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Forum
Scuola ed Handicap tra "finanziaria" ed altre misure. Un Forum al CNEL Si è svolto nei giorni scorsi al CNEL un Forum sull’integrazione scolastica delle persone handicappate. Il forum, coordinato da Melino Pillitteri, presidente della 2^ Commissione Politiche del lavoro e sociali dello stesso CNEL, si inquadra in un impegno di studio più ampio che punta non solo ad analizzare i problemi ma anche a indicare le soluzioni raggiungibili. A questo proposito Pillitteri ha lanciato l’idea di un documento di lavoro che il CNEL potrebbe redigere ed inviare ai responsabili istituzionali delle politiche scolastiche e dell’integrazione. Nello spirito dell’operatività è stata così improntata la relazione introduttiva di Salvatore Nocera, vice presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) che ha sintetizzato in otto punti le questioni aperte a cui i responsabili politici (e secondo Nocera anche quelli sindacali) sono chiamati a rispondere.
Di richiamo ai principi e ai valori dell'integrazione e della diversità, da riuscire a declinare nella nuova scuola dell'autonomia è stato l'intervento di Rosetta Mazziotta ,Segretaria nazionale di CISL Scuola. La scuola dell’autonomia in cui il processo dell’Integrazione oggi si colloca ha accentuato - ha rilevato la sindacalista - la richiesta di una maggiore collaborazione tra le diverse risorse disponibili all’interno e all’esterno dell’unità scolastica, anche attraverso scelte organizzative flessibili che possono offrire nuove e diverse opportunità di integrazione. Questa prospettiva si allarga poi con la riforma dell'assistenza e dei servizi sociali, nella quale viene esaltato il ruolo della famiglia e degli altri soggetti che partecipano al processo di integrazione. L'evolversi della vita sociale e degli strumenti di supporto deve sempre di più valorizzare il ruolo della scuola. Al contrario, la "monetizzazione" che ispira questa politica del governo non è solo una manovra economica contingente, ma ha implicazioni sociali, politiche, etiche che configurano all'insegna dell'individualismo, della meritocrazia, della competitività, della governabilità come decisionismo nell'impresa e nella politica, uno sviluppo antitetico a quei valori di uguaglianza, di solidarietà, di partecipazione democratica che ispirano da sempre la strategia della Cisl. Proseguendo il suo intervento, Rosetta Mazziotta ha evidenziato che dai dati ufficiali emerge chiara la capacità delle scuole di accogliere ed istruire i soggetti con bisogni educativi speciali. Una capacità alta nella scuola dell'infanzia e bassa nella scuola secondaria. In quest'ultima diminuisce la capacità di flessibilità e di attenzione verso la singolarità. Inoltre, in alcune scuole la percentuale dei disabili è maggiore rispetto ad altri istituti. Gli alunni con bisogni educativi speciali che frequentavano la scuola comune statale nel nostro Paese nel primo anno di questo millennio erano il 97,8% della totalità; di questi solo l'1,56% stanno proseguendo gli studi fino alle "superiori". Inoltre, la presenza di alunni in situazione di handicap è prevalente negli istituti professionali a cui seguono i tecnici, gli artistici, i classici che sono collocati all'ultimo posto e, inoltre, la presenza dei disabili diminuisce progressivamente dal primo al quinto anno. Gli studenti in situazione di handicap incontrano più problemi dei loro coetanei nell'ottenere la promozione. Emergono poi differenze significative negli esiti degli scrutini e lo svantaggio è chiaramente per le regioni del Sud e delle Isole La cultura dell'integrazione deve così fare ancora un lungo cammino. Da tempo, quindi Cisl Scuola.chiede:
