L'attuazione della legge 162/98
Fausto Giancaterina,
Membro della Commissione Ministeriale di valutazione dei progetti della legge 162/1998http://www.comune.jesi.ancona.it/grusol
Riportiamo una delle relazioni introduttive del seminario nazionale di studio sulle politiche di intervento a favore dei disabili gravi svoltosi a San Benedetto del Tronto lo scorso 9-10 febbraio sull'applicazione della legge 162/1998.
La Legge 21 maggio 1998, n.162: "Modifiche della legge 5 febbraio 1992, n.104, concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave" può essere considerata il risultato di un'azione sociale e politica intesa a richiamare l'attenzione delle Regioni e delle Amministrazioni locali sulle problematiche delle persone disabili, ma più in particolare delle persone con disabilità grave e assistite in famiglia, in un momento storico in cui si avvertiva una certa di attenuazione dell'interesse per tali problemi.
Premessa: un po' di storia
Come tutti sappiamo il riconoscimento e la esigibilità dei diritti delle
persone disabili, trovano concreta attuazione attraverso servizi e azioni di
sostegno tangibili, manifestando, a livello realizzativo, diverse sottolineature
ed attenzioni a seconda dei diversi momenti storici (con diverse
caratterizzazioni).
Se gli anni sessanta sono stati caratterizzati da emarginazione e controllo
sociale e gli anni settanta sono stati quelli della stagione delle grandi
riforme, al termine degli anni ottanta il mondo dell'handicap -
con oltre 18 leggi nazionali - si ritrova una normativa molto ampia, ma
settoriale, disorganica e polverizzata in altrettanti provvedimenti regionali.
L'esigibilità dei diritti delle persone è ampiamente riconosciuta sul piano
formale, molto meno sul piano concreto della esistenzialità quotidiana.
A complicare un po' le cose ci si mette tutta la problematica derivante dalla
crisi dello stato sociale, crisi non solo circa il paradigma Stato si, Stato no,
ma anche crisi di strumenti, crisi di operatori in carenza di nuove competenze
operative; crisi di servizi sempre più burocratizzati; crisi di una strategia
d'intervento che ha preteso di creare benessere tenendo artificialmente lontane
dai loro problemi le persone o sostituendosi ad esse nella soluzione.
Di fronte a tali considerazioni, prende corpo la consapevolezza di un
cambiamento di qualità per raggiungere il pieno ed effettivo esercizio del
diritto di parità di cittadinanza per le persone disabili. L'iniziativa
riguarda prima di tutto il superamento della frammentarietà legislativa
esistente.
Negli anni novanta si concretizza così l'idea di una legge-quadro per l'assistenza,
l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. La legge
viene approvata dal Parlamento il 5 febbraio 1992 con il numero 104.
La Legge n. 104/92 compie certamente dei notevoli passi in avanti, spostando
l'ottica degli interventi più sul versante dell'integrazione sociale.
Vi si avverte un'attenzione forte e decisa nei confronti della persona intesa
nella sua globalità e non in considerazione del tipo di menomazione o di
disabilità. Gli interventi devono favorire lo sviluppo della persona nel
normale evolversi della vita, seguendo le tappe fondamentali della vita in
famiglia, dell'ingresso nel mondo della scuola, del lavoro, della cultura e del
tempo libero ed infine della creazione di alternative non emarginanti quando la
famiglia non sia più in grado di dare il proprio sostegno diretto.
L'obiettivo di fondo della legge è la realizzazione di progetti integrati e
socialmente condivisi, avviando un processo di responsabilizzazione delle
regioni, degli enti locali, dei servizi pubblici e privati, ma anche di tutta la
società civile, delle stesse persone disabili, delle loro famiglie,
dell'associazionismo, del volontariato, della cooperazione.
