COORDINAMENTO NAZIONALE
DEI PRESIDENTI
DEI CONSIGLI SCOLASTICI DISTRETTUALI
CONVEGNO NAZIONALE
GLI ORGANI COLLEGIALI TERRITORIALI
PER LA SCUOLA:
L’ESPERIENZA – LA TRANSIZIONE – LA RIFORMA
RELAZIONI E DOCUMENTO CONCLUSIVO
VILLA VALMARANA MOROSINI DI ALTAVILLA VICENTINA
Fondazione Centro Universitario di Organizzazione Aziendale
27 –
28 GIUGNO 2003
RELAZIONE DI ANGELO CERVATI
COORDINATORE NAZIONALE
PRESIDENTE DEL DISTRETTO SCOLASTICO N. 43 DI VEROLANUOVA
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Saluti, ringraziamenti e note organizzative: OMISSIS
Nel merito e brevemente
Alcune mie considerazioni.
Tutti parlano di famiglia, di
territorio, di responsabilità, di partecipazione e tutti sono convinti
che il loro modo di concepire la famiglia, il territorio, le
responsabilità e la partecipazione sia chiaro e condiviso da tutti. Vi è
un grande sforzo di ribadire questi valori ed assistiamo quasi ad una
gara tra chi ritiene di meglio rappresentarli.
Ma, molto di frequente, abbiamo
occasione di verificare che vi sono alcuni che nella sostanza
pronunciano solo vuote parole e non fanno seguire all'enunciato atti e
azioni concrete.
Mi metto in gioco. Non mi voglio
sottrarre a questo esercizio. Per me:
la famiglia
è basata sul matrimonio, sui figli che
la provvidenza concede, sul mutuo sostegno nella solidarietà e
nell’educazione e sulla continuità culturale tra generazioni. E’ la base
della nostra società.
Il territorio
non è una realtà basata sulla somma di più comunità ma, è il complesso
delle tradizioni, delle etnie, delle culture, delle economie che ne
fanno e ne cementano le radici, non è una enclave chiusa ma, dinamica e
aperta alla accoglienza nel reciproco rispetto delle diversità.
La responsabilità
è l’assunzione certa, visibile e personale che anche nelle difficoltà si
esercita davanti al mondo e che si afferma con atti concreti.
La partecipazione
non è l’attestazione di essere solo e comunque presente ma, il contare,
costruire, lavorare per un fine, per uno scopo non solo a difesa di una
parte ma essere disponibili e pronti a operare con equità e onestà al
servizio per un “qualche cosa” che meriti e conceda rispetto.
Cercare di tradurre questa visione in
atti concreti mi sembra un utile esercizio sul quale vale la pena di
spenderci.
Quando è nato il
primo embrione del Coordinamento, eravamo a Orvieto e già un mese dopo
avevamo organizzato a Desenzano del Garda il primo Convegno di rilancio
e di proposta. Presente all’incontro avevamo il neo eletto Ministro
D’Onofrio e l’allora reduce da una esperienza diretta negli organi
collegiali, l’attuale Sottosegretario Valentina Aprea.
In quella sede oltre a precisare tempi e
modi organizzativi avevamo ribadito che i Distretti Scolastici dovevano
essere riformati perché pletorici, con poche o nulle risorse, con scarsi
compiti salvo l’orientamento (successivamente da più parti sottratto non
a caso è diventato un business) ma nessuno aveva messo in discussione i
concetti base della famiglia, del territorio, della responsabilità e
soprattutto la riaffermazione di una partecipazione, scusate la
ripetizione, responsabile.
Avevamo gettato le basi di un “piccolo
miracolo”, che si è consolidato negli anni successivi, eravamo riusciti
ad essere concordi e solidali dal Nord al Sud, dalla Destra alla
Sinistra comprese le frange più estreme. Eravamo tutti convinti e più
che disponibili (lo attestano tutti i documenti da allora proposti
seguendo con serietà, coerenza e competenza il divenire delle novità
quindi l’autonomia, il decentramento – Bassanini – fino ad arrivare ai
giorni nostri alla proposta di legge La Loggia) a rivedere questi
organismi sia nell’ampliamento territoriale e quindi nel
ridimensionamento del loro numero ma, anche di uno snellimento di tali
strutture ma per valorizzarli nei contenuti, soprattutto di servizio. In
una parola valeva la pena di operare.
