CREDITI E DEBITI

di Davide Leccese

Tra le tante perplessità, espresse attorno a questo nuovo Esame di Stato, ci ha particolarmente colpito il pessimismo di alcuni docenti sui crediti e sui debiti. Alcune osservazioni sono francamente giustificate se si colgono i sospetti che la quantificazione dei meriti e delle colpe degli alunni, durante il triennio e soprattutto prima delle prove dell’ultimo anno, si sostanziano in un cavilloso calcolo di quel che hanno fatto e di quanto non hanno fatto.

Dopo aver precisato che l’applicazione avviene – come tutte le norme per questi esami – in corso d’opera, quindi con tutte le incertezze del comprenderne la ragione e dell’applicarle contemporaneamente, ci preme sottolineare che sia i crediti che i debiti avranno un senso didattico solo se contestualizzati ad un Piano di offerta formativa che predisponga una piattaforma di valutazione di ogni azione scolastica; insomma, l’alunno e i docenti dovranno prevedere ciò che costituisce "più" e ciò che determina "meno" secondo una condivisa azione pedagogica in cui conoscenze e competenze costituiscono la base imprescindibile e si articolano in una serie di interventi e di scelte – di classe o anche personali – tali da realizzare in pieno le attese di una personalità scolasticamente bene impostata.

Ora – è vero – si sta scadendo nel "contabile", con alcuni consigli per niente disposti a concedere sul piano del credito formativo ed altri che largheggiano su ogni piccola considerazione dell'extrascuola. Così avremo candidati con crediti gonfiati e candidati penalizzati in partenza da una scarsa lucidità valutativa, non del tutto comprensibile.

Molte riviste specializzate hanno affrontato il problema; suggeriamo, per articolata completezza della trattazione, il n. 2/99 de "La Rivista dell’istruzione", nel "monografico" sugli Esami di Stato.

Proviamo, allora, a fare un po’ di chiarezza e ad avanzare alcune ipotesi di applicazione.

Quest’anno vale la Tabella D (per le classi terminali), la Tabella E (per le penultime classi) e la tabella A (per le classi di inizio triennio).

Si parte dalla media dei voti, accertati e codificati nel Consiglio di classe, riunito in seduta valutativa. Non è mai eccessivo ricordare che il docente propone il voto e il Consiglio lo attribuisce, in base ad alcuni elementi di valutazione, offerti dal docente ai colleghi, e con riferimento ai criteri approvati e formalizzati nel Collegio dei docenti, prima degli scrutini (meglio ancora se all’inizio dell’anno scolastico, poi confermati o modificati alla fine). Dalla media dei voti (comprensivi di elementi di conoscenze-competenze-partecipazione-assiduità-interesse-frequenza ai corsi di recupero, etc.) si parte per l’attribuzione del credito strettamente scolastico. Se la scuola, poi, ha messo in atto iniziative cosiddette parascolastiche, ma direttamente correlate allo svolgimento dei programmi, con ampliamento ed articolazione delle citate competenze e conoscenza, anche quelle rientrano nel credito scolastico, attraverso le materie maggiormente coinvolte nell’esplicazione delle positività conseguite. In questo caso vale solo il "positivo" e non il "negativo" (si premiano gli alunni che si sono particolarmente distinti.

Al credito strettamente scolastico (non dimentichiamo di premiare il lavoro dell’Area di progetto!) si aggiunge – sempre nell’arco della "fascia" accertata dalla media dei voti – il credito formativo. Al riguardo si suggerisce saggezza: né larghezze spropositate né ristrettezze penalizzanti. Ogni scuola dovrà definire l’ambito di applicabilità, compatibilmente con la "tipologia" del percorso formativo, stabilendo una fascia "flessibile" di attribuibilità, comunque non mortificando la libera iniziativa dei giovani e comunque non incoraggiando le furbizie dell’ultima ora.

Ogni attribuzione dovrà essere giustificata e documentata, in modo che si renda conto – nella carriera scolastica dello studente – di quanto si è deciso e del perché (oltre che, prima, del come).

Per questa prima fase non è poco se agiremo con questa ponderata riflessione, evitando – lo ripetiamo – sia i rigori burocratici che le elargizioni paternalistiche.



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