nuovi
apprendimenti e più di qualità e raffinato diventa il sapere che si acquisisce.
Si capisce, allora, come sia più facilitata
l'operazione della costruzione dei concetti o quella della loro espansione,
quando si possa contare su conoscenze acquisite ed interiorizzate in
precedenza.
Diventa in questa prospettiva anche più
comprensibile come sia
importante
ed indispensabile per l'insegnante il dover conoscere quale sia il patrimonio
concettuale dell'alunno, non soltanto dal punto di vista quantitativo, ma anche
e soprattutto sotto l'aspetto qualitativo, prima di proporgli un qualsiasi
programma di apprendimento.
Queste esigenze sono presenti e sono state
ben rimarcate nella nuova didattica esplicitata dai Programmi del 1985, laddove
si evidenzia come sia importante procedere all'accertamento dei prerequisiti
prima di impostare gli itinerari disciplinari e le specifiche unità didattiche
o di apprendimento. Esse ricorrono, poi, nel testo ogni qualvolta viene richiamata l'attenzione dei docenti sul
rispetto dell' identità psicologica e culturale del soggetto che apprende.
Il patrimonio della conoscenza e la sua crescita non sono legati unicamente
al soggetto che controreagisce nei
confronti delle sollecitazioni che gli provengono dal mondo esterno, ma
dipendono anche dalle possibilità che
il soggetto ha di "pro-agire" e di assumere l'iniziativa.
Costruire la conoscenza vuol dire esprimere particolare tensione cognitiva
verso il nuovo e saper "pre-vedere" i possibili sviluppi di una situazione.
Non necessariamente i nuovi ambiti di conoscenza che il soggetto conquista con
la conoscenza sono determinati da risposte e reazioni a dati di fatto ed a
stimoli provenienti sia dal mondo esterno che interno. La teoria che vincola
l'apprendimento dell'uomo ai condizionamenti e che considera il processo di
conoscenza come risposta a stimoli culturali, non esaurisce tutte le modalità e
le possibilità umane di conoscenza, che, invece, è anche slancio, iniziativa,
esercizio delle ipotesi, "intraprendenza inventiva", come è
detto nei Programmi, proazione e sfida nei confronti di un futuro non sempre
possibile ad essere chiaramente
delineato.
L' io, nella pienezza della sua forza
creativa, è capace, ci ricorda E. ERICKSON, sia di reagire, che di proagire.
Queste funzioni del soggetto, ad alta
produttività cognitiva, unitamente alle altre operazioni che si realizzano
nella costruzione dei concetti, più che i contenuti della conoscenza
meccanicamente acquisiti, sostengono la vita concettuale dell'uomo. Allo stesso
modo agiscono le dinamiche tipiche del pensiero scientifico-paradigmatico, come
il descrivere, lo spiegare, il pre-vedere, lo sperimentare o il
verificare:tutte finiscono col riversare i loro benefici sullo stesso
patrimonio concettuale, consentendone la
crescita e facilitandone le
trasformazioni e le evoluzioni.
Nella
formazione dei concetti l'attenzione
deve essere, allora, rivolta ai processi, piuttosto che ai prodotti. E'
questa una regola imprescindibile per la psicodidattica in generale ed in
particolare per lo studio delle scienze.
1.3.4. Il sistema semantico-culturale
La continua rielaborazione dei concetti e
la loro transazionalità sono le
condizioni migliori per poter comprendere e conoscere i mondi.
Ma queste condizioni da sole non
bastano. Occorre che esse vengano
elaborate all'interno di un campo di produzione ben strutturato e coordinato;
un campo che ogni società elabora e definisce in virtù dei suoi principi
costitutivi e dei suoi valori; un campo la cui dinamica interna è regolamentata
da leggi, da logiche e da principi particolari.
Si tratta di un sistema in cui si organizzano le "forme simboliche" ed
i linguaggi di una specifica società. In questo sistema di tipo
"semantico-culturale", come ormai lo si usa definire da più parti, le
esperienze culturali dei singoli diventano significative per i molti soggetti
sociali, la comunicazione verbale e non verbale diventa possibile e la cultura
si consolida come patrimonio sociale.
Più che essere un impianto
"speculare" di concetti, il sistema simbolico o semantico-culturale
si costruisce come una griglia di relazioni e d'interconnessioni, come
un reticolo di codici e di
chiavi
interpretative dei messaggi che vengono veicolati o come un intreccio di strutture non sostanziali, ma formali,
capaci di regolare l'impianto culturale di quella particolare società da cui è
attivato.
Seguendo il lessico, le leggi, le regole e
le modalità operative che sono presenti all'interno del sistema culturale, è
possibile "investire" e far fruttare adeguatamente il capitale dei
concetti che si vanno elaborando ed il
patrimonio delle conoscenze personalizzate per rendere possibile la
rappresentazione e la comunicazione del sapere ed il progresso della cultura.
Ove, invece, la costruzione dei concetti
dovesse restare circoscritto in sistemi individuali e nella sfera della soggettività, senza varcare la soglia del
sistema socio-culturale, il sapere che ne deriverebbe sarebbe criptico,
ermetico, imcomunicabile e , perciò, improduttivo.
Potremmo sintetizzare nei tre punti del
riquadro sottostante gli aspetti più rilevanti in ordine alle funzioni che il
sistema simbolico - culturale svolge in un contesto socialmente progredito.
FUNZIONI DEL SISTEMA SEMANTICO-CULTURALE
1.
Raccogliere ed ordinare le risposte culturali che si possono dare o sono state
date dall'uomo sui quesiti
relativi al mondo nella complessa e
variegata realtà naturale, umana ed artificiale.
2.
Mediare e fluidificare la comunicazione ed il rapporto tra gli
"attori" sociali[23] in quanto i concetti elaborati
dai singoli soggetti diventano
veicolabili e "spendibili" se sono rappresentati mediante codici da
tutti condivisi
e compresi.
3.
Organizzare la conoscenza negli schemi concettuali del soggetto e far
padroneggiare i relativi strumenti che
ne consentono l'acquisizione prima
e la manipolazione dopo, tra i quali assume fondamentale importanza il
linguaggio verbale, così come LEV
S. VIGOTSKY ha ben messo in evidenza[24].
E' nel sistema culturale di riferimento
che si facilitano, allora, le operazioni tipiche della concettualizzazione,
quali l'astrazione e la simbolizzazione, ed è sempre nel suo interno che le
esperienze conoscitive di tipo soggettivo acquistano significato e diventano
patrimonio comune di conoscenza. In tal
modo, l'impianto simbolico della
cultura, con le sue regole semantiche, i suoi linguaggi e le sue forme di rappresentazione, consente al soggetto
che conosce la trasformazione dei
concetti "comuni" in concetti "scientifici" o altamente
formalizzati.
Ne consegue una evoluzione delle forme e
delle modalità della conoscenza verso l'appropriazione del carattere di scientificità.
La conoscenza di tipo comune si costruisce
mediante la diretta connessione con il contesto di riferimento e si
caratterizza per la immediatezza e
l'evidenza de suoi riferimenti, nonché
per i suoi riscontri con l'azione concreta, mentre una strutturazione
della conoscenza costruita su un modello di tipo scientifico-formale è connessa
ai caratteri dell'astrazione e della decontestualizzazione, spinte al massimo
livello, e ad una operatività riferita ai simboli e non agli oggetti.
