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Partecipazione dei genitori*Angela Nava-Mambretti
Autonomia • Carta dei diritti-doveri dei genitori • Carta dell’associazione europea dei genitori • Codecisione • Consultazione • Cooperazione • Democrazia diffusa • EPA (European Parents Association) • FO.N.A.G.S (Forum nazionali) • FO.R.A.G.S (Forum regionali) • Genitocrazia • Genitorialità sociale • Informazione • Organi collegiali • Partecipazione • Partenariato,
La partecipazione dei genitori a scuola nel suo divenire storico
Nella recente produzione normativa relativa alla scuola il termine partecipazione viene usato in modo interscambiabile con cooperazione[1] o partenariato scuola-famiglia. Non è un caso, né la scelta linguistica corrisponde solo ad una cura di stile degli estensori alla ricerca di sinonimi non ripetitivi. In realtà, alla più antica formula della partecipazione entrata formalmente nelle scuole con i decreti delegati del 1974, che hanno istituito in ogni unità scolastica organi collegiali composti da rappresentanti di tutte le componenti interessate, interne ed esterne, si sono intrecciati negli ultimi vent’anni mutamenti strutturali nella scuola e nella società che hanno inciso anche sulle tradizionali forme di rappresentatività democratica nelle istituzioni. In generale, l’introduzione dell’istruzione obbligatoria universale ha modificato profondamente il rapporto tra famiglia e società per quanto concerne l’educazione dei ragazzi: senza inoltrarsi nella storia della partecipazione dei genitori alla vita scolastica nei vari stati membri dell’Unione Europea, è interessante notare come, nella maggioranza di tali paesi, i genitori o i loro rappresentanti abbiano partecipato alle strutture formali dei sistemi educativi sin dal 1970 (data che assumiamo solo convenzionalmente, anche perché in alcuni paesi come la Germania, l’Austria, la Francia, la Finlandia e la Norvegia, questo percorso è iniziato prima). Il processo di coinvolgimento dei genitori nella vita scolastica non si è sviluppato in modo lineare in tutti i paesi e nella maggior parte dei casi la normativa e le riforme degli anni Novanta hanno dato una nuova base legale alla partecipazione dei genitori ai sistemi educativi. Appare comunque più sviluppato che in Italia l’associazionismo dei genitori, tanto che in Grecia, Austria, Portogallo e Spagna le associazioni vengono garantite dalla legislazione in materia scolastica. Al culmine del percorso iniziato negli anni Settanta venne anche fondata nel 1985 una confederazione di associazioni a livello europeo EPA (European Parents Association) che a tutt’oggi ha un ruolo di counceling presso le istituzioni comunitarie e a cui va il merito dell’istituzione della Giornata Europea dei genitori a scuola, giunta alla terza edizione. Appare perciò evidente la necessità di storicizzare la categoria in questione: in caso contrario, l’apparente interscambiabilità dei termini rischia di produrre ambiguità interpretative ed operative. La partecipazione, come comunemente la intendiamo, è infatti categoria che appartiene ad una stagione specifica del nostro paese, quella in cui prendeva forma un modello di stato sociale moderno che individuava nella sanità pubblica, nella scuola pubblica e nella previdenza pubblica i presîdi di una sicurezza collettiva ed individuale che avrebbero migliorato le condizioni di vita di milioni di persone. Alla domanda di democrazia diffusa si rispose con un alto grado di rappresentatività politica in molti consigli di gestione, quindi anche in quelli scolastici, individuando nella partecipazione in sé un valore assoluto. Anche nella scuola, si è pensato che fosse sufficiente “essere dentro” per gestire meglio, controllandoli direttamente, i processi operativi. Ignorando, nel contempo, la necessità di formazione di competenze specifiche per i genitori, confuse con l’interesse e il diritto conquistato ad avere servizi; così come sono state ignorati gli effetti, in termini di inevitabili reazioni difensive, talvolta inconsapevoli o negati a livello esplicito, da parte degli insegnanti, che spesso hanno sentito minacciata l’assolutezza del proprio ruolo. Tutto ciò ha prodotto, da una parte, chiusure e muri di gomma, dall’altra delusione e frustrazione di fronte ad una rappresentanza legittimata, ma priva di un’effettiva incidenza. Non si può perciò restare sorpresi di fronte alla constatazione del progressivo affievolimento dell’interesse sociale nei confronti della partecipazione scolastica. Esaurito l’entusiasmo iniziale, genitori e studenti si sono ben presto accorti che, al di là del dibattito sui principi, di cui le riunioni erano occasione ricorrente, nel merito non c’era poi la possibilità di contare più di tanto. Sta di fatto che la voglia di partecipare anima ormai una quota molto ridotta dei potenziali interessati; gli organi collegiali, dopo trent’anni, hanno perso la rilevanza originariamente percepita.
