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La valutazione resta uno dei grandi problemi e tormenti della scuola: mettere un voto, contrariamente a quanto si creda, rappresenta, per i docenti più attenti, un momento di grave tensione professionale e, alcune volte, di vera angoscia. Si vorrebbe, anche a titolo di autogratificazione, non registrare negatività di apprendimento e quando queste negatività sono avvertite come sconfitte costanti e consolidate, si arriva a mettere in discussione anche la propria identità di docente. Valutare è un continuo districarsi tra “quanto” l’alunno dimostra di sapere e “chi sia” la persona-alunno che abbiamo di fronte, in quel misterioso farsi del giovane nel rapporto d’ insegnamento-apprendimento, sempre sottoposto al vertiginoso farsi e disfarsi della cultura, soprattutto nella società del Terzo Millennio. Questo è il contesto in cui esaminiamo le sconfortanti statistiche, diffuse dal Ministero della Pubblica Istruzione, secondo cui le insufficienze sono balzate al 70% degli studenti passati sotto le griglie delle scuole vagliate. Insomma o l’insegnamento non funziona in relazione agli apprendimenti, o gli apprendimenti non funzionano rapportati all’insegnamento; cioè insegnamento e apprendimento non s’incontrano, confliggono. Alla base di questo giudizio fortemente perdente e in parte amaro resiste una solidificazione accertativa della valutazione scolastica che, se dichiara le negatività, le fa dipendere dal deficit di apprendimento e non anche, forse, dal parametro di giudizio, proprio della valutazione scolastica, affidata in esclusiva e senza mediazioni di sorta, in mano ai singoli docenti che usano strumenti rigidi e desueti. Tant’è che è capitato di sottoporre al giudizio di due docenti diversi la stessa prova e ottenere valutazioni discordanti. Capita, dirà qualcuno; ma capita a danno dell’alunno, se prevale la valutazione meno accreditabile sul piano di una corretta docimologia. Alcuni ritengono, ma per fortuna sono pochi, che la norma sui “debiti scolastici” non abbia sostanzialmente mutato l’andamento valutativo nella scuola italiana superiore che, in ogni caso, resta legato al concetto di promozione alla classe successiva al termine di uno scrutinio finale, ufficializzato a giugno di ogni anno scolastico. Al considerare la promozione con “sospensione di giudizio”, come una ciambella di salvataggio per settembre (quasi che le verifiche di fine agosto siano da considerare la reintroduzione dei vecchi “Esami di riparazione”) ci ha pensato lo stesso Ministero subito dopo l’alt del Parlamento che ha precisato trattarsi – quella dell’abolizione dell’appello di settembre – di una Legge, non modificabile con un decreto o ordinanza ministeriale. Mettendo da parte – senza nasconderle – tutte le polemiche e le ansie che la disposizione ministeriale ha generato nelle scuole, suggeriamo ai docenti di essere guardinghi nei riguardi di una pericolosa e apparentemente comoda interpretazione che nulla sia cambiato e possiamo andare avanti come prima. Precisiamo, allora, che la formalizzazione di un giudizio finale, che non sia subito di “non promozione” e che si concretizzi in un voto al di sotto del classico “sei” di sufficienza, apre un capitolo da chiudersi solo dopo una successiva valutazione – a seguito di verifiche formali – che decreti, ai fini della promozione e del passaggio alla classe successiva, un altro voto da sei al dieci. Ogni determinazione diversa comporta – di per sé – la decretazione del Consiglio di classe, come si precisava, di “non promozione”. Se non si tratta di Esami di riparazione, sicuramente poco ci manca dal momento che la sospensione di giudizio comporta, in ogni caso, procedure di accertamento – con prove documentabili – di superamento di carenze, così come nei classici e aboliti esami di riparazione. Tanto è inappellabile la disposizione formale ministeriale e altrettanto lascia – come di consuetudine tutta scolastica – il margine (e la responsabilità) alla decisione dello stesso Consiglio di classe che, valutata la personalità dell’alunno, pur in situazione di lacune (non gravi) in alcune materie, può (motivatamente) decidere comunque per la promozione. Non si è mai chiarito il limite di queste “alcune”; così ci si è trovati di fronte alla sarabanda delle decisioni, dal rigore estremo al lassismo sfacciato, a tutto danno della credibilità delle determinazioni di promozione o non promozione. Si assumano la responsabilità i docenti – sostiene la norma – che, nel deliberare se a favore o contro la promozione, dovranno utilizzare gli elementi di giudizio propri della “valutazione scolastica” che non è (o non dovrebbe essere) conteggio degli errori, peso quantitativo delle conoscenze ma analisi comparata di: conoscenze, competenze, abilità, impegno nello studio, interesse, disponibilità al dialogo formativo, desiderio di apprendere, voglia di correggersi, partecipazione attiva alle lezioni, costante studio domestico e, perché no, condizioni ambientali e psico-fisiche. Criteri, questi, di