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BUON NATALE
In questi giorni ci scambiamo frettolosamente auguri natalizi senza pensare al significato che questo scambievole augurio dovrebbe avere per noi credenti in Cristo nato povero, vissuto annunciando la buona novella di salvezza , ai deboli , agli ultimi ai poveri nello spirito, di risorse e di potere, ed in modo anche inopportuno ai ricchi ed agli uomini di potere politico e religioso, morto abbandonato dai suoi amici, risorto per dare speranza di risurrezione ai disperati della terra. Ho ricevuto sulla lista di discussione sociale-edscuola l’augurio di mons. Tonino Bello, vescovo di Molfetta, prematuramente scomparso, che desidero fare mio e riproporre a tutti i lettori di Superabile che, anche se non credenti o di altre fedi religiose, non avranno difficoltà a riconoscersi fra i destinatari di queste parole inquietanti e rasserenanti:
Auguri di Natale di don Tonino Bello
Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo, se vi dicessi "Buon Natale" senza darvi disturbo.
Io, invece, vi voglio infastidire. Non sopporto infatti l'idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. Mi lusinga addirittura l'ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati. Tanti auguri scomodi, allora , miei cari fratelli! Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio. Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate. Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l'inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa. Giuseppe, che nell'affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie , fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro. Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l'aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame. I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell'oscurità e la città dorme nell'indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere "una gran luce" dovete partire dagli ultimi. Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili. I pastori che vegliano nella notte, "facendo la guardia al gregge ", e scrutano l'aurora , vi diano il senso della storia, l'ebbrezza delle attese, il gaudio dell'abbandono in Dio. E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l'unico modo per morire ricchi. Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.
Alla luce di queste parole, mi permetto di sottoporre all’attenzione di tutti e specialmente di quanti sono persone con disabilità o hanno in famiglia o fra i loro amici tali persone,alcune mie riflessioni preparate in vista del Convegno ecclesiale che si terrà a Verona l’anno prossimo e che affronterà , fra l’altro, anche il tema della “fragilità “ della famiglia. Vorrei che i lettori si confrontino anche con questo mio documento per esprimere consenso o dissensi , in un clima di massima libertà di manifestazione del pensiero. Mi rivolgo anche , da credente cristiano ai Vescovi che stanno preparando il convegno, affinché in esso non si parli della famiglia in astratto, ma delle famiglie concrete, specie quelle delle persone con disabilità ( le cui coppie genitoriali si rompono con frequenza) e della loro accoglienza nella comunità ecclesiale. I Vescovi italiani, che per bocca del loro Presidente, parlano di molte cose ( invadendo talora il campo riservato ai fedeli laici), tradizionalmente oggetto dei loro interventi come la sacralità della vita e l’indissolubilità del matrimonio, dovrebbero parlare di più anche e soprattutto della sacralità della qualità della vita di persone con disabilità che vogliono integrarsi nella società civile e nella comunità ecclesiale a pieno titolo, in modo attivo e non come oggetto di carità dei cosiddetti sani. Nel clima di speranza del Natale, offro anche a loro il mio intervento che segue, frutto dell’esperienza maturata vivendo da disabile e con i disabili, affinché anch’essi si esprimano liberamente con consensi e dissenzi, e diano indicazioni pastorali ai loro collaboratori per una crescita della comunità ecclesiale non solo spirituale ma di testimonianza di Gesù risorto che salva tutto l’uomo, anima e corpo già a partire da questa vita, come scrisse Giovanni Paolo II nell’indimenticabile discorso del 1 Aprile 1984, per il Giubileo straordinario “ della comunità con le persone handicappate”.
