Starnet: una rete di star

Al di là delle funzioni-obiettivo
Nuovi compiti ed articolazioni della funzione docente

di Umberto Tenuta

La scuola dell’autonomia nasce con il precipuo compito di assicurare a tutti gli alunni il successo formativo, inteso come formazione della personalità che sia allo stesso tempo piena e rispettosa delle identità personali, sociali, culturali e professionali.

Per assicurare tale successo, il Regolamento sull’autonomia scolastica prevede un’organizzazione educativa e didattica flessibile, che valorizzi al massimo le risorse materiali e le risorse professionali dei docenti.

Il destino della scuola dell’autonomia è condizionato dalla disponibilità di tali competenze e perciò dall’impegno volto ad approntarle.

Se il reperimento delle risorse materiali appare estremamente importante, ancora più impegnativo appare il problema delle risorse professionali.

Al riguardo, è opportuno precisare che le competenze professionali richieste ai docenti sul piano disciplinare, didattico e relazionale non sono omogenee ma diversificate in rapporto alla diversificazione dell’offerta formativa in ordine, sia agli obiettivi formativi, sia alle modalità dell’organizzazione educativa e didattica, per cui si deve pensare ad un’azione volta a reperire competenze diversificate.

A tal fine si prospettano due strategie:

da una parte, valorizzare le competenze già presenti nei docenti;

dall’altra, promuovere la formazione di nuove competenze.

I due processi non sono separati.

Valorizzazione delle competenze professionali esistenti

La scuola del passato non differenziava l’offerta formativa, né per assicurare il rispetto delle diversità, né per favorire il successo formativo, in quanto mirava ad omologare gli alunni e riteneva fisiologica la bocciatura, lo scarto, la dispersione scolastica. Anche per questa ragione, essa non avvertiva l’esigenza di competenze professionali qualificate e diversificate.

Invece, la scuola dell’autonomia, dovendo assicurare, da una parte, il rispetto delle identità personali, sociali, culturali e professionali dei singoli alunni e, dall’altra, il successo formativo, ha bisogno di competenze professionali qualificate e diversificate.

Il primo impegno della scuola dell’autonomia è pertanto quello di individuare le risorse di cui si ha bisogno.

In tal senso, essa deve procedere a delineare la sua organizzazione educativa e didattica flessibile, in modo da poter individuare le risorse di cui ha bisogno. Al riguardo, si deve anche considerare che la scuola dell’autonomia muove dall’esigenza di assicurare l’efficacia e l’efficienza, per cui non può operare all’insegna dell’improvvisazione, dell’occasionalità, dell’approssimazione, ma deve sempre far leva sulla progettazione della sua organizzazione e dei suoi interventi.

Una volta precisate le risorse professionali necessarie, il primo impegno della scuola dell’autonomia è quello di valorizzare le competenze già esistenti nei docenti.

Quando si dice le competenze già esistenti nei docenti, si fa riferimento sia alle competenze già presenti, sia alle competenze che i docenti sono nella condizione di poter acquisire, in quanto possiedono le relative attitudini, propensioni, disponibilità.

A tal fine si impone l’esigenza di uno screening iniziale (autoanalisi): occorre che i docenti si impegnino a prendere atto delle proprie competenze e a inventariarle.

Si deve avere ben chiaro e ben presente l’inventario delle risorse già disponibili (Data Base delle competenze).

Da questa analisi occorre muovere per valorizzare le competenze già esistenti e promuoverne l’approfondimento, sia per utilizzare le disponibilità dei docenti ai fini della formazione delle nuove competenze.

Da una parte, occorre prendere atto che esistono risorse non riconosciute e non utilizzate. Così come molto spesso non si ha la radiografia dei livelli di sviluppo e di maturazione, delle competenze e delle esigenze formative dei singoli alunni, allo stesso modo i docenti appaiono nelle loro indifferenziate competenze, uguali gli uni agli altri, in una prospettiva omologante che mortifica e che non motiva all’impegno professionale.

Finora si è rivolta scarsa attenzione alle risorse professionali dei singoli docenti ed anche nell’organizzazione modulare si è di fatto prevista la "opportuna rotazione", quasi che i docenti siano intercambiabili, stante la loro indifferenziata professionalità.

Se la scuola dell’autonomia si caratterizza per il riconoscimento delle identità delle singole scuole, essa non può non valorizzare le competenze specifiche dei singoli docenti, le quali costituiscono lo strumento indispensabile per assicurare tale identità.