In questo senso va interpretato quel
passaggio evolutivo che JEAN PIAGET descrive come passaggio dalle competenze
del pensiero svolte nella fase delle "operazioni concrete" a quelle
relative alle "operazioni formali". Ed è anche in tali
coordinate che può essere colto il riferimento necessario per comprendere come
mai nella scuola di base debba
realizzarsi il passaggio da una conoscenza pervasiva, globale, immediata, manipolatoria ad una conoscenza
costruita sui simboli e su di un linguaggio avente regole ben determinate.
Il fare e l'osservare, tipici del metodo
scientifico, non possono essere intesi ed impostati al di fuori di questi
tratti evolutivi del pensiero.
Essi vanno connessi ai problemi
teorici che la conoscenza scientifica pone ed acquistano significato in
rapporto alle ipotesi ed alle teorie di riferimento, che, stando a C. HEMPEL,
sono le condizioni che rendono
"rilevanti o irrilevanti" i "fatti" o i "reperti
empirici"[25].
La conoscenza di tipo scientifico,
benchè si ponga sempre in relazione con
quella di tipo comune e trovi in essa il suo
presupposto, si costruisce su parametri specifici e ben differenziati. Essa è vincolata,
secondo J. DEWEY, da procedimenti ben definiti, «si distacca da situazioni
di uso e fruizioni dirette»[26] ed è inserita in un sistema dinamico che ha rilevanza socio-storica.
Osserva ALBERTO BARGELLINI: «Secondo
un punto di vista più recente[27]
una delle caratteristiche più importanti del pensiero di senso comune è quella
di essere <self-evident>; esistono infatti molti esempi di realtà accettate che non sono soggette ad
alcun dubbio; nel pensiero di senso comune non c'è bisogno di dare
spiegazioni... Un'altra importante caratteristica del pensiero di senso
comune...è il suo carattere pragmatico; il modo in cui percepiamogli oggetti,
la gente e i fenomeni è determinato, in larga misura, da ciò che possiamo o
dovremmo fare»[28].
In sintesi: il pensiero comune con le sue
caratteristiche di "self - evidence" e di pragmaticità evolve verso il pensiero scientifico complesso,
formale e altamente simbolico.
Si chiariscono meglio, ora, il significato
positivo e la funzione formativa che la scuola svolge nel contesto della
formazione "di base" degli alunni.
Essa dovrà favorire il passaggio da una
conoscenza di tipo comune ad una conoscenza di tipo scientifico, aiutando il
pensiero ad evolvere gradualmente da una
condizione originaria di evidenza assoluta ed acritica nei confronti di
tutto ciò che si apprende, verso una dimensione conoscitiva problematica,
caratterizzata dal dubbio e dalla costante attività di ricerca. La scuola di
base, inoltre, aiuterà la conoscenza a superare la condizione di ristrettezza
che la lega al compito diretto ed all'immediatezza dell'azione, per orientarla verso dimensioni
sempre più decontestualizzate e verso quei legami e relazioni importanti per la
loro "qualità", piuttosto che per i contenuti immediati.
Ciò significa, in fondo, che la scuola di
base, in quanto formativa, dovrà garantire quel tipo di apprendimento che con D.P. AUSUBEL possiamo definire
"significativo" per l'esperienza educativa del soggetto[29].
In un tale contesto di riferimento il
"fare" diventa "saper-fare", ovvero un fare qualitativo e
rappresentativo, progettuale, inserito in un programma operativo ed organico di conoscenza.
Le implicazioni di tipo didattico e
culturale del richiamo che i Programmi
del 1985 contengono al
"fare", così inteso, sono contenute nella scheda seguente.
IL SAPER FARE
DAI NUOVI PROGRAMMI: "Il fare
alimenta le capacità percettive e motorie
e alimenta la vita mentale".
OCCORRE ALLORA RECUPERARE E CONTRIBUIRE A
CONSOLIDARE NELLA SCUOLA LA
CULTURA E LA
DIDATTICA DEL FARE, NELLE DUE DIMENSIONI:
* P E D A G O G I C A
NEL SENSO CHE: il fare, quando è culturalmente
significativo, fa maturare un rapporto con la realtà di tipo dinamico (la
realtà si trasforma) ed attivo (l'uomo può intervenire sulla realtà e
trasformarla)
* O P E R A T I V A
NEL SENSO CHE: il fare, quando è didatticamente
rilevante, fa consolidare ed espandere le conoscenze, mediante: > la manipolazione > la costruzione > il controllo > l'utilizzazione della tecnologia
L'INTEGRAZIONE E LA SINTESI TRA LE DUE
DIMENSIONI CONSENTE LA CONNESSIONE TRA FARE E PENSARE NEL CORSO DELLO SVILUPPO
DELL'UOMO (G. PETTER).
NOTA SULLO SVILUPPO: Nelle prime età evolutive dell'uomo, il fare precede con maggiore
frequenza ed intensità il pensare,il che consente l'interiorizzazione dell'
operazione. In età successive, il
rapporto tra fare e pensare può anche invertirsi: in questo caso esso è utile
per il consolidamento del pensiero.
Nell'uno e nell'altro caso, l'importante è non tenere disgiunti o far
divergere i due processi.
Questo impianto è coerente con due
aspetti tipici del modo di funzionare del pensiero e di accrescersi: la generatività
che ogni idea ha nel produrne altre nuove e la transazionalità che è
possibile realizzare procedendo da una idea o da principi generali ad altre
costruzioni. Queste grandi potenzialità del pensiero si esprimono mediante i
meccanismi delle relazioni logico-concettuali e del transfert cognitivo,
soprattutto quando tali meccanismi si attivano, come osserva G. PETTER, sui
principi generali, piuttosto che sugli specifici dati informativi.
Ciò che, però, si vuole soprattutto
evidenziare in questa impostazione consiste nel fatto che tutti gli aspetti
presi in considerazione nel tentativo di ricercare le radici ed i fondamenti
della conoscenza scientifica, risultano essere tipici del funzionamento del
pensiero e su di essi trovano fondamento sia l'apprendimento che il progresso
della conoscenza.
Si dimostra in tal modo abbastanza
facilmente che esistono affinità e convergenze e continuità tra il modo più
produttivo di far funzionare il pensiero umano e la forma più corretta dal
punto di vista scientifico per fondare le scienze.
E'
il punto di convergenza tra l'epistemologia e la psicologia che J. PIAGET, del
resto, ha con autorevolezza individuato
nelle sue ricerche dedicate a queste tematiche.
Considerare nella scuola le connessioni e
la transazionalità che di fatto si
hanno tra le modalità operative del pensiero e la proceduralità della ricerca
scientifica e realizzare in essa un clima operativo coerente con tali
considerazioni, aiuta veramente molto l'allievo ad "entrare" nel
sistema semantico-culturale della società in cui vive, sia per fruirne le forme
espressivo-comunicative ed i linguaggi, per interpretarli, comprenderli e
decodificarli, sia per produrli, e cioè per utilizzarli, costruirli,
rielaborarli e ricodificarli.
Anche secondo questi parametri vanno
interpretate le indicazioni dei Programmi quando sollecitano nel progetto culturale
ed educativo della scuola primaria il "passaggio continuo che va da una
impostazione unitaria pre-disciplinare all'emergere di ambiti disciplinari
progressivamente differenziati", possibilmente con sviluppi interdisciplinari, aggiungiamo noi.
Allora, la conoscenza e la ricerca scientifica vanno connesse e
collegate sia alla disciplinarità intesa come processo, che parte da lontano e
porta al superamento della stessa disciplina, e sia alla disciplinarità che si costruisce come un
itinerario segnato per consentire l' entrata nel sistema della cultura e delle
relazioni interpersonali, com' esse si esprimono all'interno del contesto
sociale di appartenenza.