E' la nuova frontiera dei servizi che, pur accettando una realtà molto
diversificata non solo in rapporto alle diverse aree geografiche del paese, ma
anche in rapporto agli approcci culturali e tecnici ed ai modelli organizzativi,
molto diversi tra loro, deve ritrovare una propria unitarietà nonostante la
complessità intrinseca, dovuta alla vasta gamma dei bisogni e dei problemi che
la attraversa e che richiede un investimento di competenze di diverse
istituzioni e di diverse discipline professionali.
La conquista culturale raggiunta consente alle persone disabili e alle loro
famiglie di affermare con sempre più forza che i servizi devono attrezzarsi per
sostenere la quotidianità del percorso vitale con programmi individualizzati e
condivisi, tenendo in debito conto sia i limiti iniziali che le potenzialità di
quella precisa persona inserita in quel preciso contesto sociale. Ed è per
questo che le famiglie vogliono capire, vogliono partecipare, vogliono decidere
e - soprattutto - non intendono più ricorrere a soluzioni istituzionalizzanti,
esigendo con forza un cambiamento del sistema dei servizi sociali e sanitari
nella ridefinizione dei propri modelli organizzativi, dei saperi e delle culture
professionali sottostanti.
La legge 162/98
E' da tale contesto sociale partecipativo che prende corpo la proposta della
realizzazione di una rete di servizi coerentemente organizzata e che, a sei anni
dalla Legge 104/92, si concretizza nella legge 162/98.
La legge attua due direttive fondamentali.
La prima è quella di dare mandato al Ministero per la solidarietà sociale
di avviare azioni concrete di stimolo e di coordinamento attraverso:
· la promozione ed il finanziamento di progetti innovativi;
· la promozione di indagini statistiche e conoscitive per una lettura dei dati
sulla disabilità, a supporto del Governo per la programmazione degli
interventi;
· la convocazione ogni tre anni di una Conferenza Nazionale quale momento di
verifica dello stato di attuazione degli interventi sulla disabilità, nonché
come ricerca di proposte per il miglioramento delle politiche sull'handicap.
La seconda, per quanto riguarda la definizione dei servizi:
· apportare sostanziali modifiche alla legge 104, con particolare
riferimento a "misure di sostegno in favore di persone con handicap
grave".
· prevedere l'organizzazione di servizi per persone "per le quali
venga meno il sostegno del nucleo familiare".
· modificare la L. 104 all'art. 39 comma 2 con l'integrazione delle lett. l-bis)
e l-ter), dando direttive alle regioni per due distinti ordini di
iniziative, con relative modalità operative:
1) Art. 39 comma 2 lettera l-bis). La regione è invitata a
programmare interventi di sostegno alla persona e alla famiglia con
prestazioni integrative degli interventi degli enti locali realizzate a favore
delle persone con handicap di particolare gravità:
a) forme di assistenza domiciliare e di aiuto personale, anche della
durata di 24 ore, provvedendo alla realizzazione di servizi di cui all'art. 9 (servizio
di aiuto personale);
b) all'istituzione di servizi di accoglienza per periodi brevi e di emergenza,
tenuto conto di quanto disposto all'art. 8 comma 1 lettera i) (comunità
alloggio, case-famiglia e analoghi servizi residenziali...) e all'art. 10,
comma 1 (comunità alloggio e centri socioriabilitativi per persone con
handicap in situazione di gravità);
c) rimborso parziale delle spese documentate di assistenza nell'ambito di
programmi preventivamente concordati.
