Permessi
sul posto di lavoro
I genitori lavoratori, o i parenti e gli affini entro il terzo
grado, e gli stessi disabili che lavorano possono fruire di
permessi dal posto di lavoro (Legge
n.104, 5/2/92 art. 33). Possono fruire delle agevolazioni
anche i genitori affidatari: l’affidamento deve risultare da
una copia del provvedimento rilasciato dal Tribunale
competente, con l’indicazione della sua durata presunta e
una copia del documento rilasciato dall'autorità competente
attestante la data dell’effettivo ingresso del bambino
handicappato nella famiglia affidataria.
I permessi si distinguono in orari o mensili.
Questi periodi di assenza dal lavoro vengono computati nell’anzianità
di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla
tredicesima mensilità (art. 33, comma 4, Legge
n.104/92).
Quali genitori hanno diritto ai
permessi
- I genitori lavoratori dipendenti, pubblici o privati anche con
contratto a tempo determinato (Circolare
INPS n. 138, 10/7/01, punto 3). Le agevolazioni
possono essere prese da entrambi ma in alternativa.
- Il genitore lavoratore dipendente, pubblico o privato anche con
contratto a tempo determinato, il cui coniuge sia
lavoratore autonomo.
- Il genitore lavoratore dipendente, pubblico o privato anche con
contratto a tempo determinato, il cui coniuge non lavora
(art. 20 della Legge
n. 53/2000). A seguito dell'art. 20 della legge
n. 53/2000 che affermava il diritto ai permessi per il
genitore anche nel caso l’altro non ne avesse avuto
diritto, l’INPS aveva emanato la circolare
n. 133/2000 nella quale, con una interpretazione
restrittiva della norma, rendeva di fatto fruibile tale
diritto ai soli genitori di figli handicappati gravi
minori di età. Le disposizioni di questa circolare sono
state fortunatamente superate, e il diritto sancito per i
genitori di figli di qualsiasi età, dal comma 6 dell’art.
42 del “Testo unico delle disposizioni legislative in
materia di tutela e sostegno della maternità e della
paternità, a norma dell’art. 15 della legge
n. 53/2000” (Decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151).
Quali genitori non ne hanno diritto
- Il genitore lavoratore autonomo.
Requisiti
per poter fruire delle agevolazioni di cui all’art. 33, la
persona handicappata per la quale si richiedono deve essere
riconosciuta “portatore di handicap in situazione di
gravità” (art. 3, comma 3, Legge
104/92) dalla apposita Commissione ASL e non deve essere
ricoverata a tempo pieno.
Possono
fare richiesta al datore di lavoro anche coloro che devono
assistere persone per le quali ancora non è stata presentata
domanda di accertamento dell’invalidità civile presso la
ASL, o che sono ancora in attesa di sottoporsi alla visita
medica o in attesa di ricevere il verbale di invalidità. Si
tratta infatti di certificazioni di natura diversa, tra loro
distinte.
Tempi
il riconoscimento della condizione di gravità e il rilascio
del certificato vengono effettuati da apposite Commissioni
Mediche presso la ASL che devono pronunciarsi entro 180 giorni
dalla domanda (art.3-bis, Legge
n. 423/93). Se la Commissione non si pronuncia entro i
termini o nel caso in cui non sia costituita, i genitori
possono farsi rilasciare il certificato da un medico
specialista della ASL. La documentazione rilasciata dallo
specialista non è definitiva e produce effetto fino all’accertamento
della commissione.
Il riconoscimento produce effetto dalla data del rilascio del
relativo attestato, salvo che nello stesso sia indicata
espressamente una validità decorrente dalla data della
domanda. In seguito è sufficiente presentare annualmente una
dichiarazione di responsabilità, in cui è indicato che da
parte della ASL non si è proceduto a rettifiche o non è
stato revocato o modificato il giudizio sulla gravità dell’handicap
(Circolare
INPS n. 80, 24/3/95).