LA FRAGILITA’ DELLE FAMIGLIE CON MEMBRI CON DISABILITA’ E PROPOSTE PER CONTRASTARLA
LA FRAGILITA’ 1- Per fragilità intendiamo la situazione in cui si trovano a vivere le famiglie a causa di carenze economiche, culturali, di salute, socioambientali , spirituali che colpiscono uno o più dei loro membri; qualora trattasi di persone sole, la fragilità colpisce queste, come unici membri della famiglia. 2- Le famiglie con persone con disabilità incontrano difficoltà diversificate a seconda che tale condizione colpisca uno o entrambi i genitori o uno o più figli. La fragilità di tali famiglie è diversa pure a seconda che la minorazione sia insorta in un membro prima della costituzione della famiglia o dopo. Nel primo caso l’adulto non disabile che accetta di vivere con una persona disabile fa una scelta consapevole e tale è pure nei casi , oggi sempre più rari in cui a costituire una famiglia siano due persone con disabilità. Quando la minorazione insorge successivamente, i problemi sono più complessi.Se colpito è uno dei genitori, si pongono immediatamente anche problemi di mancato reddito familiare o di mancate risorse di cura da parte del coniuge minorato. Se la minorazione colpisce un figliolo dalla nascita si pongono , oltre ai problemi economici, anche problemi di accettazione dell’imprevisto, talora con conclusioni drammatiche di rottura della coppia e di affidamento del piccolo al solo coniuge che lo ha accettato ( di solito la madre), che rimane ancora più fragile nella gestione della vita quotidiana. Qualora nessuno dei due coniugi accetti il figlio “indesiderato”, al minore si apre la via emarginante dell’istituto speciale. Anche quando il minore con disabilità venga accettato dai genitori, i problemi divengono sempre più gravi col crescere dello stesso, sia perché l’assistenza fisica diviene sempre più pesante, sia per le lotte sempre più dure per la sua integrazione nella scuola, nel lavoro ( ove possibile), sia per l’accoglienza e permanenza in una rete di servizi territoriali, spesso inesistenti o mal funzionanti, che gli permettano di rimanere a vivere nel nucleo familiare e sul proprio territorio. Qualora, a causa della durezza delle lotte e della crescente fragilità della famiglia, tutte le soluzioni divengano difficili, torna ad affacciarsi come unica soluzione quella dell’ingresso nel circuito emarginante dell’istituto speciale. Quando invece i genitori riescono a garantire la persistenza del figlio con disabilità nel nucleo familiare, la fragilità si abbatte sul figlio quando i genitori scompaiono.E’ questa l’angoscia maggiore che colpisce i genitori che sono riusciti, ammezzo ad immense difficoltà, a trattenere in casa il membro con disabilità e che pensano con terrore a ciò che avverà dopo la loro morte. Infatti non sempre i fratelli si sentiono di accollarsi l’assistenza del fratello con disabilità, specie se egli è non autosufficiente per cause fisiche o soprattutto intellettive. In mancanza di soluzioni solidaristiche sociali, anche qui si apre solo il triste tunnel dell’istituto speciale. Ovviamente tutte queste situazioni si palesano con una fragilità maggiore o minore a seconda della situazione economica, culturale, sociale, spirituale della famiglia e dell’ambiente e del contesto sociale in cui le famiglie si trovano a vivere. Ciascuna di queste situazioni condizionano positivamente o negativamente il contrasto della situazione di fragilità.
TESTIMONIANZE 3- Le comunità cristiane italiane , a seconda della maggiore o minore presa di coscienza di questi problemi e della formazione pastorale realizzata dànno testimonianze diversificate . Le comunità ove prevale ancora una formazione catechistica e pastorale preconciliare, spingono le famiglie a mettere i loro membri con disabilità negli istituti speciali gestiti da religiosi e religiose, talora con numerosi ospiti e spesso anche assai lontani dalla residenza del nucleo familiare, con abbandono più o meno mascherato del mebro minorato. A livello pastorale, le risposte di queste comunità alle famiglie sono di carattere consolatorio , puntando solo ad annunciare loro il “valore salvifico della sofferenza e della Croce”, che non sempre viene compreso o accettato dalla famiglia, che così si allontana prima o poi dalla comunità cristiana di appartenenza e talora anche dalla fede in Cristo. Le comunità che hanno recepito il messaggio del Concilio Vaticano II° , si organizzano a livello parrocchiale per accogliere il fratello o la sorella con disabilità e la sua