Una nuova politica del personale insomma, che deve diventare questione centrale per realizzare qualificati progetti di integrazione. Più che tranquillizzare hanno provocato ulteriore inquietitudine gli interventi dei due Sottosegretari più direttamente coinvolti nella questione. Per il ministero del Welfare, Maria Grazia Sestini ha lanciato l’idea di un Testo Unico che raggruppi e riorganizzi le diverse leggi e normative che si riferiscono all’handicap. Il che sarebbe come riportare in un unico grattacielo (con un buon ascensore e buoni sistemi di connessione) le diverse case e casupole, borgate e quartieri che sono nate e che si sono sovrapposte in un secolo di legislazione specifica per i cittadini invalidi, disabili ed handicappati. Il testo unico sarebbe senz’altro utile per una lettura lineare di norme che si sono sovrapposte, sarebbe però anche utile un’assunzione di responsabilità per riordinare diritti e prestazioni - pure storicamente giustificabili - secondo nuovi principi di giustizia sociale e soprattutto di sostegno all’autonomia, all’integrazione e di aiuto al nucleo familiare. In quest’ambito, pure più specifico alle sue competenze, la senatrice ha rilevato che il Governo si è ripresa la delega (cosa già auspicata dalla CISL) per il riordino delle prestazioni di assistenza economica per gli invalidi, previsto dall’articolo 24 della legge 328, ma ha poi confessato di averci visto un imbroglio nel fatto che tale riordino debba avvenire senza oneri aggiuntivi. Sicuramente però la senatrice non ignora che la partita di questi "emolumenti" si gioca attorno ai sessantamila miliardi di vecchie lire e che gran parte dei soldi distribuiti sono "a pioggia", con un impronta categoriale e senza alcuna finalizzazione od obiettivo di autonomia, di integrazione lavorativa o anche di semplice assistenza. Non chiaro poi – nelle poche parole spese - è stato il riferimento alle nuova Classificazione Internazionale delle Funzioni e della Salute, approvata dalla Organizzazione mondiale della Sanità, che dovrebbe consentire criteri, parametri e metodologie di rilevazione delle abilità e delle difficoltà in specifiche condizioni soggettive ed in determinati ambienti di vita. Ci rallegra però il fatto che la Sottosegretaria abbia colto un’opportunità di riorganizzazione dei vecchi parametri di valutazione delle minorazioni e degli handicap che (per le invalidità civili) risalgono alle tabelle ministeriali del 1980. Ci preoccupa, invece, l’annuncio fatto di una revisione della legge 68/99 (diritto al lavoro dei disabili). Sappiamo che piccoli aggiustamenti tecnici su questo terreno possono completamente cambiare il senso all’applicazione di questa legge. Il che sarebbe preferibile farlo in un chiaro confronto tripartito e con il coinvolgimento delle rappresentanze del mondo associativo. Molto argomentato, anche se non sempre convincente, è stato invece per il Ministero dell’Istruzione l’intervento del Sottosegretario Valentina Aprea. In merito alle paure sorte attorno alla "finanziaria 2003", ha spiegato che in realtà non si può parlare di alcun taglio, dal momento che il Governo è impegnato a contenere la marea montante di personale ATA (Amministrativo Tecnico Ausiliario) che, per effetto del suo passaggio dall’organico degli enti locali a quello dello Stato è passato dalla quota di 72.000 unità – tra cui 60.000 vecchi bidelli – a 146.000 (con 104.000 bidelli) fino ad arrivare a 280.000 operatori, a cui bisognerebbe aggiungere l’assunzione presso lo Stato di 11.000 persone impegnate nelle imprese di pulizia, oltre a decine di migliaia di LSU. E’ quindi evidente, secondo la Sottosegretaria, un esubero di bidelli nella scuola, a carico del bilancio dell’Istruzione, che invece vuole puntare ad un risparmio del 6% in tre anni, per puntare ad altre figure (da immettere nella scuola). D’altra parte, il rapporto sull’Integrazione scolastica (che la Sottosegretaria ha illustrato alla Commissione Bicamerale Infanzia, lo scorso 22 ottobre e qui allegata) indica l’allargarsi della forbice tra organico di diritto ed organico di fatto, con uno sforamento di 3.000 miliardi e di 18.000 insegnanti di sostegno. Arrivando al punto, la Aprea difende le scelte del suo ministero, rilevando come non sia questione di quantità