La partecipazione e le sue possibili articolazioni
Nel contempo, oggi, nuove responsabilità e nuove attese si affollano sui sistemi di istruzione europei e non solo: mai il livello di formazione che le società attendono dalla scuola è stato così alto. La competitività economica mondiale, ben oltre l’intenzione di contenere i rischi di marginalità sociale, spinge i poteri pubblici ad esercitare una pressione sulla scuola perché divenga più efficace. Diventa decisivo il credito iniziale di capitale culturale (valori, stili di comunicazione, schemi di organizzazione): se il bambino ha già familiarità con questi modi di pensare e di comportarsi, quando entra nella scuola ha più opportunità di successo; i risultati dipendono anche – con un notevole vantaggio di costi/benefici – dalla famiglia stessa. Il coinvolgimento di quest’ultima è perciò visto ormai comunemente come fattore importante, se non indispensabile, per migliorare i livelli di formazione dei giovani. E tuttavia la partecipazione dei genitori a scuola pone non pochi interrogativi. 1. Quali sono i legittimi diritti e doveri dei genitori in materia di educazione? I genitori sono “naturalmente” ed effettivamente i primi educatori dei figli, ne indirizzano fin dall’infanzia i comportamenti affettivi, relazionali e cognitivi; hanno il diritto\dovere di provvedere al percorso di istruzione. Ma in quale legittima relazione sono con le istituzioni scolastiche? Qual è il loro potere o il loro valore di interferenza rispetto alla professionalità di chi opera nel sistema scolastico? 2. Il rinnovato interesse per la loro partecipazione che si registra in molti paesi è determinato da un’esigenza di democrazia e di coinvolgimento delle parti sociali nelle istituzioni o dai problemi che sempre più emergono nelle società contemporanee, dalla fatica di formare i giovani e da una scuola che da sola non riesce più a conseguire i migliori risultati? 3. La partecipazione dei genitori può essere collettiva (come rappresentanza istituzionale) o individuale (come collaborazione alla vita della scuola, della classe, nonché come risorsa per migliorare i risultati del proprio figlio). Quale la risoluzione più efficace? I due tipi di partecipazione sono necessariamente connessi? 4. Partecipazione, cooperazione o potere parentale? Qual è la giusta misura di una collaborazione che non ponga in disequilibrio il sistema educativo? Dove sta la legittima frontiera tra i poteri dei genitori e i poteri del legislatore, dei docenti, dei dirigenti?
Carta dei diritti-doveri dei genitori
Nel 1992 l’Epa aveva elaborato una Carta dei diritti-doveri dei genitori sotto la forma di un binomio costante: un diritto cui si accompagna un reciproco dovere.
