Carcere e Volontariato Oggi alla Camera il ddl
che trasforma i Centri di servizio sociale adulti in ''Uffici di
esecuzione penale esterna''. Paola Rossi scrive ai deputati. ''Alterato
il ruolo dell'assistente sociale, soprattutto nell'area delle misure
alternative'' Assistenti sociali
preoccupati della discussione alla Camera, del disegno di legge n.5141
("Delega al Governo per la disciplina dell'ordinamento della carriera
dirigenziale penitenziaria", detta anche 'legge Meduri'). Il ddl, già
esaminato e approvato dal Senato lo scorso 14 luglio, crea infatti non
pochi timori in seno alla categoria e, più in generale, in chi si occupa
da vicino di carcere e volontariato. A
prendere carta e penna è stata Paola Rossi, presidente dell'Ordine
nazionale degli assistenti sociali, che ha scritto ai presidenti e ai
deputati dei gruppi parlamentari di Montecitorio. Nel ricordare
l'audizione concessa agli assistenti sociali lo scorso 25 novembre alla
Commissione Affari Costituzionali, la Rossi evidenzia come tale proposta
susciti "una viva preoccupazione nel punto (art. 3) in cui prevede la
modifica radicale (ma sarebbe meglio dire: lo stravolgimento) dell'art.72
dell'Ordinamento penitenziario, con il quale sono stati a suo tempo
costituiti i Centri di servizio sociale per adulti, il cui intervento
nell'esecuzione delle misure alternative alla detenzione è di importanza
essenziale".
Per il presidente nazionale degli assistenti sociali, "così come è
formulato, il nuovo art.72 sembra diretto a cambiare sostanzialmente -
e non solo formalmente - il carattere operativo delle strutture di
servizio sociale attive da trenta anni e puntualmente riconfermate dal
legislatore più volte intervenuto in materia dal 1975 ad oggi. Infatti,
gli 'Uffici di esecuzione penale esterna', che dovrebbero prendere il
posto dei Centri di servizio sociale, appaiono dei contenitori di
attività e di operatori di cui manca ogni più precisa definizione in
senso tecnico proprio, mentre l'eliminazione sistematica di ogni
riferimento al servizio sociale ed agli assistenti sociali fa ritenere -
se le cose hanno un senso - che il modello organizzativo-operativo
perseguito risulterà di fatto incompatibile con quello attuale. Tale
presunzione appare confermata dalla previsione contenuta nella proposta
di legge secondo cui i suddetti uffici saranno disciplinati con semplice
decreto ministeriale; ciò che può significare l'azzeramento delle
attuali norme sull'organizzazione dei Centri di servizio sociale
contenute nel vigente Regolamento di Esecuzione dell'Ordinamento
penitenziario (DPR 30 giugno 2000, n. 230)".
Per la Rossi, poi, ulteriori preoccupazioni derivano dalla
articolazione del nuovo art. 72, "laddove si tenta di ridefinire alcune
responsabilità dell'Ufficio, nell'esecuzione delle misure alternative
alla detenzione, e dove alcune carenze (come quella che riguarda
l'omesso riferimento - nel trattamento degli ammessi alle misure
alternative - all'esercizio congiunto di una funzione di aiuto in
accompagnamento a quella di controllo) sembrano ignorare la qualità
professionale dell'intervento svolto dall'assistente sociale, e gli
orientamenti tecnici maturati su tali aspetti in questi numerosi anni di
lavoro, in piena sintonia con i principi e le regole del Codice
deontologico dell'Ordine.
In sostanza - continua -, molti elementi che caratterizzano la
proposta di legge in oggetto fanno temere che essi possano determinare
un'alterazione del ruolo dell'assistente sociale, in particolare
nell'area delle misure alternative, al punto da mettere in discussione
il significato stesso della presenza di tale operatore nel sistema
penitenziario".
Il tutto mentre la scelta effettuata dal legislatore del 1975 ha
configurato il Centro di servizio sociale per adulti come una struttura
anch'essa alternativa al carcere, radicata sul territorio, pienamente
integrata nel contesto comunitario e posta nelle migliori condizioni per
attuare i suoi interventi seguendo una logica operativa realmente
ispirata ad una cultura alternativa ai modelli istituzionali. "Di
conseguenza - precisa la Rossi -, il Centro di servizio sociale è stato
costituito come una struttura professionale tipica, in cui assistenti
sociali, diretti da personale appartenente alla stessa professione,
svolgono interventi di servizio sociale in relazione a soggetti che sono
ritenuti idonei dalla magistratura di sorveglianza ad essere trattati
con le metodologie professionali proprie del servizio sociale, nella
prospettiva di un graduale e ben seguito reinserimento sociale. Perdere
o alterare questo modello potrebbe costituire un grave errore - sia
sotto il profilo operativo che, più generalmente, culturale - e
rappresenterebbe un'incomprensibile svolta negli orientamenti
legislativi che hanno coerentemente caratterizzato lo sviluppo del
settore negli ultimi trent'anni".
Infine, la presidente richiama l'attenzione su due aspetti "che
sembrano testimoniare l'intenzione dei proponenti della legge di
arrivare comunque al risultato voluto senza eccessive preoccupazioni di
dettaglio: l'art. 3 della proposta di legge in questione non partecipa
della natura di legge delega, che caratterizza il resto della proposta,
ma costituisce invece un atto normativo diretto, capace di determinare
immediatamente le modifiche previste; inoltre, non viene indicato se la
sostituzione di cui si parla nel comma primo dell'art. 3 coinvolga -
come parrebbe - l'intero Capo III della legge 26 luglio 1975, n° 354 o
solo l'art.72. Dato che nel primo caso verrebbe abrogata la previsione
dell'utilizzazione del volontariato, il Servizio Sociale - abituato a
integrarsi ordinariamente con le preziose forze del volontariato, così
come con i servizi territoriali degli Enti locali - dovrebbe accusare un
altro serio, quanto assurdo, motivo di preoccupazione".
