Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

In merito alla Proposta di Legge - "Norme in materia di sicurezza nelle Istituzioni scolastiche" (ANP)

L'emissione del 626 è avvenuta per il seguente motivo: visto che avete avuto più di 40 anni di tempo per mettere tutto a norma secondo quanto previsto dal DPR 547/55 (antinfortunistica) e DPR 303/56,  adesso mettiamo nero su bianco i nomi dei responsabili. Certamente, questo è quello che sostanzialmente il 626 ha fatto. E' qui che casca l'asino! perchè in più di 40 anni, nonostante i dirigenti scolastici fossero datori di lavoro ai sensi dei precitati DPR ed i comuni e le province erano sempre i proprietari degli edifici scolastici, siccome inoltre i nomi non erano chiaramente scritti, nulla o poco è stato fatto, compreso l'organizzazione del lavoro e le norme di esercizio, lasciando che l'insicurezza e l'inigienicità perversasse.

Si premette che il D. Lgs. 626/94  http://www.codacons.it/scuola/pics/v626_06_04sicurlav.pdf e successive modifiche, integrazioni e normative ad esso collegate è il frutto (obbligo) dell'emissione di una serie di direttive CE, puntualmente  recepite dall'Italia, in materia di igiene e sicurezza sul lavoro ed applicabili anche all'istruzione.

L'applicazione delle norme cogenti nei confronti della scuola certamente non possono essere ne disattesi e ne sminuiti. Si veda lettera dello SPESAL dell'ASL BA/4  http://www.codacons.it/scuola/ausl_1.html che nel merito fa una esaustiva disamina.

In fin dei conti, così come prevedeva e prevede il 626, i dirigenti scolastici sono stati identificati datori di lavoro  https://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dm292_96.html e sono state definite le particolari esigenze della scuola   https://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/regl626_94.html  le quali obbligatoriamente devono essere più tutelanti e non depenalizzanti giusta osservazione dello SPESAL dell'ASL ed altre autorevoli e competenti istituzioni in materia. Tra l'atro, tempo fa vi è stato il tentativo da parte dei D.S. di esonerarsi degli obblighi derivanti dal 626 presentando un ricorso  al TAR con lo scopo di far abolire la qualifica di datore di lavoro. In conformità alle direttive della CE, il ricorso è stato rigettato.

A tutti è noto che il 626 è una norma di tipo dinamico (che si adegua ed aggiorna costantemente) e che si divide in adeguamento alle norme delle attrezzature, degli edifici, DPI, ecc. ed attuazione delle norme di esercizio ed organizzazione del lavoro. Quello che principalmente fa sicurezza ed igiene è la cultura della sicurezza e dell'igiene. Altro fatto primario che incide di molto a garantire la sicurezza  è l'ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO. Questo, e l'applicazione delle norme di esercizio è di stretta competenza del D.S. - Noto adagio: il rischio se lo conosci lo eviti.

Proprio per non lasciare vuoti di sicurezza è stato istituito l'art. 31 comma 3 del 626 che recita: il datore di lavoro (D.S.), in attesa dell'esecuzione dei lavori di adeguamento, adotta misure alternative che garantiscano un equivalente livello di sicurezza. Per questa violazione è previsto l'arresto o l'ammenda  che hanno valenza penale.

Ora esaminiamo la bozza:

art. 1 comma 1 lettera b) - i controlli e le responsabilità sono ben definite! sono le stesse che hanno tutti i datori di lavoro pubblici e privati. Per la scuola si veda: http://www.codacons.it/scuola/identificazione.html ;

Art. 1 comma 2  lettera a) - eliminare la parola statica ed inserire certifica di agibilità in quanto questo è quello previsti e prevede anche altre conformità.

art. 1 comma 2 lettere b), c) e d) - dopo la parola sicurezza aggiungere "e la conformità (dichiarazione di conformità Legge 46/90)";

art. 1 comma 2 lettera f) - aggiungere " e del piano delle emergenze di cui al D.I. 10/03/98";

art. 1 comma 2 -aggiungere la lettera h) l'igiene di cui al DPR 303/56 e succ. modifiche, integrazioni e normative ad esso collegate;

art. 1 comma 3 - aggiungere Resta in capo all'istituzione scolastica l'obbligo di verificare l'esistenza della documentazione di cui alle lettere a, b, c, d, ed e.

art. 1 comma - cancellare in quanto, alla luce della premessa,  non è possibile modificare l'applicazione delle norme in quanto sono direttive CE. In meglio e più tutelanti si, in peggio no in quanto, quelle, sono solo requisiti minimi e non si può scendere sotto il minimo.  

Art. 3 comma 1 - non è possibile far gravare tutto solo sull'ICI ma le risorse devono essere prelevate in capo a tutta la popolazione.

art. 3 comma     2 - Questo è già previsto con le procedure di somma urgenza, ovvero: fare il preventivo di spesa, fare la richiesta all'ente competente dando un tempo, fare la diffida in caso non risponda e poi agire per somma urgenza ed inviare la fattura con la motivazione all'ente preposto al pagamento.

art. 4 comma 2- I D.S. possono ( anzi, devono altrimenti ne rispondono) farlo già da adesso. Sele condizioni lo richiedono o le misure alternative /art. 31 comma 3 del 626) non vengono o non possono essere applicate, deve sospendere le lezioni in quanto il diritto alla salute ed incolumità personale è preminente sul diritto/dovere all'istruzione. Meglio un figlio ignorante che un figlio ................-

art. 4 comma 5 e 6  ed art. 5 - Gli RLS sono ben disciplinati dalle norme vigenti e non possono essere certamente diminuiti i loro diritti riconosciuti dalle direttive CE recepite dal 626. Quindi vanno aboliti o modificati anche perchè già sono stati oggetto di accordo ARAN/sindacati. Poi, le segnalazioni che questi possono fare sono gli esposti all'organo di vigilanza ovvero: SPESAL dell'ASL, Ispettorato del lavoro, VV.F. - Piuttosto, bisognerebbe prevedere anche l''elezione di un RLS fra gli studenti maggiorenni o fra i genitori per i minorenni.

art. 7 -questo, alla luce della premessa,  è completamente da eliminare. Le sanzioni, se eliminate (contestabili alla corte di giustizia europea con sanzioni a carico dell'Italia e quindi di tutti i cittadini), porterebbero ad un repentino stato di inapplicazione delle norme vigenti già oggetto di pesante inapplicazione da parte dell'istituzione scolastica.

Si veda:  http://www.codacons.it/scuola/pics/report-nazionale-626_94.pdf  (Monitoraggio applicazione D.Lgs. 626/94 – pag 148, 149 e tab 44 voce istruzione)

Preciso che la maggior parte delle non applicazioni riguardano le norme di esercizio, le misure alternative e l'organizzazione del lavoro e non l'adeguamento alle norme degli edifici scolastici.

