Corsi per l’autonomia
dopo la scuola dell’obbligo, nei Centri di istruzione per gli adulti
Dopo la Sentenza della Corte
Costituzionale n. 215/1987, dopo la legislazione scolastica che ne è
seguita e ancor più dopo la Legge - quadro sull’integrazione degli
alunni in stato di handicap(n. 104/1992), molti soggetti in
situazione di handicap si sono iscritti alla scuola secondaria di
secondo grado, ben prima che questo diventasse un obbligo e, la
maggior parte di essi, lo ha fatto in scuole professionali, con la
possibilità di concludere un percorso in breve tempo.
Tante volte, genitori, insegnanti e
operatori sociali indirizzano il disabile, ad una scuola che
viene, preventivamente, considerata di scarso impegno, idonea
dunque a conciliare il proseguimento degli studi dopo la scuola
dell'obbligo, con i problemi di disabilità e di handicap del
ragazzo. Ma la scuola che sembra
presentare minori difficoltà, vuoi per brevità, vuoi per il tipo di
discipline previste nel suo curriculum, può non rispondere ai
bisogni di un disabile che, forse ancora più dei così detti
normodotati, ha bisogno di un’eccellente formazione, sia
culturale, sia per quanto attiene la personalità, che gli consenta
di sopperire ai suoi handicap, per poter così accedere ad attività
lavorative in grado di valorizzare le sue capacità. Eppure tutto
ciò non si verifica che eccezionalmente: spesso gli studenti
disabili sono vittime di insuccessi scolastici, che non
permetteranno loro di raggiungere le competenze necessarie e il
livello culturale che può renderli competitivi nel contesto
lavorativo.
L’alunno disabile, non riuscendo ad
adeguarsi alle richieste del sistema scolastico, fornisce
scolasticamente risposte inadeguate alle aspettative degli adulti;
tende ad attribuire a sé la causa del proprio insuccesso e/o
abbandono scolastico; non riesce a costruire una corretta autostima,
anzi rafforza sempre più l'immagine negativa che ha di se stesso,
quindi contribuisce pesantemente ad aumentare la propria
situazione di marginalità sociale. Molto spesso poi, è anche
difficile il dialogo del ragazzo disabile con i suoi insegnanti e
con i compagni di classe.
Nella scolarizzazione dell’alunno disabile si può verificare
un’altra situazione: per un atteggiamento di errato pietismo, al
soggetto in situazione di handicap non si pongono quelle richieste
di impegno, di lavoro, di sforzo che sono necessarie per apprendere
e per apprendere ad apprendere, favorendone il passaggio alle classi
successive, ma non aiutandolo a prepararsi alla vita, né da un punto
di vista di formazione di personalità, né per quanto può attenere il
piano culturale e di competenze. Addirittura si sta verificando in
questo ultimo periodo scolastico l’abbandono a se stesso, causa la
mancanza di un adeguato supporto di sostegno scolastico, oltre
all’utilizzo come ”parcheggio” da parte delle famiglie della scuola
secondaria di 2° grado per questi ragazzi.
Degli insegnanti di sostegno, che in termini nazionali
rappresentano il 10% circa del personale docente, ben il 46% opera
con contratti a tempo determinato, a scapito della continuità
dell'intervento svolto, e il 43% non ha una specializzazione, a
scapito della qualità dell'intervento stesso. Un altro elemento
preoccupante, riguarda il rapporto tra il numero degli alunni e il
numero degli insegnanti di sostegno, che va da uno ogni due nella
scuola dell'infanzia a uno ogni 2,76 nella secondaria di 1° grado e
ancora peggio in quella secondaria di 2° grado che supera
abbondantemente il rapporto di uno a 3.
Ancora più grave è la situazione sul
piano dell’autonomia personale. Spesso le figure poste accanto a
questi ragazzi, per l’autonomia personale, sono semplici “badanti”,
che servono a tenere sotto controllo il disabile sia esso motorio o
psicofisico.