Carta dei diritti e dei doveri dei genitori - I genitori hanno il diritto di essere riconosciuti come primi educatori dei figli. - I genitori hanno il dovere di allevare i figli responsabilmente e di non trascurarli. - I genitori hanno il diritto di libero accesso dei figli al sistema educativo formale in funzione dei loro bisogni, dei loro meriti e delle loro capacità. - I genitori hanno il dovere di cooperare con la scuola nell’educazione dei figli. - I genitori hanno il diritto di accesso alla totalità dell’informazione scolastica che riguarda i loro figli. - I genitori hanno il dovere di comunicare alla scuola tutte le informazioni necessarie per conseguire gli obiettivi educativi per i quali essi stessi collaborano. - I genitori hanno il diritto di esercitare in materia di educazione le scelte meglio corrispondenti alle loro convinzioni e ai valori cui si ispirano per allevare i figli. - I genitori hanno il dovere di informarsi e di ben ponderare le scelte prima di decidere il tipo di istruzione che intendono assicurare ai figli. - I genitori hanno il diritto di influire sulle scelte strategiche dell’istituto cui sono iscritti i figli. - I genitori hanno il dovere di cooperare con la scuola in quanto componente essenziale della collettività locale. - I genitori e le loro associazioni hanno il diritto di essere consultati attivamente in materia di politica educativa pubblica a tutti i livelli. - I genitori hanno il dovere di essere rappresentati, nei loro interessi e a tutti i livelli, da organizzazioni democratiche.
La Carta, sia pure fortemente datata e connotata da un livello di mediazione tra le varie sensibilità e i diversi percorsi dei paesi europei, rappresenta ancora un momento di utile riflessione. Una ricerca dell’OCSE, posteriore di qualche anno, Les Parents partenaires de l’école (1997), analizza a fondo il tema delle competenze educative ed indaga sulla diffidenza che molti operatori dell’educazione e formazione esprimono nei confronti di una cooperazione con le famiglie. In realtà è la professionalità educativa a presentare forti anomalie rispetto ad altri campi professionali e si avverte la necessità di precisarne termini e ruoli. Due appaiono le prospettive più diffuse nel dibattito sul tema: - la prima affida agli insegnanti una funzione squisitamente professionale e ai genitori il ruolo di sostegno all’iniziativa scolastica; - la seconda ribadisce il ruolo dei genitori come primi educatori e alla scuola quello di completare e perfezionare il processo con conoscenze e competenze specializzate. Nella ricerca citata si sanciva invece il principio della distribuzione paritaria della responsabilità educativa tra scuola e famiglia. Nessuna delle due istituzioni ha la possibilità di conseguire quantità e qualità dei risultati separatamente. Ne scaturiva una definizione della collaborazione\cooperazione dei genitori nella scuola come “una relazione di lavoro caratterizzata da comuni obiettivi, rispetto reciproco e volontà di negoziare. Ciò implica la massima circolazione reciproca delle informazioni, delle responsabilità, delle competenze e dei doveri di rendere conto. La cooperazione richiede innanzitutto che ogni parte riconosca le specifiche attitudini dell’altra”. In questo modo ci si allontanava dalla rigidità prescrittiva e perciò spesso inattuata\inattuabile di una carta, ma nel contempo si prendevano le distanze dal potere parentale o genitocrazia che viene definito come prospettiva radicale e potenzialmente pericolosa: liberalizzare totalmente la scelta della scuola, ad esempio, può creare la segregazione sociale di intere aree territoriali e di classi sociali .
I genitori e le indicazioni della Riforma
Quelle dell’OCSE sono indicazioni a tutt’oggi utili se usate come criterio per la lettura dei documenti che stanno alla base dei processi di Riforma in atto nella scuola e che segnalano un marcato coinvolgimento dei genitori nel processo educativo. I riferimenti normativi che seguono non hanno pretesa di esaustività, ma tendono soltanto ad esemplificare una tendenza che appare strutturale rispetto al pianeta famiglia.
Accenni normativi - L’art.1 comma 1 sottolinea il rispetto delle scelte educative della famiglia e la cooperazione tra scuola e genitori; - l’art.2 comma e, nel definire l’identità della scuola d’infanzia evidenzia ancora il rispetto della primaria responsabilità educativa dei genitori. - Cooperazione e primaria responsabilità educativa della famiglia vengono ovviamente ribaditi nel Decreto legislativo n. 59/2004, primo dei decreti che rendono operativa la riforma relativamente alla scuola d’infanzia e al primo ciclo di istruzione. - Anche le Indicazioni Nazionali per i Piani di studio personalizzati richiamano in molteplici passaggi il coinvolgimento, la stretta collaborazione con la famiglia, e per i docenti, la responsabilità di “rendere conto” delle scelte fatte e di porre gli allievi, le famiglie e il territorio nella condizione di conoscerle e condividerle. - La compilazione del Portfolio, inoltre, esige la reciproca collaborazione tra scuola e famiglia.
