|
|
Nella Gazzetta ufficiale n. 129
del 6 giugno 2001 è stato pubblicato il Decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri 14 febbraio 2001, "Atto di
indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio
sanitarie" Spetta ora alle regioni l’applicazione di gran parte
delle indicazioni contenute nell’Atto di indirizzo. Regioni che
dovranno tener conto dei criteri di finanziamento presenti nell’Atto
sia in riferimento ai servizi già presenti che a quelli che
dovranno realizzarsi in attuazione della "riforma dell’assistenza"
e dei successivi atti applicativi .
COMPITI
DELLE REGIONI
(DPCM
14.2.2001, Atto di indirizzo e coordinamento in materia di
prestazioni socio-sanitarie) Art.
2. Tipologia delle prestazioni -
L'assistenza socio-sanitaria viene prestata alle persone che
presentano bisogni di salute che richiedono prestazioni sanitarie ed
azioni di protezione sociale, anche di lungo periodo, sulla base di
progetti personalizzati redatti sulla scorta di valutazioni
multidimensionali. Le regioni disciplinano le modalità ed i
criteri di definizione dei progetti assistenziali personalizzati. Art.
4. Principi di programmazione e di organizzazione delle attività -
Nell'ambito della programmazione degli interventi socio-sanitari (la
regione) determina gli obiettivi, le funzioni, i criteri di
erogazione delle prestazioni socio-sanitarie, ivi compresi i criteri
di finanziamento, tenendo conto di quanto espresso nella tabella
allegata. A tal fine si avvale del concerto della Conferenza
permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria
regionale di cui all'art. 2, comma 2-bis, del decreto legislativo n.
502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, o di altri
organismi consultivi equivalenti previsti dalla legislazione
regionale. -
Svolge attività di
vigilanza e coordinamento sul rispetto di dette indicazioni da parte
delle aziende sanitarie e dei comuni al fine di garantire
uniformità di comportamenti a livello territoriale. - Per
favorire l'efficacia e l'appropriatezza delle prestazioni
socio-sanitarie necessarie a soddisfare le necessità assistenziali
dei soggetti destinatari, l'erogazione delle prestazioni e dei
servizi è organizzata di norma attraverso la valutazione
multidisciplinare del bisogno, la definizione di un piano di lavoro
integrato e personalizzato e la valutazione periodica dei risultati
ottenuti. La regione emana indirizzi e protocolli volti ad
omogeneizzare a livello territoriale i criteri della valutazione
multidisciplinare e l'articolazione del piano di lavoro
personalizzato vigilando sulla loro corretta applicazione al fine di
assicurare comportamenti uniformi ed omogenei a livello
territoriale. Art.
5. Criteri di finanziamento - Nella
ripartizione delle risorse del Fondo per il servizio sanitario
regionale con il concorso della Conferenza di cui all'art. 3,
comma 1, tengono conto delle finalità del presente provvedimento,
sulla base di indicatori demografici ed epidemiologici, nonché
delle differenti configurazioni territoriali e ambientali.
-
definisce
i criteri per la definizione della partecipazione alla spesa degli
utenti in rapporto ai singoli interventi, fatto salvo quanto
previsto per le prestazioni sanitarie dal decreto legislativo n. 124
del 1998 e per quelle sociali dal decreto legislativo n. 109 del
1998 e successive modifiche e integrazioni.
-
Saranno sempre le regioni che
dovranno definire - tenendo conto delle indicazioni del DPCM - le
prestazioni ed i servizi ad elevata integrazione sanitaria e quindi
a totale carico del FS ("tutte
le prestazioni caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e
intensità della componente sanitaria (..) Tali prestazioni sono
quelle, in particolare, attribuite alla fase post-acuta
caratterizzate dall'inscindibilità del concorso di più apporti
professionali sanitari e sociali nell'ambito del processo
personalizzato di assistenza, dalla indivisibilità dell'impatto
congiunto degli interventi sanitari e sociali sui risultati
dell'assistenza e dalla preminenza dei fattori produttivi sanitari
impegnati nell'assistenza. Dette prestazioni a elevata integrazione
sanitaria sono erogate dalle aziende sanitarie e sono a carico del
fondo sanitario. Esse possono essere erogate in regime ambulatoriale
domiciliare o nell'ambito di strutture residenziali e
semiresidenziali e sono in particolare riferite alla copertura degli
aspetti del bisogno socio-sanitario inerenti le funzioni
psicofisiche e la limitazione delle attività del soggetto, nelle
fasi estensive e di lungoassistenza),
da quelli sanitari a rilevanza sociale (a titolarità sanitaria ma
non a completo carico del FS). Il rischio è quello di tendere a
ricondurre (per evidenti ragioni di contenimento dei costi) all’elevata
integrazione solo gli interventi in post-acuzie e di far passare nel
sanitario a rilievo sociale (se non nel sociale a rilievo
sanitario), tutto ciò che viene definito "estensivo" (va