1.3.5. I livelli di comprensione
Potremmo individuare due livelli di riferimento
nella funzione positiva che il sistema semantico-culturale esercita nei
confronti dello sviluppo concettuale
del soggetto.
Il primo livello è quello dei "linguaggi",
in cui si realizzano le dimensioni formative dell'"alfabetizzazione culturale" e della
"convivenza democratica", che nei Programmi del 1985 acquistano una rilevante importanza.
Dal punto di vista strettamente
scientifico-cognitivo, tralasciando le implicazioni che porterebbero verso le
dimensioni pur esse molto vaste della
socializzazione, si può dire che è a questo livello che acquista credito
il metodo scientifico, nelle sue tipiche
operazioni della osservazione, della problematizzazione, dell'ipotesi e
della verifica.
Il campo di naturale applicazione di questa
metodologia particolare è quello della ricerca, che rende attivo il soggetto e
lo pone in relazione con altre esperienze di conoscenza in termini di
alternatività, di confronto e di dialetticità. E' a questi livelli che si realizza quel tipo di cultura che Bruner
vede come "forum",
utile «per negoziare e rinegoziare il significato, nonché
per dare ragione dell'azione»[30], secondo regole che la
cultura stessa preliminarmente pone.
Nella prospettiva della "cultura-come-forum",
si fa riferimento, da un lato, ad un soggetto che svolge nel negotium e
nel confronto un ruolo di attivo
protagonista e, da un altro lato, ad un modello di educazione che, pervasa da
questo spirito, si ponga come strumento
privilegiato dell' opera di negoziazione e di rinegoziazione dei valori
educativi, nello spirito tollerante e democratico del pluralismo etico e
culturale.
Il secondo livello è quello dei "fini".
La ricerca scientifica, strutturata all'interno della costruzione linguistica e
semantica del sistema etico-culturale e poggiante sulla rielaborazione
migliorativa ed estensiva del patrimonio concettuale già posseduto, è rivolta a
far realizzare la comprensione dei mondi, interni ed esterni al soggetto.
Il fine immediato è costituito dalla "comprensione",
che rappresenta il livello in cui la conoscenza diventa significativa e
produttiva. La significatività deriva
ad essa dal fatto che è stata metabolizzata dal soggetto e si è sistemata nel
giusto punto della rete concettuale, dopo aver trasformato e rielaborato gli
schemi precedentemente costruiti.
Ciò significa sostanzialmente due cose: in
primo luogo che il soggetto ha maturato nuovi e diversi atteggiamenti nei
confronti del mondo ed in secondo luogo che le conoscenze, le abilità ed i comportamenti sono tra di loro ben
relazionati ed organizzati unitariamente (visione olistica), al punto che una
modifica significativa ad uno di questi elementi, comporta sempre una qualche
trasformazione negli altri due, così come avviene in ogni campo ben strutturato.
Il fondamentale obiettivo formativo
generale che si realizza mediante la conoscenza e la comprensione si ritrova nella condizione entro la quale il sapere si trasforma nel soggetto in
"saper essere" ed il soggetto diventa capace di utilizzare
questa sua conquista nel rapporto con il mondo.
E' a questo punto che l'uomo impara ad
essere non soltanto interprete del suo mondo, ma anche creatore di nuovi mondi
e dominatore della scienza.
La finalità generale della formazione
scientifica nella scuola elementare consiste proprio nell'attivare questi
processi di comprensione, di intervento e di controllo sui mondi, naturali ed
artificiali o reali e virtuali che siano, con cui l'uomo è costantemente in
rapporto.
L'articolazione delle finalità dell'educazione
scientifica nella scuola elementare, secondo i Programmi Didattici vigenti, può
essere costruita secondo il prospetto che segue.
LE FINALITA'
DELL’EDUCAZIONE SCIENTIFICA
CONOSCENZA - COMPRENSIONE :
* ACQUISIRE ABILITÁ E CONOSCENZE
CHE ARRICCHISCANO LE CAPACITÁ DI
COMPRENDERE E RAPPORTARSI CON IL
MONDO
* COMPRENDERE QUALE SIA IL RUOLO DELLA
SCIENZA NELLA NOSTRA SOCIETÁ E
NELLA
NOSTRA CULTURA
CRITICA :
* SAPER
VALUTARE LE POSSIBILITÁ, LE POTENZIALITÁ
ED I LIMITI DELLA SCIENZA
* SAPER
IMPOSTARE LA PROBLEMATICA RELATIVA ALLA INDIVIDUAZIONE,
TRASFORMAZIONE E
CONSERVAZIONE DELLE RISORSE NATURALI ED AI
TEMI DEL
RISPARMIO
ENERGETICO
ABILITA'- CAPACITA' :
*
SVILUPPARE LO SPIRITO D'INIZIATIVA, LE CAPACITÁ RIFLESSIVE, CRITICHE E
DI
PROBLEMATIZZAZIONE, POTENZIANDO LA CREATIVITÁ, IL PENSIERO DIVERGENTE E
MIRANDO ALL'
AUTONOMIA DI GIUDIZIO
ATTEGGIAMENTI :
*
CORRETTEZZA NEI CONFRONTI DEGLI ESSERI VIVENTI
*
POSITIVITÁ NEI CONFRONTI DELL'AMBIENTE NATURALE
*
SENSIBILITÁ VERSO I PROBLEMI DELLA SALUTE E DELL'IGIENE PERSONALE
* INTERESSE
PER LA CULTURA TECNOLOGICA E PER IL MONDO DELLA PRODUZIONE
GLI ELEMENTI CHE SI RITROVANO IN QUESTE FINALITA' SONO :
1. IL MONDO, nella sua
realtà NATURALE - UMANA
- ARTIFICIALE
2. IL SOGGETTO, che costruisce e
non assorbe passivamente le conoscenze
3. IL SISTEMA SEMANTICO -
CULTURALE, in cui si elaborano
# le CONOSCENZE CODIFICATE
# le RELAZIONI
SOCIO-CULTURALI
Oltre alle indicazioni contenute nel
quadro precedente, ci sono altre condizioni da garantire per chi voglia
raggiungere, nell'ambito della formazione scientifica, livelli più elevati di
maturazione. Qui di seguito ne vengono considerate alcune di particolare
importanza; il tratto che le accomuna e le caratterizza è costituito dal fatto
che tutte possono essere riferite a
quella complessa e profonda funzione tipica della personalità che va sotto il
nome di "creatività".
2. R I F E R I M E N T I P S I C O D I D A T T I C I
2.1. IL PENSIERO PRODUTTIVO
Parlare di "pensiero produttivo" vuol dire
innanzitutto riferirsi a MAX WERTHEIMER[31],
meritevole di aver operato, insieme a KURT
KOFFKA e a WOLFANG KOEHLER una
vera e propria rivoluzione nel campo della psicologia dell'apprendimento. Egli, infatti, ha orientato la ricerca psicologica verso le "gestalten"
o forme organizzate e verso le visioni
di sistemi globali, piuttosto che verso
l'analisi dei singoli dati da associare in composti sempre più complessi o
verso l'attenzione a risposte e
comportamenti reattivi di fatto osservabili.
Parlare entro queste coordinate di
pensiero produttivo vuol dire riferirsi ad un pensiero che, sviluppatosi
secondo quei modelli evolutivi che il Gestaltismo ha messo in evidenza,
realizza, attraverso i processi dell'apprendimento, i massimi livelli possibili di sviluppo in ordine alle
capacità produttive e creative del
soggetto.