Ma già ad Orvieto, badate bene, non
erano presenti rappresentanti politici ma un funzionario e un
sindacalista che ci dissero papale papale “siete morti”. Ci dicevano,
nei fatti, il nuovo siamo noi.
Sono passati quasi dieci anni, i miei
capelli e la barba sono più bianchi, il peso è più o meno lo stesso, si
sono succeduti Governi, personalità varie sono state da noi coinvolte in
tante sedi e convegni, ci hanno sempre dato la possibilità di esprimerci
(fino ad arrivare con l’allora Sottosegretario Delfino ad un’intesa
precisa ma subito caduta per la crisi di quel Governo) ma, dalla volontà
propositiva alla prova dei fatti possiamo a ragion veduta affermare
“Tutte Balle” il disegno iniziale non è cambiato, la 233 ne è stata una
prima conferma, ed ora? Non si sa! Con amarezza ma con lucida chiarezza
si deve constatare che chi determina le scelte sono realtà o entità non
elette, sono loro che , nella pratica, contano.
E permettetemelo, da vecchio
sindacalista, fa male dover constatare che l’interesse di bottega è più
importante del bene comune.
Salvo poi per quanto riguarda il
personale assegnato ai Distretti (sempre o quasi in modo precario
lasciatemelo dire a volte avventuroso per non usare altri termini) non
tener conto delle continue sollecitazioni e proposte di valorizzare
quelle professionalità (ne sono un bel esempio la lettera aperta del
personale del Piemonte ma anche di altre realtà come Livorno nonché
della mia diretta esperienza che comunque, con continuità in tante
realtà, si sono espresse, diventando per molti versi i primi
collaboratori seri in quei Distretti dove gli organi avevano voglia e
capacità di lavorare) riconoscendo anche contrattualmente tali
prerogative acquisite. Ma quello che fa più male è il constatare il
danno che il sistematico impoverimento di questo organismo ha prodotto.
Si sono manifestati anche tra colleghi ma anche nella dirigenza a vari
livelli, atteggiamenti negativi e ha fatto si che non li si guardasse
con rispetto e la considerazione dovuta ma sempre più di frequente, con
una punta di tolleranza, che rasentava in alcuni casi avversità e
superiorità. Questo, se mi è concesso dirlo, non è un bell’esempio di
solidarietà e di serietà.
Vi è un capitolo
che è giusto affrontare. Il clima di incertezza ha gettato le basi per
una disastrata e scorretta transizione dal vecchio al nuovo. Mi limito a
questa considerazione: l’Italia è tanto lunga colma di cultura ed è in
grado di dare e produrre vera qualità in tutti i campi in cui ha la
possibilità di esprimersi; il Coordinamento ha sempre valorizzato questo
aspetto, tante sono le riprove in questi anni portate a testimonianza e
molto raramente vi sono state necessità di piccole correzioni di rotta.
Ultimamente però, è giusto far presente, che vi sono delle “voci più
alte” che pensano di emergere dal coro. Se questo serve a esaltare e
stimolare un insieme e a migliorarne l’armonia ben vengano ma se si
pensa di giocare ai primi attori si abbia almeno l’accortezza di
“giocare bene” ma soprattutto di non danneggiare gli altri. Dividere non
serve a nessuno, vantaggi non ci sono neanche per i pochi che si
assumono tale veste; chi vince è chi della realtà odierna può far strame
per la propria stalla.
Concludendo
Sul piano personale forse potevo fare di
più, dare di più ma finiti i soldi e usati anche i miei è difficile,
credetemi, coordinare, dovevo essere più attento e determinato, non lo
so!
E’ certo che comunque spesso ho frenato
la mia natura estremamente pratica e, se volete, anche aggressiva
rispettando fino in fondo l’impegno a suo tempo assunto, quello di
lavorare con e per tutti.