Due problemi rientranti nelle norme di esercizio, nell'organizzazione del lavoro e nelle misure alternative sono quelli che allego alla scrivente. allego una disamina sui costi dell'ignoranza, ovviamente nel senso buono ed in materia di igiene e sicurezza. 

Mimmo Didonna
scuola sicura


XV legislatura

CAMERA DEI DEPUTATI

PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE

            “Norme in materia di sicurezza nelle Istituzioni scolastiche”

 

Presentata il

…......
Onorevoli deputati! ……………….

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1

(Finalità, competenze e principi generali)

  1. La presente legge ha le seguenti finalità:

a) accrescere il livello di sicurezza delle Istituzioni scolastiche, con particolare riguardo all’incolumità fisica degli alunni, del personale e di tutti coloro che operano o si trovano all’interno delle aree e dei locali di pertinenza delle Istituzioni scolastiche;

b) definire un sistema di controlli e responsabilità, finalizzato specificamente al miglioramento e alla messa in sicurezza degli edifici scolastici;

c) disciplinare la materia dei risarcimenti provvisionali a favore dei soggetti eventualmente coinvolti in incidenti ed eventi lesivi, avvenuti nelle aree e nei locali di pertinenza delle Istituzioni scolastiche.

  1. Con riferimento all’attività delle Istituzioni scolastiche, assumono valore prioritario, nell’ordine indicato, gli interventi finalizzati a garantire:

a) la sicurezza statica degli edifici e, più in generale, di tutti gli impianti di proprietà degli Enti locali;

b) la sicurezza degli impianti elettrici;

c) la sicurezza degli impianti termici;

d) la sicurezza degli altri impianti e dei materiali di proprietà dell’Istituzione scolastica;

e) la sicurezza degli impianti di proprietà di terzi;

f) la predisposizione delle vie di fuga;

g) la predisposizione del documento di valutazione dei rischi di cui all’art. 4 comma 2 del  Dlgs 19 settembre 1994 n°626

3.      Gli interventi di cui ai punti a), b), c) del comma precedente sono a carico dell’Ente Locale proprietario dei locali; quelli di cui ai punti d), f) e g) sono a carico dell’Istituzione scolastica. Sono a carico dei soggetti terzi eventualmente proprietari di impianti installati nei locali scolastici gli interventi di cui al punto e).

  1. Le norme di cui al Dlgs 19 settembre 1994 n°626 e successive modificazioni ed integrazioni non si applicano alle Istituzioni scolastiche se non per le parti esplicitamente richiamate nella presente legge.

Art. 2

(Interventi nelle Istituzioni scolastiche)

  1. I piani e i programmi di intervento in materia di edilizia scolastica, previsti dalla normativa previgente, vanno aggiornati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Tale aggiornamento deve prevedere la completa messa in sicurezza degli edifici scolastici, per quanto riguarda le priorità individuate all’articolo precedente, entro un termine massimo di tre anni. I nuovi piani devono contenere l’indicazione analitica degli interventi e delle scadenze previste per il loro completamento. Le scadenze di cui al presente comma non sono derogabili né prorogabili.

Art. 3

 (Risorse finanziarie)

1.      Gli enti locali sono autorizzati ad apportare una maggiorazione, non superiore allo 0,2%, all’aliquota ICI vigente nel rispettivo territorio alla data di entrata in vigore della presente legge. Le maggiori entrate derivanti da tale ulteriore gettito devono essere integralmente destinate al finanziamento degli interventi di cui alla presente legge. Una quota pari alla metà di tali ulteriori entrate è trasferita alle Province, per gli interventi di rispettiva competenza.

2.      I dirigenti scolastici sono autorizzati ad utilizzare le risorse finanziarie dell’Istituzione scolastica per gli interventi di cui alle lettere d), f) e g) del precedente art. 1 comma 3.

3.      I dirigenti delle Istituzioni scolastiche – ove non ricevano dall’Amministrazione di riferimento i fondi necessari all’attuazione degli interventi di propria competenza in tempi utili rispetto alle scadenze previste dalla presente legge – sono autorizzati ad accendere mutui con la Cassa depositi e prestiti per una durata massima di quindici anni, con onere di ammortamento a totale carico del bilancio dello Stato. Tale onere è comprensivo della capitalizzazione degli interessi di preammortamento.

Art. 4

(Poteri di intervento straordinario)

  1. In caso di accertata inadempienza degli enti locali, rilevata direttamente o su segnalazione del Dirigente dell’istituzione scolastica, il Prefetto competente per territorio nomina, entro trenta giorni dall’accertamento della violazione, un commissario ad acta per la realizzazione degli interventi di cui all’articolo 2 comma 1 della presente legge. Al commissario ad acta viene trasferita anche la gestione delle risorse accantonate e non spese dall’ente locale competente. In caso di mancato accantonamento o di insufficienza delle risorse, il commissario ha facoltà di accendere, in capo all’ente locale inadempiente, un mutuo di durata quindicennale presso la Cassa Depositi e Prestiti.
  1. Fermo restando quanto disposto al comma 1 del presente articolo, in materia di commissariamento dell’ente locale, il dirigente dell’Istituzione scolastica ha facoltà di sospendere o ridurre le attività che si devono svolgere nei locali della scuola, nei casi in cui non sia possibile rispettare le condizioni prioritarie di sicurezza previste dalla presente legge. In caso di sospensione, il dirigente scolastico interessato non incorre in responsabilità di ordine civile o penale, salvo i casi accertati di dolo o colpa grave.
  1. Nei casi di sospensione dell’attività didattica di cui al comma precedente, l’ente locale competente, entro il termine improrogabile di quindici giorni, ha l’onere di procurare locali alternativi, ove ciò sia necessario per lo svolgimento delle lezioni, con oneri a carico del proprio bilancio.
  1. In caso di accertata inadempienza del Dirigente dell’istituzione scolastica, rispetto agli obblighi della presente legge, entro trenta giorni dall’accertamento della violazione, l’Ufficio scolastico regionale competente per territorio nomina un commissario ad acta, definendone i poteri ed i tempi di intervento.
  2. Le associazioni dei genitori formalmente costituite da almeno tre mesi all’interno di ciascuna  Istituzione scolastica ed il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza di cui al successivo art. 5 hanno facoltà di segnalare eventuali rischi per la sicurezza delle persone o ritardi nell’attuazione del piano di interventi di cui all’art. 2 comma 1 della presente legge.
  3. La segnalazione di cui al comma precedente va inoltrata ai soggetti istituzionali cui, ai sensi del presente articolo, spetta l’adozione delle misure di intervento straordinario. Alla richiesta di intervento è dato obbligatoriamente riscontro – con l’indicazione delle decisioni eventualmente assunte – entro trenta giorni dalla sua presentazione.