Questo tipo di pensiero è quello che opera
e procede secondo visioni globali e che si organizza, anziché isolando e
trattando la specifica informazione, utilizzando strutture e schemi complessi,
articolati, integrati ed inseriti in sistemi relazionali.
In questo contesto l'apprendimento si pone
essenzialmente come un imparare a cogliere le relazioni compiute e
significative e come un continuo costruire e ricostruire le "forme"
percettive. Attraverso questo processo
è possibile pervenire all' organizzazione strutturale delle esperienze
percettive e delle conoscenze. La ricerca della "forma migliore"
o di quella più "pregnante",
può essere realizzata grazie all'attività produttiva del pensiero che
riorganizza e ristruttura al meglio, all'interno di un "campo" in cui
le forme acquistano significato, i dati percettivi e cognitivi. In questo modo
il pensiero diventa produttivo e creativo.
Il
processo che si mette in atto in questo quadro di alta efficienza cognitiva da parte del soggetto umano è essenzialmente
un procedere per problemi, senza arrestarsi all'evidenza dei fatti o delle
percezioni.
Per attivare questo complesso procedimento
sono indispensabili due condizioni generali. Innanzitutto occorre realizzare un
clima ed un ambiente operativo caratterizzati da una condizione di
"autonomia funzionale" e
tali da rendere effettivamente il soggetto libero di poter agire in rapporto
allo scopo, rendendolo, per quanto più possibile, svincolato da ogni condizionamento che gli dovesse provenire dal
suo lavoro di ricerca o da standards precedenti di conoscenza, già
consolidati.
In secondo luogo, è importante far ricadere
il problema in una situazione operativa, in cui possa essere garantito al
soggetto che è alla ricerca delle soluzioni ad esso possibili, il cosiddetto "piacere
funzionale" della scoperta o della nuova conoscenza acquisita, che,
ricordiamolo, si rende possibile quando il soggetto riesce a riconoscersi nei
risultati della ricerca che, peraltro, quando sono positivi, agiscono da
rinforzi "intrinseci" sulle
sue motivazioni e ne
garantiscono i successi.
L'"autonomia funzionale" del
soggetto trova i suoi fondamenti psicologici nelle sue risorse intrinseche profonde e nella
"forza dell'ego"[32]
e si esprime in virtù del fatto che l'uomo, potendo contare su tali forze,
diventa capace non soltanto di re-agire di fronte alle stimolazioni, ma
anche di pro-agire e di esprimere in pieno tutte le sue capacità
d'iniziativa e di progettazione. Il "piacere funzionale", che è una
situazione complementare rispetto all'autonomia, che trova in questa il suo
presupposto, va inteso come il "gusto di sentirsi vivi" e di provare
la propria efficienza operativa nella soluzione dei problemi; esso rappresenta
il "sensus sui" del soggetto, l'autoconsapevolezza, e può
essere provato ogni qualvolta il soggetto ha coscienza di poter padroneggiare
tutte le sue funzioni e di poter con esse "produrre" qualcosa di
nuovo e di proprio.
Quanto la nostra scuola è attenta a che
queste dimensioni siano di fatto garantite?
La piena realizzazione di queste due
condizioni del "procedere per problemi" consente più agevolmente il
raggiungimento dei livelli più elevati dell' autoconsapevolezza ed agisce da
motivazione profonda, come ha rilevato Bruner, per poter continuare sulla strada degli apprendimenti
significativi.
La produttività del pensiero e la
consapevolezza di questa produttività
da parte del soggetto rendono possibile l'avanzamento ed il progresso
della conoscenza.
Si possono cogliere, in questa
impostazione, alcuni importanti riferimenti
utili per la nostra analisi.
In primo luogo, va considerato che il
pensiero produttivo, riferendosi alla dimensioni profonde e personalizzate
della creatività umana, può essere concepito e rappresentato come
organizzazione delle possibilità cognitive o come "interfunzionalità"
ed armonizzazione delle diverse funzioni che l'uomo può attivare. Per M.
MENCARELLI si può rappresentare la più alta espressione della personalità
dell'uomo «nella misura in cui tutte le funzioni umane si
incontrano, si sintonizzano fra loro, garantiscono non solo una efficace attività
dell'intelligenza, ma anche una piena costruzione e manifestazione della
personalità»[33].
All'interno del concetto di
"interfunzionalità" si possono far rientrare sia il senso della
creatività dell'uomo, che quello della produttività del suo pensiero. Alla
determinazione di questa creatività-produttività non può essere estranea
la scienza, considerato l'alto grado di
isomorfismo e di coinvolgimento
esistente tra i procedimenti scientifici ed i
processi cognitivi, che, peraltro, pone in una consistente relazione
l'epistemologia e la psicologia.
La produttività scientifica non è, allora,
estranea alla creatività, ma ne è una componente essenziale.
C. W. TAYLOR evidenzia la presenza di una
creatività combinatoria, oltre che espressiva e produttiva; essa è
capace di esprimere una ben precisa dimensione innnovativa, dinamica e di
cambiamento ed emerge soprattutto nei processi di progressione e di sviluppo delle conoscenze già realizzate.
A sua volta, J. S. BRUNER parla di tre tipi di produttività o di creatività:
esiste una creatività formale, consistente«nel creare un ordine fra
elementi diversi» e che si realizza nella matematica e nella
logica; una creatività metaforica,
quale la troviamo nell'arte, che «è produttiva, in quanto
connette zone o aspetti dell'esperienza prima disgiunti»
ed una creatività previsionale , quella tipica della scienza, che
consiste nel creare nuove possibilità di previsioni e che non sempre «scaturisce
da una intuizione subitanea, ma da un lento accumularsi di conoscenze e di
sollecitazioni»[34].
S. A. MEDNICK intende la creatività come la
«capacità di formare nuove combinazioni»
tra le idee[35] , ovvero
come «capacità di mettere insieme in modo utile idee di solito lontane l'una
dall'altra»[36], difficilmente percepibili
con evidenza nelle loro connessioni. Questa interpretazione colloca la
creatività all'interno di quel complesso processo mentale di aggregazione ed
organizzazione dei dati, nel quale la creatività si dimensiona come «una
vivace, nuova ed improvvisa ristrutturazione dei dati problemici»[37]. .
M. WERTHEIMER, in particolare,
nell'impostare su nuove basi la dimensione della creatività ed i suoi rapporti
con il pensiero produttivo, con cui la identifica, afferma e ribadisce più
volte il principio secondo il
quale in tanto è possibile la
ristrutturazione ed il cambiamento
della "centratura cognitiva"
dei dati di un problema da parte del soggetto, in quanto si raggiunga la
visione contestuale sia del problema e dei suoi dati e sia della situazione in
cui il problema stesso è posto. Questa
impostazione esprime l'esigenza olistica di considerare nel processo di problem-solving il tutto come
una realtà complessa e strutturata, da
esaminare "tutta insieme" come fatto unitario, pur sempre
diverso
dalla semplicistica somma delle singole parti.
«Poiché ogni problema -
osserva dal canto suo V. RUBINI - contiene delle difficoltà, il lavoro del
pensiero consiste nel vederle e trattarle strutturalmente, vale a dire in
relazione al tutto problemico, innestando con gradualità dinamica una serie di
operazioni di raggruppamento, segregazione, centratura, decentratura e
trasposizione»[38].