Anche Legautonomie e Caritas Italiana contro il ddl in discussione alla
Camera. ''Una proposta che stravolge l'attuale ordinamento
penitenziario''
Anche Legautonomie e Caritas Italiana intervengono sulla cosiddetta
legge Meduri, concernente una nuova disciplina dell'ordinamento della
carriera dirigenziale penitenziaria. Un provvedimento che, secondo
assistenti sociali e volontariato carcerario, rischia di stravolgere
l'attuale ordinamento penitenziario.
Afferma infatti Legautonomie: "La proposta di legge stravolge l'attuale
ordinamento penitenziario, che consente l'applicazione di misure
alternative alla detenzione (c.d. legge "Gozzini"), e in base al quale
dal '75 ad oggi hanno operato i Centri di servizio sociale per adulti
della giustizia, il cui intervento è essenziale nell'esecuzione delle
misure alternative della detenzione. Il provvedimento inoltre rischia di
annullare l'utilizzo del volontariato, con il quale si integrano
abitualmente i professionisti del sociale nell'adempimento dei propri
compiti. Gli Uffici, denominati di esecuzione penale esterna, saranno
disciplinati con semplice decreto ministeriale, ciò che può significare
l'azzeramento delle attuali norme, e di una lunga, proficua esperienza
di lavoro che va difesa ed anzi potenziata".
Per Legautonomie, "i compiti operativi attualmente affidati al servizio
sociale vengono ridefiniti, appiattendoli sulla mera funzione del
controllo e ignorando quella funzione di aiuto che qualifica
l'intervento dei professionisti assistenti sociali".
Eppure, secondo l'organizzazione, "i Centri di servizio sociale per
adulti previsti dalla legge Gozzini costituiscono una struttura
alternativa al carcere, radicata sul territorio, pienamente integrata
nel contesto comunitario in collaborazione con i servizi sociali dei
comuni e delle Asl e di cui semmai va sostenuta una ulteriore
qualificazione".
Per tutto questo Legautonomie, ricordando la recente costituzione del
"Forum nazionale per la salute dei detenuti", esprime le proprie
preoccupazioni "perché le norme in discussione rischiano di cassare un
pezzo di stato sociale, mettere in discussione una linea di recupero
sociale del reo, sancita dalla Costituzione e perseguita da decenni con
indubbi risultati da assistenti sociali, in stretta relazione con il
volontariato e gli enti locali".
Da Legautonomie alla Caritas Italiana. Afferma quest'ultima in una nota:
"Sotto un titolo piuttosto generale, il provvedimento contiene un vero e
proprio colpo di mano che elimina i servizi sociali della giustizia
trasformando gli uffici degli attuali assistenti sociali in meri uffici
amministrativi e di controllo. L'articolo 3 della proposta di legge già
approvata dal Senato il 14 luglio scorso, sotto il titolo "Esecuzione
penale esterna" modifica il titolo del capo III del titolo II della
legge sull'Ordinamento penitenziario, e riformula interamente l'articolo
72 che riguardava i centri di servizio sociale per adulti.
Non si può non rimanere sconcertati per gli effetti devastanti che
questa nuova legge delega comporterebbe (.). La cura e il rispetto per
la dignità della persona che è intangibile, quale che sia la sua
condizione di vita, impone un'attenta riflessione quando si elaborano
delle norme che silenziosamente tentano di restringere gli spazi per
un'assunzione di responsabilità di tutta la comunità nell'aiuto ai
fratelli più deboli nel percorso di recupero e di reinserimento
sociale".
La Caritas Italiana, che nel recente sussidio "Liberare la pena" ha
delineato i bisogni che emergono nel mondo del carcere e alcune
possibili risposte, condividendo le preoccupazioni già espresse dal
Coordinamento Assistenti Sociali Giustizia e dall'Ordine Nazionale degli
Assistenti Sociali, rivolge dunque un appello "al Parlamento e a tutti
coloro che hanno a cuore i valori della giustizia e del volontariato
perché ci sia un ripensamento su una norma che costituirebbe un notevole
passo indietro rispetto al faticoso cammino compiuto per restituire
dignità all'esecuzione della pena in Italia e che rischierebbe di
smantellare un altro importante pezzo del già martoriato welfare
italiano".
______________________________
La proposta di legge (5141) già passata al senato che, nonostante abbia
un nome che sembra limitarsi a garantire dirigenze (Delega al Governo
per la disciplina dell'ordinamento della carriera dirigenziale
penitenziaria), prevede tre cose gravissime: l'abolizione del
volontariato penitenziario; l'abolizione dei servizi sociali per le
misure alternative alla detenzione (CSSA) che verranno sostituiti da
Uffici di esecuzione penale esterna (che non saranno più servizi
sociali, ma penali); l'abolizione della Cassa per il soccorso e
l'assistenza alle vittime del delitto". La denuncia è della Caritas
Ambrosiana che oltre all'appello a raggiungere tutti i deputati nel
tentativo di bloccare l'iniziativa, evidenzia come "tutto è fatto di
nascosto: sostituiscono con il solo art. 72 tutto il capo terzo del
titolo secondo dell'Ordinamento Penitenziario e aboliscono così il
volontariato in carcere (articolo 78) che di quel capo fa parte". |