Già questa operazione assume grande significato nella prospettiva, sia degli incentivi economici, sia delle gratificazioni professionali. Al riguardo, è opportuno considerare che, seppure non vadano misconosciuti, gli incentivi economici non vanno considerati come gli unici strumenti per promuovere la professionalità dei docenti, che potrebbe e dovrebbe essere incentivata anche dalle gratificazioni conseguenti alla sua valorizzazione.

Evidentemente, non sempre le esigenze della scuola possono essere soddisfatte dalle competenze professionali già presenti, per cui si impone anche l’esigenza di promuovere la formazione di nuove e più approfondite competenze.

L’autoanalisi consente di muovere dalle disponibilità, propensioni, attitudini dei docenti, in modo che le iniziative di aggiornamento risultino efficaci al massimo. Anche nella formazione e nell’aggiornamento dei docenti occorre muovere dalle loro propensioni e disponibilità.

Il risultato che ci si attende è la disponibilità di competenze diversificate utilizzabili, non solo nelle singole classi, ma nella scuola tutta.

Nella scuola del passato, chiusa nelle sue aule e nelle sue pareti, il docente tuttologo veniva ritenuto capace di assicurare tutta la somma delle competenze necessarie, e ciò risultava di fatto possibile, perché il livello delle competenze richieste era a livello estremamente basso e indifferenziato. I docenti eccellenti costituivano un’eccezione (un mostro) che facevano storia a sé e che non inficiavano la normale uniformità del quadro professionale.

Nella scuola dell’autonomia, non potendo il singolo docente assicurare le diversificate competenze di cui si ha bisogno, occorre creare una rete di competenze, all’interno della scuola e fuori.

Le RETI all’interno delle SCUOLE

Innanzitutto le reti all’interno delle scuole.

La scuola dell’autonomia, seppure senza l’eccessiva gerarchizzazione che è propria della metodologia del team teaching, si muove nella prospettiva di un gruppo di docenti che ha la complessiva e solidale responsabilità educativa e didattica di un grande gruppo di alunni.

Infatti, la scuola dell’autonomia si avvale delle diversificate competenze dei docenti, non limitatamente alle singole classi, ma per tutta la scuola.

In tale prospettiva, i docenti dovrebbero esprimere al massimo le loro specifiche competenze, mettendole a disposizione di tutti gli alunni della scuola.

Gli alunni dovrebbero poter usufruire di tali diversificate competenze, non solo nell’ambito delle singole classi, ma anche nei flessibili raggruppamenti attuati nelle classi e al di là delle classi di appartenenza.

I raggruppamenti degli alunni debbono essere effettuati ai fini della differenziazione degli obiettivi formativi o delle metodologie e delle tecnologie didattiche, in ragione dei quali operano docenti con specifiche competenze.

La classe cessa di costituire l’unica modalità di raggruppamento degli alunni, perché molto spesso le esigenze formative dei singoli alunni possono essere soddisfatte solo attraverso la costituzione di gruppi di alunni provenienti da classi parallele o, anche, di classi verticali.

Soprattutto in presenza di gruppi finalizzati al perseguimento di obiettivi formativi integrativi, nel senso della loro specificità, si richiede la presenza di docenti con particolari competenze.

Il quadro che ne risulta è quello di una rete di competenze diversificate già all’interno della scuola, nella quale ogni docente può vedere valorizzate le sue specifiche attitudini e quindi vedersi gratificato, anche senza incentivi economici.

Ogni docente viene messo nella condizione di poter esprimere al massimo la sua professionalità e di vederla valorizzata. Le gratificazioni economiche dovrebbero essere conseguenti all’esplicarsi di tali dinamiche, e non precostituirle.

La rete non va vista in termini gerarchici ma democratici, di valorizzazione delle specifiche competenze dei singoli docenti.

In tale prospettiva, è opportuno che allo staff si sostituisca la rete, i cui nodi possono anche acquistare maggiore o minore spessore in ragione, non dei ruoli ascritti, ma delle effettive competenze esercitate.

UNA RETE PIU' VASTA

Non sempre la rete all’interno delle singole scuole risulta sufficiente a soddisfare le esigenze e perciò si rende necessario ricorrere a competenze esterne. Il Regolamento sull’autonomia scolastica prevede appunto la possibilità di fare ricorso a risorse esterne alla scuola.

Le reti delle singole scuole si inscrivono in una più vasta rete, che dovrebbe abbracciare il sistema scolastico complessivo.

Il Dirigente scolastico e la rete

La realtà dei nostri giorni e ancor più di domani è caratterizzata e si andrà sempre più caratterizzando, a qualsiasi livello, per la specializzazione e la complessificazione delle conoscenze, delle competenze e degli atteggiamenti.

In tale contesto, anche nella scuola risulta ormai obsoleta la figura del Dirigente scolastico tottofare.

