LOGO (MicroMondi)
L'unico linguaggio pensato e sviluppato per la didattica (o meglio per allestire ambienti o micromondi per apprendere in maniera attiva e costruttiva) LOGO. Il micromondo della "geometria della Tartaruga", dove è possibile tracciare, utilizzando adeguati comandi, figure e disegni di forme e colori diversi, e scoprire, durante la programmazione, specifiche proprietà geometriche in essi presenti, offre, allo studente, la duplice modalità operatoria di un traduttore:
a) quella che permette di impartire al computer comando dopo comando verificando, ad ogni step (invio) la funzionalità dell'operazione, codificata ed immediatamente eseguita dall'elaboratore, attraverso l'output grafico, ed eventualmente di correggerla con un successivo comando di "aggiustamento";
b) la possibilità, una volta stabilita l'efficacia dell'intera sequenza di comandi, di passare in ambiente editor, dove compilare, in maniera il più possibile compatta e strutturata, l'intero programma (magari usando variabili al posto di dati) per poi, usciti dall'editor, mandarlo in esecuzione digitando semplicemente il suo nome, ed eventualmente i valori che si vogliono assegnare, di volta in volta, alle variabili incluse nel programma e dichiarate nel suo titolo (costruendo, ad esempio più quadrati dai lati di lunghezza diversa).
… in questo sede riteniamo pedagogicamente importante sottolineare qual è la filosofia di fondo che ha spinto Papert (inventore del LOGO) a proporre la programmazione informatica come strumento per apprendere, condividendo l'idea che tale filosofia abbia contribuito, in maniera determinante, a rivoluzionare il modo di concepire l'uso delle tecnologie informatiche nell'apprendimento e nella formazione.
L'obiettivo di Papert non è mai stato quello di formare dei "programmatori" più o meno in erba ma quello di utilizzare il computer e la programmazione come uno strumento potente per concepire ed esprimere progetti personali, carichi di significato, con finalità diverse a seconda delle versioni via via elaborate dal linguaggio di base: progetti essenzialmente grafici comprensivi di animazioni (la geometria della tartaruga e il micromondo dei folletti -sprites-), pagine di testi scritti con illustrazioni composte da disegni elaborati dai bambini al computer (LogoWriter), progetti di robotica (LegoLogo), sino ad includere la possibilità di elaborare oggetti ipermediali (Microworlds) utilizzando come linguaggio di sviluppo una versione di LOGO "orientata agli oggetti" (tipo di linguaggio proprio dei sistemi di sviluppo ipermediali).
La potenza, concetto che in Papert riassume tale idea, uno dei tre pilastri di quello che lui definisce "apprendimento sintonico" o significativo per il soggetto. L'altro principio è quello della continuità, continuità tra quella che è la conoscenza e l'esperienza più o meno ingenua elaborata dagli studenti intorno ad un dominio di conoscenza, ed il progetto che andranno a sviluppare in quel campo: la sua elaborazione potrà mettere in crisi le ipotesi, formulate sulla base delle preconoscenze, circa la soluzione da dare ai problemi emergenti nello sviluppo del progetto stesso. Il terzo concetto è quello di risonanza culturale delle tematiche scelte, che, per noi europei significa soprattutto collegamento delle attività svolte con l'elaboratore a progetti di tipo disciplinari o, ancor meglio, multi-inter-trans-disciplinari, cioè rapporto tra uso delle tecnologie informatiche e programmazione curricolare.
LOGO, i suoi vari ambienti e le sue svariate versioni, sempre più multi-ipermediali, sono stati oncepiti da Papert (e dai suoi collaboratori) come ambienti per l'apprendimento, una serie di "micromondi" dove concepire progetti e costruire saperi utili, condivisi, che si adeguano ai molteplici stili dei soggetti, permettendo la sinergica collaborazione delle loro reciproche complementarietà, un sapere pratico, incorporato in contesti di utilizzo. E ciò attraverso l'elaborazione di alcune idee geniali che, alla fine degli anni `70, rivoluzionarono l'uso del computer nella didattica, considerandolo uno strumento la cui gestione doveva essere completamente affidata all'iniziativa dell'utente, valorizzando l'autonomia operativa di quest'ultimo e la pura reattività (esecutiva) della macchina.
Quello che ha valore in LOGO non è tanto il suo uso (oggi decisamente in calo, almeno in Europa, di fronte al crescente interesse dimostrato da insegnanti e formatori per gli editors e i sistemi di sviluppo multi-ipermediali), ma la sua filosofia di base, che altro non è che un vademecum dell'apprendimento “costruzionista" (come ama definirlo Papert).