Domanda
una volta ottenuto questo certificato, si può presentare
domanda al proprio datore di lavoro, allegando ad essa
l'autocertificazione contenente lo stato di famiglia;
l'esistenza in vita del figlio e la condizione di non ricovero
a tempo pieno di questo.
Per il godimento dei permessi giornalieri è sufficiente
presentare una domanda valida per i 12 mesi successivi (Circolare
INPS n.80, 24/3/95) se il certificato di situazione di
gravità rilasciato dalla ASL è quello definitivo (cioè
attestato dall’apposita Commissione); nel caso in cui il
certificato non sia quello definitivo, (rilasciato cioè, in
assenza della Commissione competente, da un medico in servizio
presso la ASL specialista nella patologia denunciata) la
richiesta ha validità per i sei mesi successivi, entro i
quali, ai sensi della Legge
n. 423, 27/10/93 la Commissione deve comunque
pronunciarsi. (Circolare
INPS n. 80, 24/3/95).
Nel caso in cui nello stesso nucleo familiare vivano più
persone handicappate in stato di gravità maggiori di tre anni
di età, la persona che le assiste può fruire di più
benefici, consistenti ciascuno in un permesso mensile di tre
giorni (Circolare Ministero Funzione Pubblica n. 20, 30/10/95,
Circolare Ministero Lavoro n. 59, 30/4/96 e Circolare
INPS n. 211, 31/10/96). Occorre presentare tante domande
quanti sono i figli per i quali il genitore chiede i permessi
e all’atto della domanda occorre presentare una
dichiarazione di responsabilità da cui risulta che:
- il richiedente non è in grado di fornire l’assistenza ai
figli handicappati fruendo di soli 3 giorni di permesso;
- nessun’altra persona può prestare assistenza all’altro
figlio handicappato; nessun altro parente fruisce a sua
volta di permessi per l’assistenza dell’altro figlio
handicappato;
- i figli per i quali si richiede il permesso non svolgono
attività lavorativa.
Astensione
facoltativa e permessi orari fino al compimento del terzo anno
di vita del bambino
Una volta trascorso il periodo di tre mesi dopo il parto di
astensione obbligatoria dal lavoro (o eventualmente i quattro
mesi dopo il parto nel caso si decida di fruire della
flessibilità dell’astensione obbligatoria, prevista dall’art.
12 della Legge
n. 53/2000) e i successivi sei mesi previsti di astensione
facoltativa, ai sensi dell’art. 4, comma 1 lettera c, della Legge
n.1204/71 (Tutela delle lavoratrici madri) e art. 7 della
stessa legge come sostituito dall’art. 3, comma 2 della Legge
n. 53/2000 (Disposizioni per il sostegno della maternità
e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione
e per il coordinamento dei tempi delle città), le madri di
bambini riconosciuti in situazione di gravità possono
usufruire di un periodo di ulteriore astensione dal lavoro, la
possibilità cioè di fruire dell’astensione facoltativa
viene prolungata fino al compimento di 3 anni di vita del
bambino (art. 33, comma 1, Legge
n. 104/92).
Durante tale periodo il lavoratore riceverà un’indennità
pari al 30% della retribuzione; su tale questione il Consiglio
di Stato si è espresso con parere n. 1611/92 osservando che
“la spettanza della indennità giornaliera pari al 30% della
retribuzione deriva immediatamente dalla circostanza che l’astensione
facoltativa contemplata dall’art. 33 comma 1, ricade nell’ambito
della stessa astensione di cui all’art. 7 della Legge
n.1204/71 che va corrisposta, secondo l’art. 15 comma 3
della Legge
n.1204/71 con i criteri previsti per le prestazioni
previdenziali contro le malattie” (Circolare Ministero del
Lavoro e della Previdenza Sociale n. 43, 1/4/94).
Va fatto notare che il prolungamento dell’astensione
facoltativa può essere fruito una volta trascorso il periodo
“previsto” dell’astensione facoltativa stessa, cioè sei
mesi. Il genitore può anche non godere di tutti i mesi di cui
ha diritto di astensione facoltativa, ma decidere di
utilizzarli, così come prevede la Legge
n. 53/2000 fino al compimento dell’ottavo anno di vita
del bambino. Il prolungamento ai sensi dell’art. 33 della Legge
n.104/92 può essere comunque fruito solo a partire quindi
dal compimento del nono mese di vita del figlio (o decimo, se
l’astensione obbligatoria è stata di quattro mesi dopo il
parto).