larga e saggia massima, che cozzano con la tentazione di fare il calcolo degli errori o di giudicare in base alle sensazioni private di certi docenti, secondo il “mi sei piaciuto”. Di sicuro la decretazione di “debito” ha generato una qualche apprensione, più nelle famiglie che negli alunni; quelle famiglie almeno che avvertono preoccupate che la non conclusione definitiva degli impegni scolastici potrà comportare uno strascico anche con conseguenze organizzative nel periodo estivo, di consuetudine dedicato anche al riposo e alle vacanze. Già sono giunte le prime proteste da parte degli addetti al turismo e non fa specie girare in internet e sui giornali delle località balneari e trovare messaggi che annunciano disponibilità di “ripetizioni e lezioni private” in loco, anche d’estate! Gli alunni malcapitati se ne accorgeranno solo al momento in cui dovranno essere costretti a non cedere alla libreria di casa quei non amati libri cui sono rimasti – si fa per dire – incatenati per nove mesi. Con qualche fatalismo vogliamo solo ricordare, però, che il vecchio sistema rimetteva gli alunni in classe, a settembre, impreparati come prima, se non peggio, perché rarissime erano le situazioni di vero recupero estivo. Alcuni docenti, anzi, formalizzavano una sorta di diffusa “dimenticanza” anche da parte di quegli alunni dichiarati promossi senza alcun debito. Va da sé che la saggezza di tanti docenti – molti di più di quanto si creda – avverte la colpa di questo bilico delle contraddizioni nella mancata Riforma della scuola secondaria superiore; riforma che, sottoposta alla mannaia delle “vertenze politiche”, oscilla – senza trovare un punto fermo - al cambiare di ogni governo e di ogni maggioranza. Ogni intervento, pur ammantato di buone intenzioni, assume la forma di effetto placebo, con l’amarezza di una malattia nascosta e un’apparente sanità del corpo formativo della Nazione. Torniamo alla valutazione. Nessuno contesta che le valutazioni negative formalizzano carenze degli alunni, accertate da verifiche scritte, orali, pratiche secondo canoni consolidati, tipici e “tradizionali” della scuola italiana. La norma stabilisce che ogni voto numerico deve essere sempre accompagnato da “breve giudizio motivato”, evitando le tautologie (Ad es. mettere sei e scrivere: sufficiente). La valutazione docimologica, nella scuola secondaria superiore, è stata da un lato contestata – perché racchiude in un numero elementi molteplici e complessi di giudizio – dall’altro è stata difesa contro le pindariche descrizioni di merito e di demerito, sovente ridottesi a termini equivoci o fumosi, come “accettabile”, “scarso”, “negativo”, ecc. Aggiungiamo, inoltre, che – nonostante le scuole siano chiamate, all’inizio di ogni anno scolastico, a decretare nel Collegio dei Docenti i “criteri condivisi di valutazione” – esiste una sorta di difesa accanita e pervicace di alcuni docenti a difendere il proprio territorio valutativo, considerato un requisito inappellabile della propria e personale funzione docente. Insomma un proclama di “non toccate i miei voti”, sbandierato come tutela contro il tentativo di lesa maestà del proprio registro. I risultati sono quantomeno grotteschi: c’è chi decide unilateralmente di non andare al di sotto del “quattro”, chi al di sopra del “sette”; chi mette voti alti di consuetudine, chi voti bassi per strategia. Gli alunni, in queste condizioni, decidono di riempire i blog con sferzanti giudizi: “Il prof. è carogna….quello è buono….quello è parziale….con quell’altro non prenderai mai più di sei, anche se sei Leopardi”…..Non è bello ciò che è bello, ma è bello quel che piace alla prof...Mio padre è somaro: mi ha fatto il tema e il prof. mi ha messo quattro meno…E’ inutile che contesti il voto; io i voti li scolpisco nella pietra..Consolati, non sarai un Varenne ma almeno sei un somaro di razza..” In ogni caso, al di là delle battute degli studenti, resta preoccupante il divario, diffusamente accertato, tra i sistemi di applicazione della valutazione docimologica che non ricade su se stessa ma piomba, come un macigno, sulla formalizzazione di profilo scolastico degli alunni, soprattutto se proseguiranno negli studi universitari; un conto è portare in bagaglio un sessanta/centesimi e un conto è godersi un novanta/centesimi o oltre. Dai voti discendono le decretazioni di debito e, a questo punto, a cascata tutti gli obblighi e le procedure derivate, da una parte e dall’altra. La scuola avvia la macchina dei Corsi di sostegno e /o di recupero; gli alunni devono correre ai ripari, o partecipando a quei corsi o ricorrendo alle “lezioni private” (vero business avvolto, nella conoscenza di tutti, dal segreto complice di molti). Organizzare questi corsi non è per niente facile – Fioroni alla mano – perché: la scuola è tenuta ad avviarli, i docenti non sono obbligati a farli, gli alunni non sono obbligati a parteciparvi; se non si trovano docenti nella scuola, bisogna ricorrere alla disponibilità dei docenti delle scuole viciniori; se non si trovano