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CONVEGNO REGIONALE DI PROPOSTA ROVIGO FIERE - GEN.SER. - Viale porta Adige, 45 - R
O V I G O STATO - REGIONE - ENTI LOCALI Giovanni Bisson
Dell’ormai quasi trentennale esperienza degli Organi Collegiali della Scuola – di quelli distrettuali in particolare – mi è stato chiesto di rappresentare qui gli epigoni un po’ romantici; ma anche moderatamente giacobini; frustati non poco; e, tuttavia, cirenei credenti. O, domanda per questo Convegno, creduloni? Il collega Ilario Bellinazzi ha il merito della tempestività. Due anni fa, con una analoga iniziativa,ci ha consentito di constatare anche da Rovigo l’applicazione di un decreto legislativo di riforma degli Organi Collegiali Territoriali (il D.Lvo 233/99) perché tale provvedimento:
Ora, opportunamente superato tale decreto con una delega al Governo perché lo corregga e/o lo modifichi, siamo nella imminente vigilia di un rielaborato riordino degli Organi Collegiali Territoriali. Ed ecco che, prontamente, il Presidente del Distretto Scolastico di Rovigo, con autorevoli sponsorizzazioni, ci riconvoca in un impegnativo Convegno di proposta. E Bellinazzi, pragmatico com’è, lo fa con un testo d’invito che è indicativo,sul quale chiede un confronto aperto e costruttivo. Per quel che riguarda chi è stato chiamato qui, come da copione, a dar "voce all’esperienza", pur in rappresentanza dei Presidenti dei "vecchi Distretti Scolastici italiani, assicuro che non è interprete di una posizione revanscista. E’ da quando tali Presidenti si sono dati un coordinamento nazionale, pilotato dal collega Angelo Cervati – che vedo presente, che saluto e che sentiremo nel pomeriggio – e dunque da un decennio – che chiedono la riforma di organi che, nella situazione in cui venivano via via ridotti, stavano perdendo il proprio ruolo e i mezzi per esercitarli. E non ci si è limitati all’analisi: prima che alla loro riforma fosse delegato, a partire dal 1998, il Governo alcuni parlamentari di varia estrazione hanno condiviso con noi un disegno di legge nato nel Convegno di Roma, all’Unione Nazionale delle Camere di Commercio, nel 1996; dopo, quando toccava al Governo, abbiamo suggerito contenuti che per essere unanimamente condivisi dai Presidenti dei Distretti di ogni latitudine geografica e politica, trovavano apprezzamento nei Sottosegretari di turno con delega alla riforma. E qui consentitemi una battuta: non so se eravamo noi o loro a portar iella; perché ogni volta che siamo stati vicini ad una conclusione per tre volte è caduto il Governo; ma più Kafkiano è stato l’ultimo episodio del giugno 1999 – né è testimone l’on. Mariolina Maioli – quando alla vigilia del Consiglio dei Ministri, che doveva approvare un decreto di riforma positivamente concordato da noi con il sottosegretario on. Delfino, questi si dimette perché il suo partito guidato dall’on. Buttiglione decide di uscire dalla maggioranza. Risultato: sono sifficienti quattro o cinque giorni perché dalla cartella dell’on. Berlinguer, in Consiglio dei Ministri, esca un articolato stravolto da un ultimo burocrate che lo ha manipolato e venga approvato quel pasticciato decreto 233 non condiviso dal Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, avversato dalle Associazioni dei Genitori e da noi combattuto per quasi due anni per ottenere, finalmente, il congelamento. E, a conclusione di questi richiami, mi piace ricordare a questo autorevole tavolo – dove, probabilmente, sono presenti personalità di diversa posizione politica oltre che di diverso ruolo istituzionale – che in tale vicenda non ci fu mai pregiudizio politico. Tanto è vero che non soltanto il richiamato Convegno di Rovigo svoltosi nel Veneto, ma anche il Congresso di Verona dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani del 2000, ed anche il Convegno del Maggio 2001 di Bologna patrocinato dalla Regione Emilia Romagna ci hanno dato ragione quando siamo andati a dimostrare che per tentare una razionale applicazione della riforma proposta sarebbe occorso un nuovo Irnerio, quel giureconsulto della fine dell’undicesimo secolo famoso per la glosse con cui spiegava l’esatto significato dei termini usati dal legislatore. Ciò ho ricordato per avvalorare un auspicio:che la nuova riforma degli Organi Collegiali Territoriali non sia condizionata da pregiudizi o interessi di parte; ma dalla razionalità e dalla utilità alle quali cercheremo di concorrere. Le premesse per tale nostra disponibilità erano - e restano – che alla base del riordino ci sia:
Quale contributo a tale nuovo provvedimento – se c’è spazio per la "voce dell’esperienza" – si richiama l’attenzione sui seguenti punti: sia articolato d’intesa con le Regioni, date le funzioni ad esse trasferite anche per il servizio scolastico sul territorio; 4 non escluda dal livello nazionale e da quello regionale la rappresentanza istituzionale delle Regioni;4 non ripeta un impianto pletorico di rappresentanza, crediamo non più attuale, assimilabile al D.P.R. 416/74, ma che abbia la forma di un "provvedimento quadro" di impostazione generale dichiarando quali sono, con un dimensionamento corrispondente agli ambiti territoriali funzionali, determinati dalle Regioni (né le Provincie né gli attuali Distretti) indicando le finalità di principio e i livelli essenziali di partecipazione, ma lasciando alle Regioni, d’intesa con gli Enti locali, ogni altra regolamentazione di attivazione, di composizione locale di partecipazione, di integrazione di scopo;4 dal significato della partecipazione sia, comunque, escluso ogni ruolo e funzione parasindacale e che quindi, ad esempio, non si ripeta nella gestione una prevalente presenza di "rappresentanti di ogni categoria di operatori scolastici", ma vi siano "rappresentanti delle istituzioni scolastiche"; non singoli genitori, ma "rappresentanti delle organizzazioni dei genitori" non delegati di ogni sindacato o categoria economica , ma una "rappresentanza indicata dalle Camere di Commercio", dove categorie e sindacati sono unitariamente presenti nelle Giunte camerali; non rappresentanti, politicamente ripartiti, dei Consigli Provinciali, ma delegati delle Presidenze; non la presenza di qualche Sindaco, ma il determinante ruolo esterno di coordinamento programmatico e di controllo di tutti sindaci di un ambito territoriale partecipanti a conferenze di servizio. Così si può realizzare un organo di gestione più snello e qualitativamente partecipato, non indistintamente assembleare, ma efficacemente operativo; 4 il dimensionamento sub-regionale coincida con gli ambiti territoriali funzionali al servizio scolastico, come – ai fini di un utile raccordo e parternariato operativo – ogni altra entità di servizio o aggregazione di scopo (Centri Territoriali di servizio, di formazione, di integrazione,ecc...) dove si realizzi, con le competenze assegnate agli enti locali, un razionale coordinamento con le già citate conferenze di servizio;4 oltre ai compiti di consulenza e proposta ( con l’obbligo di riscontro da parte dei destinatari: Autorità scolastica – Regioni – Provincie – Enti locali) sia riconosciuto per l’organo territoriale locale il compito di osservatorio d’area,di sede delle conferenze di servizio, di attivazione di progetti di educazione complementare extracurriculari concordati,di possibile supporto operativo per le competenze in ambito scolastico demandate agli Enti locali. A quest’ultimo proposito non è inutile ricordare che – specie nei Comuni medi e piccoli – per lo svolgimento delle nuove competenze a favore della scuola – possono esservi carenze strutturali e che, dopo i nuovi dimensionamenti,in tali comunità quasi nessuna istituzione scolastica ha più dimensione comunale: dunque,una sede per "l’esercizio associato delle funzioni" (sollecitato dal D.L.vo 112/98) che diventa un utile supporto operativo, specie se se le Regioni attivano l’autenticazione del medesimo D.L.vo che vuole che esse individuino i livelli ottimali per l’esercizio di tale funzione, prevedendo, con legge regionale, appositi strumenti di incentivazione, per favorire tale esercizio associato; 4 sembra opportuno valutare se l’organo territoriale locale possa essere in qualche modo terminale del SERVIZIO NAZIONALE DI VALUTAZIONE della scuola, autonomo e indipendente dall’amministrazione scolastica,4 dunque, per il tramite delle conferenze di servizio territoriali si superi di fatto la stratificazione delle medesime competenze che norme e circolari hanno distribuito a più soggetti, con la formulazione di un annuale progetto educativo d’ambito locale, dove vengono distribuiti ai partner iniziative non concorrenziali, evitando dispersione di risorse; 4 infine, la conseguente regolamentazione regionale consideri il nuovo organo territoriale d’ambito, quale terminale (per la Regione, per la Provincia e per enti locali): di monitoraggio, di verifica e di proposta per la programmazione integrata tra istruzione e formazione professionale e per l’attivazione dei progetti finalizzati richiesti dal territorio. E tutto ciò al servizio e per il potenziamento dell’autonomia scolastica. Essa, infatti, va preservata da almeno due rischi:
Ma nell’un caso e nell’altro si dimostra la necessità di governare – da parte di regioni ed enti locali – un servizio scolastico territoriale nella sussidiarità di ogni organismo presente e interessato al suo miglior funzionamento. E i nuovi organi territoriali locali possono essere a disposizione. Occorre, di conseguenza, che i provvedimenti del Governo e delle Regioni, risolvano il problema delle dotazioni: di organico e finanziarie. Anche in modo flessibile: integrando una dotazione normale per il funzionamento con contribuiti finanziari e di personale collegati ai progetti approvati. |
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