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SCUOLA NUOVA: NEL PROSSIMO ANNO SCOLASTICO UNA
SCUOLA CHE GARANTISCA IL SUCCESSO FORMATIVO A TUTTI GLI STUDENTI di
Umberto Tenuta <<ogni
uomo è destinato ad essere un successo e il mondo è destinato ad
accogliere questo successo>>[1] È possibile realizzare la scuola del
successo formativo di
tutti gli alunni, prevista dal REGOLAMENTO DELL’AUTONOMIA SCOLASTICA
(D.P.R. 275/1999)? La risposta, positiva,
ed è data, non dalla
lezione (UNITà
DIDATTICHE), ma dalle
unità di apprendimento. Occorre
che i
docenti smettano di fare lezioni, di insegnare. Docente e
Professore sono “coloro che insegnano”. Anche Maestro
è “colui che insegna” (“persona tanto preparata ed abile in
q.c. da poterla insegnare ad altri”)[2].
In fondo, docenti, professori e maestri sono insegnanti. E
insegnante¸ secondo l’etimologia, è colui che “incide, imprime
dei segni (nella mente)”, in quanto la parola insegnare è
composta da in- (intensivo) e da signare nel senso di “mostrare,
spiegare”[3].
Appare evidente il collegamento stretto di tali concetti con la
psicologia empiristica che concepiva la mente dell’alunno come una
tabula rasa, sulla quale l’insegnante andava a incidere i segni (in-signare).
Oggi non v'è chi non veda che si tratta di una visione dell’insegnare
completamente superata, nel momento in cui universalmente si riconosce
che l’insegnante non può imprimere le conoscenze nella mente degli
alunni,, come pure si prevedeva nei Programmi didattici del 1867 (<<Il
maestro si astenga dal dare dimostrazioni che in quella tenera età non
sarebbero intese. Si limiti ad imprimer bene nelle menti degli scolari
le definizioni e le regole>>[4]. Oggi la prospettiva del cognitivismo
costruttivistico porta a concepire l’attività del docente in una
prospettiva diversa, che era stata già preannunciata da Tommaso
d’Aquino: <<Vi
è un doppio modo di acquistare la scienza: uno quando la ragione
naturale da se stessa giunge alla conoscenza di cose ignote, e questo
modo si chiama invenzione; l’altro quando la ragione naturale viene
aiutata da qualcuno dall’esterno e questa maniera si chiama dottrina
(insegnamento). In ciò in vero che viene prodotto dalla natura e
dall’arte, l’arte procede allo stesso modo e con gli stessi mezzi che la
natura. Come infatti la natura guarirebbe riscaldando chi soffre di
frigidezza, così fa pure il medico; per cui si dice che l’arte imita la
natura. Il simile accade anche nell’acquisto della scienza:
il docente cioè conduce altri alla scienza di cose ignote allo
stesso modo che uno,
scoprendo, conduce se stesso alla conoscenza di ciò che ignora>>
(si impara quando si è messi nella stessa condizione di chi ha
scoperto quello che si vuole fare apprendere)[5].