comunque ricordato che il DPCM rimane pur sempre un atto
amministrativo e che per quanto riguarda il diritto alle cure
sanitarie - gratuito e senza limiti di durata - esso è sancito
dalle leggi 692/1955, 132/1968, 386/1974, 180/78 833/1978). Quanto
poi le prestazioni ed i servizi di natura "sociale" per i
quali è prevista la partecipazione al costo del servizio da parte
dell’utente vanno richiamate le indicazioni del D. lgs 130/2000
(3), nella parte in cui si stabilisce che per alcune categorie di
persone (handicap in situazione di gravità, ultrasessantacinquenni
la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata
dalle ASL), la partecipazione alla spesa deve avere come riferimento
il solo reddito del richiedente la prestazione e non su quello del
nucleo familiare o dei tenuti agli alimenti (vedi in questo numero a
p. 17). Riguardo
la tabella allegata al DPCM negli interventi rivolti a persone in
situazione di handicap, nell’ultima stesura è stata
aggiunta per quanto attiene i servizi residenziali una ulteriore
differenziazione (40% a carico del SSN e 60% a carico dei Comuni,
aggiunta alla precedente 70% a carico SSN e 30% a carico dei
Comuni). La distinzione tra le due tipologie di servizi è
abbastanza difficile da definire. In tutte e due i casi i
riferimenti normativi sono gli stessi e identica è la definizione
della disabilità (grave). Nel 2º caso si fa riferimento a
"strutture accreditate sulla base di standard regionali"
(anche riguardo ai servizi semiresidenziali), nel 1º, oltre alla
gravità si aggiunge "privi di sostegno familiare nei servizi
di residenzialità permanente". Sempre nella stessa parte si fa
riferimento ad interventi di assistenza educativa a completo carico
dei Comuni; va notato che tale intervento viene fruito, in diverse
realtà, anche da disabili molto gravi che per le ragioni più
diverse non frequentano Centri Diurni (in alcuni casi perché non
istituiti). Per
quanto riguarda gli anziani e altre persone non autosufficienti con
patologia cronico degenerativa si stabilisce che nei servizi
residenziali e semiresidenziali a completo carico del Fondo
sanitario ci sono "l’assistenza in fase intensiva e le
prestazioni ad elevata integrazione nella fase estensiva". Si
fa poi riferimento ad una spesa percentuale del 50% tra Comuni e Asl
del costo "nelle forme di lungo assistenza semiresidenziali e
residenziali", o in alterativa costo del personale sanitario,
più 30% dei costi dell’assistenza tutelare e alberghiera. Nell’Assistenza
Domiciliare Integrata (ADI) l’onere dell’"assistenza
tutelare" è ripartito al 50% tra Comuni e ASL. Rimandiamo
comunque alla lettura della tabella allegata al DPCM anche in
riferimento alle altre aree (materno infantile, dipendenza da droga,
alcool e farmaci, malattia mentale, patologie da HIV, malati
terminali). Per
una considerazione più generale, per quanto riguarda i servizi
extraospedalieri diurni e residenziali rivolti a soggetti disabili,
anziani non autosufficienti, malati mentali, occorre ricordare una
situazione assolutamente diversificata nelle varie regioni. La
tendenza è comunque quella di considerare a completo carico del
Fondo sanitario interventi molto limitati nel tempo (post-acuzie)
per passare poi verso strutture (sociosanitarie) a più bassa
intensità assistenziale e con la partecipazione al costo da parte
dell’utente. In
linea generale tutta la residenzialità extraospedaliera viene
classificata con diverse tipologie di strutture, alcune a completo
carico del FSN altre con partecipazione alla spesa (quota sociale o
alberghiera). Ad esempio nelle Marche (4) ce ne sono 4 a titolarità
sanitaria, RST, RSR (int-est), RSA; per 3 di queste gli oneri sono a
completo carico del FS (nella RSA c’è la partecipazione
alberghiera a carico dell’utente); ci sono poi i Nuclei di
assistenza residenziale (NAR) all’interno delle strutture
assistenziali che prevedono una quota sanitaria nel costo retta. Ma
la stragrande maggioranza di anziani e adulti non autosufficienti
sono all’interno di strutture assistenziali con retta a completo
carico dell’utente e/o dei familiari per cifre che oscillano tra
le 80.000 e 120.000 L. al giorno (se in situazione di indigenza
interviene il Comune). C’è
da augurarsi, pertanto, pur senza troppe illusioni, che le regioni
utilizzino l’Atto nella prospettiva di offrire maggiore tutela e
non in quella del mero contenimento dei costi spostando dalla
sanità all’assistenza prestazioni e servizi (dunque oneri). Uno
spostamento che si traduce anche nel passaggio verso servizi con
crescente abbassamento degli standard assistenziali. E’ invece fin troppo evidente in un ottica di riduzione dei costi, l’introduzione della parola "sociale", al solo fine di far gravare oneri (i famosi costi alberghieri) su altri soggetti (Comuni, famiglie, utenti). E purtroppo non sempre ciò appare ben compreso da molti degli attori del sistema dei servizi. Articolo 3-septies, D.