Negli anni ’50 era in auge l’immagine del direttore didattico come maestro dei maestri; era un’immagine coerente con la figura del docente unico e con l’organizzazione burocratica della scuola.

Tuttavia, la concezione del direttore didattico come unico responsabile della conduzione organizzativa, educativa e didattica del circolo si è andata via via sbiadendo, soprattutto a cominciare dagli anni ’70, con i decreti delegati che affidavano gran parte dei suoi compiti alla programmazione degli organi collegiali.

La nuova prospettiva della scuola dell’autonomia lascia intravedere una dirigenza scolastica che ha nel Dirigente il suo leader ma che si attua attraverso la cooperazione di una molteplicità di operatori scolastici (figure o funzioni di sistema).

Pertanto, più che di Dirigente scolastico, è forse opportuno parlare di dirigenza scolastica, di una dirigenza di team, e quindi di staff dirigenziale.

Il ccnl del 1995 configura già lo staff dirigenziale ed il nuovo Contratto ne disciplina gli aspetti economici e di carriera.

La realizzazione della scuola dell’autonomia, nella sua complessità e nelle nuove responsabilità che pone, rende quanto mai necessario il ricorso allo staff.

La dirigenza scolastica si configurerà sempre più come leadership di uno staff; il Dirigente scolastico sarà più un leader che un manager tuttofare, che peraltro non esiste nemmeno nell’azienda, nella quale prevale la filosofia della Qualità totale, fondata appunto sulla valorizzazione delle competenze professionali comunque presenti, più che sulle competenze personali del manager (v. QT).

Quale, dunque, l’impegno, sin da oggi, dei Dirigenti scolastici?

È quanto mai opportuno, anzi necessario che il Dirigente scolastico si avvalga, sin da oggi, di uno staff per la gestione della vita del circolo didattico nei suoi vari aspetti, da quelli meramente organizzativi a quelli didattici ed educativi, che solo astrattamente possono essere separati.

In effetti, si rende necessaria la operatività di uno staff unitario, integrato, costituito da competenze diverse che interagiscono unitariamente.

LO STAFF DI CIRCOLO

A differenza dell’organizzazione burocratica della scuola, nella quale le decisioni venivano prese dall’Amministrazione scolastica centrale e gli operatori scolastici a qualsiasi livello avevano compiti meramente esecutivi, la scuola dell’autonomia è caratterizzata dalla responsabilizzazione sempre maggiore dei singoli operatori scolastici.

L’Amministrazione scolastica indica gli obiettivi formativi da perseguire, ma poi spetta alle scuole predisporre l’organizzazione e le attività educative e didattiche più adeguate per il loro perseguimento. E, quando si dice le scuole, evidentemente non si fa riferimento al solo Dirigente ma anche agli altri operatori scolastici, tutti parimenti corresponsabili del perseguimento degli obiettivi formativi.

Pertanto, occorre che negli operatori scolastici maturi questa consapevolezza e che sin da oggi ci si ponga in tale prospettiva.

LE FUNZIONI DI SISTEMA

Il Dirigente scolastico è impegnato a:

creare un’atmosfera favorevole alla valorizzazione delle FUS;

individuare le FUS;

promuovere la formazione di FUS.

Poiché nessun docente sa e sa fare bene tutto da solo, occorre organizzarsi in modo da poter utilizzare le competenze di ciascuno dei docenti, a vantaggio non solo della propria classe ma dell’intera comunità scolastica, nella consapevolezza che le responsabilità dei singoli docenti non sono limitate alle proprie classi ma si estendono alla scuola tutta.

Da questa consapevolezza deve nascere un atteggiamento favorevole all’apertura, al dialogo, allo scambio reciproco, alla collaborazione disinibita.

Creare un’atmosfera favorevole alla valorizzazione delle FUS è il primo impegno del Dirigente scolastico.

Come conseguenza di una tale atmosfera, emerge l’esigenza di individuare, far emergere ed esprimere le competenze, le disponibilità e le attitudini dei singoli docenti, per poi inventariarle e metterle a disposizione di tutti.

A tal fine, la prima operazione da fare è quella di motivare i docenti alla propria autoanalisi, ad interrogarsi, ad osservarsi, a prendere consapevolezza, più che delle proprie competenze, delle proprie attitudini, disponibilità, aperture, propensioni.

Infatti, non basta valorizzare le competenze esistenti, ma occorre promuoverne lo sviluppo, la formazione, l’approfondimento, l’arricchimento.