Non voglio entrare nel merito e
naturalmente non voglio togliere spazio alla relazione di Giovanni, lui
le cose le sa dire e fare meglio di me ed è a lui, in principal modo,
che va ascritta la professionalità con cui fino ad ora il Coordinamento
si è potuto muovere e proporre.
A me però preme dire, a tutti, che noi
siamo ancora qui, pesti e con affanno ma non domati e ancora disponibili
a cercare e favorire soluzioni serie.
Mi consola il
fatto che sono un libero cittadino, che vivo in un paese che la
democrazia se l’è sudata e cementata col sangue. Sono un cittadino
votante che saprà scegliere, con coerenza, tra il fumo e la sostanza,
tra i proclami e la realtà.
Permettetemi un’ultima nota, ho lavorato
e vorrei continuare a lavorare con tante vere persone ricche di
capacità, sensibilità e disponibilità, a queste va il mio grazie e sono
onorato d’averli avuti vicini in questa esperienza. Porto via e me lo
tengo caro un valore essenziale che non è facile trovare tra gli uomini
e, per dirla col sommo poeta, Dante, “non potranno aver perfetta vita
senza amici”.
RELAZIONE DI GIOVANNI BISSON
DEL COORDINAMENTO NAZIONALE
PRESIDENTE DEL DISTRETTO SCOLASTICO N.
49 DI NOVENTA VICENTINA
E’ meglio accendere una candela
che imprecare contro il buio
Possono essere diversi gli stati d’animo con cui
affrontare il tema di questo Convegno, almeno da parte di quei
Presidenti e Collaboratori Amministrativi che sono riusciti a trovare il
modo di essere qui presenti. Potremmo, ad esempio, cominciare proprio da
questa malinconica e significativa considerazione: e cioè dalle adesioni
virtuali a questo incontro - più numerose di quelle reali - da parte di
quei Distretti che non hanno potuto disporre nemmeno dei mezzi per
consentire la spesa di chi voleva giungere fino ad Altavilla a
rappresentarli. Se, realisti, dovessimo limitarci ad una tale
constatazione, per Organi così mal ridotti a causa di una infinita (ormai
decennale) stagione di incertezza, con lo stato d’animo della
delusione potremmo già concludere di chiuderla qui la nostra esperienza:
così è inutile andare avanti.
Assumendo, invece, lo stato d’animo degli
agnostici potremmo cavarcela con la pur motivata retorica degli scarica
barile: abbiamo resistito fino ad ora tra distrazioni surgelanti;
dimostriamo di chi è la responsabilità; consegnamola agli atti; e
liberiamoci finalmente da ogni responsabilità esercitata, non
dimentichiamolo, volontaristicamente. Da noi non si può volere di più.
Avremmo anche molti motivi per fare i giacobini.
E con lo stato d’animo dei faziosi limitarci ad una denuncia motivata
contro le inadempienze di chi, nei nostri confronti, non ha rispettato e
non rispetta nemmeno le leggi; e contro chi, approfittando di una
confusa stratificazione delle norme, trova il modo – come certe Autorità
periferiche dell’amministrazione scolastica – di imporre proprie
discriminazioni ed autonome previsioni sul destino degli Organi
Collegiali Territoriali. Avessimo la voglia e i mezzi per farla, sarebbe
una bella causa quella dei Distretti Scolastici contro il comportamento
di certe Autorità.