La frequente sottolineatura nei testi legislativi del primato educativo della famiglia può indurre a pensare ad una lettura dell’art.30 della nostra Costituzione (È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli…) tutto spostato sul versante del diritto delle famiglie o addirittura riproporre inquietanti eco del dibattito tra laici e cattolici che animò il nostro paese mentre l’Assemblea Costituente era al lavoro. Era stato allora Guido Gonella, in procinto di diventare ministro della Pubblica Istruzione nel secondo governo De Gasperi, a presentare una relazione sulla scuola, facendo proprio il magistero della chiesa espresso nell’enciclica “Divini illius magistri” del 1929. “I diritti guida – sono per il ministro democristiano – quelli della famiglia: allo Stato spetta una funzione ausiliaria, nella certezza che ogni scuola neutrale è assurda ed irrealizzabile perché priva di un contenuto spirituale e morale”[2]. Quello che è certo è che, dalle recenti norme citate, non emerge una chiara indicazione di ruoli, competenze, partecipazione dei genitori alla progettualità complessiva della scuola, quanto una generica petizione di principio sulla cooperazione scuola-famiglia come valore tout-court ed una riconosciuta potestà genitoriale a compiere alcune scelte, in relazione a bisogni individuali, cui la scuola con le sue risorse deve rispondere. È sufficiente ricordare, al proposito, la scelta individuale relativa all’anticipo, alla quota oraria annuale opzionale-facoltativa e alle relative attività connesse. Il rischio che si intravede è quello di una deriva individualistica che può rompere il mandato storicamente attribuito alla scuola italiana: quello cioè di operare per contrastare le disuguaglianze sociali. Il singolo lasciato solo di fronte alle sue scelte tenderà a riprodurre la sua storia, la sua cultura familiare, perpetuando una sorta di condizionamento sociale. Al contrario appare sempre più urgente la diffusione dell’idea di una genitorialità sociale, diffusa in una società come quella italiana in cui, come testimonia una recente indagine del CENSIS[3], il 40% delle famiglie denuncia la difficoltà a tenere il ritmo con altre agenzie educative e lamenta la difficoltà a trasmettere valori positivi, mentre ben il 64% denuncia la solitudine delle famiglie rispetto alle istituzioni sociali.
Il Forum Nazionale delle Associazioni dei genitori della Scuola (FONAGS)
Sempre nel segno di incentivare la partecipazione con D.M. 18 Febbraio 2002, n.14 è stato istituito il Forum nazionale delle associazioni dei genitori presso il MIUR, tavolo permanente di consultazione sulle problematiche scolastiche del Ministero con l’associazionismo familiare. Sul modello di quello nazionale si sono costituiti nel corrente anno scolastico 2003\4 presso le direzioni regionali scolastiche Forum regionali (FO.R.A.G.S.) con proprio statuto e regolamento. L’obiettivo è di riuscire a creare in tempi brevi analoghi tavoli anche a livello provinciale presso i singoli CSA. Oltre alla produzione di alcuni documenti di indirizzo sulla riforma della scuola e degli organi collegiali, il Fonags ad oggi si è espresso col “Progetto Genitori”, nel tentativo di mettere in rete le buone pratiche di cooperazione scuola-famiglia delle singole istituzioni scolastiche che vengono successivamente pubblicizzate nella giornata europea dei genitori, con un forum telematico cui sarà dedicato un quaderno degli annali dell’istruzione. Ad aprile del 2004 si è tenuto, inoltre, il primo seminario nazionale “Genitori e scuola” a Sabaudia: una assise dedicata ad una riflessione sui cambiamenti in atto, all’individuazione di modalità consone ai tempi per incentivare una cooperazione attiva delle famiglie. C’è il riconoscimento e l’impegno, su questo terreno, da parte del ministero della necessità di formazione rivolta ai genitori. Se il ruolo del genitore è assimilabile ad un processo di apprendimento esso non può, infatti, non interessare un’istituzione come la scuola che in materia ha grandi competenze. Tuttavia anche il tentativo che l’istituzione dei Forum rappresenta di sollecitare la partecipazione non può risolvere il problema del coinvolgimento delle famiglie in modo sistemico: esso infatti si rivolge ai genitori operanti nelle associazioni, che, sia pur diffuse sul territorio nazionale, per tradizione e cultura di questo paese rappresentano un fenomeno limitato. Il genitore che approda all’associazionismo è già colui che ha messo a valore una partecipazione consapevole e duratura al di là della temporaneità del percorso scolastico dei figli e vede nell’associazione di riferimento uno spazio nel quale consorziare bisogni, imparando a rappresentare esigenze non individuali e corporative, ma coerenti con l’interesse generale, quello cioè di tutti i bambini e di tutte le bambine.