Scoprire
significa, non più togliere il velo nel senso baconiano e galileiano, ma
costruire le conoscenze secondo la psicologia del
Costruzionismo cognitivistico[6]. Le conoscenze non sono scoperte, trovate, viste
nella realtà, ma costruite dalla mente. Si pensi ai meridiani ed ai
paralleli che non esistono nella realtà ma sono delle costruzioni
mentali. Ed allora la scuola
deve essere quella che Bruner chiama un ambiente artificiale:
<<la scuola è l'ingresso nella vita della ragione. È, certamente, vita
essa stessa, e non mera preparazione alla vita; tuttavia è uno speciale
tipo di vita, accuratamente programmato al fine di sfruttare al
massimo quegli anni ricchi di possibilità formative che caratterizzano
lo sviluppo dell'homo
sapiens e che distinguono la specie umana dalle altre>>
[7]. Questa conoscenza
avviene attraverso la costruzione del sapere in
situazioni problematiche,
attraverso la
cooperazione degli alunni,
come peraltro la Montessori aveva già realizzato nel 1907 nelle
Case
dei bambini[8]. Ed allora la scuola è il
luogo del
Problem
solving[9]
e del
Cooperative learning[10]. Si passa dalla le lezioni (UNITà
DIDATTICHE) alla attività di apprendimento (UNITÀ
DI APPRENDIMENTO). L’itinerario di apprendimento[11]
può essere così descritto:Clayton, il quale così scrive:
<<si può tracciare il seguente modello
dell'attività dell'insegnante:
Egli:
1.determina i risultati auspicati;
2.esamina lo scolaro e valuta il suo livello
effettivo di apprendimento;
3.specifica gli obiettivi dell'insegnamento
alla luce dei punti 1) e 2);
4.seleziona le informazioni, i temi di studio
e mette a punto i metodi;
5.impegna lo scolaro in attività che presume
lo portino all'apprendimento;
6.dirige e guida le attività di apprendimento;
7.crea situazioni che permettano di utilizzare
gli apprendimenti acquisiti;
8.valuta i risultati del processo”[12].
Evidentemente, ciò
comporta che i libri di testo siano uno dei tanti strumenti
dell’apprendimenti e che gli alunni possano utilizzare adeguati
materiali didattici. Al riguardo, il Piaget scrive:
<<L'intelligenza è un sistema di
operazioni...
L'operazione non è altro che azione: un'azione reale, ma
interiorizzata, divenuta
reversibile. Perché
il bambino giunga a combinare delle operazioni, si tratti di operazioni
numeriche o di operazioni spaziali, è necessario che abbia
manipolato, è necessario
che abbia agito,
sperimentato non solo su disegni ma su un
materiale reale, su oggetti
fisici...>>[13] Il Bruner conclude:
<<Se
è vero che l'abituale decorso dello sviluppo intellettuale procede dalla
rappresentazione attiva, attraverso quella iconica, alla
rappresentazione simbolica della realtà, è probabile che la migliore
progressione possibile seguirà la stessa direzione>>[14].
L’affermazione di Bruner va integrata con la
rappresentazione virtuale[15].
Alle
tre rappresentazioni del Piaget e del Bruner oggi è possibile aggiungere
la rappresentazione virtuale,
che non sono quelle delle immagini utilizzate dal docente sulle LIM, ma
quelle che ormai tutti i bambini possono utilizzare nel “banco
a due piazze” di berlingueriana memoria, anche perché colla
spesa della LIM si possono acquistare almeno tredici NOTEBOOK coi
quali gli alunni possono lavorare a due a due.
Le LIM
non cambieranno le unità
di didattiche in
UNITà DI APPRENDIMENTO[16]
che sono la metodologia per realizzare le personalizzazione formativa,
l’efficacia dell’apprendimento e, quindi, una scuola che, rispettando i
livelli di sviluppo e di apprendimento, i ritmi e gli stili
apprenditivi, le motivazioni dei singoli alunni, consentiranno di
garantire il successo
formativo a tutti i singoli alunni, rendendo possibile, non
solo la integrazione
degli alunni diversamente abili, ma anche una più elevata
formazione in alcune discipline degli
alunni superdotati.
Pertanto
all’aula coi banchi allineati a due a due, ma anche a cinque a cinque,
si sostituiscono i tavolinetti intorno ai quali lavorano tre/quattro
alunni.
Abituati ad un’aula, prima coi banchi a due posti, ma anche a cinque
posti, ora è difficile
passare ad un loro raggruppamento in tavolinetti per
consentire il lavoro degli alunni in forma cooperativa, a tre a tre, ma
anche a quattro
a quattro[17]:
:
Al riguardo,
vogliamo fornire alcuni esempi di apprendimento.
Cominciamo dalla
Tavola
Pitagorica e dalle
aree. Gli alunni
dispongono di semplici quadratini di cartone coi quali costruiscono la
TAVOLA PITAGORICA ed imparano
le AREE:
Pensiamo di aver dato solo una pallida idea di
quello che potrà essere una scuola delle
UNITà
DI APPRENDIMENTO.