Per quanto riguarda i permessi orari, tale agevolazione,
alternativa all’astensione facoltativa suddetta, è
interamente retribuita. Va ricordato comunque che fino al
compimento dell’anno di età le due ore di permesso
giornaliere sono quelle previste dall’art. 10 della Legge
n.1204/71 che, come integrato dal comma 3 dell’art. 3
della Legge
n. 53/2000, prevede che in caso di parti plurimi i periodi
di riposo siano raddoppiati e che le ore aggiuntive possano
essere utilizzate anche dal padre. Tra l’altro il padre può
godere dei riposi orari di cui all’art. 10 della Legge
n. 1204/71 in tutti i casi in cui la madre decida di non
avvalersene (ma non se, per es., la madre fruisce
dell'astensione facoltativa o del suo prolungamento -Circolare
INPS n.109/00; Circolare Ministero Lavoro n. 53/00;
Circolare Ministero Tesoro 25/10/00), oppure il figlio sia
affidato al solo padre o la madre non sia lavoratrice
dipendente (art. 13, comma 3, Legge
n. 53/2000).
Secondo la circolare INPS n. 109/2000, è possibile che la
madre fruisca delle due ore previste dalla Legge
n.1204/71 (parliamo quindi di bambini tra 0 e il primo
anno di età) e il padre del periodo di astensione facoltativa
“normale”; non è possibile il contrario. Per quanto
riguarda le ore previste dall’art. 33 della legge
104/92 (quindi i bambini tra due e tre anni) queste sono
fruibili da un genitore, chiunque esso sia contemporaneamente
alla fruizione dell’altro del periodo spettantigli di
astensione facoltativa “normale” (Circolare
INPS n. 133/2000).
Nel caso in cui l’orario di lavoro del lavoratore in esame
sia inferiore alle sei ore giornaliere, il permesso retribuito
è limitato ad una sola ora (Circolare Funzione Pubblica n.
90543/488, 26/6/92, Circolare
INPS n. 291, 30/10/95 e Circolare Ministero Lavoro n. 59,
30/4/96).
Cumulabilità
con i permessi previsti dal comma 2, art. 7 della Legge
n.1204/71
la cumulabilità si esplica solo per la malattia del bambino
handicappato al di sotto dei tre anni di età: nel caso di “malattia
in fase acuta”, al genitore che fruisce delle due ore di
permesso giornaliero può essere concessa l’astensione, non
retribuita, per le ulteriori ore di lavoro della giornata (Circolare
INPS n. 80, 24/3/95).
Nel caso in cui nel nucleo familiare ci siano un
figlio handicappato e un altro di età inferiore ai 3 anni non
handicappato, uno dei due genitori, che fruisca o meno dei
permessi della Legge
n.104/92, può fruire dell’astensione prevista per la
malattia del figlio non handicappato dalla Legge
n.1204/71, art. 7, comma 2, come modificato dall’art. 3,
comma 2 della Legge
n. 53/2000. Se entrambi i figli sono di età inferiore ai
3 anni, e si trovano contemporaneamente affetti da malattia,
un genitore può fruire, per quello handicappato dei riposi
orari della Legge
n.104/92 e per le restanti ore di lavoro dell’assenza
non retribuita della Legge
n.1204/71, l’atro genitore può fruire della astensione
non retribuita per la malattia del figlio non handicappato
(Circolare Ministero Lavoro n. 59, 30/4/96 e Circolare
INPS n. 211, 31/10/96).
È possibile che durante la fruizione dei giorni di permesso
di un genitore, l’altro goda del periodo di astensione
facoltativa (Circolare
INPS n. 133/2000).