In attesa di riforma e fino alla loro
sostituzione, infatti, persistono ancora i Consigli Scolastici
Distrettuali – istituiti a suo tempo (non se lo dimentichino) su
proposta delle Regioni sentiti gli Enti Locali. E vige l’art. 12 del
D.P.R. 416/74 per cui tali Consigli sono ancora attori “per tutto ciò
che attiene alla istituzione, alla localizzazione e al potenziamento
delle istituzioni scolastiche nonché all’organizzazione e allo sviluppo
dei servizi e delle strutture relative, anche al fine di costituire
unità scolastiche territorialmente integrate e assicurare, di regola, la
presenza nel Distretto di scuole dello Stato di ogni ordine e grado”. Il
capo 2° del medesimo articolo vuole ancora tali Consigli coinvolti nei
programmi relativi “ai servizi di orientamento scolastico e
professionale”; ruolo che, con la soppressione dei Consorzi per
l’istruzione tecnica, veniva ribadito e consolidato dall’art. 39 del
D.P.R. 616/1977; e che, da ultimo, veniva ribadito dalla direttiva
M.I.U.R. 487/1997 che impegna a promuovere, con il coinvolgimento dei
Distretti Scolastici, gli osservatori d’area per i servizi territoriali
di orientamento e negli interventi di sostegno.
In quante situazioni e da tempo tutto ciò
viene disatteso? E, dunque, i motivi che potrebbero indurre ai
predetti stati d’animo non sono pochi.
Invece i colleghi che sono qui presenti e quelli
che non potendo esserlo ci hanno inviato i loro messaggi, sono
disponibili ancora una volta alla proposta, su tesi localmente discusse
in tanti incontri e con noi condivise.
Sono, siamo, dunque ancora vittime di alcune
motivazioni: proprie di chi si è impegnato gratuitamente in un servizio
ritenuto utile per la scuola; con radicate convinzioni; interpretate con
passione. Ed allora eccoci qui ancora una volta: seguaci, la maggior
parte di noi, di quel saggio che insegna che “è meglio accendere una
candela, che imprecare contro il buio”; ma anche per verificare
conclusivamente se c’è il lampionaio deciso a spegnerla.
Le carte in tavola
Credo che valga la pena di ricordare ai nostri
interlocutori che mai, in questi ultimi dieci anni, ragionando
sull’esperienza ormai trentennale dei Distretti Scolastici, abbiamo
assunto posizioni barricadiere, in mera difesa dell’esistente. Per
primi, con onestà culturale, abbiamo aperto la partita critica sulla
nostra storia senza nascondere nessuna carta, razionalmente convinti
della necessità di riformare l’ordinamento e la struttura degli organi
collegiali territoriali. Chiedendo soltanto che il giudizio
sull’esperienza sia storicamente e culturalmente corretto. Si vuole
affermare che non è irreprensibile la conclusione “chiudiamoli perché
ormai non funzionano più” senza valutarne le cause; si vuol dire che è
epidermico l’assioma secondo il quale “la scarsa frequenza delle
componenti ne dimostra l’inutilità”. Con tale superficialità non si
vedono le vere cause che hanno portato al progressivo esautoramento dei
Distretti Scolastici e non si traggono insegnamenti per il futuro.
Sono nati nel maggio del ’74 con un lungo elenco
di compiti, ma scarsamente cogenti; sui quali, successivamente, si è
consentita e finanziata ogni incursione da parte di altri soggetti; via
via decurtando, per contro, le loro disponibilità d’investimento,
rendendoli così nemmeno concorrenziali. Sono stati dotati di Consigli di
Amministrazione elefantiaci in un tempo in cui si imponeva un indistinto
assemblearisimo al posto di una qualificata partecipazione; e, tuttavia,
perché meravigliarsi se – privi di una permanente struttura operativa (non
hanno mai avuto un organico)
e finanziariamente immobilizzati – cinquanta
componenti di ogni Consiglio Scolastico Distrettuale trovano una
sostanziale perdita di tempo riunirsi per deliberare come gestire
qualche milione di vecchie lire neppure sufficiente per gli obblighi
burocratici?
Al di la tuttavia di quello che comunque hanno
realizzato nel passato, ed hanno continuato a tentare di fare di
recente, inventando modi e questuando mezzi in ogni direzione, resta il
fatto che, per queste cause, oggi questi organi si ritrovano
gradatamente ricacciati in spazi residui, in alcune attività
diversificate, senza, dunque, nemmeno una visibilità omogenea e
qualificante.