In tale prospettiva, tutti i docenti debbono poter esprimere al massimo, non solo le proprie capacità ed i propri atteggiamenti, ma anche e soprattutto le proprie potenzialità, le proprie possibilità, le proprie propensioni. Tutti debbono potersi sentire valorizzati al massimo nelle loro specifiche competenze e nessuno deve sentirsi incapace di dare un proprio originale e specifico contributo al potenziamento delle risorse professionali della comunità scolastica.

Occorre valorizzare le risorse di tutti i docenti, partendo dall’assunto che non ci sono docenti privi di particolari risorse. Ciascuno deve essere sollecitato e messo nella condizione di esprimere le sue attitudini, le sue disponibilità, le sue propensioni, a coltivarle, ad approfondirle, confortato e stimolato dalla consapevolezza di poter dare un contributo essenziale, originale, significativo al lavoro comune.

Ogni docente deve sentirsi utile, importante, insostituibile.

È questo il compito più significativo del Dirigente scolastico.

In tale prospettiva, più che a figure di sistema (FIS), occorre pensare a funzioni di sistema (FUS), tenendo presente che, mentre le FIS potrebbero portare, tra l’altro, alla deresponsabilizzazione, alla delega, alla rinuncia, alla passività, le FUS invece stimolano le risorse, le accrescono, le valorizzano.

OPERATIVITÀ DELLE FUS

Principio ispiratore fondamentale della scuola dell’autonomia è la responsabilizzazione di tutti gli operatori scolastici.

Nessuno può delegare agli altri la soluzione dei problemi che attengono alla propria attività.

Le FUS possono solo offrire un aiuto, un contributo, ma giammai sostituirsi ai docenti.

Ad esempio, le FUS dovrebbero costituire i leader dei gruppi di docenti impegnati nella elaborazione dei percorsi didattici, stimolando la ricerca, la individuazione, la delineazione delle ipotesi operative, senza mai sostituirsi ai colleghi con l’offerta di soluzioni precostituite.

Compito estremamente difficile, peraltro, come quello dei docenti nelle classi, impegnati a promuovere i processi di riscoperta personale degli alunni, anziché a presentare, illustrare, spiegare i concetti.

In tale prospettiva, andrebbero valorizzate le competenze, le disponibilità, le attitudini di tutti i docenti del circolo.

Ogni docente dovrebbe sentirsi impegnato a valorizzare i suoi talenti, ad offrire alla comunità scolastica le sue competenze specifiche, atteso che ciascuno ha le sue abilità, le sue eccellenze.

Valorizzare le eccellenze non significa valorizzare le competenze specifiche di un ristretto numero di docenti, ma valorizzare le attitudini, le predisposizioni, le tendenze, le risorse particolari di cui ciascuno è dotato, seppure in un determinato campo.

I tempi di esercizio delle funzioni di sistema

Per mettere a disposizione di tutti i docenti del circolo le competenze dei singoli docenti, occorre che siano create le condizioni opportune, in particolare i tempi ed i luoghi dello scambio, della comunicazione, della presentazione, della esemplificazione.

I tempi della programmazione didattica settimanale sono i più indicati, soprattutto se la programmazione prevede anche riunioni per classi parallele e per specifiche discipline.

Tuttavia, i tempi della programmazione didattica settimanale sono troppo esigui; occorre recuperarne altri. A tal fine si può pensare anche ai tempi della contemporaneità, che può essere utilizzata per la presentazione di esperienze, di attività, di percorsi didattici da parte di docenti esperti.

Ma la comunicazione può avvenire anche attraverso la documentazione cartacea, audiovisiva, informatica ecc.

LE MODALITA' DI ESERCIZIO DELLE FUNZIONI DI SISTEMA

È quanto mai opportuno che le FUS svolgano la loro attività attraverso la formulazione di precise ipotesi operative più che attraverso vaghi suggerimenti orali.

Tuttavia, ciò non esclude la presentazione anche orale delle ipotesi operative e la discussione delle stesse, in quanto nessun docente deve assumere un atteggiamento di passiva ricezione, ma tutti i docenti debbono essere impegnati nella precisazione delle ipotesi operative che le FUS propongono ai colleghi.

Al riguardo, può risultare anche metodologicamente opportuno che inizialmente le FUS aprano un dibattito (brain storming) intorno ai problemi da affrontare per ricevere così stimolazioni e contributi significativi ai fini della messa a punto delle ipotesi operative che andranno comunque sempre portate a conoscenza dei colleghi per essere discusse ed eventualmente riaggiustate.

ALCUNE FIGURE/FUNZIONI DI SISTEMA

A titolo meramente esemplificativo, si fa riferimento ad alcune FUS.

IL PROGRAMMATORE

Il Regolamento dell’autonomia prevede un’organizzazione educativa e didattica flessibile con specifico riferimento ai tempi didattici, alle modalità di raggruppamento degli alunni e delle discipline ecc.

