Gli Esami di Stato
Cosa non è cambiato......
di
DAVIDE LECCESE
Anche
quest'anno assisteremo al rito degli Esami di Stato secondo lo schema
che sembra essere quello "definitivo", dal momento che - nonostante
tutte le osservazioni critiche e le accese polemiche - nulla è cambiato
nelle disposizioni organizzative e nelle norme di struttura della
massima prova valutativa della scuola italiana.
Già al
termine delle prove dello scorso anno una valanga di "proteste" - di cui
fanno fede le email pervenute alla nostra lista - avrebbe dovuto
incoraggiare il M.I.U.R. ad apportare correttivi; tornare indietro,
prendere atto dei fallimenti e degli errori non è disonorevole!
Elenchiamo le maggiori critiche e le più pressanti richieste di
cambiamento:
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Risulta
impossibile, per un solo presidente, governare lo svolgimento
di tante Commissioni d'esame: in alcune scuole si è arrivati a far
guidare anche fino a undici Commissioni, con il risultato che il
"mega-presidente" ha finito con l'essere il notaio scomposto di atti
di cui non ha potuto, di fatto, conoscere né la ragione giuridica e
tanto meno quella didattica.
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E' risultato
profondamente ingiusto commisurare il compenso del Presidente
sulla distanza chilometrica tra sede di servizio (o sede di
residenza) e sede d'esame, invece che più sulla complessità del
lavoro da compiere e delle responsabilità da assumersi. Presidenti
con una sola Commissione - a distanza "canonica" - hanno percepito
un compenso decisamente superiore rispetto a quello concesso a chi
ha dovuto guidare le già citate undici commissioni.
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Il Documento del
15 maggio: molte scuole hanno chiesto la ragione della sua
conservazione, così come è istituzionalizzata, dal momento che la
Commissione, fatta eccezione che per il Presidente, è tutta interna.
In buona sostanza la scuola narra e dichiara a se stessa quello che
già sa. A meno che non si voglia "lasciare agli atti", a futura
memoria, un documento valido più per terzi che per la Commissione.Essenzializzare
il documento, cambiarne la struttura e le finalità: questa è la
proposta.
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La costituzione
della Commissione desta moltissime perplessità: alcuni docenti -
con cattedre su più classi, più istituti e più sedi, a volte
distanti molti chilometri, sono costretti ad un vagabondaggio
stressante. E' capitato ad un docente di italiano di far parte di
tre Commissioni, con relativa prova da correggere, su sedi distanti
anche 60 km.
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La Commissione
d'esame - tutta interna - genera più di una perplessità (qui il
pentimento è dei docenti): gli stessi docenti, che pochi giorni
prima hanno espresso giudizi di fine percorso (assieme a tutto il
Consiglio di classe), si vedono chiamati a decidere, qualche volta
diversamente dal primo giudizio, in base a prove "a freddo", per di
più con un'ammissione "d'ufficio".
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Sull'ammissione
d'ufficio (fatte le limitatissime e ben precise e...rischiose
eccezioni), il parere delle scuole non è concorde: alcuni vogliono
tornare indietro, altre vogliono che comunque gli alunni siano
ammessi all'esame, soprattutto tenendo presente quanto avverrebbe in
alcune scuole "paritarie".
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Diramate le
materie, oggetto d'esame, molti studenti abbandonano o
sottovalutano lo studio delle materie "non incluse", con grave
disagio professionale e valutativo dei rispettivi docenti. Alcuni
hanno suggerito la costituzione di una sorta di "esame interno" per
la valutazione anche per queste materie "escluse".
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Non sono state
poche le email che ponevano "coraggiosamente" la questione della "validità"
di questo Esame finale, così come è residualmente architettato. La
questione investe il ben più delicato problema del valore legale del
titolo di studio, scomparso da tempo in molti Paesi occidentali.
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Moltissime
osservazioni sono pervenute sul sistema dei crediti scolastici:
una forte maggioranza di docenti e di dirigenti ritiene che sia
esigua e penalizzante la valutazione dei tre anni di percorso
scolastico rispetto ai crediti riconosciuti alle prove d'esame. La
proposta più suffragata chiede che si raddoppi il punteggio dei tre
anni finali di scuola, ammessi al credito.
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Una valanga di
proteste sono giunte sui criteri dei "debiti scolastici",
soprattutto su quelli "non assolti" e comunque di fatto sanati con
l'ammissione finale, ope legis.
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Se si entra, poi,
nella delicata questione dei "contenuti" delle prove d'esame,
si aprono varchi problematici e persino polemici: alcune volte viene
richiesto lo svolgimento di argomenti (Autori - questioni, ecc.) non
trattati dalle singole classi, sparse in tutt'Italia e "imposto" dal
M.I.U.R. come se fossero questioni pre-definite come dogmi di
programma. Se una classe non ha trattato, ad esempio, U. Saba, che
succede se lo svolgimento tratta questo poeta?
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Alcuni esaminatori
hanno proposto che la prima prova, invece che essere
determinata - nei contenuti - dal M.I.U.R., sia proposta solo come
"ambito di trattazione", lasciando alle singole classi la
definizione concreta dei contenuti da far trattare, in base al
programma svolto. Ad es.: "Trattare il tema del rapporto Uomo-Natura
in un Autore di Letteratura, in un Filosofo studiato..."
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Molto più acceso il
dibattito sulla "Terza prova": è inutile nascondercelo che
molte scuole attivano una didattica di preparazione alle tipologie
solo in vista dell'Esame, non essendo, il sistema dei test e dei
questionari, una procedura abituale e diffusa nella scuola italiana.
Con il risultato della "simulazione artificiale" e sovente con forti
sospetti di predisposizione ad hoc....
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Il colloquio:
dall'esperienza di molti commissari si evince che il colloquio
finisce per essere una successione, ripetuta e stanca, di argomenti
monodisciplinari, meno precisa, meno completa e meno significativa
di quanto gli alunni siano stati capaci di produrre durante l'anno
scolastico. Prevale lo mnemonico, il "sempre gli stessi argomenti".
D'altronde il tempo del colloquio è limitato e le "materie" sono
tante!
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Polemiche
universali sono giunte sui "percorsi" e sugli "argomenti"
lasciati alla libera scelta del candidato: in troppe situazioni si
assiste ad un'arida elencazione di nomi, questioni giustapposte su
cui il candidato "vuole" essere interrogato, con una forzatura sul
senso della proposta ministeriale.
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Terminate le prove
d'esame, scatta un meccanismo burocratico a cui i
commissari-docenti non sono preparati e per i quali non sono
attrezzati: la richiesta diffusa è di prevedere l'istituzionale
presenza - all'interno della Commissione esaminatrice, o quantomeno
a disposizione del Presidente - per l'espletamento degli atti, di
prevalente connotazione burocratico-cartacea.
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L'ultima
riflessione, espressa da un certo numero di docenti, nel dibattito
del nostro sito, riguarda la questione delicata dell'orientamento
universitario, dopo il conseguimento del titolo di studio. E'
stato evidenziata una "esplicita diffidenza", da parte di alcune
università che non crederebbero più alle dichiarazioni delle
commissioni d'esame, soprattutto in ordine al possesso di conoscenze
e di competenze, e chiedono un documento che dettagli i voti presi
dagli studenti nell'ultimo triennio nelle materie afferenti il
percorso universitario prescelto. Tale posizione delle università
richiede un dibattito a parte.
Sono queste solo alcune
delle osservazioni tratte dalle proteste e dalle richieste "a caldo",
durante e dopo le prove d'esame dello scorso anno. Ne terrà conto, mai,
il M.I.U.R.? |