E va bene, mi si può dire. Ma pur così motivato
uno stato di crisi permane la domanda d’oggi: quella distrettuale
è una esperienza da chiudere o, al di la della situazione comatosa in
cui è stato ridotto l’attuale Distretto esiste, persiste, una
distrettualità come recapito di un particolare territorio, di una
gente, di una cultura, come aggregato sociale, naturale e genuino; con
il quale far rapportare una scuola che vi opera?
L’autonomia delle Scuole
è un’alternativa?
Credo che una tale persistenza non possa essere
negata. Il problema, allora, è quello di capire in che modo realizzare
la correlazione tra le Istituzioni Scolastiche e il loro hinterland.
C’è ora l’autonomia di ogni scuola che può
tentare di provvedervi. E possibile che possa farlo in modo sistematico,
non occasionale?
Noi siamo stati, e siamo, convinti assertori di
tale autonomia, dichiarandoci immediatamente al suo servizio perché una
tale scommessa riesca. Ma una autonomia ad oltranza, “una autonomia –
come qualcuno ha detto – senza paracadute”, senza un rapporto
stabile con il suo hinterland, senza altre condivise interlocuzioni,
rischia di essere l’esaltazione di quella autoreferenzialità che ogni
recente indagine (del Censis, dell’Istat, di ‘Ascoltare
Scuola’, del ‘Giudizio dei cittadini sulla scuola’, del
MoniPof’, delle Associazioni dei genitori) denuncia come il
limite che disaffeziona l’attenzione e la partecipazione per la scuola.
E, in concreto, un tale percorso, di ogni singola istituzione
scolastica nei confronti dei suoi dintorni non comporterebbe garanzie
di omogeneizzazione o, almeno, di una minima uniformità ed equità
per il
‘sistema scuola’ in un dato territorio. Né dal
punto di vista procedurale, né tanto meno da quello economico, è
immaginabile che ciascuna scuola per suo conto possa organicamente
dialogare con gli Enti locali, con l’imprenditorialità, con
l’associazionismo. E si è visto, nelle recenti esperienze, che nemmeno
l’attivazione di ‘reti’ fra scuole può corrispondere per tali finalità
perché possono necessariamente incrociarsi per livelli, per preferenze,
per argomenti, per dotazioni – ed è già positivo – ma non per generare
un impianto di interelazioni, con le istituzioni e la società civile,
compiuto e permanente.
Ed allora vedremo più avanti come, forse, ha
ancora una permanente valenza la riorganizzazione, per una ‘scuola delle
società’, dei ‘poli distrettuali infra-istituzionali’ con i quali ogni
entità interessata alla vita di una scuola di qualità possa concorrere
al suo successo.
Ma se ciò si vuole, come arrivarci in modo
razionale?
Il governo della transizione
Nel 1999 abbiamo contrastato l’applicazione di un
Decreto Legislativo di riforma degli Organi Collegiali Territoriali (il
233) perché tale provvedimento:
·
riportava, per i vari livelli degli organi previsti (il
C.N. della P.I. – i nuovi Consigli Regionali dell’Istruzione e i
Consigli Scolastici Locali) un impianto di partecipazione ancora
complesso e parasindacale;
·
era incoerente con le nuove funzioni per la scuola già
delegate o in via di trasferimento alle Regioni e agli Enti Locali,
·
escludeva dal livello regionale sia i genitori sia,
addirittura, le Regioni;
·
rendeva confusa l’attivazione e il dimensionamento dei
nuovi Consigli Scolastici locali al posto dei Distretti;
·
proponeva, per questi ultimi, compiti di mera consulenza (se
richiesti) e di proposta privata, però, dell’obbligo di un
qualsiasi riscontro.
Ora, opportunamente superato tale decreto con una
nuova delega al Governo perché lo corregga e/o lo modifichi, pare (ce
lo auguriamo) che siamo nella imminente vigilia di un rielaborato
riordino degli Organi di cui si tratta.
Se è comprensibile che il Governo tardi nel suo
compito perché in attesa che si perfezioni l’iter parlamentare del
Disegno di Legge La Loggia per avere i riferimenti certi della
ridistribuzione dei poteri dallo Stato alle Regioni, risulta
necessario che ci si ponga il problema di come affrontare la situazione
che è in atto e che non sarà di breve durata.