Tre
giorni di permessi mensili fruibili con persone con più di
tre anni di età
Questi permessi sono interamente retribuiti (Legge
n. 423, 27/10/93) e coperti da contribuzione figurativa
(art. 19, comma 1, punto a, Legge
n. 53/2000).
I tre giorni non sono cumulabili con quelli dei mesi
successivi e non sono assoggettabili alla disciplina del
recupero. I tre giorni possono essere presi da entrambi i
genitori alternativamente: la Circolare
INPS n. 133/2000 specifica che l'alternatività si
riferisce al numero complessivo di giorni mensili (che restano
tre) ma possono essere fruiti nell’ambito dello stesso mese
da entrambi i genitori (per es. 2 giorni il padre e un giorno
la madre; e il giorno preso dalla madre può essere
coincidente con uno dei due giorni preso dal padre). Inoltre
sono frazionabili in riposi giornalieri di sei mezze giornate
per i dipendenti privati (Circolare Ministero del Lavoro e
della Previdenza
Sociale n. 59, 30/4/96 e la Circolare
INPS n. 211, 31/10/96) mentre non sono frazionabili per i
dipendenti pubblici secondo la Circolare Funzione Pubblica n.
90543/488, 26/6/92.
Nel 1997 il Ministero delle Finanze ha emanato la Circolare n.
135, del 7/11/97 nella quale afferma quanto segue “Si porta
a conoscenza che il Dipartimento della Funzione Pubblica,
appositamente interpellato, ha precisato che i tre giorni di
permesso mensile retribuito ... possono essere fruiti anche
frazionatamente... Risulta conseguentemente modificato il
precedente orientamento sull’argomento espresso dalla
Circolare n. 90543/7/488 del 26/6/92”.
Precisiamo però che la Funzione Pubblica non ha emanato una
nuova circolare che fa sua tale diversa interpretazione,
pertanto la disposizione normativa di riferimento resta la
Circolare n. 90543/7/488, come ci è stato riferito da uno
stesso referente del Dipartimento. I singoli comparti della
pubblica amministrazione su specifica richiesta dell’interessato
hanno facoltà di applicare o meno la frazionabilità.
Congedi straordinari
Congedi retribuiti per due anni
La legge finanziaria per il 2001, legge
n. 388, 23/12/2000, introduce al comma 2 dell’art. 80,
la possibilità per i genitori (in alternativa) o, dopo la
loro scomparsa, per uno dei fratelli conviventi di soggetto
con handicap in situazione di gravità, accertata ai sensi del
comma 3, art. 3 della legge
n. 104/92 da almeno cinque anni, di fruire di un periodo
di congedo fino a due anni retribuito e coperto da
contribuzione figurativa (fino ad un importo massimo di L.
70.000.000 annui).
L’INPS ha emanato la Circolare applicativa di tale nuova
norma, la n.
64 del 15 marzo 2001.
I due anni di congedo retribuito, possono essere fruiti da
entrambi i genitori, ma in alternativa. Questo significa che i
genitori possono “dividersi” i due anni, fruendo l’uno
del periodo di congedo quando l’altro svolge attività
lavorativa. Il congedo è quindi fruibile anche in maniera
frazionata. Lo stesso vale per i fratelli, nel caso di decesso
di entrambi i genitori; ai fratelli viene però sempre
richiesta la convivenza.
La domanda per fruire del congedo in questione va compilata
sugli appositi modelli predisposti dall’INPS.
Il datore di lavoro deve sempre accordare il congedo, può
farlo non oltre 60 giorni dalla data della richiesta.
Nell’articolo che, nella legge
finanziaria n. 388/2000 introduce la possibilità del
congedo retribuito, si afferma esplicitamente che “durante
il periodo di congedo entrambi i genitori non possono fruire
dei benefici di cui all’art. 33 della legge
n. 104/92”. Dal momento però che il congedo è fruibile
anche frazionatamente, e quindi per periodi inferiori al mese,
l’INPS precisa che la preclusione alla fruizione dei
permessi dell’art. 33 vale anche per quel mese durante il
quale, anche solo per una sua parte, si è fruito del congedo
retribuito.