Considerate queste dimensioni sostanziali e
queste estensioni di campo
della
creatività-produttività del pensiero umano, si legittimano e si comprendono
meglio i due importantissimi assunti espressi nella Premessa Generale dei
Programmi Elementari: «...il primo riguarda la necessità che le funzioni
motorie, cognitive ed affettive giungano ad operare progressivamente e puntualmente
in modo sinergico, suscitando nel fanciullo il gusto di un impegno dinamico nel
quale si esprime tutta la personalità. Il secondo riguarda la necessità di non ridurre la creatività alle sole
attività espressive, ma di coglierne il potere produttivo nell'ambito delle
conoscenze in via di elaborazione nei processi di ricerca».
Il pensiero produttivo, in senso creativo,
può essere assunto, allora come un
paradigma utilissimo per la problematizzazione e la ricerca, ma anche come pattern
o modello comportamentale, visto che
chi riesce a pensare produttivamente o creativamente esprime un
determinato e preciso stile cognitivo.
Infatti, riteniamo che sia produttivo chi
non accetta soluzioni pre-fatte di problemi, ma escogita, inventa, re-inventa,
ri-elabora o ri-combina possibili soluzioni; chi opera nel dubbio, nel problema
nel sospetto epistemologico, nella confutazione e nella ri-verifica di dati; chi esprime capacità riflessive ed
osservative unitamente ad un atteggiamento operativo nei confronti del mondo e
della realtà, improntato al fare ed al saper fare.
Queste performances, raccolte nella
tabella seguente costituiscono, a seconda del punto di vista e del tempo-spazio
in cui esse si verificano all'interno dei percorsi di formazione, importantissimi prerequisiti ed obiettivi
essenziali per la formazione scientifica[39].
STILI DI APPRENDIMENTO
ALLIEVI :
* ASSUMERE UNA MENTALITA' APERTA SUI PROBLEMI
* CAMBIARE IL PROPRIO PUNTO DI VISTA DI FRONTE A PROVE NUOVE
* RISPETTARE LE OPINIONI ALTRUI
* OSSERVARE DA DIVERSE ANGOLAZIONI
* NON ESSERE SODDISFATTI DELLE CERTEZZE
* NON ARRIVARE SUBITO A CONCLUSIONI AFFRETTATE O NON VERIFICATE
* RISALIRE A FONTI ATTENDIBILI
* NON AFFIDARSI A CREDENZE IRRAZIONALI
* UTILIZZARE IN PIENO LA CURIOSITA'
* OSSERVARE CON ATTENZIONE
* VERIFICARE DATI E RISULTATI
Per favorire gli stili di apprendimento
degli allievi più consoni ed efficaci nell'ambito di una formazione umana
scientificamente orientata, si rende, però, necessario armonizzare con essi gli stili d'insegnamento.
Dato per acquisito, in via generale, che la
funzione d'insegnamento si propone come attività di guida, d'indirizzo, di
orientamento, di sollecitazione e di controllo, pare opportuno fissare alcuni
aspetti particolari, relativi allo stile ed al modo di essere e di porsi da
parte degli insegnanti:
STILI D'INSEGNAMENTO
DOCENTI:
# NON FORNIRE RISPOSTE, MA SOLLECITARE
DOMANDE, CURIOSITÁ, INTERROGATIVI…
# NON RICORRERE A SPIEGAZIONI O A LEZIONI ESAUSTIVE, MA ATTIVARE E GUIDARE
INDAGINI E RICERCHE
# PROBLEMATIZZARE LE ESPERIENZE E LE CONOSCENZE
# UTILIZZARE I PROPRI ERRORI E QUELLI DEGLI ALLIEVI
# DISCUTERE E FAR DISCUTERE, CONFRONTARE E CONFRONTARSI, COLLABORARE E FAR
COLLABORARE
Gli stili di apprendimento e d'insegnamento
vanno armonizzati con gli obiettivi fondamentali dell'
insegnamento-apprendimento delle scienze, che, stando ai Programmi Didattici
vigenti, possono essere raggruppati in cinque grandi serie:
1. ATTEGGIAMENTI DI BASE NEI CONFRONTI DEL
MONDO
2. CAPACITA' ED ABILITA' COGNITIVE GENERALI
3. PADRONANZA DELLE TECNICHE D'INDAGINE
4. COMPETENZE TECNOLOGICHE
5. CONOSCENZE DEL MONDO BIO-FISICO.
E' soprattutto dall'esame delle prime due
serie di obiettivi che si possono cogliere le profonde affinità e convergenze
tra l'impostazione didattica delle scienze ed i fondamenti psicologici e
concettuali dello sviluppo del fanciullo.
OBIETTIVI FONDAMENTALI
PRIMA SERIE : ATTEGGIAMENTI DI BASE NEI
CONFRONTI DEL MONDO
SVILUPPI :
1. CURIOSITA' PER LE COSE
2. INTREPRENDENZA INVENTIVA
3. RAPPORTI TRA EVENTI,
FENOMENI, OGGETTI
4. SPIEGAZIONI UNITARIE PER
FENOMENI O EVENTI IN APPARENZA DIVERSI
5. FLESSIBILITA' COGNITIVA
6. RISPETTO PER L'AMBIENTE
SECONDA SERIE : CAPACITA' ED ABILITA'
COGNITIVE GENERALI
SVILUPPI :
1. OSSERVAZIONE, RIFLESSIONE,
INTERVENTO TECNICO
2. ANALISI DELLE SITUAZIONI E
DEI LORO ELEMENTI COSTITUTIVI
3. COLLEGARE I DATI DELL'ESPERIENZA
IN SCHEMI E SEQUENZE
4. PREVISIONI, INTERPRETAZIONI,
VERIFICHE
5. RAGIONAMENTI DI TIPO
IPOTETICO - SCIENTIFICO
6. DISTINZIONE TRA:
CERTO-INCERTO, PROBABILE - PLAUSIBILE, REALE-IRREALE,
CONFRONTABILE- NON
CONFRONTABILE
7. COLLEGAMENTI TRA FARE E
PENSARE
Il senso ed il significato che vanno
attribuiti alle indicazioni dei Programmi relativamente alle prime serie di
obiettivi ed in particolare ai richiami specifici alla "intraprendenza
inventiva" ed all' "autonomia di giudizio" vanno ricercati in
queste elaborazioni teoriche di natura psicologica ed epistemologica, che la Gestalttheorie
ha espresso nelle sue ricerche.
Resta valido ai fini di una corretta
impostazione psicodidattica soprattutto quanto Wertheimer ci ha indicato in ordine ai legami ed alle
convergenze che esistono tra il pensiero produttivo ed il problem- solving.
Osserva in proposito D.P. SCHULTZ: «Wertheimer
dimostra che se un insegnante riesce a presentare i problemi in modo tale da
far sì che i vari elementi degli esercizi dati agli allievi risultino
organizzati in insiemi significativi, immancabilmente scaturisce l'intuizione
che porta alla soluzione. Egli dimostra altresì che una volta afferrato il
principio della soluzione di un problema, esso risulta facilmente trasferibile
ad altre situazioni»[40] .
2.2. L'ATTIVITA' STRUTTURALE
Il processo della scoperta e della
soluzione dei problemi non è, allora, univoco, unidirezionale o preformato, nel
senso che esso non può essere inteso come un fatto rientrante in una logica di
tipo lineare e sequenziale.
In esso confluiscono e si strutturano non
soltanto variabili diverse per numero e per qualità, ma anche funzioni e performances specifiche, per
cui non è possibile, quando si parla di creatività o di produttività del
pensiero, delimitare un preciso campo di modelli operativi, di standard
cognitivi e di prestazioni particolari. Occorre, invece, cogliere e considerare
i nessi e le relazioni che consentono alle funzioni ed alle prestazioni possibili
di organizzarsi secondo un processo, sicuramente complesso, ma anche convergente, olistico ed unitario,
quantunque non univoco.