di insegnanti di sostegno, quanto di cattivo utilizzo degli stessi. Infatti, in molte realtà nelle diverse parti del nostro Paese è stato evidenziato un aumento continuo delle certificazioni per handicap e una "deriva" del concetto di handicap: "da una precisa concezione di situazioni psico-fisiche o di invalidità sensoriale, verso un generico disagio sociale o socio educativo". Il Ministero dell’Istruzione non nega che anche questo dovrebbe essere al centro delle preoccupazioni della scuola ma mette in evidenza che questo dovrebbe essere affrontato con metodologie e risorse diverse dagli insegnanti di sostegno. Del resto – e qui dobbiamo ammettere che la on.le Aprea ha ragione – anche con riferimento alla situazione di handicap vi è nella scuola una tendenza a caricare di tutto l’onere dell’integrazione e dell’apprendimento l’insegnante di sostegno, rischiando di emarginare anche costui oltre all’allievo che invece andrebbe integrato, con un coinvolgimento di tutto il gruppo classe. La stessa sottosegretaria, del resto, denuncia il carosello delle figure di sostegno che cambiano anche nel corso dello stesso anno scolastico. e l’articolazione delle situazioni soggettive in cui si trovano gli stessi insegnanti tra specializzazione, abilitazione, assegnazioni provvisorie e insegnamento "normale". Ritornando alle questioni legate alla "finanziaria" la rappresentante del Governo ha ricordato come già nel bilancio di previsione 2003 sono stati confermati gli stanziamenti per le spese di personale previsti nel bilancio assestato nel 2002, in tali spese sono compresi anche gli oneri riferiti ai 18.000 docenti di sostegno assunti per lo scorso anno scolastico, oltre ai posti già autorizzati in deroga. Il Governo, secondo la sua rappresentante, punterebbe con la finanziaria in discussione a definire un contingente nazionale da utilizzare per ulteriori deroghe a partire dal prossimo anno scolastico, puntando però ad evitare le disparità territoriali e "deroghe fuori controllo". Per ovviare poi alle certificazioni fuori controllo delle situazioni di handicap negli allievi, il Ministero dell’Istruzione, di concerto con il Ministero della Salute, definirà soggetti responsabili e relative competenze, puntando al coinvolgimento oltre che delle strutture sanitarie anche dell’Amministrazione "che fornisce le risorse umane e finanziarie". Una formula qui rozzamente sintetizzata ma che in ogni modo fa inorridire, sembrando azzerare decenni di esperienze di lavoro interdisciplinare ed interistituzionale per la valutazione di una condizione di una persona in continuo divenire e continuamente capace di cambiare le condizioni delle sue interazioni con l’ambiente, con le altre persone, con se stesso. Fuori dal Forum su questo punto sono intervenuti Rolando Alberto Borzetti e lo stesso Nocera. Borzetti, responsabile della sezione 'handicap' del sito www.edscuola.it, ha sottolineato quanto sia indefinito talvolta il limite tra un disturbo comportamentale dovuto ad una disabilità ed uno dovuto ad una situazione di disagio socio-culturale. Perché, quindi, non si dovrebbe intervenire pedagogicamente anche su queste difficoltà? Il sostegno è comunque indispensabile «per correggere questo tipo di handicap, come l'iperattività e la carenza di attenzione. Ogni situazione va analizzata in un contesto e in un tempo ben definito. E' indubbio che ci siano certificazioni facili da parte delle Unità di neuropsichiatria Infantile, aggiunge Borzetti, ma è anche vero che se si tolgono risorse alla scuola, e si parla di insegnanti, questi bambini verranno emarginati. Secondo Nocera, infine, se il Governo è convinto di quanto afferma il sottosegretario Aprea, ha tre strade di fronte: «Denunciare per falso le Unità multidisciplinari che fanno le certificazioni, oppure, in quanto atti pubblici, rispettarle e recepirle o, ancora, cambiare il criterio di verifica della disabilità, prendendo atto delle nuove disposizioni dell'Organizzazione mondiale della sanità».
