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Anno scolastico
2.011-12
CLASSE-POLLAIO:
di Francesco FUSCA*
La Scuola italiana
è una buona Scuola e, come
nel passato, ce la farà. Nonostante tutto. Nonostante le
sforbiciate
necessarie e le
sforbiciate non necessarie…
Non abbiamo dubbi, anche se molte cose (troppe) remano contro una
“Scuola normale”, competitiva a livello dell’U. E. (Unione Europea a
27), non ultime la crisi
economico-finanziaria (e questo è il meno) e la
crisi valoriale (e questo è il più, davvero grave) che ci sta
investendo tutti…
Questo anno
scolastico agli esordi si può definirlo ‘caldo’? Cioè, particolarmente
problematico, un po’ difficile e, perché no!, complicato e confuso, a
livello soggettivo e a livello oggettivo? Ma, certo che sì! Perché, si
potrebbe obiettare, giustamente:
-L’anno scolastico scorso e gli altri anni prima ancora,
com’erano? Tutto andava bene… madama la marchesa? Per non banalizzare:
anche lo 0,6% sono… figli di Dio…
La novità evidente, che è sotto gli occhi di tutti, è che molte
classi di studenti/esse sono diventate
classi-pollaio, cioè classi
dove ci sono trenta e più… polli e ‘polle’ appunto (sovente con 1, 2, 3
alunni/e disabili) che, altrettanto evidentemente, tutto devono fare
tranne che… quello che si fa nelle ‘normali’ scuole del mondo, cioè:
educarsi e
istruirsi attraverso
percorsi formativo curricolari
basati sui
saperi liberi democratici
pluralistici delle Culture e delle Civiltà. Partendo dalla
tradizione che non è affatto
‘morta’, nonostante il nostro misero tempo sia contrassegnato dall’apparire
e dal “mordi e fuggi”, e dal
superficiale e dall’”usa e getta”. Vivendo alla giornata il/col
quotidiano, senza più Tempo
né Spazio, senza né ieri senza più domani…
Perché, dunque, le classi pollaio? Ma, perché il sovraffollamento
di alunni/e, lo stare l’uno sull’altro, l’involontario disturbarsi
reciprocamente e altro ancora fa sì che
l’apprendimento sia scarso o
nullo: e questo è il punto di vista dei discenti; poi, c’è
l’insegnamento - il punto di
vista dei docenti i quali, evidentemente
fanno non poca fatica a interessare e a motivare gli allievi
all’apprendimento dei vari saperi… È ovvio: ci si riferisce solo e
soltanto a quelle Persone che, ai vari livelli, ‘conoscono’ davvero e
“dal di dentro” la Scuole le classi gli alunni, e non a quelle persone
che studiano e conoscono la Scuola italiana e Regione per Regione per
sentito dire, “a tavolino”, sulle/dalle ‘carte’. Insomma, sono
eminentemente questioni di Pedagogia, di Didattica, di Metodologia, di
Organizzazione, di Psicologia dell’età evolutiva, di Legislazione
scolastica, … Non ci si improvvisa Docenti e Dirigenti scolastici,
professionalmente competenti e che vivono e ‘praticano l’attuale
ricerca scientifica, “a caso”
e “a naso”, per sentito dire…
I successi scolastico e
formativo sono minati alla base. Non c’è ricerca scientifica
sull’Organizzazione, Comunicazione, Relazione inter-soggettiva,
Dinamiche di gruppo, … che non lo dimostri.
Qualche esempio ‘concreto’ e ‘odierno (per non vender ‘fumo’, ma
solo ‘arrosto’, come siamo abituati a fare,
criticamente e per
forma mentis, da sempre!): il
liceo ‘Mamiani’ di Roma. Leggiamo: «Ecco la classe pollaio con 37
ragazzi. Già nella terza fila non si vede la lavagna né si sente il
prof. Ogni brusio diventa un grido e dal fondo della classe per poter
sentire la lezione servirebbe che i prof parlassero al microfono».
Dichiara la dirigente scolastica Tiziana Sallusti: «Purtroppo la
situazione del ‘Mamiani’ è comune a quella di quasi tutti gli altri
licei romani». Aggiunge e approfondisce Viola Giannoli: «Difficile
chiedere il nulla osta per i propri figli e spostarli altrove. Basta una
rapida panoramica degli istituti capitolini per capirlo: al Russell ci
sono due clasi con 31 studenti, le altre da trenta; al Tacito le prime
del linguistico sono formate da 32 o 33 ragazzi; le aule del IV ginnasio
del Kant contengono ben 31 alunni. E lo stesso accade, ad esempio, al
Virgilio, al Talete o al Torricelli» (la
Repubblica del 16 settembre 2.011).
***
E la chiamano
Scuola, questa scuola… parafrasando una nota canzone riferita
all’estate…
Ma, qual è il numero minimo e il numero massimo di alunni/e per
classe? Qual è l’odierna normativa di riferimento? Qual è il livello di
sicurezza degli Istituti? In
che percentuale di sicurezza sono le strutture scolastiche nel nostro
Paese, che accolgono gli studenti dai tre ai diciannove anni? Cosa
sancisce la legge relativamente ai metri quadrati a cui ha diritto ogni
singolo alunno-Cittadino, soggetto-Persona?