La riforma degli Organi Collegiali
Il discorso torna di necessità sulle forme di governo della scuola: gli Organi Collegiali, il cui progetto di riforma è fermo alla Camera da alcuni anni Nel frattempo, però, è successo qualcosa di importante: l’autonomia delle scuole è stata formalmente sancita, ed è diventata norma con rilievo costituzionale. Questo cambia sostanzialmente la natura e i compiti delle singole unità scolastiche, che diventano istituzioni in prima persona, incaricate di progettare piani formativi da offrire ai destinatari interessati nell’ambito del proprio contesto. Il che non può non incidere sulla dinamica dei rapporti con essi, poiché introduce una esplicita alterità tra chi offre e chi è destinatario dell’offerta. È quindi oggetto di necessario ripensamento l’idea della “comunità educante”, per spostare i rapporti sul piano della dialettica tra parti distinte, con diverse responsabilità . È infatti proprio la responsabilità dell’autonomia scolastica a chiedere un coinvolgimento meno rituale dei genitori nella definizione degli indirizzi generali, ma sempre nella distinzione tra compiti di indirizzo e compiti gestionali. La questione quindi è oggi forse esprimibile con una domanda: quale partecipazione, e perché, nelle scuole dell’autonomia? Nell’anno scolastico appena terminato (2003-2004) abbiamo assistito ad una partecipazione dei genitori, spontanea e non formalizzata, in antagonismo al progetto di riforma della scuola: Le che modalità di protesta sono state piuttosto inusuali e creative: dagli attraversamenti lenti sulle strisce pedonali antistanti le scuole, alle assemblee che ridavano linfa agli agonizzanti comitati dei genitori, alle occupazioni simboliche degli stessi istituti scolastici, alle feste in piazza, alle grandi manifestazioni unitarie. Scoprendo e rendendo sistema, codici comunicativi nuovi hanno usato la rete per creare dibattito, conoscenza e mostrando capacità interpretativa di norme, circolari, decreti, spesso precluse ai genitori a causa di un linguaggio criptico da addetti ai lavori. È la dimensione che possiamo definire “di movimento”, destrutturata, che si innesca ed agisce secondo logiche contingenti non sempre e non del tutto immaginabili a priori. Ed è inevitabile che si sviluppi al di fuori di regole formalizzate, poiché stimola e mette alla prova gli assetti e gli equilibri consolidati. Ma il “governo” della scuola deve considerare anche il processo di istituzionalizzazione della partecipazione che consiste invece proprio nella costruzione di forme e momenti regolati normativamente, in modo che sia inserita nel quadro delle strutture formali. I due disegni di legge, uno dell’attuale maggioranza ed uno dell’opposizione, sugli organi collegiali di istituto, che aspettano la discussione in aula, hanno in comune rispetto agli OO.CC. tradizionali un certo snellimento complessivo[4]; appare evidente in entrambi la presa d’atto che l’autonomia attribuisce alle scuole il compito di elaborare e realizzare piani di offerta formativa, e in entrambe le proposte si riconosce al collegio dei docenti il potere di elaborarli, e al consiglio della scuola/dell’istituzione quello di “adottarlo”. Sul nuovo concetto di valutazione del servizio e sulle modalità di attuazione le due bozze divergono in modo netto poiché la proposta di maggioranza la affida esplicitamente ad un “nucleo” sostanzialmente esterno, mentre quella dell’opposizione ad una commissione nominata dal consiglio stesso. L’asse portante della proposta della maggioranza sembra dipanarsi sul