Art. 5

(Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza)

  1. Il Rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza viene eletto in ciascuna Istituzione scolastica secondo le modalità di cui all’art. 18 del Dlgs 19 settembre 1994 n. 626. Egli esercita le attività e riveste le prerogative di cui alla presente legge, nonché quelle previste dall’art. 19 del Dlgs citato, limitatamente al comma 1 punti a), b), e), f), i), m), n), o) ed ai commi 3 e 4 dello stesso articolo.

Art. 6

(Risarcimento dei danni)

  1. Ove si verifichino, all’interno dei locali delle Istituzioni scolastiche, eventi lesivi derivanti da ritardata, incompleta o mancata applicazione di quanto previsto dalla vigente normativa, da cui derivino morte o lesioni fisiche con prognosi superiore a trenta giorni, l’Amministrazione del Ministero dell’Interno provvede a liquidare agli aventi diritto, entro due mesi dall’evento, un indennizzo provvisionale fissato nella misura prevista dalla tabella A allegata alla presente legge, salvo il potere di rivalsa nei confronti degli eventuali terzi responsabili che saranno individuati secondo le procedure di legge.
  2. Ove, per qualunque motivo, l’accertamento definitivo delle responsabilità si protragga oltre i tre anni dall’evento che ha provocato la morte o le lesioni di cui al comma precedente, la stessa Amministrazione provvede a corrispondere agli aventi diritto l’ulteriore indennizzo provvisionale indicato nella tabella B allegata alla presente legge, fatto salvo il potere di rivalsa come sopra.
  3. Gli importi dei risarcimenti provvisionali, iscritti nelle tabelle di cui ai commi precedenti, sono annualmente aggiornati secondo l’indice ISTAT

Art. 7

(Sanzioni)

  1. Le sanzioni di cui all’articolo 89 del Dlgs 19 settembre 1994 n°626 e norme collegate non trovano applicazione nell’ambito delle Istituzioni scolastiche.
  2. Ferme restando le eventualità responsabilità di ordine civile o penale previste da altre norme, da accertarsi nelle forme di legge, la mancata attuazione di quanto previsto all’articolo 2 comma 1 della presente legge, è punita con l’arresto sino a due anni o con l’ammenda da diecimila euro a cinquantamila euro.
  3. Eventuali sanzioni pecuniarie irrogate al Dirigente scolastico per la violazione delle norme relative alla sicurezza nei luoghi di lavoro, previste dalla presente legge o da altre disposizioni comunque vigenti ed applicabili, possono essere pagate a carico delle risorse finanziarie dell’Istituzione scolastica, fatta salva la facoltà di successiva rivalsa dell’Amministrazione unicamente per le ipotesi di dolo o colpa grave.

Aule - massimo affollamento consentito

 Il D.M. Istruzione nr. 331 del 24 luglio 1998 (https://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dm331_98.html), integrato dal D.M. nr. 141 del 3 giugno 1999 per gli alunni disabili (https://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dm141_99.html), relativo alla formazione delle classi e determinazione degli organici (di diritto e di fatto), stabilisce che le classi devono essere formate da un massimo di 25 alunni ed un minimo che parte da 10 unità con una eventuale variazione del 10% in più nel massimo. Nel D.M., per la definizione del numero di alunni, non si fa riferimento ad alcuna norma tecnica. Il D.M. in questione è un atto amministrativo il quale, per sua natura, è sicuramente di rango inferiore alle leggi (massima espressione della volontà del popolo Italiano che è sovrano) emesse dal Parlamento dello Stato Italiano  in materia di igiene e sicurezza. Un provvedimento amministrativo non può assolutamente modificare nella sostanza una Legge del Parlamento (L. nr. 23/96 che rende ancora validi gli indici del DM 18/12/75).

     Anche se riferito alle sole scuole superiori, il Ministero dell'Istruzione, non essendo presente in ogni realtà locale (scuole), all'art. 18.5 del D.M. nr. 331/98, ha demandato al dirigente scolastico (che forma le classi) la verifica della presenza di elementi obbiettivi che rendono necessario costituire classi con un numero inferiori di alunni qualora le aule ed i laboratori siano di limitate dimensioni ed altro. Per analogia, la reale grandezza delle aule e la relativa diminuzione del numero di alunni, è applicabile e si deve applicare anche alle scuole materne, elementari e medie. Di fatto nessun dirigente scolastico, compresi quelli delle scuole superiori, tiene in debito conto tali elementi obbiettivi comuni a quasi tutte le scuole con il risultato di avere classi numerose stipate in aule anguste non conformi agli indici minimi di seguito esplicitati.  

Invero, anche se non citata dal predetto D.M. nr. 331/98, la norma tecnica che prevede l'indice dei 25 alunni per le scuole di ogni ordine e grado e 30 alunni per le materne, è il D.M. 18/12/1975 - indici minimi di edilizia scolastica, di urbanistica e di funzionalità didattica (https://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dm181275.html) e rispettivamente la tabella 3/B per tutte le scuole e la tabella 3/A per la scuola materna. Questa norma, i cui indici sono ancora in vigore in maniera transitoria ad opera dell'art. 5 comma 3 della Legge nr. 23/96 (https://www.edscuola.it/archivio/norme/leggi/l023_96.html) in quanto le nuove norme tecniche di edilizia scolastica di cui all'art. 5 comma 2 L. nr: 23/96 non sono state ancora emesse, oltre a prevedere l'indice massimo di 25 alunni per classe (30 per le materne), di indici ne prevede ben altri, ivi compreso quello di 1,80 mq netti per alunno per le materne, le elementari e le medie (tabelle 5, 6 e 7) e quello di 1,96 mq netti per alunno per le superiori (tabelle 8, 9, 10, 11 e 12).

Per l'approfondimento degli altri indici minimi previsti, si consulti la tabella riassuntiva al link: (http://www.codacons.it/scuola/indiciediliziascol.html). 

Vi è poi il D.M. Interno 26/08/92 - Norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica (https://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dmi26892.html) che fissa l'indice di 26 persone/aula quale indice di massimo affollamento ipotizzabile. Inoltre, la circolare Ministero Dell'Interno nr. 4 del 1/3/2002 (https://www.edscuola.it/archivio/norme/circolari/cmi004_02.html), fissa le linee guida (norme di esercizio) per la sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone disabili.

I contenuti di queste normative si dividono in norme di adeguamento all'igiene e sicurezza degli edifici scolastici pubblici e privati, i cui lavori (solo) hanno beneficiato della proroga fino al 31/12/2004 ad opera  della Legge nr. 649/96 art. 1/bis (https://www.edscuola.it/archivio/norme/leggi/l649_96.html), Legge nr. 340/97 (https://www.edscuola.it/archivio/norme/leggi/l340_97.html) e Legge nr. 265/99 art. 15 ( https://www.edscuola.it/archivio/norme/leggi/l265_99.html), e in norme di esercizio la cui applicazione è sempre stata obbligatoria ed applicabile e che non hanno mai beneficiato di alcuna proroga.