famiglia.Vengono organizzati gruppi di volontariato per concedere momenti di sollievo alla famiglia dalla cura quotidiana, specie dove i servizi sociali sono carenti. Si sostiene la famiglia nell’integrazione del minore nelle scuole pubbliche ed in quelle cattoliche che sempre più si attrezzano per l’accoglienza. Queste comunità cristiane si adoperano perché queste persone con disabilità, al termine degli studi, vengano inserite nel mondo del lavoro, se sono stati formate e sono in grado di lavorare sulla base di progetti personalizzati. Qualora non siano in grado di proficuo lavoro, si adoperano affinché le famiglie possano accedere ai servizi territoriali occupazionali, educativi e socioriabilitativi e, quando questi sono carenti, si sforzano di porsi accanto alle famiglie nella cura quotidiana e nelle giuste battaglie giuridiche, assieme ad altri gruppi anche laici, per ottnenere servizi territoriali che evitino il ricorso agli istituti. Di recente, alcune comunità cristiane stanno promuovendo corsi di formazione per volontari che svolgano il compito di “amministratori di sostegno ai sensi della L.n. 6/04, per le persone non autosufficienti e stanno avviando la costituzione di “fondazioni della comuniutà locale” per garantire la permanenza di queste persone nella propria dimora o in piccole comunità-famiglia, dopo la morte dei genitori. A livello pastorale, queste comunità cristiane non si limitano ad annunciare “ il valore salvifico della Croce”, ma annunciano con la loro testimonianza “ anche il valore salvifico della resurrezione di gesù”, attualizzando l’insegnamentodi san Paolo; (Se Cristo non è risorto, vana è la nostra fede: I lettera ai Corinti capo 15 vv. 14, 17 ) anzi dànno un senso alla Croce con la testimonianza di Gesù risorto, che si manifesta nella condivisione concreta dei problemi della vita quotidiana di queste persone e delle loro famiglie. La nostra esperienza di fede ci induce a credere che Gesù è crocifisso in queste persone e famiglie, ma non per rimanervi perennemente sofferente, ma per risorgere in loro e con loro fin da ora, grazie all’impegno solidale delle comunità cristiane.
PROPOSTE 4- Si propone che il convegno ecclesiale affronti con coraggio i problemi di queste famiglie e dei loro membri; analizzi, alla luce del rinnovamento catechetico, liturgico, pastorale e della diaconia della carità, provocato dal Concilio, gli atteggiamenti mentali ele prassi contrarie a tale rinnovamento, ancora troppo presenti nella cristianità italiana, sia nella predicazione, sia nella gestione di grossi istituti speciali per disabili ed addirittura nella costruzione di “villaggi per soli disabili e loro familiari” , come sta avvenendo presso l’Oasi Maria SS. Di Troina , in Sicilia. Rilanci e sostenga le iniziative dei Gruppi di volontariato e delle parrocchie che si sforzano di realizzare una promozione umana , conforme ai nuovi insegnamenti del Concilio, soprattutto laddove invita “ a non dare per carità ciò che spetta per giustizia”. Inviti i vescovi, i Sacerdoti , i religiosi e le Religiose, i Fedeli e le fedeli laici a riscoprire i copiosi documenti papali che, a partire più frequentemente da Giovanni XXIII hanno trattato dei diritti umani delle persone con disabilità e delle loro famiglie ; a citarli nella predicazione ordinaria ed a tradurli in opere concrete con interventi, che ristrutturino i servizi che erano innovativi nei secoli scorsi, ma che oggi sono anacronistici, perché non rispettano la dignità di queste persone, perché non sono strutture di tipo familiare, come è stato denunciato , proprio in questi ultimi mesi nell’istituto di “Serra d’aiello”, di proprietà della Diocesi di Cosenza, in cui sono ammassate centinaia di disabili di tutte le età in condizioni disumane, denunciate dallo stesso Vescovo nel 2004. I consultori familiari si dotino della presenza di esperti psicopedagogici per sostenere le famiglie nel momento della nascita di un figliolo con disabilità e nel suggerire interventi precocissimi di carattere educativo e riabilitativo. La Gerarchia e la comunità ecclesiale tutta parli alto e forte nei confronti delle autorità civili nel pretendere la realizzazione dei servizi e le provvidenze a sostegno dell’integrazione sociale di queste persone e delle loro famiglie. Tutta la comunità ecclesiale si adoperi per una piena integrazione ecclesiale , non paternalistica, ma promozionale, di queste famiglie e di ciascuno dei loro membri.
Salvatore Nocera |
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