CNEL - Quale futuro per l’integrazione
scolastica in Italia? L’integrazione scolastica degli alunni in situazione di "eccezionalità" sta entrando, in vista dell’approvazione del disegno di legge n. 1306, in una fase importante e la sua funzione di stimolo e di arricchimento della qualità di una scuola pensata per tutti e per ciascuno, si fa sentire con forza. I dati degli alunni in situazione di handicap presenti nel territorio nazionale nella scuola statale relativi all’anno scolastico 2001-2002, ci consentono di analizzare con maggiore attenzione la situazione attuale e forniscono un input in più sull’importanza della logica della sussidiarietà che pone il soggetto come attivo decisore delle proprie opportunità e obbliga a decentrare al massimo le sedi di risoluzione e le erogazioni concrete. Considerata dal punto di vista giuridico, l’integrazione può essere vista come il diritto dell’alunno con bisogni educativi speciali a ricevere la prestazione scolastica nella scuola "comune" al pari degli altri alunni e il correlativo dovere del pubblico servizio scolastico di erogare una prestazione di educazione e di insegnamento differenziato in rapporto alle particolari condizioni. Dal contesto di tale dichiarazione si evince l’eguaglianza di tutti i cittadini, la parità degli stessi nei confronti dell’ordinamento giuridico e l’obbligo dello Stato di garantire le condizioni di fatto, che consentano a tutti i cittadini lo sviluppo della loro individualità, nonché la partecipazione alla vita sociale del Paese. La Costituzione italiana riconosce il diritto all’uguaglianza e fonda questa norma sul principio della diversità di ogni individuo. Ogni persona è unica nel suo genere, irripetibile nelle sue caratteristiche piscofisiche e diversa dagli altri. Il binomio uguaglianza – diversità è inscindibile, colui il quale è diverso, è simile all’altro e non uguale, perché "il criterio dell’uguaglianza di fatto risiede nell’equivalenza". A tale proposito va detto che la situazione di handicap non è altro che un particolare modo di essere che rientra nelle manifestazioni della diversità individuale; offre opportunità di arricchimento reciproco, poiché ognuno può avvalersi di valori di cui l’altro è portatore. Secondo Mounier la persona "non esiste se non in quanto diretta verso gli altri e si ritrova solo negli altri". L’obbligo del legislatore di trattare in modo eguale i cittadini non esclude che esso possa dettare norme diverse per regolare situazioni diverse, adeguando la disciplina giuridica ai differenti aspetti della vita sociale. La scuola deve predisporre per tutti e per ciascuno percorsi educativi e itinerari didattici flessibili ed adeguati alle esigenze del singolo alunno per offrire un metodo, un ritmo e forme di insegnamento congeniali per vivere in civismo ed umanità. Dice Antiseri che la "diversità è l’essenza della società aperta e il pericolo per la società è la negazione delle diversità". La scuola dell’autonomia in cui il processo dell’Integrazione oggi si colloca ha accentuato la richiesta di una maggiore collaborazione tra le diverse risorse disponibili all’interno e all’esterno dell’unità scolastica, anche attraverso scelte organizzative flessibili che possono offrire nuove e diverse opportunità di integrazione. Ciò implica la ricerca di un positivo rapporto coattivo con la comunità territoriale, le famiglie e gli Enti Locali, nella comune predisposizione di interventi volti a favorire il pieno diritto all’educazione e l’arricchimento dell’offerta formativa. La legge quadro n. 328/2000 sui servizi integrati esalta fortemente le competenze della famiglia e il ruolo degli altri soggetti che partecipano al processo di integrazione per riorganizzare il comparto delle politiche sociali, attraverso un progetto che si esprima via via con nuove sfide e nuove contraddizioni che devono riguardare tutto l’arco della vita. E’ all’interno della scuola dell’autonomia che queste linee devono trovare rinnovate espressioni di garanzia per una scuola veramente "inclusiva" chiamata a realizzare al più alto livello, le potenzialità dei singoli alunni, per coltivare tutte le dimensioni della personalità, per rispettare e promuovere l’identità personale di ciascun alunno, in particolare di coloro che hanno bisogni educativi speciali verso i quali è diretta costantemente la nostra attenzione. Infatti solo una scuola a misura dell’ultimo riuscirà ad essere una scuola a misura di tutti: questa la convinzione pedagogica di don Milani, questa la nostra convinzione. Quando viene discriminato un bambino diversamente abile è segno che esistono le condizioni, culturali e strutturali, perché