nodo della “libertà di scelta” dei genitori e del “patto educativo” con le famiglie; quello dell’opposizione sul rispetto e la tutela della “libertà d’insegnamento” e sul rispetto della “distinzione delle funzioni e delle responsabilità”. Nel disegno di legge della maggioranza prevale un’interpretazione della partecipazione come valore strumentale per migliorare l’efficienza del sistema di istruzione; in quello dell’opposizione appare centrale la partecipazione come valore in sé, naturale moltiplicatore di pratiche democratiche. Le due interpretazioni della categoria “partecipazione” possono non essere alternative ed il nuovo assetto di governo della scuola dovrebbe intrecciarle, anche per garantire una vita più lunga e “felice” ai nuovi OO.CC. Quale che sia l’esito del l’iter legislativo, non si può non sottolineare l’urgenza con cui la scuola attende un nuovo assetto normativo. Lo chiede l’incongruenza tra le vecchie norme collegiali ed il nuovo impianto che l’autonomia crea. Lo chiede la società civile, se solo riflettiamo sui movimenti che hanno coinvolto tanti cittadini-genitori negli ultimi mesi. Ma lo si evince altresì da alcune ricerche[5] che confermano il valore che viene attribuito al sistema pubblico di istruzione e le attese che esso suscita nei “non addetti ai lavori”. Non resta che indicare almeno tre criteri che dovrebbero segnare le nuove strade della partecipazione: l’informazione, la consultazione, la codecisione. 1) L’informazione. Essere informati, e consapevoli, è una condizione indispensabile per esercitare davvero qualsiasi diritto di cittadinanza (v. voce educazione alla cittadinanza).. E non è inutile rilevare il corrispondente dovere degli insegnanti di informare, e fare capire i contenuti dell’offerta formativa, esplicitandone le priorità educative e argomentandone la scelta. Basta porre mente alla questione della verificabilità degli obiettivi formativi, o della esplicitazione preventiva dei criteri di valutazione degli studenti, per rendersi conto che già l’effettiva attuazione di questa forma di partecipazione costituisce un passo avanti sulla via della democrazia. 1) La consultazione. Essere interessati ad un servizio non significa necessariamente essere competenti a progettarlo e realizzarlo. Nondimeno, si può partecipare avendo la possibilità di esprimere non solo interessi e aspettative, ma anche i dubbi, le perplessità, che si traducano o no in richieste esplicite. Segnali, insomma, importanti da raccogliere doverosamente e anzi da sollecitare, da parte di chi è professionalmente e istituzionalmente competente, per progettare un servizio. Non perché aderisce supinamente alle eventuali richieste, che vanno comunque rielaborate; ma perché tiene conto delle caratteristiche del contesto che quei segnali consentono di rappresentare in modo plausibile. 2) La codecisione. Elemento fondamentale, se le prime due condizioni sono attive, pur nella consapevolezza dell’asimmetria professionale e di competenza tra docenti e genitori. Asimmetria che non può scomparire in nome dell’assolutezza della libertà di scelta delle famiglie o per la fuorviante sottocultura del mercato e del “cliente” che si è voluta introdurre nella scuola.
Se il rinnovo degli OO.CC sarà solo un’operazione di lifting c’è il rischio sotteso che le scuole si adattino a convivere con i nuovi organi collegiali, preoccupate soltanto di limitare i danni prodotti da cambiamenti vissuti come non necessari, e che i genitori, dopo un iniziale nuovo interesse, ritornino progressivamente alla nota apatia.