Ne parliamo
o sorvoliamo? Diciamole alcune cose, così ci chiariamo le idee, se ne
abbiamo voglia… Se poi vogliamo tenere le bistecche sugli occhi, per non
vedere; ovvero, fare come il noto modo degli struzzi, allora
accomodatevi pure, voi…
Dunque, la
normativa. Il primo pensiero va
al ben noto motto di Metastasio:
«Come l'araba Fenice, che vi sia ciascun lo dice, dove sia
nessun lo sa» (Demetrio,
atto II, scena III). Per dire che, nonostante la normativa vigente e
cogente, ormai da alcuni anni, sulla sicurezza delle strutture
scolastiche e, dunque, di chi ci sta dentro (alunni, docenti, personale
Ata, …), ecco, nonostante ciò, le cose lasciamo molto a desiderare.
Pericolosamente. A mo’ d’esempio, basti qui citare l’organicità in
materia della Legge n. 626/94 e ora sostituita, attraverso miglioramenti
legati all’esperienza compiuta in circa quindici anni, dai DD. LL.vi nn.
81/08 e 106/09.
Gli sforzi e gli impegni degli ultimi Governi sono veri e risultano.
Soprattutto quelli delle Province, per le Scuole del Secondo ciclo
dell’istruzione…
Tuttavia, raddrizzando il tiro, secondo il Consiglio di Stato il numero
di alunni in una classe deve essere al
massimo di 25. “La sentenza
si basa sul decreto del Viminale
del 26 agosto 2008 sulla prevenzione degli incendi nelle scuole secondo
il quale per consentire il deflusso delle persone durante un incendio
nelle aule devono essere presenti al massimo 26 persone, 25 alunni più
un docente. La responsabilità delle deroghe è del capo di istituto”.
Ma, cosa sostiene il Consiglio di Stato con la sua Sentenza del 15
giugno 2.011? Che il tetto massimo di alunni in classe è di 25.
Riferisce Corrado Zunino
(la
Repubblica del 16 settembre 2.011): «Da ventisei in su, per il
Consiglio, è pollaio. E ci sono tre sentenze del T. A. R. (Tribunale
Amministrativi Regionale) del Molise firmate a ridosso dell’anno
scolastico che confermano: in aula non più di venticinque. “Non si può
pregiudicare il rispetto di norme igieniche e di sicurezza”. E la
possibilità di ascolto della lezione. Sono 1,96 i metri quadrati
necessari per ogni alunno».
Una variante, in più, e che rende l’organizzazione scolastica davvero
complicata, è rappresentata dagli studenti ‘stranieri’ che frequentano,
i quali crescono di numero, anno dopo anno, in modo davvero
esponenziale. Difatti, tutti compresi, secondo le fonti del Ministero I.
U. R., la Popolazione scolastica
italiana oggi ammonta alla bellezza di 7.830.650 studenti/esse. Di
cui, per la cronaca colta: 1.021.483 frequentano la Scuola
materna/Scuola dell’infanzia; 2.571.949 frequentano la Scuola
primaria/elementare; 1.689.029 la Scuola secondaria di 1° grado;
2.548.189 la Scuola secondaria di 2° grado (Secondo ciclo
dell’istruzione).
Altre ‘varianti’ che rendono, diffusamente,
pesante la situazione
scolastica: (A) le Persone
disabili che frequentano la Scuola del nostro Paese; (B) gli
adulti-studenti delle “scuole serali”; (C) la ”situazione paradossale”
di Trenta (Cosenza). (A)-
«A Colleferro, scrive Zunino, hinterland della capitale, Istituto
tecnico ‘Cannizzaro’, si gioca con la decenza: 37 alunni di cui due
disabili. Molti genitori romani si sono già rivolti al Tribunale
amministrativo, quattro Istituti hanno ottenuto dai giudici la
sospensiva»; (B)- «Se si apre il capitolo ‘serali’ si arriva alla
quota infernale di 56: Istituto professionale ‘Bertarelli’, Milano. A
Ozieri, Sassari, sono in rivolta docenti e discenti»; (C)- «Senza
spazi sufficienti per ristrutturazioni in corso, cinque classi delle
medie di Trenta, Cosenza, sono sistemate nella sala del consiglio
comunale, nella sala degli assessori, nella sede dei vigili urbani,
nella biblioteca comunale».
Solo titoli, per cercare di chiudere il
Cahier de doléances.
Che, sfogliarlo, sia chiaro, ci deprime e ci addolora. Perché?
Perché, dopo tanti anni di lavoro svolto con passione e orgoglio, e
(molti ci dicono) con professionalità e competenza (da docente, da Capo
d’Istituto e da Ispettore t. – Dirigente), vorremmo vedere la
nostra Scuola Comunità
educante, competitiva a livello almeno europeo, “pilastro centrale”
della Società italiana, come lo è altrove, dove la Cultura è
Cultura e non culturame…
I ‘titoli’ dunque, di Italia Oggi
(del 27 settembre 2.011): «Aule strapiene, il prof è scagionato. Non
è responsabile per l’incidente capitato a uno studente. La Corte dei
Conti: è la scuola a dover pagare per gli eventuali danni subiti dal
ragazzo».
* Direttore di Scuola e vita
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