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(Extrait de l'Ecole démocratique n°6, avril-juin 2001) Enseignement supérieurLe marché de BologneLa costituzione di uno « spazio europeo d'insegnamento superiore
» è inevitabile, se si vuole favorire la « mobilità e l'impiegabilità
dei cittadini europei in tutto il continente ».E' con questo spirito
che 31 ministri europei dell'istruzione, riuniti a bologna il 19
giugno 1999, hanno firmato una dichiarazione comune. La mobilità
rende necessaria « l’unificazione e la comparabilità »
dell'insegnamento superiore. Peraltro si desidera promuovere il «
controllo di qualità » e « la dimensione europea dell'insegnamento
superiore;». Questo per la versione ufficiale... IllegalePrima di analizzare la Dichiarazione di Bologna, conviene sottolinearne il carattere non democratico e anche illegale. Debutto nel 1999, il Consiglio dei Ministri dell'UE aveva chiesto alla Conferenza dei Rettori dell'UE (CRE) quali fossero le riforme che s'imponevano nell'insegnamento superiore. Il CRE è complessivamente rappresentativo del mondo accademico e inoltre ha una relazione amorosa con l’ERT (la Tavola Rotonda europea degli Industriali), questo club di dirigenti industriali che hanno un potente impatto sul programma politico europeo, per non dire che lo dettano direttamente . La loro relazione è stata consacrata attraverso la creazione della CRE-ERT, lo European University-Industry Forum. Nota bene che nè la CRE nè l’ERT, e nemmeno il Conseil Education européen hanno la minima legittimità politica. Tale prerogativa rimane, nei termini del Trattato di Amsterdam, di esclusiva competenza degli Stati Membri. Quando il Conseil Education européen e la CE sviluppano dei progetti di riforma, quando si dà il compito di applicarli a dei ministri e a delle università, questi pretendono qualche libertà con i proncipi costituzionali che prevedono che tutte le riforme importanti debbano essere consacrate dal Parlamento. Più corto, più chiaro e più orientatoUno degli obiettivi di Bologna è di uniformare la divisione dell'insegnamento superiore in due cicli. Benchè la dichiarazione propriamente lo dica anche se non esplicitamente, è generalmente ammesso che il primo ciclo duri tre anni e sia coronato da un diploma di « bachelor ». Questo diploma darà accesso agli studi di « Master », in uno o due anni. Guy Haug, consigliere della CRE, precisa l'obiettivo di tale suddivisione : « i governi hanno piani volti a ridurre la durata teorica degli studi e l'attrazione dei modelli che prospettano una prima qualifica breve seguita da un post-graduate per un ristretto numero di studenti, non ha smesso di aumentare. Questo permette di comprendere l'evoluzione verso i gradi di « bachelor » e di « master » nei diversi paesi ». In effetti Bologna non lascia alcun dubbio relativamente a questo punto: Il primo ciclo dovrebbe essere orientato verso il mercato del lavoro e sarà quindi la stazione d'arrivo per gli studi dei più . Solo una elite potrà proseguire verso la cima. Per realizzare questo si conta si costi d'iscrizione più elevati e sul numero chiuso, strumenti tradizionali di selezione. L'industria grida vittoria. Dopo il 1989, l’ERT chiede che venga ridotta la durata media degli studi. Essa s'indigna di vedere che in Europa « si autorizza e si incoraggia perfino i giovani a seguire studi interessanti ma senza sbocchi professionali ». Sottolineamo che la triplicazione dei costi d'iscrizione e la soppressione degli orientamenti non conformi al mercato surono le prime misure perse dal ministro fascista austriaco dell'istruzione, membro del gabinetto brun-bleu. Acquistate i vostri votiSotto la copertura della mobilità, Bologna vuole sviluppare il
Sistema Europeo di trasferimento dei crediti (ECTS). In breve, tale
sistema significa che ogni corso riceve un certo numero di « crediti
». Ufficialmente, l’ECTS deve facilitare lo scambio di studenti tra
le università (tra gli altri nel quadro del programma Erasmus della
Commissione europea). Grazie all'ECTS, gli studenti potrebbero seguire
un certo numero di corsi nell'università straniera, dopodichè
potrebbero valorizzare i propri « créditi » una volta tornati nel
loro paese. Questo implica che le università riconoscano i crediti
accordati altrove in Europa. La qualità regna e divideIl terzo obiettivo di Bologna è una collaborazione europea nel
dominio del « controllo qualità ». La qualità è una parola molto
alla moda. Alcune riforme oggi non sono accettabili se non volgono a
migliorare la « qualità ». Ma è molto difficile imparare cosa
copra questo concetto di qualità. La Dichiarazione di Bologna non ne
fa parola. Contrariamente alla direttiva europea del 1998 che stipula
: « i criteri di controllo di qualità sono intrinsecamente legati
agli obiettivi assegnati a ciascuna istituzione in relazione ai
bisogni della società e del mercato del lavoro;» non sono altro, nel
linguaggio istituzionale, che i bisogni delle imprese. Haug plaude
senza ritegno alla creazione di un certo numero di agenzie che
collaboreranno con l'industria per la valutazione dei corsi, per
compararli e accreditarli (il chè significa letteralmente, dargli un
credito). Da una parte queste agenzie saranno « uno strumento di
comparazione e di controllo di qualità (benchmarking) ». Dall'altra,
assicureranno una « informazione sul mercato ».5 In chiaro, ciò
significa che grazie al controllo di qualità tutti marceranno nella
stessa direzione, quella dettata dai mercati. A scala internazionale,
organizzazioni come l’OCDE e l'Alleanza Globale per l'Educazione
Transnazionale (GATE), non aspettano che un segno per prendere su di
loro questo compito di accreditamento e di controllo della qualità.
Una sola cosa è chiara : Lo stesso insegnamento superiore perderà il
controllo sui contenuti dell'insegnamento e della ricerca . Do you speak English ?Infine, Bologna si augura anche di introdurre una « dimensione europea » nell'insegnamento superiore. A fianco di una struttura di diplomi uniformi, di organi di qualità europea e di un sistema di crediti, bisogna intenderla attraverso l'uso ridondante della lingua inglese, soprattutto a livello di studi di « Master ». Ciò non è scritto testualmente nella Dichiarazione di Bologna, ma possiamo dedurlo da quello che la CRE ha fatto di questi accordi. Questo si esplica una volta di più grazie alla nascita di un mercato dell'insegnamento superiore. Inoltre, se i corsi commercializzati, i servizi educativi mercificati, volessero conquistare un numero maggiore di clienti, ci sarà l'inglese. E non saranno i dirigenti economici europei ad incaricarsi di questo imperialismo culturale. L’economia impone la marciaRiassumiamo. La Dichiarazione di Bologna s'iscrive chiaramente nella liberalizzazione del mercato dell'istruzione superiore. A causa della riduzione della durata degli studi, il cittadino è costretto a trasformarsi in consumatore sul mercato dell'istruzione per tutto il corso della sua vita , di « comprare » tutti i crediti che potrà accumulare. I sistemi d'istruzione superiore non saranno niente altro che delle imprese in cerca del massimo reddito vendendo sapere e ricerca. La lingua dominante di questo mercato è e sarà l'inglese. Il controllo di qualità farà sì che questo insegnamento sia orientato esclusivamente ai bisogni del mercato del lavoro, ai bisogni dell'industria. La divisione del curriculum e l'introduzione di un controllo di qualità garantiranno infine una gerarchia delle formazioni e dei sistemi d'insegnamento superiore, riflesso della gerarchia del mondo del lavoro. Ruben Ramboer
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