Quando uscirà (quando?) la proposta di
Disegno di Legge del Governo dovrà andare per i pareri al C.N.P.I. e
alle Commissioni Parlamentari competenti. Da quando uscirà il Decreto
definitivo decorreranno i tempi per regolamentazioni e provvedimenti
attuativi di Regioni ed Enti Locali.
E’ dunque doveroso porsi il problema di come
governare tale non breve transizione.
(da questo punto in avanti la relazione
illustra i contenuti di una proposta di
documento conclusivo proposto alla
approvazione dei convegnisti, che si
allega)
CONVEGNO NAZIONALE
DEI PRESIDENTI DEI CONSIGLI
ALTAVILLA VICENTINA 27 – 28 GIUGNO 2003
documento conclusivo
I Presidenti dei Consigli Scolastici
Distrettuali, riuniti a Convegno promosso dal loro Coordinamento
Nazionale ad Altavilla Vicentina il 27 e 28 Giugno 2003, sul tema
“Gli Organi Collegiali Territoriali per la Scuola”:
·
condivisa la relazione
generale che si allega auspicandone l’accoglimento nelle sedi
istituzionali di promozione ed attivazione della riforma degli Organi di
cui si tratta;
·
tenuto conto della
discussione e dei significativi contributi sul tema esaminato dei
rappresentanti del M.I.U.R., del Parlamento, delle Regioni e degli Enti
Locali, del C.N.P.I. e delle Istituzioni Scolastiche, dei Genitori e
delle parti sociali ed economiche interessate;
> con riferimento allo stato attuale
dei Consigli Scolastici Distrettuali in attesa di riforma
ricordano
che, fino all’insediamento dei nuovi
organi riformati, permane la vigenza del D.P.R. 416/1974 – riordinato
con il D.L.vo 297/1994 – e che, dunque, risultano
gravi le omissioni – constatate in diverse situazioni da parte
dell’Autorità periferica dell’Amministrazione Scolastica, di Regioni ed
Enti Locali - sul ruolo che norme in vigore ancora conferiscono ai
Distretti Scolastici;
chiedono,
di conseguenza, che anche il M.I.U.R.
provveda a risolvere tempestivamente gli effetti del comma IV° dell’art.
35 della L. 289/2002 che dispone la restituzione ai compiti di istituto
del personale amministrativo in servizio presso i Distretti Scolastici a
partire dal Settembre 2003; ciò dal momento che alcune Direzioni
Regionali della P.I. non hanno interpretato tale norma come la
reiterazione della annuale consuetudine, ma anzi hanno imposto ai
Distretti la predisposizione di Bilanci Preventivi 2003 limitati alla
medesima data di tali rientri, con ulteriori decurtazioni del contributo
finanziario. Senza contare che tale ultima prescrizione non tiene conto
del fatto che in molte situazioni i Distretti sono impegnati in
progetti annuali finanziati
dalle Regioni od Enti Locali: la
conseguenza di quanto in atto per effetto delle due richiamate
incongruenze significherebbe la chiusura di fatto, extra-lege, dei
Distretti Scolastici;
propongono per contro –
per contribuire al contenimento della spesa – che in attesa della
riforma e in via sperimentale le Regioni, in accordo con gli Enti Locali
e i Consigli Scolastici Distrettuali disponibili, si attivino , con
riferimento all’art. 9 del D.P.R. 416/74, per unificare dei Distretti là
dove ci sono delle condizioni già predisposte e condivise;
ritengono, in ogni
caso, irrazionale ed improduttivo che non si provveda a disposizioni che
rendano possibile un funzionale governo della transizione dalla
situazione esistente ai nuovi Organi ristrutturati.