     Giova precisare che il dirigente scolastico, ad opera del D.M. Istruzione 21/06/1996 nr. 292 (https://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dm292_96.html) è stato identificato datore di lavoro ai sensi del D. Lgs. 626/94 (http://www.codacons.it/scuola/626-vers2003.doc)  e, quindi, responsabile dell'attività e destinatario di tutti gli obblighi ivi previsti compreso quello di applicare i principi dell'igiene e sicurezza di cui al predetto D. Lgs. 626/94 anche agli utenti/alunni giusta previsione dell'art. 1 del D.M. Istruzione 29/09/1998 nr. 382  (https://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/regl626_94.html) recante norme per l'individuazione delle particolari esigenze delle scuole ai fini dell'igiene e sicurezza. Altresì, il Dirigente Scolastico (e non gli EE.LL. che sono solo i proprietari degli edifici), in base alla parte terza della carta dei servizi scolastici (https://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dpcm7695.html), deve garantire in ogni modo all'utenza/alunni un ambiente confortevole, igienico e sicuro secondo i principi di qualità stabiliti per i servizi pubblici qual'è l'istruzione.

L'indice minimo di 1,80 o 1,96 mq netti per alunno per 3 metri di altezza riferito alle aule, oltre ad essere conforme sia al previsto indice minimo di 2 mq che ogni lavoratore deve avere (art. 6 del DPR nr. 303/56 così come modificato dall'art. 16, comma 4 del D.Lgs. 242/96 -https://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dlvo626_94.html) e sia alle norme di edilizia ai fini dell'abitabilità e/o agibilità degli edifici, è la condizione minima di cubatura necessaria per garantire l'igiene, evitare la trasmissione delle malattie infettive (virus e batteri) e dei parassiti (Pediculosi), oltre che stabilire l''affollamento massimo ipotizzabile ai fini della efficace gestione delle emergenze e della evacuazione dell'edificio in modo sicuro così come prevedono le vigenti normative ivi compreso il documento nr. 4 - linee guida per la prevenzione incendi, evacuazione e pronto soccorso (http://www.ispesl.it/linee_guida/generali/linee_su_626/doc4.htm).

Le linee guida di applicazione del 626 - documento nr. 16 relativo al rischio biologico - virus, batteri e parassiti - (http://www.ispesl.it/linee_guida/generali/linee_su_626/doc16.htm), esclude le comunità come le scuole, le caserme, ecc., ecc., che non fanno uso deliberato di agenti biologici di cui all'allegato XI del D.Lgs. 626/94, dall'applicazione delle particolari e relative procedure di prevenzione biologica, purché vengano applicate le misure generali di igiene e venga effettuata la profilassi specifica. E' pacifico affermare che nella formazione delle classi destinate a determinate aule la cui grandezza è ben conosciuta, il mancato rispetto dei predetti indici minimi di 1,80 e 1,96 mq netti per alunno, è palese inosservanza delle norme di esercizio, inosservanza delle norme generali di igiene  oltre che di quelle relative alla sicurezza correlata al massimo affollamento consentito ai fini della efficace gestione delle emergenze e delle eventuali sicure evacuazioni in caso di emergenza.

Il dirigente scolastico, in qualità di datore di lavoro/responsabile dell'attività, in attesa dell'esecuzione dei lavori di adeguamento i quali sono stati prorogati fino al 31/12/2004 (di competenza degli EE.LL.), dopo aver ottemperato a quanto previsto dal comma 12 dell'art. 4 del D. Lgs. 626/94 (richiesta all'ente obbligato dei lavori di adeguamento degli edifici, attrezzature, impianti, ecc., ecc,) nel tempo massimo previsto del 31/12/2000, aveva  ed ha l'obbligo di adottare le misure alternative che garantiscano un equivalente livello di sicurezza così come previsto dall'art. 31 comma 3 del D.Lgs. 626/94. La violazione del predetto comma 3 dell'art. 31, prevede la sanzione penale da 3 a 6 mesi di arresto o una salata multa. 

Nel caso di aule piccole, in attesa dell'esecuzione dei lavori di adeguamento da parte degli EE.LL. (allargare le aule in modo tale che i 25 alunni abbiano a disposizione i predetti 1,80 e 1,96 mq netti a testa), l'unica misura alternativa che garantisce un equivalente livello di sicurezza, è sicuramente quella di ridurre proporzionalmente il numero degli alunni della classe in base alla effettiva grandezza dell'aula nella quale sono destinati a stare per ben 10 mesi l'anno e per un minimo di 6 ore al giorno.

Esempio: in un'aula di soli 18 mq netti (spazi occupati dalla cattedra, dagli armadi, dalle librerie, ecc. esclusi) si potrà mettere una classe di scuola materna, elementare e media composta di 10 alunni più l'insegnate. Se vi è la necessità del sostegno per alunni disabili (H), si dovrà ridurre il predetto numero di 10 alunni a beneficio dell'insegnante di sostegno o di altra persona comunque presente in aula. Lo stesso discorso vale per tutti gli altri locali della scuola per i quali sono previsti analoghi  indici minimi.

E' sicuramente superfluo precisare che il non rispetto degli indici minimi previsti fa automaticamente decadere la validità del certificato di agibilità e del certificato prevenzione incendi (l’obbligo di richiesta e di aggiornamento in caso di variazione di destinazione d’uso di ogni singolo locale attualmente è in capo al dirigente scolastico – si veda circolare VV.F. http://www.codacons.it/scuola/pics/CPI-rich-D.S.jpg e parere Avvocatura dello Stato di Bologna http://www.codacons.it/scuola/avvocatura.doc -) i quali certificati, qualora esistessero (il 70% degli edifici scolastici ne sono sprovvisti –si veda http://obiettivosicurezza.vigilfuoco.it/pdf/009_10-2003/servizi_sicurezza_e_prevenzione_incendi_nella_scuola.pdf ), sono stati rilasciati sulla base della effettiva planimetria e relative dimensioni delle aule e della scuola tutta e la responsabilità del non rispetto degli indici minimi previsti dalle norme ricade solo sul responsabile dell'attività (dirigente scolastico), quale formatore delle classi e sugli organi collegiali della scuola interessata, tranne nel caso che si sia stati esplicitamente autorizzati dal superiore gerarchico fermo restando le competenze legate all'autonomia scolastica. In caso di una emergenza che vede coinvolta la salute degli alunni e dei lavoratori, stante la situazione attuale, anche in considerazione della oramai prossima scadenza della proroga dell'effettuazione dei lavori di adeguamento, sarà difficile per i responsabili (vedasi disamina sulla identificazione dei responsabili ( http://www.codacons.it/scuola/identificazione.html) dimostrare l'avvenuta applicazione delle predette misure alternative che garantiscono un equivalente livello di sicurezza.

Il docente/precettore, per legge corrispondente alla figura di preposto in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, è responsabile degli alunni e degli atti da essi commessi ai sensi dell'art. 2048 del codice civile - Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori (istruzione) e dei maestri d'arte (apprendistato) - che recita: ".........................................Omissis..........................- I precettori (insegnanti) e coloro che insegnano un mestiere o un'arte sono responsabili del danno (art. 2056 C.C.) cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza (omessa vigilanza). Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto".  