in queste, bisogna ricorrere alle graduatorie di eventuali supplenti. Chi è pure superficialmente pratico di procedure scolastiche sa cosa significhino le convocazioni dei supplenti, attingendo alle graduatorie. Da febbraio a maggio – subito dopo il primo quadrimestre – tutte queste incerte e complicate operazioni trasformano l’intenzione di correre al recupero in un’affannosa rincorsa della scuola-istituzione a soluzioni che le sue componenti, per il libero assenso, rende solo auspicabili. In molte scuole, infatti, l’adesione dei docenti è stata quasi nulla e gli studenti hanno l’affanno a frequentare la scuola di mattino, partecipare ai corsi di pomeriggio e studiare per il giorno successivo (quando?). Al termine delle lezioni si procede allo scrutinio finale e l’O.M. Fioroni chiede che, nei confronti degli alunni per i quali è stato sospeso il giudizio di ammissione alla classe successiva, i Consigli di classe, prima della conclusione dell’ anno scolastico e dopo l’ effettuazione degli interventi di recupero, procedano alla verifica del superamento del debito formativo, attraverso l’accertamento del recupero delle competenze e dei requisiti minimi richiesti per il conseguimento della sufficienza. Al termine delle operazioni di verifica del superamento del debito degli studenti, per i quali sia stato sospeso il giudizio di ammissione, il consiglio di classe si riunisce nella medesima composizione di quello che ha proceduto alle operazioni di scrutinio finale, per deliberare in merito alla promozione o non promozione degli allievi. Sono dichiarati non promossi gli alunni: ´ Che presentino gravi carenze in più discipline, non recuperabili entro l’inizio dell’ anno scolastico successivo; ´ Abbiano comunque mantenuto lacune gravi, rispetto al precedente anno scolastico, non colmando, neppure parzialmente, i precedenti debiti formativi. ´ Abbiano avuto una partecipazione discontinua al dialogo educativo, anche in rapporto alla frequenza, per cui le gravi carenze ancora presenti sono attribuibili a scarso impegno o demotivazione, nonostante le continue sollecitazioni dei docenti della classe e l’ impegno profuso in azioni di recupero anche individuali. ´ Non siano in possesso di abilità fondamentali o non abbiano colmato le lacune di base evidenziate nella situazione di partenza, per cui non potrebbero con serenità affrontare la classe successiva; ´ Non abbiano partecipato con profitto agli interventi didattico-educativi integrativi, se messi in atto dalla scuola. Sempre la stessa Ordinanza stabilisce che le azioni di recupero comincino subito dopo gli scrutini, pur tenendo conto che nelle stesse scuole si dovranno svolgere le prove degli Esami di Stato, molti docenti saranno impegnati – per gli esami – in sede e fuori sede. Si tiene parzialmente conto che: ´ Come già detto, i docenti non sono obbligati a dichiarare la loro disponibilità ad effettuare i corsi di recupero estivo; ´ Come già detto, gli alunni non sono obbligati a dichiarare la loro adesione a tali corsi; ´ I docenti e il personale ata hanno diritto al congedo ordinario; forse anche il Dirigente; ´ Le procedure di reclutamento di altro personale, se erano complesse durante l’anno scolastico, diventano ardue durante le vacanze; ´ Le eventuali attività didattiche si dovranno effettuare in ambienti affatto adatti dal punto di vista climatico e sicuramente non attrezzati al caldo estivo; L’Ordinanza Ministeriale consente lo slittamento della fase di verifica delle lacune ai primi giorni di settembre. Prevede o il ritorno in sede dei docenti trasferiti o posti in quiescenza, sempre che gli stessi accettino, o la loro sostituzione con i docenti in servizio. Come si potranno organizzare quelle scuole – e non sono poche – dove sono prevalenti i supplenti temporanei? Di norma quei giorni, prima dell’inizio delle lezioni, sono riservati alla programmazione del nuovo anno scolastico e le ore impegnate rientrano, in ogni caso, nel computo delle ore per le attività aggiuntive. C’è, inoltre, chi ha fatto notare che il Ministero ha formalizzato una data certa – a metà di giugno – come “termine dell’attività didattica” e quindi ha sottolineato la paradossale condizione di lezioni di recupero fuori dei tempi ufficiali di tale limite. Insomma, un bel problema con la chiusa – che ha generato l’ira dei Dirigenti – di diretta responsabilità degli stessi, e conseguenti sanzioni, in caso di non attivazione dei corsi di recupero. Continuiamo a giocare ad angosciarci: un alunno è dichiarato non promosso o in prima o in seconda istanza; la famiglia aveva manifestato la disponibilità a partecipare ai corsi di recupero che, però, la scuola, pur rispettando tutti i possibili passaggi, per indisponibilità dei docenti o irreperibilità dei supplenti, non ha potuto organizzare. La famiglia contesta il verdetto e chiede di ripercorrere minuziosamente tutti i passaggi, prima e dopo il verdetto, documenti alla mano. Esercitiamoci nelle conclusioni giudiziarie. |
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