Congedi per eventi e cause particolari
L’art. 4, comma 2, della Legge
n. 53/2000 introduce la possibilità di fruire di un
periodo di congedo, continuativo o frazionato, non retribuito,
non computato nell’anzianità di servizio né ai fini
previdenziali (il lavoratore può procedere al riscatto) non
superiore a due anni, per gravi e documentati motivi
familiari.
Il successivo Decreto Ministeriale del Dipartimento per la
Solidarietà sociale della presidenza del Consiglio dei
Ministri n. 278, del 21 luglio 2000 (“Regolamento recante
disposizioni di attuazione dell’articolo 4 della Legge
n. 53/2000, concernente congedi per eventi e cause
particolari”), all’art. 2 chiarisce i requisiti necessari
per fruire di detto congedo: i gravi motivi devono essere
relativi alla situazione personale, della propria famiglia
anagrafica, dei soggetti di cui all’art. 433 del Codice
Civile (coniuge, figli e in loro mancanza i discendenti
prossimi, i genitori e in loro mancanza gli ascendenti
prossimi, i generi e le nuore, il suocero e la suocera, i
fratelli e le sorelle) anche se non conviventi, nonché dei
portatori di handicap, parenti o affini entro il terzo grado,
anche se non conviventi.
Per gravi motivi si intendono:
- le necessità familiari derivanti dal decesso di una delle
persone sopraindicate;
- le situazioni che comportano un impegno particolare del
dipendente o della propria famiglia nella cura o nell“assistenza
delle persone sopraindicate;
- le situazioni di grave disagio personale, ad esclusione della
malattia, nelle quali incorra il dipendente medesimo;
- le situazioni, riferite ai soggetti sopraindicati a esclusione
del richiedente, derivanti dalle seguenti patologie:
- patologie acute o croniche che determinano
temporanea o permanente riduzione o perdita dell’autonomia
personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura
congenita, reumatica, neoplastica, infettiva,
dismetabolica, post-traumatica, neurologica,
neuromuscolare, psichiatrica,derivanti da dipendenze, a
carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni
periodiche;
- patologie acute o croniche che richiedono
assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici,
ematochimici e strumentali;
- patologie acute o croniche che richiedano la
partecipazione attiva del familiare nel trattamento
sanitario;
- patologie dell’infanzia e dell’età evolutiva
aventi le caratteristiche di cui ai precedenti numeri 1,
2 e 3 per le quali il programma terapeutico e
riabilitativo richiede il coinvolgimento dei genitori o
del soggetto che esercita la potestà.
Per quei genitori che hanno i requisiti per godere del congedo
di due anni retribuito (vedi paragrafo precedente), la Circolare
INPS n. 64/2001 precisa che il diritto è di due anni
complessivi, le due diverse agevolazioni quindi non vanno a
sommarsi (non è possibile cioè godere dei due anni di
congedo retribuito più i due anni di congedo non retribuito).
Lavoro notturno
Non sono obbligati a prestare lavoro notturno (dalle ore 24
alle ore 6) la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio
carico un soggetto disabile ai sensi della legge
n. 104/92.
Inoltre, è vietato adibire al lavoro notturno tutte le
lavoratrici dal momento dell’accertamento dello stato di
gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.
Non sono obbligati a prestare lavoro notturno la lavoratrice
madre di un figlio di età inferiore ai tre anni o in
alternativa il lavoratore padre convivente e ancora, la
lavoratrice o il lavoratore che sia l’unico genitore
affidatario di un figlio convivente di età inferiore ai 12
anni.
(Art.
53, Decreto Legislativo n. 151/2001, che riprende il testo
dell’art. 5, commi 1 e 2, lettere a) e b), della legge 9
dicembre 1977 n. 903).
Scelta della sede di lavoro e non
trasferibilità ad altra sede
Indipendentemente dall’età del figlio o parente assistito
la legge introduce la possibilità di scegliere, ove
possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio
e di non essere trasferito senza il proprio consenso ad altra
sede (art. 33, comma 5, Legge
n. 104/92). Per i dipendenti pubblici tale opportunità
esiste esclusivamente nell’ambito della medesima
amministrazione o ente di appartenenza.