Il pensiero creativo si pone per questo
come la risultante interfunzionale di tutte le potenzialità esistenti nel
soggetto, che, ove sviluppate
armonicamente, gli consentono la piena espressione della sua personalità ed il
funzionale rapporto con la cultura e con il mondo esterno.
Un' attenzione particolare rivolta soltanto
a specifici o isolati processi o a singole condizioni psichiche senza tener
conto del fenomeno complessivo e di tutti gli elementi che entrano nel processo
non ci darebbe l'esatta dimensione formativa che i processi in esame
presentano.
Questo principio è valido anche nel campo
epistemologico.
Non avrebbe senso di completezza riservare
alla formazione scientifica alcuni ben determinati campi operativi, come quelli
della induzione-deduzione, dell'inferenza o della verifica, trascurandone
altri, come quelli dell'intuizione, dell'immaginazione o dell'analogia, che
pure moltissima importanza rivestono nei processi di problem-posing e di
problem-solving. Il processo della conoscenza per scoperta assorbe
nell'uomo, per dirla con la nota metafora bruneriana, sia le competenze della
"mano destra" che le potenzialità della "mano sinistra",
connettendo in una complessa sintesi funzionale ed armonica sia i processi
logico-deduttivi, sia l'intuizione creativa e le dimensioni dell'"io
profondo", in maniera che "l'atto creativo di un uomo - rileva Bruner
- sia l'atto di un uomo intero"[41].
All'interno di questa costruzione, che è a
difesa e a protezione dell'uomo nella sua integrità e nella sua dignità, la
creatività, prima ancora di esprimere i suoi tratti differenziati nei tre
ambiti della scienza, della logica-matematica e dell'arte, si realizza per Bruner nelle due ampie fenomenologie
della "sorpresa produttiva" e dell' "attività
combinatoria"[42].
Essa è "sorpresa produttiva" (effective surprise)
quando è legata direttamente ai processi dell' atto creativo, alla produzione
di un pensiero nuovo o alla «capacità intuitiva (Einsicht)
che penetra con immediatezza nel senso di un problema per fornirne una
soluzione originale»[43]. E', invece,
"attività combinatoria", quando si esprime come capacità di
"disporre i dati in prospettive nuove" essenzialmente significative,
nel senso che la diversa disposizione delle parti fa raggiungere risultati più
alti e più pregnanti rispetto alla iniziale combinazione.
Chiaramente in questa prospettiva non si
tratta di raggiungere sintesi nuove
mediante il facile assemblaggio delle parti, sicché resta lontana la
prospettiva associazionistica rispetto a quella sistemica e strutturalista che è invece affermata.
Nella dimensione sistemica e relazionale, la creatività e la produttività
restano comunque legate al discernimento delle parti, ma richiedono al
soggetto, e nel contempo con il loro esercizio le affinano e perfezionano,
competenze in ordine alla selezione dei dati, nonché alla loro scombinazione e
ricombinazione. La creatività non è soltanto intuizione, come non può essere
soltanto ragionamento e stringente logica combinatoria. «Invenzione
- osserva J. BRUNER - è discernimento e scelta»
dei nessi e delle relazioni esistenti tra le cose, proprio come il «creare
consiste nel non fare combinazioni inutili e nel fare quelle utili, che sono
una piccola minoranza»[44].
Il
punto di approdo che può essere individuato da queste brevi ed essenziali riflessioni è costituito dall'incontro tra la
dimensione della creatività e la procedura della ricerca scientifica. La
creatività si colora di pienezza e di nuovi significati nella misura in cui si
esprime nei processi della ricerca e del problem-solving, che non Potrebbero,
da parte loro, realizzarsi senza le capacità creative e produttive del soggetto
che li pone in essere.
Impostare nella scuola una didattica
improntata sulla ricerca vuol dire necessariamente riferirsi ad obiettivi
formativi rientranti nella sfera della creatività e della pienezza del
fanciullo.
Con queste premesse ed in riferimento a
queste coordinate ha senso e valore parlare di osservazione e di manipolazione
di fatti, di smontaggio e rimontaggio di teorie ed ipotesi, di ri-costruzioni e
ri-elaborazioni di sistemi scientifici. Ed in questi contesti è possibile
ritrovare le condizioni più favorevoli perché queste funzioni, come del resto
tutte le altre che rientrano nell'esercizio della metodologia scientifica,
possano essere garantite nella loro piena generatività e produttività, dal
punto di vista cognitivo.
L'osservazione è produttiva se essa è
orientata su di uno scopo e se è sostenuta da una teoria o da una ipotesi, che
mediante essa si vogliono verificare o corroborare. Il processo di osservazione scientifica è un tutt’uno con il
processo di comprensione del mondo e di investigazione sulla realtà. Più che
essere la semplicistica enumerazione e la fredda catalogazione di fatti, di
fenomeni o di oggetti, l'osservazione è da considerare come
una modalità operativa della teoria da cui promana e come una
risorsa metodologica e procedurale
particolarmente utile per l'interpretazione e la riorganizzazione delle forme.
Si tratta di un punto di sintesi, piuttosto che di un punto di partenza, il
cui aspetto più rilevante è sicuramente
dato dal suo principio attivo che fa pervenire, se considerato in modo
opportuno all'inizio della ricerca scientifica, ad una ricomposizione delle
parti nell'ambito di un nuovo disegno progettuale, ovvero ad una conferma o
smentita delle ipotesi da cui essa sorge, se utilizzato convenientemente nella
fase della verifica.
Nell'una e nell'altra dimensione, comunque,
la funzione ricombinatoria esercitata dall'osservazione significativa e
produttiva costituisce un' attività mentale di alto valore, perché è anch'essa
attività creativa del pensiero.
ROLAND BARTHES parla, più o meno entro gli
stessi termini concettuali di
riferimento, di "attività strutturale",
connessa, in modo esplicito, alla funzione per cui si procede a manipolare un oggetto, un fenomeno, una
teoria, per operarne le necessarie
scomposizioni e ricomposizioni e per cercare di scoprire nuove possibili
combinazioni e per ricercare, rispetto ad una soluzione già data, le diverse
alternative possibili.
A tal proposito, M. L. ALTIERI BIAGI e F.
SPERANZA chiariscono che «l'attività
strutturale (secondo Roland Barthes) è quella che consente ad un individuo,
dato un "oggetto" (un qualsiasi oggetto: un oggetto naturale, una
situazione storica , un fenomeno
sociale, economico, un'espressione linguistica, o matematica, artistica,una
figura geometrica, ecc.) di scomporlo in elementi un vista di una
ricostruzione. Ricostruzione che potrà
essere: a) simile a quella di partenza: per capire come funziona l'oggetto; b)
diversa da quella di partenza: per progettare un nuovo “funzionamento”
dell'oggetto, o addirittura un nuovo oggetto. Il che poi significa penetrare
scientificamente la realtà e intervenire su di essa allo scopo di trasformarla:
in meglio se è possibile»[45].
L' osservazione scientificamente condotta è
ben diversa dalla rituale osservazione fine a se stessa di eventi
meteorologici, stagionali o dei cicli di
crescita seme-pianta, così frequente nelle nostre scuole, ma poco o per
niente utile per soddisfare le esigenze di una corretta ed efficace formazione
scientifica di base.