· Il primo principio è proprio il protagonismo dello studente che, come diceva il ricercatore americano, "programma il computer e non si fa da lui programmare". Questa fu, alla fine degli anni `70 definita come la "rivoluzione dell'informatica cognitiva", cioè dell'uso del computer concepito per incentivare e sorreggere lo sviluppo delle abilità cognitive e metacognitive del soggetto e non per insegnare esplicitamente alcunché (vedi programmi C.A.I.), tanto meno a diventare provetti programmatori.
· Il secondo principio è la cosiddetta "inversione epistemologica" che sostituisce il processo sequenziale di "imparare per usare" con quello di "usare per imparare", dando maggior spazio ai momenti di apprendimento rispetto a quelli di insegnamento che, il più delle volte, risulta implicito nel feedback dato dal sistema (e che sollecita processi di metacognizione e autocontrollo dell'apprendimento da parte degli studenti) ma più spesso si traduce in "mutuo insegnamento", tra studenti-insegnante o addirittura tra pari (peer tutoring), che interagiscono tra loro in un continuo e reciproco scaffolding (sostegno).
· Il principio precedente è strettamente collegato alla rivalutazione del pensiero operatorio concreto su quello formale logico-deduttivo. Papert, allievo di Piaget, pienamente convinto che anche le teorizzazioni più geniali nel campo scientifico, sono spesso nate da esperienze concrete, a volte fortuite (terzo principio).
· Sull'apprendimento sintonico e sulle sue caratteristiche (quarto principio) ci siamo gi soffermati sopra; qui ci limitiamo a sottolineare, come Papert abbia curato, soprattutto nella versione di base di LOGO e della sua geometria della tartaruga, la concretezza e l'operosità che coinvolge profondamente il soggetto, anche a livello corporeo[1] e di identità[2].
· Il fatto di far leva su progetti personali, carichi di significato per gli studenti, non imposti "dall'alto" ma eventualmente "orientati" dall'insegnante (perché abbiano "risonanza culturale", cioè siano in sintonia con la realtà culturale contemporanea) e senz'altro aggiustati in itinere dagli stessi allievi che, di fronte alle difficoltà emergenti, discuteranno e magari ridefiniranno il progetto iniziale, modularizzandolo, semplificandolo, variandolo, ecc., fa sì che gli ambienti o micromondi papertiani siano proposti come vere e proprie "palestre cognitive" dove si pratica una specie di continuo problem finding (individuazione di problemi) e problem solving (risoluzione di problemi) emergenti (quinto principio).
· Questa modalità di "procedere per aggiustamenti continui" vs una logica dicotomica del vero o falso, del giusto o sbagliato, questa possibilità di poter vivere l'esperienza metacognitiva dell'"aver vagamente ragione" vs quella dello "sbagliare con precisione", viene interpretata da Papert come l'identificazione di una nuova "epistemologia dell'indeterminazione gestita" (sesto principio), che si rifà ad un procedere "analogico" (di continuo confronto con il prodotto reale delle nostre operazioni, per una riflessione sui processi che lo hanno realizzato) vs un procedere "digitale", del tutto o niente.
· Questo atteggiamento di fronte al procedere operatorio, cognitivo e metacognitivo nella costruzione della conoscenza, porta ad un'apologia dell'errore che diventa pedagogia stessa dell'errore, chiamata da Papert "matetica" o corso sull'arte dell'apprendimento, imparando sbagliando e riflettendo sui propri errori (settimo principio).
(da B. M. VARISCO, Nuove tecnologie per l’apprendimento, Garamond, Roma,1998, pp. 31-34)
[1] Papert parla di apprendimento "corpo-sintonico", riferendosi all'abitudine, in chi dirige la tartaruga, di armonizzare l'orientamento spaziale del proprio corpo con quello del piccolo automa virtuale visibile sullo schermo, che è speculare rispetto a quello di chi lo comanda.
[2] L'autore fa riferimento all'apprendimento "ego-sintonico", riferendosi, non solo, molto piagetianamente, al "decentramento cognitivo", ma anche alla necessita di adottare una molteplicità di punti di vista su uno stesso dominio -la geometria della tartaruga non una geometria euclidea, ma un approccio diverso e complementare alla scoperta, indiretta e grafica, di proprietà nelle figure geometriche-.