Altri esempi seguiranno.
Ma ci auguriamo che
i lettori ci facciamo delle precise osservazioni e richieste.
[1]
FAURE E, (a cura di), Rapporto sulle strategie
dell'educazione, Armando-UNESCO, Roma, 1973, p. 249 -
[2]
CORTELLAZZO M, ZOLLI P.,
Il Nuovo Etimologico, Dizionario etimologico della lingua
italiana, Zanichelli, Bologna, 1999.
[3]
Idem
[4]
LOMBARDI F.M., I Programmi per la scuola elementare dal 1850
al 1985, La Scuola, Brescia, 1987, pp. 49-50.
[5]
TOMMASO D’AQUINO (a cura di M. Casotti), De magistro, La
Scuola, Brescia, 1957, p. 28
[7]BRUNER
J. S., Dopo Dewey, Armando, Roma, 1964, p. 17.
[8]
MONTESSORI M., La scoperta del bambino, Garzanti, Milano,
2000
[9]
In merito al Problem solving cfr.: MOSCONI G., D'URSO V.
(a cura di), La soluzione di problemi. Problem-solving,
Giunti-Barbèra, Firenze, 1973; KLEINMUNTZ B.(a cura di),
Problem solving Ricerche, metodi, teorie, Armando, Roma,
1976; DUNCKER K., La psicologia del pensiero produttivo,
Giunti-Barbèra, Firenze, 1969; WERTEIMER M., Il pensiero
produttivo, Giunti-Barbèra, Firenze, 1965; DORNER D., La
soluzione dei problemi come elaborazione dell’informazione,
Città Nuova, Roma, 1988. Per la problematica dell’ermeneutica,
cfr: GENNARI M., Interpretare l’educazione. Pedagogia,
semiotica, ermeneutica, La Scuola, Brescia, 1992; MALAVASI
P., Tra ermeneutica e pedagogia, La Nuova Italia,
Firenze, 1992
[10]
In merito al Cooperative learning cfr.: JOHNSON, D.W. ET
AL., Apprendimento Cooperativo in Classe, Edizioni
Erickson, Trento, 1997; PONTECORVO C., AIELLO A.M.,
ZUCCHERMAGLIO C., Discutendo si impara. Interazione sociale e
cono-scenza a scuola, NIS, Roma, 1991; PONTECORVO C. (a cura
di), La condivisione della conoscenza, La Nuova Italia,
Firenze, 1993; PONTECORVO C., AIELLO A.M., ZUCCERMAGLIO C., (a
cura di), I contesti sociali dell’apprendimento. Acquisire
co-noscenze a scuola, nel lavoro, nella vita quotidiana,
LED, Milano, 1995;. LIGORIO M.B., Apprendimento e
collaborazione in ambienti di Realtà Virtuale. Teoria, metodi,
tecniche ed esperienze, Garamond, Roma 2002
[12]
CLAYTON T.E.,
Insegnamento e apprendimento, Martello, Milano, 1967, p. 14
[13]
PIAGET J., Avviamento al
calcolo, la Nuova Italia, Firenze, 1956, p. 31.
[14]
BRUNER J.S.,
Verso una teoria
dell'istruzione, Armando, Roma, 1967, p. 85
[15]
TENUTA U.,
Rappresentazione virtuale, in www.rivistadidattica.com
[16]
Per un’ampia trattazione della problematica, si rinvia alla
rubrica RIFORMA delle RIVISTA DIGITALE DELLA DIDATTICA:
www.rivistadidattica.com
[17] <<Dovrà essere abolito quasi completamente l'attuale metodo di insegnamento in classe dove l'insegnante pontifica, in posizione di potere centrale, e dovrà essere sostituito con lo studio individuale ed a piccoli gruppi, usando materiale concreto ed istruzioni scritte, con l'insegnante che agisce come guida e consigliere>>(DIENES Z.P., Costruiamo la matematica, ED. O.S., FIRENZE, 1962, p. 27). |
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