Per ogni giovane, il raggiungimento dell'identità è il punto di
partenza per un corretto processo di costruzione dell'autonomia che,
se vede la famiglia impegnata in prima fila, richiede all'ambiente
scolastico tutto, ma in particolare ai docenti, il massimo sforzo
per aiutare l'allievo in situazione di handicap a maturare uno
stato mentale che gli permetta di sentirsi persona autonoma.
Troppo spesso, ancora oggi la scuola,
limitandosi all'inserimento del disabile o mettendo in atto nei suoi
confronti più forme di pietismo che di educazione, salvo lodevoli
eccezioni, non integra perciò realmente e non è ancora riuscita a
diventare per lui vera agenzia di socializzazione e ad
essere il punto dal quale egli possa partire per costruire la
propria autonomia.
Per creare i presupposti del successo individuale sia nel campo
dell’istruzione che in quello professionale e dell’inserimento nel
mondo del lavoro non basta che tutti frequentino la scuola per più
tempo. Occorre invece che ciascuno, investendo almeno un anno in più
a scuola, possa consolidare e ampliare le proprie conoscenze e
competenze, mettere a fuoco le proprie capacità e quindi scegliere
con maggiore consapevolezza il successivo percorso di istruzione o
di formazione.
Una soluzione per renderli più autonomi , potrebbe essere la
realizzazione di corsi di autonomia per ragazzi in situazione
di handicap dai 16 ai 21 anni
volti a far acquisire alcune capacità quali l’uso del denaro, del
telefono, l’orientamento urbano, i
principali fondamenti del codice stradale del pedone, l’uso dei
mezzi pubblici, il comportamento
negli acquisti e negli uffici pubblici (posta, banca,…). Questo si
può fare, ce lo consente l’ordinanza ministeriale 495/097 e altre
leggi. La sperimentazione, in accordo con i servizi sociali del
distretto di appartenenza e i Centri Territoriali Permanenti, può
avvenire con soggetti disabili che abbiano completato la scuola
dell’obbligo. Troppo spesso, si verifica che le scuole superiori non
rifiutano le iscrizioni e di conseguenza raggruppano 3 o 4 disabili
per classe vanificando quel processo di integrazione essenziale per
questi giovani, siano essi gravi e non.
Le attività da proporre dovrebbero essere incentrate su 5 aree
educative individuate come fondamentali per un’educazione
all’autonomia esterna:
comunicazione:
stimolare a chiedere informazioni, a fornire i propri dati
personali, a sapere usare i telefoni pubblici, sia come mezzi per
raggiungere ciò che si desidera, sia per potere chiedere aiuto in
caso di difficoltà.
orientamento: sollecitare a porre la giusta
attenzione nel guardarsi intorno in modo consapevole. Perciò sarà
potenziata la capacità di leggere e seguire indicazioni stradali,
individuare punti di riferimento, leggere i nomi delle strade,
riconoscere le fermate degli autobus, della metro e dei taxi...
comportamento stradale: fondamentale per
l’autonomia è assumere comportamenti adeguati che permettano di
muoversi da soli facendo attenzione agli attraversamenti
stradali, ai segnali pedonali.
uso del denaro:
l’utilizzo consapevole del denaro permette, attraverso determinate
strategie, di riuscire a fare acquisti personali in modo autonomo.
L’obiettivo è quello di imparare a riconoscere e conteggiare i vari
tagli di denaro, leggere i prezzi, comprendere quando si deve
ricevere il resto e in che quantità.
uso dei servizi: importanza di riconoscere ed
utilizzare adeguatamente i negozi di uso comune ed i servizi; per
esempio l’uso degli uffici pubblici, dei trasporti, e di alcuni
luoghi di divertimento (cinema, bowling ecc...).
I costi dovrebbero essere a carico delle istituzioni che promuovono
i corsi, questo per non gravare sulle famiglie.
L’organizzazione dovrebbe rientrare nei “piani di zona” di ciascun
Comune.
Vi dovrebbe essere sia un coordinamento delle attività sia delle
modalità di verifica dei risultati ottenuti così da rendere il
modello di corsi esportabile in altre realtà.