È necessario il riconoscimento della sola situazione di
handicap, non è indispensabile quello di gravità.
Non è più richiesta la convivenza, come introdotto dall’art.
19 comma 1, punto b.
Per fruire di questo diritto è necessario che nella sede
prescelta esista un ufficio dell’amministrazione cui
appartiene il dipendente e che in tale sede risulti vacante un
posto corrispondente alla qualifica posseduta dal dipendente
stesso.
È sancito inoltre il diritto di non essere trasferito senza
esplicito consenso ad altra sede (questo costituisce un
diritto incondizionato, Circolare Ministero del Lavoro e della
Previdenza
Sociale n. 28, 15/3/93).
Agevolazioni per i lavoratori
disabili
Il lavoratore handicappato può fruire, alternativamente, dei
permessi giornalieri retribuiti di due ore o di quelli per
tutta la giornata per un massimo di tre giorni al mese.
Se il lavoratore richiede la fruizione dei tre giorni mensili,
non ha perciò diritto ad altri permessi.
La possibilità di richiedere, per esempio, la fruizione di un
giorno o due e poi anche permessi orari purché non superi nel
mese il monte ore di astensione prevista (Circolare
INPS n. 80, 24/3/95 e Circolare
INPS n. 211, 31/10/96) è stata superata con la circolare
INPS n. 37/99 la quale consente di fruire, nell’ambito
dello stesso mese, di un solo tipo di agevolazione e in ultimo
dalla Legge
n. 53/2000, art. 19, comma 1, punto c.
Secondo la circolare
INPS n. 37/99 è possibile che contemporaneamente al
lavoratore handicappato fruiscano dei permessi i genitori o
parenti e affini dello stesso lavoratore (diversamente da
quanto affermato dalla Circolare Ministero Pubblica Istruzione
n. 99, 23/3/95 e Circolare
INPS n. 80, 24/3/95) purché questo abbia una effettiva
necessità di essere assistito oppure nel caso in cui nel
nucleo familiare non sia presente un altro familiare, non
lavoratore, in condizione di prestare assistenza.
Si specifica inoltre che i familiari non lavoratori ma
studenti sono equiparati ai familiari lavoratori, anche nei
periodi di inattività scolastica (per gli studenti
universitari è richiesto, dal secondo anno di università,
oltre l’iscrizione anche l’effettuazione degli esami).
Se il lavoratore handicappato convive con un’altra persona
handicappata, che assiste, può fruire cumulativamente dei
benefici spettanti in qualità di lavoratore portatore di
handicap e di familiare convivente di persona handicappata
(Circolare Ministero Funzione Pubblica n. 20, 30/10/95,
Circolare Ministero del Lavoro n. 59, 30/4/96 e Circolare
INPS n. 211, 31/10/96). Inoltre l’art. 21 della Legge
n.104/92 afferma che la persona con grado di invalidità
superiore a due terzi assunta come vincitrice di concorso o ad
altro titolo ha diritto di scelta prioritaria tra le sedi
disponibili.
L’art. 22 della stessa legge afferma che ai fini dell’assunzione
al lavoro pubblico e privato non è richiesta la
certificazione di sana e robusta costituzione fisica.
A decorrere dal 2002 ai lavoratori con invalidità
superiore al 74% viene riconosciuta, su richiesta dell’interessato,
per ogni anno di lavoro svolto il beneficio di due mesi di
contribuzione, utile ai soli fini del diritto alla pensione e
dell’anzianità contributiva (art. 80, comma 3, legge
n. 388, 23/12/2000).
L'INPDAP ha emanato una Circolare informativa sull'argomento,
la n.
75, 27/12/01, riguardante i dipendenti pubblici, nella
quale specifica che i contributi figurativi incidono non solo
per il raggiungimento del diritto alla quiescienza ma anche
sull'ammontare della pensione.