> con riferimento ai contenuti della
riforma
ribadiscono
il valore, al servizio di una Scuola autonoma, ma non autoreferenziale,
di Organi Collegiali Territoriali Interistituzionali che –con
riferimento agli articoli 3 (partecipazione: essenziale e non indistinta
come l’attuale) e 5 (decentramento e autonomia) della Costituzione –
operino come ‘organismi di servizio’ con la finalità di rendere sempre
più proficuo il sistema formativo perchè vicino, secondo una distanza
ottimale, ai destinatari e alla società civile;
ritengono che il nuovo
Organo Territoriale - coinvolgendo l’utenza (i genitori in
particolare) e i rappresentanti dei dintorni sociali interessati
alla Scuola, insieme con quelli delle Istituzioni civili e scolastiche –
debba essere la sede dove si progettano e si attivano azioni condivise e
concorrenti alla riuscita di un servizio scolastico secondo le esigenze
di un particolare ambito funzionale; ciò per il tramite di conferenze
annuali di servizio pilotate, dagli Enti Locali, dove – con ogni entità
presente ed interessata alla Scuola (Istituzioni Scolastiche, Centri
di Servizio, di Formazione, per gli Adulti, per l’Integrazione, ed
Organo Territoriale) si produce il ‘Piano annuale di educazione e
formazione territoriale’. Sarebbe la sede per il superamento di fatto
della distribuzione delle medesime competenze che la stratificazione
normativa ha distribuito a più referenti: con l’affidamento ai soggetti
più idonei di progetti finalizzati e con razionalizzazione delle
risorse;
auspicano che gli
Organi riformati siano liberati da ogni funzione parasindacale e che
quindi la delegazione scolastica nei Consigli d’Amministrazione di
quelli Locali sia equivalente all’insieme di quella degli altri partners
e in rappresentanza delle Istituzioni Scolastiche e non delle varie
categorie che vi operano; e non ritengono democraticamente
ammissibile che alla rappresentanza Scolastica, all’interno degli
Organi Regionali e Locali, siano riservate posizioni preordinate di
privilegio: si affermerebbe un incoerente principio di
autoreferenzialità; l’Organo Collegiale Territoriale, per
principio, non deve essere della Scuola, ma per la Scuola: dopo
di che nulla vieta che a presiederlo possa essere nominato
democraticamente anche un operatore della Scuola, ma per libera scelta
dei Consiglieri, nessuno dei quali può avere , per decreto, minore
dignità di altri; chiedono che i compiti di pareri e
proposte riservati ai futuri Consigli Scolastici Locali nei confronti
dell’Amministrazione Scolastica Periferica, delle Istituzioni
Scolastiche e degli Enti Locali di riferimento (in merito al
consolidamento dell’autonomia scolastica, alle reti di scuole, alla
distribuzione e al dimensionamento dell’offerta e delle sedi di
istruzione e formazione, all’orientamento, all’educazione permanente,
all’integrazione, alla attuazione del diritto allo studio e al
diritto-dovere all’istruzione e alla formazione, ai servizi per l’utenza)
abbiano una riconosciuta cogenza, almeno con l’obbligo di riscontri
motivati;
chiedono, inoltre, che
i futuri Consigli Scolastici Locali siano riconosciuti come osservatori
d’area, di monitoraggio e di circolazione delle informazioni, di
verifica della qualità del servizio formativo; e come supporto operativo
per l’esercizio associato delle competenze per la Scuola trasferite agli
Enti Locali, quando questi lo ritengano utile e funzionale, dal momento
che la maggior parte delle Istituzioni Scolastiche non è più soltanto al
servizio di una utenza comunale
evidenziano la necessità
che la composizione dei futuri Consigli Scolastici Locali abbia una
composizione snella, presenti i livelli essenziali di partecipazione in
misura equilibrata tra rappresentanza scolastica e sociale; e che tali
nuovi Organi abbiano una struttura operativa fissa qualificata, con il
recupero privilegiato delle professionalità degli addetti che già hanno
operato nei Distretti Scolastici; e con possibilità di integrazione
periodica di collaboratori riferita alla capacità di programmazione e
realizzazione di attività; e con finanziamenti determinati di
funzionamento, ed altri, dal MIUR – Regioni ed Enti Locali, per progetti
finalizzati approvati.
Ø
a conclusione del
Convegno
il presente
documento
è stato approvato
all’unanimità. |