La gestione di così complessa organizzazione non può più essere agevolmente gestita dal Dirigente scolastico, il quale peraltro già nel passato molto spessosi avvaleva di qualche docente ¾ funzione di sistema in nuce¾ per la sola predisposizione dell’orario delle lezioni.

Non solo gli elementi in gioco sono molteplici, ma essi cambiano durante il corso dell’anno scolastico in relazione alla flessibilità dell’organizzazione educativa e didattica che non resta sempre la stessa.

Per far fronte a tale situazione si rende necessaria la presenza di FUS che abbiano competenze specifiche, sia per la progettazione degli aspetti generali dell’organizzazione educativa e didattica, sia per la sua concreta gestione.

Da una parte, si rende necessaria la programmazione complessiva della scuola, con specifico riferimento alla costituzione delle classi e dei gruppi intraclassi ed interclassi, alla loro assegnazione ai docenti ed alle loro variazioni.

Dall’altra, si rende necessario un supporto alla programmazione delle specifiche attività educative e didattiche di competenza dei gruppi di docenti o dei singoli docenti.

Se gli aspetti organizzativi assumono particolare significato, più rilevante importanza assumono gli aspetti educativi e didattici.

In particolare, assume particolare importanza la individuazione e la precisazione degli obiettivi formativi a lungo ed a medio termine, che le scuole debbono perseguire, ponendosi già sin da oggi nella logica della scuola dell’autonomia, fondata non più sui contenuti ma sugli obiettivi formativi.

Come è noto, il Regolamento dell’Autonomia prevede che l’Amministrazione scolastica definisca a livello nazionale solo gli obiettivi formativi e che poi spetti alle singole scuole predisporre il Piano dell’offerta formativa e progettare l’organizzazione educativa e didattica funzionale al loro perseguimento.

In tale prospettiva, in attesa che a livello ministeriale vengano precisati gli obiettivi formativi nazionali, l’impegno più significativo delle scuole consiste nell’individuare gli obiettivi formativi a lungo ed a medio termine che sono propri di ogni tipo di scuola, avvalendosi di una lettura dei vigenti Programmi didattici, attenta non tanto ai contenuti quanto agli obiettivi formativi che in essi sono più o meno esplicitamente indicati (Cfr. Matematica, ma anche Lingua italiana, Scienze ecc.). Utile a tal fine possono risultare anche i Documenti di valutazione ed i Piani di studio Brocca per la scuole secondarie superiori, nei quali per la prima volta sono indicati gli obiettivi formativi generali.

Obiettivi formativi a lungo ed a medio termine….

È questo un compito estremamente significativo da cui dipende la qualità dell’organizzazione educativa e didattica, la quale, in tanto risulta efficace, in quanto viene esplicitamente finalizzata al perseguimento di obiettivi formativi chiaramente precisati.

Assieme alla definizione degli obiettivi formativi occorre impegnarsi nella costruzione dei percorsi didattici.

L’attività programmatoria è stata enfatizzata negli ultimi decenni, ma più sul piano formale che sul piano operativo.

In effetti, molto spesso le programmazioni educative e le stesse programmazioni didattiche annuali sono rimaste fini a se stesse, meri adempimenti burocratici, inutili e dispendiosi, anche perché di scarsissima utilità per la concreta azione educativa e didattica, per la quale i docenti, quasi sempre sulle loro agende private, hanno dovuto parallelamente predisporre specifiche programmazioni, cioè i percorsi didattici.

Occorre superare questa dicotomia, perché la programmazione a qualsiasi livello assume valore solo a condizione che risulti funzionale alla realizzazione della concreta azione educativa e didattica di ogni giorno.

La programmazione generale, nella forma del Piano dell’offerta formativa, assume indiscutibile valore in quanto configura l’attività della scuola in termini di intenzionalità e di sistematicità.

Il Piano dell’offerta formativa, da una parte precisa gli obiettivi formativi a lungo ed a medio termine, in modo che l’azione educativa e didattica risulti sempre intenzionale; dall’altra, ne scandisce i livelli di perseguimento nelle singole annualità, indica i criteri metodologici dell’azione educativa e didattica e delinea la complessiva organizzazione educativa e didattica della scuola, in modo che essa risulti organica.

Tuttavia, pur se di rilevante significato, il Piano dell’offerta formativa non basta. È anche necessario che i docenti rendano intenzionali e per quanto possibile sistematici i loro specifici interventi educativi e didattici, attraverso la predisposizione dei singoli percorsi didattici o unità didattiche.

