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Il Ministero della Pubblica Istruzione ha diramato la C.M. n. 9 del 15 gennaio 2008 relativa all’adozione dei libri di testo per il prossimo anno scolastico. L’occasione è sempre ghiotta per commentare – attraverso queste “indicazioni” – quale sia il versante di riflessione non solo organizzativa ma anche pedagogico-didattica dell’istruzione in Italia; non è affatto vero che i riferimenti normativi, come si crede frettolosamente, non abbiano incidenza o non siano da leggere secondo curvature, appunto, pedagogico-didattiche che, invece, dovrebbero essere esplicite e preminenti rispetto agli atti di natura burocratico-organizzativi. Così non appare; allora tocca a noi farli emergere. La C.M. richiama – a base delle determinazioni da formalizzare – l’Autonomia scolastica; Autonomia che, a quanto pare, significa sì la possibilità di decidere tra varie opzioni ma soprattutto, nel ricorrente linguaggio ministeriale, comporta l’assunzione di responsabilità consapevole, da parte degli organi deliberanti, negli atti da compiere: consigli di classe, collegio dei docenti, consiglio di Istituto. L'attenzione del Ministero, per tutti gli ordini di scuola, è - in maniera preminente e nient'affatto "materiale" - al costo dei libri di testo. Chi vive nella scuola sa quanto pesi sulle famiglie, soprattutto di quelle con più figli, il carico dell'acquisto di libri sempre più costosi e sempre più numerosi; pesanti per le tasche e pesanti per le spalle degli alunni, dai bambini ai giovanotti; questi ultimi sempre più riottosi a girare con zaini da "secchioni" perché non fa chic! A parte questo riferimento, che ribadiamo come importante, e fa bene il Ministero a chiedere piena assunzione di responsabilità da parte dei docenti, a noi preme mettere a premessa forte, e mai data per esplicita, che il libro di testo è uno strumento didattico e culturale di mediazione tra l’insegnamento e l’apprendimento, tra il docente in classe e l’alunno in classe e a casa. Il libro di testo costituisce una sorta di mappa di un percorso che aiuta la guida e il giovane “esploratore” a compiere un tragitto non solo perché arrivi alla meta ma perché apprenda a leggere la mappa disciplinare, a sapersi districare, con adeguate abilità, lungo le caratteristiche del percorso e arrivi alla meta che, poi, diventa partenza per ulteriori approdi. La scelta del libro di testo è affidata alla competenza e alla saggezza didattica del docente ma vale la pena ribadire che il libro non deve solo “piacere” al docente ma deve piacere e servire all’alunno. L’aggressione commerciale delle Case Editrici, preoccupate ad occupare il campo degli acquisti e a rosicchiare gli spazi della concorrenza, produce tentazioni nefaste, in cui più di un docente cade, ai fini di una scelta così finalizzata e tanto mirata all’uso concertato docente-alunno. Le tecniche accattivanti dell’editoria contemporanea rischiano di distogliere l’attenzione dall’esigenza di trovare testi idonei alla migliore prestazione di insegnamento-apprendimento. Non è raro trovare docenti che, pur avendo libri “nuovi”, continuino ad insegnare con metodi “vecchi” creando una sfasatura tra la proposta d’insegnamento parlato e la proposta d’apprendimento preteso, con riferimento ai libri adottati. La dialettica, poi, tra il libro di testo “pieno” e il libro di testo “sintesi” è ancora aperta e riconduce non tanto agli effetti sull’apprendimento quanto sulla tipologia dell’insegnamento: se il docente è un abituale fruitore, in prima persona, di fonti alternative (internet – brevi saggi – aggiornamenti tramite articoli – stampa in genere), preferisce il libro di testo “sintesi” e convoglia l’apprendimento verso la ricerca, stimola il riepilogo delle fonti autonome, suggerisce il confronto critico e dialettico. Il libro di testo perde la connotazione di strumento sacro e sacramentale della sapienza e assume la funzione di indirizzo autorevole e progressivo verso l’apprendimento responsabile e autonomo, creativo. Questo approccio al libro di testo presuppone la mentalità laboratoriale sempre invocata ma che stenta a trovare consolidata cittadinanza nella scuola italiana. La diffusa abitudine ad una lezione “narrativa”, con prevalenza del ruolo del docente che in classe occupa la gran parte del tempo a “parlare”, fa sì che gli studenti siano relegati al ruolo statico – e spesso annoiato – di chi ascolta, con il libro davanti, asettico spettatore di un incontro culturale e formativo mancato. C’è stata una fase della scuola, non lontana, che ha visto propugnatori dell’abolizione dei libri di testo, da sostituire con le fonti molteplici e continue dei mezzi di diffusione preferibilmente mass-mediali; niente di più nefasto e di per niente educativo. Impegnare nella lettura, costringere a riflettere su di una fonte “stabile” assume una valenza ineliminabile, dal punto di vista formativo, soprattutto contro la moda veloce e diluita del “venire a sapere” di certe fonti iconiche che stanno distruggendo l’abitudine formativa alle conoscenze non solo sequenziali ma soprattutto consequenziali. Sulla necessaria integrazione tra il libro di testo istituzionale e le fonti alternative-integrative invito a leggere alcune pagine significative di Roberto Maragliano, conoscitore profondo della materia. Sta di fatto, però, che oggi il libro di testo – ripetiamolo – assume una funzione di guida. Altre volte ho utilizzato il paragone di certe brochure dei “viaggi”: non è sufficiente far vedere sulla carta quanto siano belli ed interessanti certi luoghi; bisogna andarci di persona. Ecco che torna un’altra antica questione: il ritorno non solo ai testi, ad esempio, di guida letteraria, ma il ritorno alle fonti: i testi degli Autori. Si legge poco, si legge per sunti, si legge “per sentito scritto o letto. E’ il guaio di certe scuole che fanno studiare poeti, scrittori, filosofi solo sulla spiegazione dei docenti, sulle sintesi dei libri di testo e poco o niente sulle opere degli Autori. Quanti libri adottare: quelli indispensabili, da utilizzare in ogni pagina, da analizzare in ogni settore, da studiare e far studiare in classe in modo che siano strumenti la cui “pratica domestica” risulti agevole e facilitata. Il libro di testo dovrebbe essere “trattato” dagli alunni di oggi come il diario personale: le pagine istituzionali su cui poi ognuno pone la “sua” nota, i riferimenti, i richiami, i rimandi personali. In conclusione auspico un vero libro “vissuto”, sia dal docente che dall’alunno; tanto vissuto da non aver voglia di venderlo, terminato l’anno scolastico o concluso il ciclo di studio della materia. |
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