L'attività combinatoria o strutturale,
connessa alle funzioni dell' osservare e del manipolare dietro una ipotesi o
sulla base di un progetto di ricerca,
richiama un'altra dimensione scientifica ben evidenziata nei Programmi del
1985, oggetto di attenzione e di sviluppo
soprattutto da parte dei filosofi del
pragmatismo e dall'attivismo pedagogico. E' la coordinata del "fare"
che sul piano didattico-operativo si esprime nelle operazioni di costruzione,
controllo, conoscenza, tecnologia e sul
versante pedagogico-scientifico e culturale rappresenta una visione della
realtà che introduce alla costituzione di un particolare rapporto con il mondo
(o con i mondi). Questo rapporto viene
caratterizzato da atteggiamenti e comportamenti personali che
riflettono, da un lato, il «modo in cui ci si rivolge
al mondo ed alla realtà, non soltanto per interpretarli, ma anche per
intervenire su di essi e per modificarli» e da un altro lato, il «modo
in cui mondo e realtà vengono percepiti» e ciò aiuta a far «raggiungere
la consapevolezza che la realtà è mutevole, plastica, non cristallizzata,
anche in quanto siamo noi a poterla modificare»[46].
L'attività del fare, fine a se stessa, non
genererebbe effetti produttivi, né
servirebbe da sola a sostenere l'attività strutturale.
Occorre che il fare, come l'osservare, diventi significativo,
progettuale, strutturale, insomma che sappia proporsi per l'allievo come "saper fare" e per l'insegnante
come "saper far fare". A tal fine è indispensabile che il fare sia
sempre ben collegato al pensare.
A queste condizioni è possibile meglio
comprendere i Programmi allorché considerano il fare come «attività
concreta manuale e osservativa» e come «riferimento
insostituibile di conoscenze sia per le scienze della natura, sia per lo
sviluppo di competenze tecnologiche».
La stretta e continua connessione tra il
fare ed il pensare si pone, ad un tempo, come una sicura garanzia di
scientificità e come naturale coinvolgimento del primo elemento - il fare
- nel processo della ricerca e del
problem-solving. L'attività conoscitiva che il soggetto concretamente esprime,
quella di tipo strutturale e combinatoria, non si organizza a caso, ma è
pensata e sistemata entro una procedura che si attua sulla base di un progetto,
di una idea, di un'ipotesi, di una teoria.
L'intenzionalità è connessa alla
progettualità ed è una condizione essenziale per il controllo.
Il rapporto fare-pensare non è, però, di
tipo lineare, nel senso che non necessariamente il fare deve precedere il
pensare o questo, a sua volta, deve obbligatoriamente succedere al fare. Vi è
intercambiabilità tra i due elementi: si può prima pensare e poi fare, come si
può pensare dopo aver fatto o si può pensare facendo o fare pensando.
L'importante è non disgiungere i due
termini e di comprenderli in un unico sistema di progettazione.
GUIDO PETTER rileva che esiste una
relazione di proporzionalità inversa tra fare e pensare in rapporto alla
crescita del soggetto: nelle prime fasi evolutive il fare precede con più frequenza il pensare; nelle fasi più
adulte il rapporto può invertirsi ed è il pensare che precede il fare. Il che
porta a considerare che con l'evoluzione e la crescita dell'uomo il fare
manuale si dirada ed il pensare si irrobustisce, sicché si origina tra le parti
una certa intercambiabilità ed una utile flessibilità di rapporto. L'operazione
concreta può essere sostituita da quella formale, come Piaget ha evidenziato,
la conoscenza diventa decontestualizzata, si lavora sui simboli, si manipolano
le teorie, si procede, rileva Petter, a fasi alterne: nelle fasi "dispari"
prevale il fare ed in quelle "pari" prevale il pensare.
Come si configura questo rapporto a livello
di scuola elementare?
Seguiamo ancora il Petter: «Per i bambini di prima o seconda elementare il
< fare > può venir prima e fornire il materiale su cui poi si sviluppa e
si esercita il pensiero. Manipolando dei materiali (acqua, sabbia, plastilina,
legno, carta, cordicelle, o fili di ferro di vario tipo) od oggetti (una
scatola, un vecchio macinino da caffè, un cavatappi, un giocattolo smontabile,
una pompa da bicicletta, un palloncino, ecc.), o esplorando una strada, una
piazza, un prato, un bosco, i bambini si imbattono in aspetti o in particolari
che non avevano notato, o producono risultati che non si attendevano. Questo
accende la loro curiosità,e alla loro mente si affacciano dei < perché >
intorno a cui il pensiero comincia a lavorare (e continua a lavorare quando
quei < perché >, espressi a parole e meglio precisati anche con l'aiuto
dell'insegnante, vengono fatti oggetti di una discussione di gruppo). Il <
fare >...può precedere il pensare anche in un altro senso, in quei casi in
cui certe operazioni vengono prima compiute manualmente o mediante lo
spostamento di tutto il corpo e solo in seguito vengono gradualmente interiorizzate,
fino ad essere eseguite solo col pensiero. Con il progredire dell'età,
tuttavia, pur senza che vengano mai meno le occasioni in cui il < fare
> precede e stimola il pensiero, si
infittiscono sempre più quelle in cui < fare > e < pensare > si
alternano... E si presentano infine
anche situazioni in cui il rapporto addirittura si inverte nel senso che il
< pensare > precede il < fare >, come accade nel caso di bambini di
quarta o di quinta elementare che sono ormai in grado di progettare anche nei dettagli
una visita, una ricerca, o un esperimento, prima ancora di dare avvio alla loro
esecuzione concreta»[47].
Negli anni degli studi elementari va
favorito e sostenuto gradualmente il passaggio, già evidenziato da Piaget e da
Allport, da un modo di pensare in
maniera contestuale e dipendente dall'attività concreta ad un modo di pensare
sempre più svincolato dal contesto e dall'atto pratico. Il fanciullo che prima pensava perché
indotto dal fare, adesso è capace di "pensare di pensare", il che,
oltre a rappresentare una precondizione indispensabile per realizzare
un'attività progettuale o di ricerca, si configura come l' espressione
dell'autoconsapevolezza e dell'autocoscienza, vale a dire delle realizzazioni e
prestazioni più alte della personalità dell'uomo. Questi passaggi evolutivi,
che poggiano, come si è visto, per buonissima parte sull'attività strutturante
del pensiero, possono essere considerati, per dirla con M. MENCARELLI, come i
momenti «in cui l'io si presenta come operatore
razionale»[48].
Sono
proprio questi i momenti più produttivi e più indicati per poter impostare
l'insegnamento-apprendimento delle scienze secondo seri programmi di ricerca,
impostati e condotti sulla base di una corretta metodologia scientifica,
strutturata intorno alla
problematizzazione, all' esercizio delle ipotesi ed alla pratica sperimentale.
APPENDICE
LE
PAROLE CHE SERVONO A CAPIRE LA SCIENZA
________
SCIENZA NON È:
-
una costruzione, un modello, uno schema che troviamo nella natura,
MA
È:
-
un "LINGUAGGIO VIVO" (J. Bronowki) che serve per:
*
conoscere il funzionamento del mondo nelle sue diverse realtà e
dimensioni;
** descrivere
la natura e fornire di essa un resoconto accurato e razionale;
***
racchiudere il mondo in un sistema simbolico – formale.