La flessibilità dell’organizzazione educativa e didattica e soprattutto l’esigenza dell’individualizzazione dell’insegnamento accrescono ancor più la necessità di predisporre i Percorsi educativi individualizzati che coinvolgano le intere classi, i gruppi o i singoli alunni.

Il passaggio sempre più consistente dalla scuola fondata sulla lezione collettiva alla scuola fondata sui processi della ricerca/riscoperta, che peraltro viene sempre più imposta dalla scuola parallela delle tecnologie multimediali, rende sempre più indispensabile la predisposizione di percorsi educativi quanto più possibile analitici, che prevedano la descrizione, non solo delle specifiche attività che debbono svolgere i singoli alunni, ma anche dei sussidi, degli spazi, dei tempi del loro svolgimento.

In tale prospettiva, il compito della programmazione e della predisposizione dei percorsi didattici è particolarmente impegnativo e richiede tempi e competenze specifici.

Tale consapevolezza aveva portato, nel passato, alla creazione della figura dell’operatore psicopedagogico, il quale però avrebbe dovuto occuparsi della programmazione relativa a tutta la scuola, e non solo di quella degli alunni portatori di handicap. A tale figura è opportuno fare riferimento, anche se essa, come quella dei referenti previsti dai vari Progetti educativi ministeriali, nel passato non ha avuto fortuna.

È opportuno che nella elaborazione della programmazione e dei percorsi didattici ci si avvalga di funzioni di sistema (FUS), più che di figure di sistema (FIS), che offrano a tutti i docenti un apporto significativo di competenze specifiche.

A tal fine, non basta una sola FUS, ma è opportuno fare ricorso a molteplici FUS, dotate delle competenze specifiche relative alle diverse dimensioni della formazione della personalità.

A titolo meramente esemplificativo, si evidenzia l’opportunità di avvalersi di competenze specifiche per la formazione motoria, per la formazione socio-affettiva, per la formazione espressivo-linguistica, per la formazione musicale ecc.

Il BIBLIOFILO

Non va visto come colui che appronta il catalogo e gestisce il prestito dei libri della Biblioteca scolastica, ma come colui che, tra l’altro:

aggiorna costantemente la conoscenza delle pubblicazioni che possono essere utilizzate nelle singole classi, dalla prima alla quinta;

propone gli acquisti e le altre eventuali forme di reperimento dei libri;

offre ai colleghi orientamenti per la scelta dei libri di cui i loro alunni hanno bisogno in riferimento alle specifiche attività da svolgere (letture storiche, geografiche, scientifiche ecc.);

offre indicazioni in ordine alle modalità di utilizzazione dei libri;

offre orientamenti in ordine alla motivazione alla lettura;

promuove iniziative che possano contribuire a sensibilizzare gli alunni all’utilizzazione dei libri.

IL TECNOLOGO

La scarsissima utilizzazione dei sussidi e dei laboratori didattici, che rischia di estendersi prossimamente anche alle tecnologie multimediali, dipende da due fattori essenziali.

Innanzitutto, v’è il perdurare di una arretrata concezione umanistica della cultura, che misconosce ogni valore alla tecnica ed alla didattica in particolare, privilegiando o, meglio, esclusivizzando l’uso della parola. La Riforma gentiliana è ancora imperante nella formazione di gran parte dei docenti.

Dall’altra, e certamente come conseguenza della prima, v’è la scarsa conoscenza delle tecnologie educative.

Nessuno ha assicurato ed assicura ai docenti la conoscenza delle tecnologie educative, come peraltro testimonia la scarsa bibliografia sull’argomento.

Si rende perciò quanto mai necessaria la presenza di una FUS che sia nel contempo esperto della didattica e delle tecnologie educative.

Peraltro, egli deve interessarsi, non solo delle macchine e, in particolare, delle tecnologie multimediali, ma anche e soprattutto dei materiali concreti, comuni e strutturati.

Egli non è solo il tecnico che sa usare le macchine, perché tutti debbono imparare ad usarle, ma, come per i libri, egli è soprattutto colui che sa evidenziare le possibili utilizzazioni delle singole macchine e dei singoli sussidi.

Tra operatore tecnologico e bibliotecario vanno ricercate tutte le possibili collaborazioni, atteso che oggi molte pubblicazioni vengono presentate su supporti magnetici (dischi, floppy, cd-rom, DVD, audio-video cassette…).

Esperto dell’educazione motoria

Così come ormai riconoscono le famiglie che in numero sempre crescente impegnano risorse notevoli nelle attività motorie dei figli, anche i docenti debbono prendere consapevolezza che l’attività motoria ha un ruolo formativo essenziale, primario, anche se purtroppo assai poco adeguatamente curato nella scuola.