chiunque altro possa esserlo: l'ammalato, l'infermo, l'anziano, il lavoratore di colore, il diverso. La scuola è l'unica sede dove si tenta in maniera generalizzata, e con risultati positivi, l'integrazione. Per questo la scuola deve essere oggetto di attenzione particolare, senza comunque essere messa sempre e solo sotto processo, senza essere considerata dal governo solo area degli sprechi e dell'improduttività favorendo un disegno di privatizzazione alternativo alla riprogettazione e riqualificazione dello stato sociale. La preoccupazione finanziaria è debordata in ossessione e si è cristallizzata in cultura; prevalgono le esigenze di "taglio - della - spesa - comunque" a prescindere dalla sua qualità e destinazione, dai valori in gioco e dalla precarietà cui vengono esposte migliaia di esistenze. La "monetizzazione" che ispira questa politica del governo non è solo una manovra economica contingente, ma ha implicazioni sociali, politiche, etiche che configurano all'insegna dell'individualismo, della meritocrazia, della competitività, della governabilità come decisionismo nell'impresa e nella politica, uno sviluppo antitetico a quei valori di uguaglianza, di solidarietà, di partecipazione democratica che ispirano da sempre la strategia della Cisl. La cultura dell'Integrazione è sicuramente una scelta sociale e culturale irreversibile; a cui le istituzioni scolastiche sono chiamate a contribuire nel tentativo di realizzare una scuola attenta alla diversità, una scuola per tutti e a misura di ciascuno, dove fare esperienza positiva e umanizzante deve essere il presupposto indispensabile per l'integrazione in una società che cammina sempre più velocemente verso la globalizzazione che è pluralismo e diversità. Dai dati forniti dal ministero dell'Istruzione emerge con chiarezza che la capacità delle scuole di accogliere ed istruire i soggetti con bisogni educativi speciali è direttamente connessa ai livelli scolastici: alta nella scuola dell'infanzia e bassa nella scuola secondaria. Nella scuola secondaria c'è una minore attenzione dei docenti verso la singolarità e una minore capacità di essere flessibili ed intenzionali. Inoltre in alcune scuole la percentuale dei disabili è maggiore rispetto ad altri istituti. Gli alunni con bisogni educativi speciali che frequentavano la scuola comune statale nel nostro Paese nel primo anno di questo millennio erano il 97,8% della totalità; di questi coloro che stanno proseguendo gli studi fino all'istruzione secondaria di II grado sono appena l'1,56%. L'esame dei dati nazionali rileva come la presenza di alunni in situazione di handicap è prevalente negli istituti professionali a cui seguono i tecnici, gli artistici, i classici che sono collocati all'ultimo posto e, inoltre, la presenza dei disabili diminuisce progressivamente dal primo al quinto anno. Gli studenti in situazione di handicap incontrano più problemi dei loro coetanei nell'ottenere la promozione nonostante la prosopopea intorno al successo formativo; questa difficoltà si acuisce dalla scuola elementare alla scuola media soprattutto negli anni di passaggio da un grado di scuola all'altro. Dal confronto dei dati sulle promozioni di alunni con handicap nei vari territori nazionali emergono differenze significative negli esiti degli scrutini e in particolare nelle regioni del Sud e delle Isole i valori relativi sono in generale più bassi rispetto a quelli del Centro-Nord. I dati analizzati hanno consentito di documentare quanto cammino ancora la cultura dell'integrazione debba percorrere affinché si consenta a ciascuno di integrarsi all'interno di gruppi mirati o nei gruppi di livello nell'ottica di una scuola per tutti dove il soggetto con bisogni educativi speciali abbia l'opportunità di seguire un progetto educativo che valorizzi i tanti modi attraverso i quali l'allievo può apprendere. Su questo obiettivo forte e decisa è l'azione della Cisl Scuola. Da tempo chiediamo:
Una nuova politica del personale insomma, che deve diventare questione centrale per realizzare qualificati progetti di integrazione. Concludendo, mi auguro come mamma, come cittadina, ma soprattutto come docente iscritta alla Cisl che all'interno di tutte le scuole dell'autonomia, ben presto, sia possibile garantire e sostenere la diversità come ricchezza di ognuno, affinché ogni alunno, ogni giovane, ogni adolescente sia una risorsa civile ed educativa per la crescita e lo sviluppo di tutti, perché sono pienamente d'accordo con l'Arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi quando sostiene che "i diritti dei deboli non sono diritti deboli".
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