Pertanto, anche sotto l''aspetto del rapporto di lavoro nel pubblico impiego, l'insegnante ha l'obbligo giuridico di  segnalare ufficialmente e dettagliatamente al superiore gerarchico le anomalie ed i rischi presenti sul proprio posto di lavoro (aula). Solo se ha adempiuto a tale incombenza si può ritenere completamente esente da qualsivoglia responsabilità di tipo disciplinare, amministrativa, civile e penale. Le inadeguatezze e l'erroneo rapporto fra numero di alunni e gli indici minimi previsti, sicuramente vengono ad evidenziasi durante l'effettuazione delle prove di evacuazione, alle quali obbligatoriamente devono partecipare gli insegnanti di classe in qualità di responsabili e, che, nelle scuole, devono esserne effettuate almeno due durante ogni anno scolastico e la prima da effettuarsi ad inizio anno scolastico al fine di addestrare i neo iscritti. 

Le aule sovraffollate, oltre ad essere inigieniche ed insicure, causano negli alunni/utenti  anche uno scarso rendimento scolastico andando ad inficiare sulla qualità del servizio offerto nel POF (Piano dell'offerta formativa) di ogni scuola. Si veda apposita disamina di Nico Hirtt (https://www.edscuola.it/archivio/famiglie/star.html). 

Oltremodo, la non corretta formazioni delle classi, oltre a creare ingiustificati problemi di sicurezza, incide sulla determinazione degli organici causando una forte ed ingiustificata contrazione del numero complessivo dei docenti  senza che i Provveditorati ed i capi d'istituto abbiano provveduto ad effettuare le corrette comunicazioni sindacali di cui all'art. 46 del predetto D.M. Istruzione nr. 331/98. Essendo materia sindacale, perché gli RSU e gli RLS scuola non intervengono  sull'argomento ?   

Mimmo DIDONNA
Codacons


IL COSTO DELL’IGNORANZA NELLA SOCIETA’ DELL’INFORMAZIONE
COMUNICATO STAMPA
PRESENTATO IL PRIMO RAPPORTO SUL COSTO DELL’IGNORANZA NELLA SOCIETA’
DELL’INFORMAZIONE
15,6 miliardi di Euro persi ogni anno in Italia per la scarsa formazione
informatica della forza lavoro. Il nostro Paese è indietro in Europa. La Patente
del Computer ECDL limita i danni (circa 2 miliardi risparmiati).
Roma, 13 marzo 2003 – E’ stato stimato in 15,6 miliardi di Euro il danno che
l’Italia subisce ogni anno per la scarsa preparazione della forza lavoro
all’impiego delle tecnologie dell’informatica e delle telecomunicazioni (ICT). A
questa cifra si dovrebbero aggiungere altri 2 miliardi se non fossero decollate
iniziative non-profit di alfabetizzazione informatica come quelle per il
conseguimento della certificazione ECDL (nota come Patente del Computer). Sono i
dati salienti emersi dalla presentazione della prima indagine in Italia su “Il
Costo dell’Ignoranza nella Società dell’Informazione”, svolta da AICA –
Associazione Italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico – in
collaborazione con SDA-Bocconi e che si è tenuta oggi all’Università Luiss di
Roma. Il convegno, patrocinato dalla Commissione Europea e dal Ministro per
l’Innovazione Tecnologica ha consentito di quantificare un costo nascosto
rilevante - pari a una robusta manovra di bilancio pubblico - che il nostro
sistema-paese dovrà riuscire ad abbattere se vorrà stare al passo con l’Europa.
Forte impatto economico
Lo studio AICA-SDA Bocconi ha preso spunto dalle analisi dell’Istituto nazionale
di statistica della Norvegia che ha quantificato il tempo medio perso ogni
settimana da un utente di PC non specialista in 171 minuti: 38 per aiutare i
colleghi in difficoltà con il PC, 22 per problemi di stampa, altrettanti in
attesa di aiuto, 14 in manovre errate d’accesso ai Data Base, 13 per tentativi
impropri di accesso a Internet, 12 e 11 per problemi legati rispettivamente
all’uso maldestro dell’e-mail e dei programmi di elaborazione testi e 6 per
problemi legati ai virus informatici.
E’ rapportando i 171 minuti persi ogni settimana al tempo contrattuale, e al
costo medio del lavoro degli utenti generici di informatica in Italia, che si
ottiene il valore di 15,6 miliardi di Euro indicato sopra.
L’ignoranza informatica costa …
A ben vedere, infatti, in Italia ci sono circa 6,7 milioni di lavoratori
classificabili come utilizzatori generici di strumenti di informatica - quelli
che li usano in modo non intensivo, mentre gli specialisti sono poco più di 2,5
milioni - che perdono 171 minuti la settimana per un totale complessivo di
giornate di lavoro perse ogni anno pari a 114.570.000. Quest’ultimo dato, al
costo medio di 136 Euro al giorno, porta appunto ai 15,6 miliardi di Euro
dichiarati come costo dell’incompetenza informatica.
… nella grande come nella piccola impresa
Una stima del “costo dell’ignoranza” per dimensione d’azienda evidenzia, poi,
che un’azienda con 10 utenti sostiene annualmente un costo di 23.310 euro, cifra
che sale a 116.550 euro in aziende con 50 utenti, a 233.100 euro nelle aziende
con 100 utenti, a 1.165.500 euro ove gli utenti sono 500.
La chiave è la formazione
Per ridurre gli oneri dell’ignoranza ICT è assolutamente necessario il
coinvolgimento delle istituzioni e delle imprese. Certo, le imprese devono anche
organizzarsi meglio e aggiornare in continuo le dotazioni informatiche, ma lo
studio ha confermato che è la formazione la vera leva per aumentare l’autonomia
e la produttività degli utenti di sistemi informatici. Nonostante questa
evidenza – rimarca lo studio – l’informatica non è però, se non in casi
particolari, disciplina curricolare nella scuola secondaria superiore in Italia.
E come se non bastasse, anche nelle imprese risulta che in Italia l’incidenza
degli addetti che ha ricevuto almeno un minimo di formazione in materia non
supera il 18 per cento, contro il 28% per cento medio dei paesi europei, il
55,6% della Danimarca, il 49,2% della Finlandia e il 46,1% della Svezia.
L’Italia è così al terzultimo posto nella graduatoria dei 15 paesi europei per
incidenza della formazione di base informatica sulla forza lavoro.
L’ultimo dato evidenzia un grave ritardo del nostro Paese, che sembra sordo agli
appelli lanciati dall’Unione Europea. Quest’ultima, definendo e avviando i piani
di azione e-Europe 2002 e e-Europe 2005, ha più volte ribadito che gli obiettivi
di sviluppo quantitativo e qualitativo dell’occupazione si possono conseguire
solo allineando le capacità della forza lavoro al nuovo contesto tecnologico.
Unica parziale schiarita, sempre nel nostro Paese, è stata la pubblicazione
delle Linee guide del Governo per lo sviluppo della Società dell’Informazione
del Ministro per l’Innovazione Tecnologica, nel quale si specifica l’importanza
del riconoscimento oggettivo delle competenze, attraverso opportuni programmi di
certificazione.
La patente ECDL limita i danni…
A quest’ultimo riguardo una notazione particolare merita la patente del computer
o patente ECDL (European Computing Driving Licence), standard europeo di
riferimento per la certificazione delle competenze di base nell’uso del
computer. Nell’avaro panorama italiano della formazione informatica, la patente
ECDL sta facendo eccezione. Essa sta infatti raggiungendo un significativo
livello di diffusione (171.500 diplomati, 2.700 test center abilitati e 450.000
skill card - i libretti d’esame), e il risultato è oggi che l’Italia, su questo
fronte, è seconda solo alla Gran Bretagna. Proprio questa dinamica ha consentito
– secondo lo studio AICA-SDA Bocconi – di contenere i danni dell’incompetenza
informatica di circa 2.000 milioni di Euro.
…con buona soddisfazione degli utenti
Le stesse imprese italiane – che nel 71% dei casi risultano spendere appena lo
0,05% del fatturato in formazione – indicano di avere avuto benefici dal
conseguimento dell'ECDL. Il 97% delle aziende manifatturiere ha indicato di
avere riscontrato tangibili miglioramenti nella capacità d’uso degli strumenti
informatici, anche se poi parte di esse (63%) lamentano la conseguente richiesta
di aggiornamenti tecnologici o (45% dei casi) un aumento dell’uso del PC per
fini personali. La conferma circa il recupero di produttività sul lavoro arriva
poi direttamente anche dagli utenti, che nel 62% dei casi ha riscontrato di
avere migliorato la qualità del lavoro svolto dopo il diploma. Importante è poi
sottolineare la motivazione prevalentemente individuale (83% degli utenti)
all’ottenimento dell’ECDL. Tale fattore è più che evidente anche presso la
popolazione disoccupata (18% del totale diplomati) che nel 90% dei casi ha
conseguito l’ECDL pagando personalmente i corsi di qualificazione. Il dato
conferma quindi la scarsa attenzione delle imprese – particolarmente di quelle
di piccole dimensioni – al processo formativo, spingendo la maggior parte degli
utenti ad acquisire conoscenze informatiche mediante iniziative personali.
Per ulteriori informazioni:
MM Comunicazione - Giordano De Giuli -tel+39 02.290.607.61-
mmcomunicazione@mmcomunicazione.191.it
AICA – Fulvia Sala - tel. +39 02-784.970
*****
Lo studio “Il costo dell'ignoranza nella società dell'informazione” è nato sulla
base di un progetto concepito da AICA e SDA Bocconi. Esso è stato curato da Pier
Franco Camussone, professore di Sistemi Informativi presso l’Università di
Trento e Direttore dell’Area Sistemi Informativi della SDA Bocconi, e da Fulvia
Sala di AICA. Tra gli altri curatori dello studio sono Andrea Ganzaroli e Paola
Bielli.


