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Gli esami di Stato, una prova importante per gli studenti, sono specchio da sempre della ordinaria follia della scuola e vi si riflettono tensioni e problemi accumulati: soprattutto la questione della valutazione che viene al nodo nel momento finale senza che vi sia stato dedicato un impegno serio da parte della amministrazione; si aggiungano le aspettative degli studenti e delle famiglie, i nodi della professionalità degli insegnanti, le invidie, i risentimenti. Lo sappiamo da tempo e sappiamo che è un momento difficile per gli insegnanti seri, tanti professionalmente validissimi. Le Commissioni miste, che in molti condividiamo, in quanto con questa formula, in via di principio, si possono sviluppare al meglio tra gli insegnanti le interazioni e le relazioni di livello metodologico e didattico, sono spesso teatro di conflitti: insegnanti - che se mai lasciano baratri di inconsistenze presso le scuole di origine - si pongono come giudici acerrimi dei poveri candidati, manifestano le proprie insicurezze in termini di aggressività e animosità, centellinano in termini improbabili la propria valutazione affidando la stessa a griglie di valutazione improbabili, complesse, spesso errate – dio ce ne liberi – in un fai da te dilagante, proprio in assenza di una riflessione nazionale. Si perde di vista, spesso, il compito delle commissioni, l’analisi accurata e serena della preparazione complessiva degli studenti, in cui si trovano pregi e difetti, come in tutte le scuole, con la finalità di portare a valore i primi e comprendere, per contribuire ad evitarli, i secondi. Purtroppo vi sono degli improvvidi anche tra gli insegnanti e posso dire, dopo tanti anni di esperienza, che un atteggiamento di ostile superciliosità nei confronti degli studenti è inversamente proporzionale non solo alla professionalità degli insegnanti e dei presidenti di commissione, ma anche dell’equilibrio psicologico degli stessi. Ci vuole fortuna per gli studenti, nell’incontrare insegnanti seri nelle commissioni di esame, tante sono le difformità di giudizio tra commissioni e commissioni, gli atteggiamenti e il grado diverso di serenità. Tanto è vero che le università più prestigiose tengono conto più del curriculum nel triennio che del voto degli esami di stato. Quest’anno, a questi meccanismi, che conosciamo da tanto tempo, e che avrebbero bisogno di uno sforzo da parte dell’Amministrazione per un lavoro serio di indagine e cambiamento, si aggiungono strani elementi di burocratiche attenzioni da parte del Ministero. Stendiamo un velo sugli errori delle tracce. Se ne è già parlato molto. Mi riferisco invece alle stranezze delle normative che regolano gli esami.
Altri modelli, altri elenchi, altri inutili affanni dietro questioni di poco momento. Insomma, storie di burocrazia e distanza dalle reali necessità della scuola. Dubbie le motivazioni; le questioni serie sul fondo. Beatrice Mezzina |
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