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L’ISTRUZIONE A DOMICILIO E’ COMPATIBILE CON LA LEGGE-QUADRO N° 104/92? (schema dell’intervento dell’avv. Salvatore Nocera, Vicepresidente della F.I.S.H., membro dei Comitato tecnico dell’Osservatorio permanente sull’integrazione scolastica istituito presso il Ministero della Pubblica istruzione) Premessa: il progetto di "istruzione domiciliare per bambini cerebrolesi" elaborato dal "Gruppo di volontariato Philadelfia" non è rivolto a tutti i bambini cerebrolesi ma a quelli che, per problemi strettamente terapeutici e \ o sanitari, hanno notevoli difficoltà a frequentare la scuola. In questi termini il progetto tende a recuperare l’handicap che questa situazione crea. II fine ultimo dell’istruzione domiciliare è quello di mantenere il bambino cerebroleso al livello dei suoi coetanei nella fruizione del diritto all’istruzione ed è mirato a future forme di integrazione (fisica o telematica). Se l’integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap è fra le novità caratterizzanti la legge-quadro n. 104/92 per gli indicatori di qualità che la legge indica, l’istruzione a domicilio potrebbe considerarsi, a prima vista, la sua contraddizione. Ed infatti da talune parti si propone una modifica della Legge-quadro per introdurre questa modalità di realizzazione del diritto allo studio. Occorre però indagare più da vicino quali sono le ragioni della richiesta di modifica della legge-quadro e ci si troverà in presenza di una esigenza particolare: quella di assicurare il diritto all’istruzione a chi ha difficoltà nell’immediato ingresso in una classe, per ragioni di salute, ad es. carenze immunitarie, tratti della personalità disturbata che, per autismo o psicosi, non trarrebbe vantaggio dalla frequenza di una classe chiassosa. Pertanto un progetto che, partendo da questa situazione iniziale, si propone Io scopo di assicurare l’istruzione attraverso un percorso più complesso della normale scolarizzazione, merita attenzione. Occorre però intendersi sugli obiettivi finali e sulle strategie: OBIETTIVO FINALE deve essere quello, ove possibile, di realizzare l’integrazione con i coetanei della classe scolastica di riferimento, cui l’alunno difficile va iscritto, come tutti gli altri. LE STRATEGIE da attuare possono essere le più diverse; in taluni casi sono state sperimentate forme di collegamento, telematico fra la classe e la casa dell’alunno in difficoltà. Esistono programmi computerizzati che permettono una comunicazione, anche visiva ed uditiva, fra classe e casa dell’alunno. Vi sono progetti che invece prevedono un lento ma incessante avvicinamento dell’alunno alla sua classe. Il progetto discusso nel Convegno di La Spezia del 27 e 28 Novembre ‘99, non dichiara espressamente l’obiettivo di far pervenire l’alunno all’integrazione con un gruppo-classe di coetanei. Occorre quindi esplicitare se tale obiettivo esiste oppure no, limitandosi cioè esso solo a favorire una forma di istruzione personale a domicilio. Occorre inoltre fugare un’impressione che si coglie, leggendo il progetto e cioè che l’istruzione è una "fase terapeutica" della riabilitazione sanitaria. lo non mi intendo di medicina; ma, da insegnante, non comprendo come il processo insegnamento-apprendimento possa avere una valenza terapeutica, avendo esso una pregnante valenza pedagogica. Io ho sempre contrastato la logica sottostante alla cultura delle scuole speciali, secondo cui la scolarizzazione era un aspetto della terapia e gli insegnanti avevano una prevalente formazione di tipo sanitario. Con l’avvento dell’integrazione scolastica l’aspetto pedagogico-didattico si èemancipato da quello sanitario, anche per gli alunni in situazione di gravità, come i bambini o i giovani cerebrolesi. A mio avviso, per consentire ai soggetti cerebrolesi lo svolgimento di una strategia di avvicinamento all’integrazione, tramite un percorso terapeutico, quale è ad es. il metodo Doman, affiancato da un particolare percorso didattico, non occorre una legge nuova. Basta una sperimentazione, realizzata ai sensi dell’art 43 deI DM 331 ;98. Le poche ore di insegnamento ( mediamente 9 alla settimana) potrebbero essere pagate come straordinario ad alcuni docenti della classe in cui lo studente cerebroleso è iscritto. Occorrerebbe ben articolare il progetto pluriennale di avvicinamento alla classe, ad es. secondo modalità specifiche dei caso. Nicola Cuomo, dell’Università di Bologna, ha descritto un caso di tal genere nel suo libro "L’altra faccia dei diavolo ", che ritengo estremamente interessante. La sperimentazione ha il vantaggio che, specie a partire dal prossimo anno, con la piena realizzazione dell’autonomia scolastica in forza dei DPR n. 275/99, non occorrerà più la lunga trafila ministeriale, ma basterà che gli organi collegiali della singola scuola, o delle scuole in rete, approvino il progetto e lo facciano presentare dal capo d’istituto all’Organo regionale che sostituirà ii provveditore agli studi, senza bisogno di ottenerne l’autorizzazione, giacché le scuole godranno dell’autonomia di sperimentazione, che awenga nell’ambito della normativa vigente. Qualora invece si puntasse ad una sperimentazione, o peggio ad una legge, che ignori totalmente l’obiettivo dell’integrazione, sia pur in forma telematica, con coetanei compagni dell’alunno in difficoltà, avrei molte perplessità a ritenere che possa trattarsi di atti legittimi. Non lo sarebbe una sperimentazione contraria all’art. 43 dei DM 331/98 citato; Io sarebbe anche una eventuale legge, che andrebbe non solo contro la legge-quadro, ma anche contro la Sentenza n. 215/87 delia Corte costituzionale, che ha "costituzionalizzato" il principio dell’integrazione scolastica. |
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