La scienza, per Bronowski, in quanto
linguaggio, è fornita di:
q
un vocabolario -----> i concetti, i termini, i significati:
ESEMPIO: - gravità - atomo - cellula... ;
q
una grammatica
-----> le regole che si debbono
seguire per sistemare i concetti in frasi che abbiano senso :
ESEMPI: -
"con la scissione dell'atomo si
produce energia";
- "l'energia e' uguale alla massa per la velocità della luce al quadrato"
(A. Einstein);
q
un dizionario ----->
la traduzione delle frasi astratte in osservazioni pratiche:
ESEMPIO: - i danni che si possono produrre con la
scissione del plutonio.
___________
CONOSCENZA È:
- riordinamento dell'esperienza;
- costruzione dei quadri concettuali in cui riportiamo,
rielaboriamo e
conserviamo i dati esperienziali.
------> La conoscenza è un
processo che ogni soggetto elabora e fa progredire all'interno di un sistema
simbolico-culturale e sulla base della cultura-patrimonio di una data
società.
________________
NATURA - MONDO È: -
contesto pluridimensionale di tipo naturale, umano, artificiale...
- ... che trasmette le esperienze da cui ricaviamo le
informazioni.
------> Il mondo, la natura,
la dimensione umana, la tecnologia consentono la diffusione delle informazioni:
conoscere queste dimensioni vuol dire
RACCOGLIERE ED INTERPRETARE I MESSAGGI CHE DA ESSE CI PROVENGONO.
_____________________
ATTIVITA' SCIENTIFICA È:
- utilizzare un apparato
concettuale (M. Jammer)
- svolgere un' attività razionale...
.....
allo scopo di “ TROVARE LA SPIEGAZIONE DEI FENOMENI” (K.R. Popper).
__________________
TEORIA SCIENTIFICA È:
- una raffigurazione
scientifica del mondo;
- un raggruppamento immaginario delle esperienze
(J. Bronowski)....
... IN CUI: i concetti, i modelli, le rappresentazioni, le ipotesi, le teorie, simboleggiano i dati
dell'esperienza sensoriale (M. Jammer).
[1] D.P.R. 12 febbraio 1985, n°
104. E' a questo testo normativo che si farà riferimento anche in seguito
quando si parlerà di Programmi Elementari o di Programmi Didattici senza alcun
altro riferimento.
[2] Cfr. G. PETTER, Psicologia
e scuola primaria, Giunti-Barbera, Firenze 1987.
[3] Cfr. N. GOODMAN, Vedere
e costruire il mondo, trad. it. Laterza, Bari 1988.
[4] Cfr. in particolare l'opera
di Piaget La nascita
dell’intelligenza nel bambino, trad. it. La Nuova Italia,
Firenze1973.
[5] N. GOODMAN, op. cit., p.
6.
[6] Cfr. E. CASSIRER, Saggio
sull'uomo, trad. it. Armando, Roma 1972.
[7] L. LUGARINI, Introduzione
al Saggio sull'uomo, cit., p.20.
[8]
Nel significato che ad essi attribuisce I. LAKATOS , il quale individua in ogni
programma di ricerca due parti: l'hard core, costituito da tutto ciò che
resta immutabile e non compromesso dalla sperimentazione (idee, convinzioni,
regole, linguaggi...) e la protective belt, formata dalle ipotesi,
teorie o idee modificate o modificabili dalle prove sperimentali. "Perciò", rileva E. RIVERSO,
"se un programma di ricerca affronta un esperimento e ne ottiene un
risultato contrario, salva il suo nòcciolo solido (l' hard core, n.d.a.)
e modifica qualcosa della sua cintura protettiva" (la protective belt,
n.d.a.).(E. RIVERSO, Esperienza e riflessione, Vol.3, Borla, Roma 1984, pp. 419-420).
[9] E. CASSIRER, op.
cit., p.144.
[10] L. LUGARINI, op. cit.,
p.21.
[11]
Citato da L. LUGARINI, op. cit., p.22.
[12] N. GOODMAN, op. cit., p.3.
[13] N. GOODMAN, op. cit.,
p.20.
[14] N. GOODMAN, op. cit.,
p.25.
[15] K.R. POPPER,Conoscenza oggettiva: un punto
di vista evoluzionistico, trad. it., Armando, Roma 1975, p.150.
[16] J.C. ECCLES, La
conoscenza del cervello, trad. it., Piccin, Padova 1976, p.220.
[17]
D. ANTISERI, Teoria e pratica della ricerca nella scuola di base, La Scuola,
Brescia 1985, p.105
[18] J.S. BRUNER, La mente a
più dimensioni, trad. it. Laterza, Bari 1988, p.134.
[19] Ibidem, p.17.
[20] Ibidem, p.17.
[21] Ibidem, p.22.
[22] Ibidem, p.111.
[23]
Per il significato da attribuire alla locuzione parsonsiana di "attore
sociale", cfr. T. PARSONS, La struttura dell'azione sociale, trad.
it. Bologna 1962.
[24]
L.S. VYGOTSKY, Pensiero e linguaggio, Giunti-Barbèra, Firenze 1954.
[25]
C. HEMPEL, Filosofia delle scienze naturali, trad. it. Il Mulino,
Bologna 1968, p.29.
[26] L. TORNATORE, Educazione
e conoscenza, Loescher, Torino 1974, p.29.
[27]
Il riferimento qui è a H. VAN AALST ed altri, come lo stesso Autore precisa in
nota al testo che viene riportato.
[28]
A. BARGELLINI - P. RIANI, a cura di, Scienze sperimentali e Nuovi Programmi
della Scuola Elementare ,Le Monnier,Firenze 1988, pp.12-13.
[29] Cfr. D.P. AUSUBEL, Educazione
e processi cognitivi, trad. it., Angeli, Milano 1978.
[30] J.S. BRUNER, op. cit.,
p.151.
[31] E' il titolo della ben nota
opera postuma di M. Wertheimer, Productive
Thinking, Harper & Row, New York 1945, trad. it. Il pensiero
produttivo, Giunti-Barbèra, Firenze 1965.
[32] Cfr.E.H. ERICKSON, Introspezione
e responsabilità, trad. it. Armando, Roma 1968.
[33] M. MENCARELLI, Creatività,
La Scuola, Brescia 1976, p.31.
[34]
J.S. BRUNER, Il conoscere. Saggi per la mano sinistra, trad. it.
Armando, Roma 1968.
[35] V. RUBINI, La creatività,
Giunti-Barbèra, Firenze 1980, p.15.
[36] Ibidem, p.49.
[37] Ibidem, p.18.
[38] Ibidem, p. 22.
[39] Sulle finalità, obiettivi e
performances dell'educazione scientifica nella scuola elementare cfr. S. BINI, Scienze,
in AA.VV. 85 Nuovi Programmi,
Conte, Napoli 1986 (1985) e dello stesso Autore L'insegnamento delle scienze,
in S. ALOSCO, a cura di, I nuovi
Programmi della Scuola Elementare, Morano, Napoli 1989.
[40] D.P.
SCHULTZ, Storia della psicologia moderna, trad. it., Giunti-Barbèra,
Firenze 1974, p. 314.
[41] J.S. BRUNER, Il
conoscere..., cit., p.42.
[42] Ibidem,
p.43.
[43] M. MENCARELLI, op. cit., p.
34.
[44] J.S. BRUNER, Il
conoscere..., op. cit., p.46.
[45] M.L.
ALTIERI BIAGI - F. SPERANZA, Oggetto, parola, numero, N. Milano, Bologna
1981, p.9.
[46] S. BINI Scienze, cit.,
pag.287.
[47] G. PETTER, Psicologia
..., cit., pp.174-175.
[48] M. MENCARELLI, Nuovi
impegni della Scuola Elementare, La Scuola, Brescia 1987, p.57.