Lgs 229/1999 "Integrazione sociosanitaria" 1. Si definiscono prestazioni sociosanitarie tutte le
attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali
integrati, bisogni di salute della persona che richiedono
unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale
in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra
le azioni cura e quelle di riabilitazione. 2. Le prestazioni sociosanitarie comprendono: a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le
attività finalizzate alla promozione della salute, alla
prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti
degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite; b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le
attività del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la
persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di
emarginazione condizionanti lo stato di salute. 3. L'atto di indirizzo e coordinamento di cui
all'articolo 2, comma 1, lettera n), della legge 30 novembre 1998,
n. 419, da emanarsi, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore
del presente decreto, su proposta del Ministro della sanità e del
Ministro per la solidarietà sociale, individua, sulla base dei
princìpi e criteri direttivi di cui al presente articolo, le
prestazioni da ricondurre alle tipologie di cui al comma 2, lettere
a) e b), precisando i criteri di finanziamento delle stesse per
quanto compete alle unità sanitarie locali e ai comuni. Con il
medesimo atto sono individuate le prestazioni sociosanitarie a
elevata integrazione sanitaria di cui al comma 4 e alle quali si
applica il comma 5, e definiti i livelli uniformi di assistenza per
le prestazioni sociali a rilievo sanitario. 4. Le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione
sanitaria sono caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e
intensità della componente sanitaria e attengono prevalentemente
alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie
psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per
infezioni da HIV e patologie in fase terminale, inabilità o
disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative. 5. Le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione
sanitaria sono assicurate dalle aziende sanitarie e comprese nei
livelli essenziali di assistenza sanitaria, secondo le modalità
individuate dalla vigente normativa e dai piani nazionali e
regionali, nonché dai progetti-obiettivo nazionali e regionali. 6. Le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria sono di
competenza dei Comuni che provvedono al loro finanziamento negli
ambiti previsti dalla legge regionale ai sensi dell'articolo 3,
comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. La regione
determina, sulla base dei criteri posti dall'atto di indirizzo e
coordinamento di cui al comma 3, il finanziamento per le prestazioni
sanitarie a rilevanza sociale, sulla base di quote capitarie
correlate ai livelli essenziali di assistenza. 7. Con decreto interministeriale, di concerto tra il Ministro
della sanità, il Ministro per la solidarietà sociale e il Ministro
per la funzione pubblica, è individuata all'interno della Carta dei
servizi una sezione dedicata agli interventi e ai servizi
sociosanitari. 8. Fermo restando quanto previsto dal comma 5 e dall'articolo
3 quinquies, comma 1, lettera c), le regioni disciplinano i criteri
e le modalità mediante i quali comuni e aziende sanitarie
garantiscono l'integrazione, su base distrettuale, delle prestazioni
sociosanitarie di rispettiva competenza, individuando gli strumenti
e gli atti per garantire la gestione integrata dei processi
assistenziali sociosanitari. (2) Legge 8 novembre 2000, n. 328, Legge quadro per
la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi
sociali (Sup. G.U. n. 265 del 13.11.2000); Presidenza del
Consiglio dei Ministri, Dipartimento della solidarietà sociale,
Decreto 21 maggio 2001, n. 308, Regolamento concernente
"Requisiti minimi strutturali e organizzativi per l’autorizzazione
all’esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e
semiresidenziale, a norma dell’articolo 11 della legge 8 novembre
2000, n. 328" (G.U., n. 174 del 28.7.2001). Per quest’ultimo
atto, occorre far notare per quanto riguarda l’handicap il
dimensionamento delle "strutture protette" che prevede
fino a 20 posti letto, un modello che ha poco a che vedere con il
tanto sbandierato riferimento familiare (120 in quelle per anziani).
Strutture che paiono del tutto assimilabili alle RSA (tanto che una
prima stesura dell’atto veniva specificato che le disposizioni del
decreto sostituivano quelle del DPR 14.1.97 in materia di RSA).
Considerato inoltre che la normativa non sembra proibire
"accorpamenti" di strutture diverse è facile che si
sommino ai 120, gli 80 previsti per quelle a prevalenza accoglienza
alberghiera. Dunque un atto che tende a fotografare e confermare l’esistente
e che non incoraggia per nulla modelli alternativi alle grandi
strutture.
Art. 3. Dlgs 130/2000. Modificazioni all'articolo 3 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109 2-ter. Limitatamente alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell'ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente grave, di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertato ai sensi dell'articolo 4 della stessa legge, nonché a soggetti ultrasessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle aziende unita' sanitarie locali, le disposizioni del presente decreto si applicano nei limiti stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri per la solidarietà sociale e della sanità. Il suddetto decreto e' adottato, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, al fine di favorire la permanenza dell'assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione, e sulla base delle indicazioni contenute nell'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 3-septies, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni. |
La pagina
- Educazione&Scuola©