Pediculosi, virus e batteri: tutti li subiscono ma tutti ne parlano " dopo " ed a " bassa voce” ! falso problema o solo vergogna?

 

Voglio sottoporre alla Vostra attenzione un problema che investe tutte le scuole, gli alunni, gli insegnanti, il personale ATA e le famiglie ma nulla viene fatto per  eliminarlo, anzi, a causa di una ingiustificata vergogna, tutti stanno zitti, compreso chi per legge ha l’obbligo di eliminare il rischio.

Parlo della pediculosi che passa di testa in testa e le malattie contagiose causate da virus e batteri.

L'elenco dei parassiti, di cui fanno parte anche i simpatici animaletti, unitamente all'elenco dei batteri e dei virus, del quale ne fanno parte anche l'herpes labiale, la varicella, il morbillo, l'influenza, la rosolia, la pericolosa  meningite e tutte le altre malattie contagiose, sono inseriti nell'allegato XI della 626 ( http://www.codacons.it/scuola/626-vers2003.doc ) con gruppo 2 ovvero che è stato accertato la possibilità di contagio  fra persone anche nelle comunità.

Questo si chiama rischio biologico che ogni datore di lavoro (compresi il Dirigente Scolastico) è  obbligato a valutare e ad eliminare.

Succede però che quasi nessuna scuola ha valutato tale rischio, quindi non ha nominato il medico competente, il quale non ha potuto dare le istruzioni del caso che, accoppiato alla oramai conosciuta assenza del medico scolastico ed all’eventuale e/o tardivo arrivo della comunicazione del medico di base (pediatra), ha creato questa pericolosa situazione:

1)      bambini febbricitanti con sintomi influenzali che vengono "depositati" a scuola e genitori che di fatto non sono reperibili ed insegnanti che non sanno che fare e che quindi, tenendo gli alunni in aula, contagiano così tutti gli altri;

2)      bambini con herpes labiale ed altre malattie contagiose (sempre depositati con familiari non reperibili) che starnutiscono e  diffondono nell'ambiente (aule sottodimensionate) goccioline di saliva che contagiano tutti;

3)      Bambini (sempre depositati con familiari non reperibili) con impercettibili (ovviamente per gli insegnanti che non hanno un riferimento medico) sintomi ed evidenza di altre malattie (varicella, ecc.) che contagiano tutti gli altri.

4)      Bambini con animaletti in testa che vengono mandati a scuola a contagiare gli altri e bisogna stare zitti e non si possono mandare a casa per questi motivi  altrimenti, come erroneamente si pensa, si viola la privacy in quanto il medico scolastico nelle scuole di fatto non è presente;

5)      bambini colpiti da meningite ma siccome manca il medico competente e le procedure non sono state precedentemente pianificate, la tardiva comunicazione delle volte fa altri contagi.

     Nell’inverno 2002-2003, in una grande città (Bari), a seguito della nota epidemia d'influenza che ha colpito tutta l'Italia, l'ospedale dei bambini è andato in tilt per il numero elevato di ricoveri.

     Il primario del reparto infettivi, unitamente agli altri primari, sul quotidiano in zona maggiormente letto, ha lanciato un appello: “Per l'amor di Dio, chiudete le scuole per un paio di settimane e l'epidemia si esaurisce”. Non commento le risposte date dai D.S. e dal Sindaco. Fatto sta che  le scuole non sono state chiuse, con il risultato che tutti i bambini sono obbligatoriamente passati dall'influenza e relative conseguenze e complicanze, un congruo numero dall'ospedale e le aule sono state semi deserte per molto più tempo che le due settimane preventivate dai medici qualora li avessero ascoltati. Se le valutazioni di rischio biologico ci fossero state, sarebbero in uso dei protocolli sanitari con formazione ed istruzioni operative idonee per limitare i contagi.