2) Art. 39 comma 2 lettera l-ter) La regione, per garantire il diritto alla vita indipendente, deve disciplinare ... le modalità di realizzazione di programmi di aiuto alla persona, gestiti in forma indiretta…
In sintesi gli interventi integrativi riguardano:
- L'assistenza personale (anche della durata di 24 ore)
- I servizi di aiuto personale (anche con gestione indiretta)
- I servizi di accoglienza per periodi brevi e di emergenza
- Il rimborso parziale delle spese di assistenza
Il Finanziamento
La legge - per la realizzazione di tali servizi integrativi - ha previsto
trasferimenti annuali di fondi a tutte le regioni ed alle province autonome per
la programmazione sul territorio di servizi e interventi. Tali trasferimenti
sono assegnati in base ai dati della popolazione;
Le risorse stanziate sono state:
- 30 miliardi per l'anno 1998
- 60 miliardi per l'anno 1999
- 59 miliardi per l'anno 2000
La Verifica degli interventi
Le regioni e le province autonome devono riferire in merito all'utilizzazione dei finanziamenti ricevuti con le modalità dell'art. 41, comma 8, della legge 104/92 (Relazione al Parlamento). Se entro due anni dalla data di entrata in vigore della non hanno provveduto ai relativi impegni contabili, il Ministro per la solidarietà sociale, sentita la Conferenza Stato-regioni, può riprogrammare le risorse assegnate e ridestinarle.
Promozione di progetti sperimentali
La legge prevede, come si è detto, un'azione di stimolo e coordinamento da
parte del Ministro per la solidarietà sociale per la promozione di progetti
sperimentali.
Tali progetti riguardano gli interventi previsti agli articoli 10, 23, 26, della
legge 104/92.
Gli obiettivi e gli ambiti di azione dei progetti sperimentali, stabiliti con il
D.M. 6 agosto 1998 devono riguardare:
· l'individuazione dei nuovi modelli di intervento a favore di
disabili gravi e delle loro famiglie, con priorità per sistemi di servizi,
prestazioni e soluzioni organizzative, da realizzare anche con il coinvolgimento
di famiglie, associazioni, fondazioni, organizzazioni non lucrative, per
garantire la tutela e l'integrazione nel territorio di quei soggetti con
handicap grave che rimangono privi del sostegno familiare;
· la promozione di iniziative innovative nella pratica di attività sportive,
turistiche e ricreative delle persone disabili;
· la sperimentazione di modalità innovative di mobilità, con
particolare attenzione ai mezzi adattati, ai servizi di chiamata, ai nodi di
scambio tra i diversi sistemi di trasporto.
Criteri di valutazione, approvazione e finanziamento
La realizzazione dei progetti sperimentali è stata regolamentata con modalità e criteri per la presentazione e la valutazione indicate in appositi decreti applicativi secondo i seguenti criteri generali:
1) rilevazione quantitativa della presenza e dei bisogni delle persone con
grave disabilità;
2) obiettivi del progetto in relazione coerente con le esigenze rappresentate;
3) coerenza del progetto in relazione alla rete dei servizi sociali, sanitari,
scolastici e formativi:
4) possibilità di integrazione con altre iniziative, servizi e strutture già
esistenti sul territorio;
5) finalizzazione del progetto all'inserimento sociale e al sostegno dei carer
familiari;
6) evidenza degli aspetti innovativi del progetto in relazione al contesto
territoriale e ai servizi esistenti;
7) rappresentazione dei tempi di realizzazione del progetto, con l'indicazione
delle fasi e dei relativi costi;
8) individuazione dei soggetti coinvolti nel progetto: amministrazioni, servizi,
reti assistenziali, enti pubblici e privati;
9) compartecipazione finanziaria degli stessi al progetto;
10) tipologia del personale impegnato nel progetto e relativa qualificazione
professionale;
11) possibilità del progetto di proseguire autonomamente dopo la fase
sperimentale.
Il sistema attuativo
Il Ministro per la solidarietà sociale dispone il riparto fondo
nazionale per le politiche sociali prevedendo i finanziamenti relativi alla
legge 162/98. Emana il decreto per la presentazione dei progetti sperimentali.
Nomina la Commissione per la valutazione e verifica dei progetti presentati.
Gli Enti locali, le Asl e le Comunità montane possono promuovere i progetti
sperimentali autonomamente oppure con il coinvolgimento delle associazioni di
disabili e loro famiglie o con le organizzazioni no-profit.
Le regioni e le province autonome, acquisiti e valutati i progetti
presentati dagli Enti locali, li approvano con deliberazione dell'organo
competente e li trasmettono al Dipartimento per gli Affari sociali entro i
termini indicati dall'apposito decreto annuale, specificando l'esercizio
finanziario di riferimento.