Opportunità e riferimenti- European parents association: http://www.epa-parents.org - F.O.N.A.G.S.: http://www.istruzione.it/scuola_e_famiglia/fonags_comunicati.shtml - A.GE (associazione italiana genitori): http://www.age.it - A.GE.S.C (associazione genitori scuole cattoliche): http://www.agesc.it - C.G.D. (coordinamento genitori democratici): http://www.genitoridemocratici.it - Numerosi coordinamenti genitori sono nati per la difesa del tempo pieno nel corso del 2004. Si citano di seguito alcuni siti di riferimento, scusandosi per la parzialità delle indicazioni e le conseguenti omissioni: - http://www.apritiscuola.it; http://www.retescuole.net; http://www.cesp.it; http://www.intrascuola.it; http://www.scuolaoggi.org; - Per un’efficace consultazione dei documenti: https://www.edscuola.it/famiglie.html
Risorse normative- Legge 28 marzo 2003, n. 53 (Delega al governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione..) in G.U. n.77 del 2 aprile 2003. - Decreto legislativo 19 febbraio 2004, n.59 (Definizione delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione) in G.U. n.51 del 2 marzo 2004. - Circolare Ministeriale 5 marzo 2004, n.29 (Indicazioni e istruzioni relative al decreto legislativo 19 febbraio n.59). - Decreto Ministeriale 18 febbraio 2002, n.14 (Costituzione del Forum Nazionale delle Associazioni dei Genitori della Scuola). - Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n.275 (Regolamento dell’autonomia). - Decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n.249 (Regolamento recante lo statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria). - Proposta di legge: Norme concernenti il governo delle istituzioni scolastiche n.2010 - Proposta di legge: Disposizioni in materia di Organi Collegiali della scuola dell’autonomia n.1186
Indicazioni bibliografiche - C. Saraceno, Mutamento della famiglia e politiche sociali in Italia, il Mulino, Bologna, 2003. - C. Saraceno, Il confine della povertà in Il bambino s/confinato (Frontiere e nuovi valichi nel continente infanzia), Città aperta, Enna, 2003. - B.Accetta (a cura di), Il primato educativo: alla famiglia o alla scuola?intervista ad Angela Nava in Insegnare, n.12, 2002. - Istituto Cattaneo-Associazione Trelle, La scuola vista dai cittadini (Indagine sulle opinioni degli italiani nei confronti del sistema scolastico). Ricerca n.1, Roma, 2004. - CENSIS, Pochi rischi, siamo genitori. Opinioni e comportamenti delle famiglie italiane sul futuro dei figli, Roma, 2003. - C. Pipitone, Bambini e genitori nella scuola e nella società- breve storia del CGD, Fondazione italiana per il volontariato, Roma, 2000. - P. Romei, Riforma degli Organi Collegiali e governo delle scuole autonome, in Amministrare-Rivista quadrimestrale dell’Istituto per la scienza dell’amministrazione pubblica, n.3, dicembre 2003. (*) in G.Cerini - M.Spinosi (a cura di), Voci della scuola 4, Tecnodid, Napoli, 2004 [1] Un esempio: la legge 28 marzo 2003, n. 53 apre all’art. 1 con “ Al fine di favorire la crescita…., nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori..”. [2] Per il dibattito sulla scuola alla Costituente, si rinvia a A.Nava Mambretti (a cura di) La scuola democratica (1947-1953), ARGO, Lecce, 1996. [3] “Pochi rischi, siamo genitori” Indagine CENSIS, Roma, aprile 2003. [4] In entrambi… scompaiono sia la giunta esecutiva, che i consigli di classe. Questi ultimi, che pur nei loro limiti, hanno rappresentato in questi anni una scuola di “alfabetizzazione democratica”, vengono rimandati insieme ai comitati dei genitori già previsti come facoltativi dal T.U. n.297\1994 al regolamento delle singole istituzioni scolastiche e come rimando al D.PR. n. 249, più noto come “Statuto delle studentesse e degli studenti”. [5] Una per tutte”La scuola vista dai cittadini- Indagine sulle opinioni degli italiani nei confronti del sistema scolastico”Istituto Cattaneo-Associazione Treelle; Ricerca n.1, maggio 2004-08-08 |
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