     A conferma di quanto sopra citato, il quale è valido per tutte le Regioni d’Italia, si veda il Bollettino OER della Regione Puglia (stralcio allegato alla presente), emesso dall’Osservatorio Epidemiologico http://www.epicentro.iss.it/territorio/puglia-oer.htm , che correla l’aumento delle malattie contagiose  con l’apertura delle scuole. Questo significa che le norme d’igiene e la profilassi specifica nelle scuole non viene applicata il tutto in completo disaccordo con quanto previsto dalle linee guida D.Lgs. 626/94 emesse dagli Assessorati alla Sanità delle Regioni. Solo se vengono applicate le norme d’igiene e la profilassi specifica si possono disattendere le particolari prescrizioni sancite dal 626 in materia di rischio biologico relativo alle attività nelle quali non vi è il deliberato uso degli agenti biologici (batteri, virus e parassiti) ma vi è rischio di contagio come ad esempio nelle comunità.

     Le aule sotto dimensionate, l’inesistenza di un protocollo sanitario idoneo per attuare l’igiene e la profilassi specifica per ogni malattia contagiosa ipotizzabile in una comunità come la scuola e la mancata applicazione delle squadre di primo soccorso di cui all’art. 15 del D.Lgs. 626/94  http://www.codacons.it/scuola/626-vers2003.doc   (relativo D.M. Salute 15/07/03 nr. 388), rendono le situazioni dell’igiene, della salute e della sicurezza veramente precarie.

     Eppure, in base alla parte terza della carta dei servizi scolastici https://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dpcm7695.html , il dirigente scolastico deve garantire un ambiente di studio confortevole, igienico e sicuro.

     Anche la Commissione della Comunità Europea, con la raccomandazione del 19 settembre 2003 che si allega, ha ribadito la necessità di fare prevenzione per le malattie infettive e parassitarie. Sia le norme di cui al D.Lgs. 626/94 e sia le predette raccomandazioni si applicano ai lavoratori ed assimilati. Gli alunni sono assimilati ai lavoratori e sono sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica.

 

 

Disamina di tipo tecnico-giuridico:

Il Dirigente Scolastico quale datore di lavoro, in base al titolo VIII del D. Lgs. 626/94 (art. 73 e successivi) http://www.codacons.it/scuola/626-vers2003.doc , oltre alla valutazione degli altri rischi presenti (incendio, antinfortunistica, emergenze, sicurezza edifici scolastici, attrezzature, strumenti, ecc.), è  obbligato (art. 78) a valutare il rischio biologico a prescindere dal fatto che si manipolano o  no gli  agenti biologici (comma 4). Solo per determinate attività  (artt. 81, 82 e 83) e/o agenti (gruppi 3 e/o 4) vi sono dettagliate disposizioni aggiuntive.

Invero, il documento nr. 16 delle linee guida emesse dagli Assessorati alla Sanità delle Regioni http://www.ispesl.it/linee_guida/generali/linee_su_626/doc16.htm , esclude le scuole dalla valutazione del rischio biologico basando tale orientamento solo sul fatto che la presupposta applicazione delle norme di igiene e profilassi specifica  è sufficiente per  escludere il rischio di contagio nelle comunità. Purtroppo, nella realtà, queste norme di igiene e profilassi specifica spesso vengono disattese anche involontariamente in quanto la medicina scolastica nel tempo è andata in “disuso” (vedasi anche Legge Regione Lombardia 4 agosto 2003 nr. 12 http://www.comitatigenitori.it/certificato/index.htm ). I fatti, però, indicano che nelle scuole il rischio biologico è altissimo e deriva dal fatto che gli edifici scolastici, oltre ad essere fatiscenti e quindi inigienici, hanno aule anguste e sottodimensionate tanto da non garantire dall’ 1,80 ai 2,00 mq quadri netti di superficie per alunno e 3 metri di altezza quale indice minimo previsto dalla normativa attualmente ancora in vigore. (cfr. tabella riassuntiva  http://www.codacons.it/scuola/indiciediliziascol.html). Il sovraffollamento in aule che non rispettano gli indici minimi di edilizia è sicuramente condizione di massima infezione fra un individuo e l’altro. Per poter formare classi di 25 alunni più l’insegnante è necessario avere aule che siano di 50 metri quadri circa più la superficie occupata da armadi e mobilio similare escluso i banchi.. 
    
La nomina del medico competente (sorveglianza sanitaria) è obbligatoria per gli agenti biologici.

La valutazione del rischio biologico e relativa eliminazione è un obbligo in capo al datore di lavoro  (a scuola è il Dirigente Scolastico https://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dm292_96.html) la quale va  realizzata con  l'ausilio del medico competente  (per i titoli del medico competente si veda l'articolo 2 comma 1 lettera d del 626/94 - il combinato disposto dell' art. 4 comma 4 lettera C, dell'art. 16 commi 1 e 2, dell'art. 17 e dell'art. 86 (D.Lgs. 626/94), se letti in successione guidano mano mano il tutto).

     L'elenco non esaustivo degli agenti biologici (batteri, virus e parassiti) patogeni da prendere in considerazione per la valutazione è riprodotto nell'allegato XI della 626 http://www.codacons.it/scuola/626-vers2003.doc  (quello della SARS non è ancora inserito ma non per questo non va preso in considerazione – si veda nota ISPESL).

     Gli agenti biologici patogeni normalmente presenti nelle comunità scolastiche (varicella, morbillo, influenza, meningite da Neisseiria Meningitidis ed altri batteri, herpes, parassiti, ecc.), elencati nel predetto allegato XI e dei quali si conosce molto bene l'eziologia, la trasmissione ad altra persona avviene per  contatto con la persona malata, per via aerea con le  goccioline di saliva emesse durante gli starnuti, le lacrime, contatto con i bambini affetti da pediculosi,  con i fazzolettini poggiati sul banco e presi erroneamente da altri  bambini, ecc. Allora perché per il lavoratore non della scuola, in presenza di casi sospetti, deve essere fatta la valutazione del rischio biologico (come per esempio per la SARS) anche se non vi è l’uso deliberato e non maneggia i virus, batteri e parassiti ma vi è solo contatto (non stretto) con le persone potenzialmente infette?  con tutti gli annessi e connessi e nelle scuole NO? eppure, nella scuola, è più di  un sospetto, direi quasi certezza di una situazione di alto contagio in quanto comunità che svolge la sua attività a stretto contatto l’uno con l’altro.

     Per la SARS, la cui trasmissione è più o meno identica a tutti gli altri batteri e virus normalmente presenti nelle comunità scolastiche si vedano le indicazioni dell'ISPESL sotto riportate.