Il Dipartimento Affari Sociali riceve i progetti presentati dalle regioni,
dopo un controllo sul rispetto della procedura e la completezza della
documentazione, valuta i progetti attraverso la commissione.
Il Ministro per la solidarietà sociale, sulla base delle proposte
formulate dalla Commissione, assegna i contributi alle regioni (in due trance di
60% e 40%).
Le regioni e le province autonome, entro tre mesi dalla corresponsione
del 60% del finanziamento concesso relazionano sull'avvio del progetto ai fini
dell'assegnazione del restante 40%.
I progetti approvati negli anni 1998 - 2000
Nell'anno 1998, primo anno di applicazione della legge 162/98, le proposte
sono state complessivamente 126, quelle approvate sono state 21, per un importo
totale di L. 7 miliardi.
Nell'anno 1999 le proposte sono state 172, quelle ritenute regolari sono state
109, quelle approvate sono state 66, per un importo totale di L. 35.927.000.000.
Nell'anno 2000 le proposte sono state 172, quelle ritenute regolari sono state
109, quelle approvate sono state 66, per un importo totale di L. 35.200.000.000.
Tipologie di riferimento Progetti
a) nuovi modelli di intervento a favore di soggetti con handicap grave e
delle loro famiglie per garantire la tutela e l'integrazione nel territorio di
quei soggetti con handicap grave che rimangono privi del sostegno familiare:
b) iniziative innovative per estendere e facilitare la pratica di attività
sportive, turistiche e ricreative delle persone handicappate;
c) modalità innovative per consentire alle persone handicappate di muoversi
liberamente nel territorio.
Progetti presentati al Ministero dal 1998 al 2000 |
|||
anno |
1998 |
1999 |
2000 |
Progetti presentati |
126 |
(172) 109 |
(206) 197 |
Progetti approvati |
21 |
66 |
115 |
Tot. finanziamenti |
7.000.000.000 |
35.927.000.000 |
35.200.000.000 |
% finanziamento |
80% |
100% |
30% - 75% - 50% |
La Commissione incaricata di valutare e selezionare i progetti, nel
corso di questi tre anni ha ritenuto di privilegiare, le proposte con contenuto
innovativo, suggerendo il rinvio degli interventi ordinari, oltre che alla
programmazione regionale, alla utilizzazione degli altri fondi della legge
162/98.
Il concetto di contenuto innovativo è stato naturalmente utilizzato in senso
relativo; vale a dire in rapporto alla situazione territoriale rappresentata. In
alcune zone povere di servizi si è cercato di facilitare comunque la
possibilità di un impianto minimo di servizi.
In linea generale si è potuto constatare che: solo nel caso di 6 regioni sono
stati presentati progetti organici e perfettamente in sintonia con gli obiettivi
della legge e la corrispondente programmazione regionale. Per un buon 50% si ha
avuta l'impressione di trovarsi più che altro di fronte ad una caotica
petizione di fondi.
Sono stati motivi di esclusione dei progetti: le proposte di interventi
prevalentemente sanitari; la povertà progettuale legata alla indeterminatezza
realizzativa; la non chiara prospettiva di continuità; l'incoerenza tra bisogni
rappresentati e progetti proposti.
In definitiva si può affermare che per almeno il 70% delle regioni la legge
162/98 ha costituito un'occasione per affrontare in termini di servizi il
problema delle persone disabili.
Diversificazione dei progetti per tipologia |
||||||
anno |
1998 |
|
1999 |
|
2000 |
|
Tipologia progetti |
Pres. |
Approv. |
Pres. |
Approv. |
Pres. |
Approv. |
a) |
71 |
14 |
98 |
48 |
119 |
86 |
b) |
34 |
4 |
28 |
16 |
59 |
27 |
c) |
21 |
3 |
12 |
5 |
17 |
3 |
totale |
126 |
21 |
138 |
69 |
195 |
116 |
In conclusione
Resta un ultimo significativo dato: 2.677.000 disabili sono assistiti in
famiglia; si stima che circa il 50% si trovi in situazione di gravità. Che cosa
occorre fare per una risposta adeguata?