Anche qui si richiede la figura, non del docente di educazione fisica che impartisce tale insegnamento a tutti gli alunni della scuola, ma di un docente che sappia consigliare, orientare, guidare, formare i colleghi, perché sappiano e possano provvedere alle attività motorie dei propri alunni.

Tuttavia, non si escludono, anzi si auspicano anche gli interventi diretti di docenti che abbiano specifiche competenze in particolari attività, quali la danza, la ginnastica ritmica ecc.

In merito all’educazione motoria, è appena il caso di evidenziare che sono state pochissimo utilizzate anche le risorse professionali create con le apposite, anche se sporadiche, iniziative di formazione promosse dal Ministero della Pubblica Istruzione.

La scuola deve assolvere anche al compito della formazione motoria e non costringere le famiglie a ricorrere alle iniziative private, con conseguente discredito delle istituzioni scolastiche e con la creazione di discriminazione tra gli alunni.

IL MUSICOLOGO

Il Ministero della Pubblica Istruzione sta portando avanti specifiche iniziative promozionali in ordine all’educazione musicale, nel generale riconoscimento dell’importanza che questa attività assume nella formazione dei giovani.

Occorre maturare e generalizzare la consapevolezza che l’educazione musicale:

non può essere ridotta al solo canto corale;

non può essere confinata nelle recite natalizie e per la festa della mamma;

non può vedere privilegiati gli alunni dotati;

deve comprendere la più ampia gamma di attività musicali (cfr. Programmi didattici);

deve mirare, non solo all’ascolto, ma anche alla produzione musicale da parte di tutti gli alunni;

deve coinvolgere tutti, ma proprio tutti gli alunni, perché ciascuno sviluppi, maturi, apprenda, approfondisca, ampli le proprie competenze musicali;

non deve rimanere solo un’attività fine a se stessa, ma deve collegarsi alle altre attività educative e didattiche (Lingua straniera, Storia, Geografia, Matematica…).

Occorre, perciò, individuare, promuovere e valorizzare al massimo le competenze presenti nei docenti, mettendole a disposizione della scuola tutta. Ma, ove risulti necessario, occorre anche ricorrere ad esperti esterni o di altre scuole.

IL LINGUISTA

Si è detto del bibliotecario per la lettura, ma forse, al di là delle competenze comuni a tutti i docenti, è opportuno anche valorizzare le competenze in ordine ad alcune specifiche attività linguistiche, che richiedono particolari attitudini e competenze.

Nel campo dell’educazione linguistica risultano particolarmente a rischio la composizione, la lettura, la riflessione linguistica e la poesia.

L’Amministrazione scolastica ha già ritenuto opportuno di richiamare l’attenzione in ordine alla lettura con la proposta di appositi Progetti educativi e in ordine alla composizione nel Documento sui saperi essenziali.

Complessivamente ignorato, anche nella saggistica, risulta il problema della grammatica, anche se i Programmi del 1985 l’hanno posta in termini nuovi come riflessione linguistica.

Anche in questi campi si richiede la presenza di FUS nelle singole scuole.

Tuttavia, anche se non mancano saggi significativi sull’argomento, forse il settore più trascurato risulta essere quello della Poesia, ancora molto spesso ridotta ad esercizio di memoria e di traduzione in prosa, e non invece di formazione della sensibilità poetica in tutti gli alunni.

Si direbbe proprio che tra le FUS occorra nelle scuole proprio quella del Poeta.

IL MATEMATICO

il processo di rinnovamento dell’educazione linguistica e dell’educazione matematica ha portato negli anni ‘60-’70 all’emergere di figure di docenti che coltivavano con particolare impegno le due discipline e ne realizzavano il rinnovamento sul piano disciplinare e didattico, ponendosi quali punti di riferimento per tutti gli altri docenti, in particolare nelle attività di programmazione e di aggiornamento.

In fondo, queste figure costituivano gli antesignani delle FUS.

È perciò quanto mai opportuno che anche per la Matematica vengano valorizzati i docenti che si dimostrano particolarmente impegnati sul piano del loro aggiornamento e della concreta azione didattica nell’ambito delle classi loro affidate. Come per le altre discipline, il Matematico dovrebbe innanzitutto riuscire a contagiare i colleghi il suo amore per questa disciplina che i Programmi del 1985 definiscono come una <<affascinante attività del pensiero umano>>.

Se esistono numerosi uomini di cultura che con compiacimento lamentano di non avere il bernoccolo della Matematica è perché ad essi non è stata mai insegnata la Matematica, ma il commerciale far di conto che Euclide disdegnava e che oggi possiamo ben delegare alle calcolatrici tascabili.