     Queste indicazioni/prescrizioni, ovviamente, sono sovradimensionate in quanto il virus della SARS e la sua eziologia non è ancora ben conosciuta. E’ ovvio anche che i DPI (dispositivi di protezione individuale) e le relative procedure non sono da adottare tali e quali nelle scuole ma che  la valutazione del rischio con gli accorgimenti (dispositivi collettivi) per sensibilmente ridurlo, sono obbligatori.

      Vorrei attirare l'attenzione sul fatto che nelle aule spesso molto sotto dimensionate rispetto ai previsti 50 mq circa, il rischio di contagio, ovviamente e come si è già detto, risulta più alto proprio in considerazione del sovraffollamento che si somma a quello relativo al rischio incendio ed altri rischi legati al sovraffollamento.

     Allora, quale misura d’igiene e profilassi specifica, perché non si costituiscono classi con numero di alunni proporzionato alla effettiva grandezza dell'aula? In questo modo, anche se indirettamente, ne beneficerebbe anche la qualità dell’istruzione, la didattica, la condotta ed il comportamento sociale degli alunni (aforisma: i polli quando sono nella gabbia stretta, “si beccano”). Per quanto riguarda i benefici sotto l’aspetto della didattica si veda: 

“La preuve par STAR”
La grandezza delle classi è determinante per la riuscita degli alunni

di Nico Hirtt
(traduzione di Paola Capozzi)

in:  https://www.edscuola.it/archivio/famiglie/star.html

     Oltre alla obbligatorietà sancita dalle norme emesse in materia di igiene e sicurezza sul lavoro (che si applicano anche alle scuole), a mio avviso è necessario che, anche consorziandosi, tutte le scuole Italiane nominano il previsto medico competente sia per il rischio biologico da malattie infettive (compreso il rischio dei laboratori di biologia e microbiologia nei quali vi è l’uso deliberato degli agenti biologici), rischio sollevamento pesi (solo asili nido e materne), rischio videoterminali (personal computer delle segreterie e dei laboratori multimediali), rischio chimico (laboratori chimici scuole superiori), rischio fisico (macchine, attrezzi e strumenti dei laboratori fisici, elettrici e meccanici).

 Documento datato 21 febbraio 2004

 

Firmato

Mimmo DIDONNA

Area tematica “scuola sicura” del Codacons

 

Valutazione del rischio biologico realizzato per la SARS


(Fonte: Istituto Superiore per la Prevenzione e Sicurezza del Lavoro)
http://www.salute.gov.it/dettaglio/pdPrimoPiano.jsp?id=147&sub=4&lang=it

Norme di protezione dei lavoratori esposti
----------------------------------------------------------------------------
La SARS così come definita dall'OMS è ".una malattia la cui eziologia non è ancora nota e la cui trasmissione avviene essenzialmente per via aerea a seguito di stretto contatto (diretto) con la persona malata.

Allo stato attuale non c'è evidenza che l'infezione possa essere trasmessa attraverso contatti casuali tra la popolazione."
A seguito delle numerose richieste inoltrate dal Ministero della Salute -Ufficio Malattie Infettive- e da altri Organismi, l'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL) si è attivato per verificare che tipo di interventi si debbano adottare per la tutela della salute dei lavoratori.
Trattandosi di rischio biologico, la normativa di riferimento è rappresentata dal DLgs 626/94, Titolo VIII, e successive modifiche ed integrazioni, in base al quale è necessario, a seguito del procedimento di valutazione del rischio, intraprendere, nel caso di rischio di esposizione, gli interventi di tutela previsti, quali le misure di riduzione e abbattimento del rischio, l'informazione e la formazione, nonchè la sorveglianza sanitaria.
Nel caso specifico della SARS, in generale, in assenza di casi sospetti si configura un' assenza di potenziale esposizione (e quindi anche di rischio di esposizione) e pertanto i lavoratori sono equiparabili al resto della popolazione. Per essi valgono quindi le misure generali di salvaguardia che l'OMS ed il Ministero della Salute hanno indicato e indicheranno al riguardo.
Si ritiene che, allo stato attuale, in presenza di caso sospetto, ossia:

a.. una persona, che dopo il 1° novembre 2002, presenti una storia di febbre alta > 38° C, tosse o difficoltà respiratorie e una o più delle seguenti condizioni: contatto ravvicinato, nei dieci giorni precedenti l'inizio dei sintomi, con un caso sospetto o probabile di SARS - storia di viaggio, nei dieci giorni precedenti l'inizio dei sintomi in aree affette;

b.. una persona con una malattia respiratoria acuta non spiegata , con conseguente decesso, dopo il 1° novembre 2002 ed in cui non sia stata eseguita autopsia. (Fonte Ministero della Salute), nell'ambito dei passeggeri di un aeromobile, i lavoratori potenzialmente esposti siano soltanto il personale in servizio sugli aeromobili ed il personale sanitario che presta i primi controlli.
Si ritiene quindi che il suddetto personale debba avere a disposizione per lo svolgimento della propria attività lavorativa i seguenti dispositivi di protezione individuale (DPI ):
a.. facciali filtranti FFP3 che rispetto a quelli indicati dall'OMS (tipo N95, con efficienza di filtrazione del 95%) offrono maggiore protezione al lavoratore in quanto presentano un'efficienza filtrante del 98%.

b.. guanti monouso,classificati come dispositivi di protezione individuale in terza categoria, con certificazione di conformità alla EN 374.

c.. camici monouso, classificati come DPI, con certificazione tipo CE per la protezione da agenti biologici.
Per quanto riguarda il personale che lavora nell'ambito aeroportuale, l'ISPESL ritiene che soltanto gli operatori, che per motivi di servizio debbano accedere all'interno degli aeromobili in cui si sia configurato un caso sospetto, debbano indossare i seguenti DPI :
a.. facciali filtranti FFP3 che rispetto al quelli indicati dall'OMS (tipo N95 con efficienza di filtrazione del 95%) offrono maggiore protezione al lavoratore in quanto presentano un'efficienza filtrante del 98%.

b.. guanti monouso,classificati come dispositivi di protezione individuale in terza categoria, con certificazione di conformità alla EN 374.
Inoltre questo Istituto ritiene che se per proprie competenze istituzionali il personale delle forze dell'ordine o delle dogane debba entrare in contatto con il caso sospetto, questi operatori dovranno anch'essi indossare:
a.. facciali filtranti FFP3 che rispetto al quelli indicati dall'OMS (tipo N95 con efficienza di filtrazione del 95%) offrono maggiore protezione al lavoratore in quanto presentano un'efficienza filtrante del 98%.

b.. guanti monouso,classificati come dispositivi di protezione individuale in terza categoria, con certificazione di conformità alla EN 374.
Infine l' ISPESL ritiene che in presenza di caso sospetto gli operatori della sanità aerea debbano accedere immediatamente all'interno dell' aeromobile al fine di procedere al controllo del passeggero ed ai successivi adempimenti già previsti dal Ministero della Salute.


La pagina
- Educazione&Scuola©