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Il Cnel: ''Alunni disabili cresciuti del 34% in 10
anni. L’integrazione scolastica degli alunni disabili in Italia "non risulta essere definitivamente né adeguatamente compiuta". Infatti, su 140mila portatori di handicap che frequentano la scuola, sono ancora pochi quelli che proseguono gli studi fino alle superiori, concentrati soprattutto negli istituti professionali. E la presenza dei disabili diminuisce progressivamente dal primo al quinto anno. Lo ha osservato il Gruppo di Lavoro per la tutela dei diritti delle persone con disabilità, insediato dalla Commissione Politiche del Lavoro e Politiche Sociali al Cnel, stilando alcune osservazioni e proposte sulla questione. A quasi 30 anni dalla legge n. 517 del 1977, che riconosce il diritto delle persone con disabilità a stare nella scuola di tutti, e a 10 anni dalla legge n. 104 del 1992 (la cosiddetta legge quadro sull’handicap), è possibile tracciare un primo bilancio dei risultati raggiunti. Tuttavia, se dal punto di vista legislativo "l’integrazione scolastica in Italia è la più avanzata di tutta l’Europa, certo non mancano situazioni in cui i diritti di cittadinanza risultano ancora non completamente affermati con riferimento a chi vive una situazione di disabilità", fa notare il Cnel, criticando però la Finanziaria 2003 per "il mancato rifinanziamento delle numerose leggi di sostegno delle condizioni di vita delle persone con disabilità, soprattutto di quelle definite gravissime". Secondo dati forniti dal Ministero dell’Istruzione, si è registrato negli ultimi 10 anni un aumento del 34,4% degli studenti con disabilità che frequentano i vari ordini di scuola in dieci anni). I dati del Miur evidenziano "due punti più alti di crescita delle certificazioni: uno nell’ingresso nella scuola d’infanzia, indicatore della crescita culturale dei genitori che inseriscono i bimbi a scuola all’età in cui è determinante la socializzazione; l’altro dato si colloca all’ingresso della scuola superiore in coincidenza con l’anno scolastico 1999-2000, in cui è entrata in vigore la legge 9/99 che ha innalzato l’obbligo scolastico". Nell’anno 1999-2000, infatti, si registra il raddoppio degli alunni disabili che, contrariamente al passato, proseguono gli studi. Tuttavia, "esistono differenze, talvolta sostanziali, tra istituto ed istituto, e non sempre è garantita la continuità dei diversi progetti di integrazione". Gli alunni con bisogni educativi speciali che frequentavano la scuola comune statale in Italia nel 2001 erano il 97,8% della totalità; di questi, però, solo l'1,56% sta proseguendo gli studi fino alle superiori. Inoltre, la presenza di alunni in situazione di handicap è prevalente negli istituti professionali; seguono i tecnici, gli artistici, i classici che sono collocati all'ultimo posto. A questi problemi si aggiungono "numerose questioni ancora aperte a cui istituzioni parti sociali sono chiamati a rispondere", osserva il Cnel: ad esempio, "l’insoluto conflitto di competenze fra province e comuni in materia di "supporto organizzativo all’integrazione nelle scuole superiori"; il bisogno di un’adeguata preparazione – specializzazione dell’insegnante di sostegno, al fine di evitare l’appalto ad "enti gestori della formazione"; il reperimento, attraverso lo stanziamento delle necessarie risorse, di insegnanti specializzati per il sostegno di ruolo, o supplenti, in numero sufficiente per garantire una presenza media di un insegnante ogni due alunni; la necessità di garantire "diagnosi funzionali redatte dalle Asl in modo comprensibile per i docenti (elemento indispensabile per la formulazione di piani educativi personalizzati corretti), utilizzando criteri e parametri diagnostici uniformi su tutto il territorio nazionale (attualmente inesistenti), che tengano conto non solo delle disabilità, ma anche e soprattutto delle capacità e potenzialità sviluppabili tramite l’integrazione". Il Cnel propone osservatori per il superamento dell'handicap Costituire osservatori regionali di consulenza per le politiche di superamento dell'handicap: è una delle proposte del Gruppo di Lavoro per la tutela dei diritti delle persone con disabilità, insediato dalla Commissione politiche del lavoro e sociali al Cnel. L’organismo dovrebbe avere "compiti di consulenza e proposta alla Giunta Regionale". Per quanto riguarda l’assegnazione degli insegnanti per le attività di sostegno, "se il sistema delle certificazioni degli alunni con disabilità non funziona, occorre rivederlo; in questo senso, è indispensabile che l’organismo collegiale dell’Asl che formula la diagnosi funzionale tenga conto dei nuovi indicatori di qualità dell’Oms (1), e operi comunque in tempi utili per assicurare tempestivamente l’iscrizione degli alunni con disabilità", nota il Cnel. Inoltre il cammino verso la piena integrazione
scolastica potrebbe essere agevolato dalla stesura del Progetto
Educativo Individualizzato , che la scuola deve stilare per ogni
disabile "dopo aver acquisito la diagnosi funzionale delle Asl e
concordato con il servizio sanitario i percorsi formativi e gli
obiettivi di crescita delle abilità". Il Pei potrebbe dunque essere lo
strumento vero e concreto con cui, oltre alla definizione degli
obiettivi formativi, "si stabiliscono di volta in volta tutte le forme
di assistenza che devono essere garantite, individuando i soggetti
istituzionali più adeguati ed il profilo più competente per assolverlo",
spiega il Cnel, ricordando anche la necessità dell’aggiornamento del
personale direttivo e docente sulle problematiche dell’integrazione
scolastica: "Occorre predisporre un piano nazionale, anche on line, di
aggiornamento, dal momento che non è più ammissibile la delega al solo
insegnante per il sostegno di tutti gli interventi didattici". Una
prassi "illegittima", che ha instaurato "la perversa spirale della
crescente richiesta di ore di sostegno, finendo per isolare l’alunno con
disabilità dal resto dei compagni". (1) Icf, la Classificazione internazionale su funzionamento, disabilità e salute, il nuovo strumento predisposto dall'Oms per descrivere e misurare la salute delle popolazioni. Niente tabelle e numeri per misurare la disabilità, bensì una valutazione sulla qualità della vita e sulle condizioni di salute dell'individuo correlate con le condizioni ambientali in cui è costretto a vivere. Un misurazione complessa che porterà anche una revisione profonda dei sussidi assistenziali.La classificazione ICF è uno strumento innovativo per concezione e costruzione. È stato accettato da 191 Paesi come standard internazionale per misurare e classificare salute e disabilità. L'Italia è tra i 65 Paesi che hanno contribuito alla sua creazione, ed il Governo Italiano è stato tra quelli che hanno espresso parere favorevole all'approvazione dell'ICF da parte dell'Assemblea Mondiale della Sanità nel maggio 2001. L'Italia ha partecipato attivamente al processo di revisione dell'ICIDH 1980, iniziato dall'OMS nel 1993. Nel Dicembre 1998 ha avuto luogo a Udine la prima Consensus Conference Italiana, uno dei momenti di revisione e validazione della classificazione richiesti dall'OMS a tutti i centri partecipanti al lavoro. Dal 1998 l'Agenzia Regionale della Sanità del Friuli Venezia Giulia, previo accordo con l'OMS, si è presa l'onere, e l'onore, di coordinare il processo di revisione e validazione dell'ICF in Italia. |
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