Riscatti
di periodi di congedo per assistenza a disabili
I lavoratori dipendenti, che possono far valere
complessivamente almeno cinque anni di contribuzione versata
in costanza di effettiva attività lavorativa nell’assicurazione
generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i
superstiti o nelle forme di previdenza sostitutive od
esclusive della medesima hanno la facoltà di riscattare, a
domanda e nella misura massima complessiva di 5 anni, periodi
corrispondenti a quelli di assenza facoltativa dal lavoro per
gravidanza e puerperio e periodi di congedo per motivi
familiari relativi all’assistenza e cura dei disabili in
misura non inferiore all’80%, purché in ogni caso si tratti
di periodi non coperti da assicurazione e successivi al 1∞
gennaio 1994 (art. 14, Decreto Legislativo n. 503/92).
Per coloro che sono stati assunti dopo la data del 1 gennaio
1996 e coloro che comunque rientrano nel sistema pensionistico
contributivo (Legge n. 335, 8/8/1995, “Riforma del sistema
pensionistico obbligatorio e complementare”) sono
riconosciuti i seguenti periodi di accredito figurativo (art.
1, comma 40):
- per assenza dal lavoro per periodi di educazione ed assistenza
dei figli fino al sesto anno di età in ragione di
centosettanta giorni per ciascun figlio;
- per assenza dal lavoro per assistenza ai figli dal sesto anno di
età, al coniuge e al genitore purché conviventi, nel
caso ricorrano le condizioni previste dall’art. 3 della legge
5/2/92 n. 104, per la durata di venticinque giorni
complessivi l’anno, nel limite massimo di ventiquattro
mesi.
Inoltre alle lavoratrici madri (sempre rientranti
nel sistema contributivo) spetta un anticipo dell’età per l’accesso
alla pensione nella misura di 4 mesi per ciascun figlio fino
ad un massimo di 12 mesi.
Altre
agevolazioni
I lavoratori disabili o con familiari disabili, oltre alle
agevolazioni stabilite dall’art. 33 della Legge
n. 104/92, possono fruire di ulteriori facilitazioni e di
particolari condizioni previste eventualmente nei rispettivi
contratti di lavoro. In particolare per quanto riguarda la legge
n. 53/2000 all’art. 17, comma 3, questa considera che
“I contratti collettivi di lavoro possono prevedere
condizioni di maggiore favore rispetto a quelle previste dalla
presente legge”. Facilitazioni possono essere turni di
lavoro più adeguati per genitori con figli disabili, periodi
di aspettativa non retribuita, flessibilità di orario,
part-time.
Riguardo al part-time, per quanto concerne i dipendenti degli
enti pubblici non economici, l’art. 21 del contratto
collettivo nazionale di lavoro (il Comunicato della Presidenza
del Consiglio dei Ministri relativo è pubblicato sul
supplemento ordinario n.
54 della Gazzetta Ufficiale n. 60 del 13/3/99) afferma che
la condizione di familiare che assiste un portatore di
handicap con invalidità riconosciuta non inferiore al 70%
determina una condizione di precedenza nel caso in cui le
richieste per accedere al regime di part-time superino il
contingente previsto (25% della dotazione organica più un
eventuale 10% rappresentato da particolari situazioni
organizzative o gravi e documentate situazioni familiari
previamente individuate nel contratto collettivo integrativo).
Come è facilmente deducibile dalla lettura di queste pagine,
la materia relativa ai congedi e in genere alle agevolazioni
sul posto di lavoro per i genitori, i familiari e i disabili
stessi è particolarmente intricata perché fa riferimento ad
una imponente serie di disposizioni normative.
Come previsto dall’ 15 della Legge
n. 53/2000 è stato emanato il decreto legislativo recante
un testo unico delle disposizioni legislative in materia che
si pone come obiettivo proprio quello di conferire organicità
e sistematicità alle suddette norme. Il Testo unico è stato
pubblicato sul supplemento n. 93/L della Gazzetta Ufficiale n.
96 del 26 aprile 2001 ed è il Decreto
legislativo 26 marzo 2001 n. 151.
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