La recente produzione legislativa ci avverte che cambiano i rapporti tra gli
amministratori e le rappresentanze degli utenti. Ma cambiano anche i rapporti
tra operatore ed utente, quest'ultimo deve essere sempre più riconosciuto come coproduttore
del processo di aiuto. Cambiano le relazioni con il contesto sociale e diventano
sempre più un intreccio di "reti di fronteggiamento",
espressione sia dei mondi vitali quali l'utente stesso, i familiari, i parenti,
gli amici, il vicinato, i volontari e sia del sistema formale di servizi
rappresentato dal case manager, dagli operatori professionali sociali
pubblici e di terzo settore, dagli operatori sanitari, ecc. Si accentua la
separazione tra chi valuta e che acquista i servizi e chi li eroga.
Tutto questo processo innovativo non solo ha modificato gli assetti
organizzativi, ma ha anche fatto emergere nuove attenzioni verso valori tenuti
finora in secondo piano: nuovi rapporti tra welfare pubblico e società
civile, maggiore attenzione alla negoziazione tra utenti, professionisti ed
istituzioni, nuovi modi di lavorare da parte degli operatori sociali (management).
La stessa relazione di aiuto ha subito un processo di revisione, poiché non
può essere più considerata lineare e risolutiva attraverso il solo rapporto
duale operatore/utente, soprattutto ora che "la relazione duale - pur non
essendo scomparsa - la si vede risucchiata in un flusso più ampio e molteplici
disordinati influssi (input) entrano in gioco da tutte le parti"(1).
Questa pluralizzazione degli intrecci di azioni e di attori determina una
duplice prospettiva del lavoro sociale: il "lavoro della rete",
vale a dire il lavoro che persone ed operatori, in collegamento tra loro,
svolgono in vista di un obiettivo; il "lavoro di rete", lavoro
di supporto alle reti informali di fronteggiamento, un "lavoro che si
aggancia relazionalmente ad un altro lavoro, al lavoro di altri soggetti …è
un lavoro intenzionale (finalizzato) di investimento di energia rivolto verso
una rete di fronteggiamento pre-esistente (al limite anche potenziale),
affinché essa possa agire meglio sul piano della reticolazione (della
quantità, dell'efficacia e della pariteticità delle interazioni) e possa
esprimere una migliore capacità di azione comune rispetto al compito (task)"
(2).
La sfida che si presenta è saper ragionare a più dimensioni per poter essere
nel contempo soggetti attivi di cambiamento verso un welfare mix societario
(Donati, 1999), fautori e sostenitori di nuove partnership, costruttori
di nuove regole, attenti programmatori (che non sottovalutano gli aspetti
economici) e soprattutto decisivi sostenitori del diritto di cittadinanza dei
soggetti socialmente deboli, per favorire l'esigibilità dei diritti e non solo
la retorica declaratoria legislativa.
La costruzione tassello su tassello delle diverse possibilità di risposte, il
più possibile unitarie, globali, integrate e flessibili, costituisce la
mappa dei servizi e delle risorse disponibili sul territorio cui
poter far ricorso per rispondere adeguatamente, in quantità e qualità alle
problematiche delle persone con disabilità.
Occorre costruire nuovi assetti organizzativi.
Per le istituzioni tutto questo è doveroso: per far crescere il sistema dei
servizi secondo progetti di ampio respiro centrati unicamente sull'utente;
per evitare di fallire nella propria mission e di perdere legittimazione
e credibilità di fronte alla comunità amministrata; per essere costruttori di
benessere nella propria realtà sociale.
(1) Folgheraiter F., L'operatore sociale al tempo del welfare mix, Animazione
Sociale n.8/9-1999.
(2) Folgheraiter F., ibidem.