LO SCIENZIATO

Il retaggio della cosiddetta cultura umanistica continua ancora a condizionare, in particolare, l’impostazione dell’educazione scientifica, in quanto ai docenti mancano, non solo le attitudini ma anche le competenze specifiche per un’impostazione sperimentale o esperienziale dell’educazione scientifica.

Le scienze non si insegnano nella aule, ma si apprendono nei laboratori scientifici, che però non possono rimanere riserva di alcuni docenti.

Gli alunni non debbono limitarsi ad imparare le nozioni scientifiche ma debbono fare scienze, acquisendo gli atteggiamenti e le capacità che sono proprie di chi fa scienze (cfr. Programmi del 1985).

Ma perché tutti i docenti possano utilizzare al massimo i laboratori scientifici, si rende necessaria una guida, un’assistenza tecnica, un supporto che può venire solo da specifiche FUS.

Non si tratta di prevedere dei tecnici di laboratorio ma di FUS che sappiano promuovere nei docenti tutti un atteggiamento ed una competenza sperimentale che li metta nella condizione di impegnare gli alunni in attività di osservazione, manipolazione, sperimentazione.

LO STORIOGRAFO

Si potrebbe erroneamente pensare che tutti gli insegnanti siano nella condizione di insegnare senza difficoltà almeno la Storia e la Geografia. Se per insegnare si intende esporre eventi e fenomeni nell’ottica di una didattica mirata all’acquisizione di concetti, e non anche alla formazione di atteggiamenti e di capacità, forse si potrebbe anche essere d’accordo; ma se ci si muove nell’ottica della formazione storica e geografica, il giudizio cambia.

Il fare storia ed il fare geografia implicano competenze ed atteggiamenti, e anche conoscenze, che non tutti i docenti possiedono.

Anche per la storia e per la geografia si può quindi opportunamente prevedere la presenza di FUS che mettano a disposizione dei colleghi adeguate competenze.

La rete

La scuola dell’autonomia è la scuola che valorizza al massimo le competenze perché agli alunni delle singole scuole sia sempre assicurato il successo formativo.

La scuola dell’autonomia nasce appunto dall’esigenza di assicurare il successo formativo a tutti gli alunni, valorizzando al massimo le risorse professionali e materiali disponibili, non solo nella scuola, ma anche nel territorio.

Come tale, la scuola dell’autonomia non si chiude in se stessa, ma si apre alle collaborazioni più diverse, all’interno delle scuole ed all’esterno.

La scuola dell’autonomia non si chiede in se stessa, ma si apre all’esterno, costruisce reti di collaborazioni.

Innanzitutto, le risorse di una scuola vengono messe a disposizione delle altre, attraverso la comunicazione delle esperienze, ma anche attraverso lo scambio dei docenti.

In questo modo l’inventario delle risorse professionali a disposizione si allarga, si estende, comprende quelle di diverse scuole.

Tuttavia, la rete non comprende solo le scuole, ma anche le altre agenzie educative e le istituzioni che comunque possano offrire un contributo al miglioramento dell’offerta formativa.

A fronte di un’organizzazione educativa e didattica fondata su competenze di basso livello, la crescente esigenza di competenze specifiche e di alto livello, non solo sul piano disciplinare ma anche sul piano tecnologico-didattico, non reperibili più nell’ambito delle singole scuole impone l’esigenza di fare ricorso a un più largo ventaglio di competenze, che può essere reso disponibile solo dalla messa in rete delle competenze presenti nelle più diverse scuole, anche di ordine diverso, e nel territorio tutto.

Particolarmente emblematica di tale situazione è quanto sta avvenendo nel campo dell’alfabetizzazione informatica, per la quale le singole scuole stanno già facendo ricorso alle competenze presenti nelle scuole del territorio o in altre istituzioni e agenzie, quali le Università, le Istituzioni scientifiche, le Associazioni professionali, le Case editrici ecc.

TUTTI IN RETE

La prospettiva che si vuole delineare e costruire è quella di una scuola nella quale i singoli operatori scolastici siano messi nella condizione di esprimere al massimo le loro propensioni e di metterle a disposizione di tutti gli alunni, anche di quelli delle altre scuole del territorio.

Occorre creare le condizione perché ogni operatori scolastici possa porsi come FUS, nell’ambito delle sue specifiche competenze, elevate al livello più alto possibile.

Peraltro questa sembra una prospettiva coerente con la società democratica, nella quale ogni cittadino deve poter contribuire <<all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese>>(art. 3 Cost.).

A questo impegno sono chiamati anche i Dirigenti scolastici, sia quali responsabili diretti della gestione delle scuole, sia in quanto anch’essi operatori scolastici.




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