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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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LE COMPETENZE DEGLI ALUNNI DIVERSAMENTE ABILI E LA LORO CERTIFICAZIONE


di Maria Giovanna Cantoni

(Dirigente Superiore in quiescenza per i Servizi Ispettivi del M.P.I. e membro dell’Osservatorio Permanente per l’handicap c/o il M.P.I.; componente della Commissione per le certificazioni)

 

1. I "diversamente abili".

Mi piacciono le parole "diversamente abili"!

Queste parole le ho sentite pronunciare, per la prima volta, dal preside e dai docenti dell’ IPSS "Frisi" di Milano.

" Noi non usiamo la parola "disabili", ma diciamo "diversamente abili" – mi ha raccontato il Preside - in questo modo possiamo dare anche l’idea di che cosa è per noi integrazione, ma soprattutto che cosa rappresentano per noi questi ragazzi!"

Queste parole mi piacciono anche perché segnano il nostro attuale punto di arrivo.

È il titolo del capitolo che stiamo tutti scrivendo, il libro che racconta la nostra storia, la storia della integrazione scolastica nella scuola secondaria superiore, incominciata nel 1989, dopo Sentenza del Consiglio di Stato (285/87).

I capitoli di questa storia sono le definizioni che abbiamo dato e diamo di questi nostri alunni: "i portatori di handicap", "gli alunni in situazione di handicap", "gli alunni disabili", "gli alunni diversamente abili".

Quello che stiamo scrivendo ora non è certamente l’ultimo capitolo; non sappiamo quali saranno i prossimi, ci auguriamo che vadano nel senso di aumentare la nostra crescita umana, civile e culturale e la nostra capacità di comprensione della diversità, ma soprattutto che vadano nel senso di aiutare i nostri alunni a conquistare sé stessi e a realizzare un progetto di vita serena.

Quando diciamo "diversamente abili", parliamo di alunni che, a causa del deficit, hanno abilità diverse da quelle dei loro compagni: abilità, un valore positivo!

Il tema di oggi riguarda proprio la descrizione di queste abilità o meglio, riguarda le competenze: come descriverle e come certificarle.

Quando si parla di "competenze", si pone l’accento sul "saper fare", nel senso che competenza è un "saper fare qualche cosa di ben definito". Nel nostro Paese, generalmente le parole "fare", "operare" hanno significati che si associano alla manualità, ad esempio, fare delle fotocopie, operare in un’officina, ecc.; ma la parola "fare" è collegata anche ad altre attività come, ad esempio, scrivere un saggio critico, realizzare esperimenti di ricerca, ecc. ed è appunto con questo significato ampio che si usa la parola "fare" e "saper fare".

Descrivere un percorso scolastico in termini di competenze da conseguire significa porre in evidenza i risultati del percorso scolastico, i risultati degli insegnamenti e degli apprendimenti, appunto il "che cosa ha imparato a fare".

2. Le indicazioni della U.E.

Le indicazioni dell’U.E, che, da almeno una decina di anni, riguardano il tema della occupazione e della formazione e pongono l’accento sui problemi relativi alla circolazione (Questa nota fa riferimento, in alcune parti, a "Guida al progetto Cigno 5") :

• dei lavoratori nel mercato europeo,

• degli studenti all’interno dei diversi percorsi formativi del proprio Paese e dell’Europa.

Per realizzare questi obiettivi occorre, tra l’altro, riuscire da una parte a definire sia l’equipollenza dei titoli di studio, sia la trasparenza delle certificazioni e dall’altra porre una grande attenzione alla diversità dell’utenza dei circuiti formativi, realizzare il decentramento e la flessibilità tra i sistemi formativi, attuare l’integrazione tra i sistemi formativi (europei e nazionali) e concretizzare nuovi percorsi formativi che s’intrecciano con il mondo del lavoro.

Una delle ultime comunicazioni (Comunicazione della Commissione (COM) 97/563 "Per un'Europa della conoscenza" - 12 novembre 1997) presenta le azioni comunitarie per il periodo2000-2006. Vale la pena riportare quanto ha scritto l’ISFOL su questa comunicazione che3 " si articola in due temi principali:

§ le politiche della conoscenza, che l’Agenda 2000 identifica fra i quattro assi fondamentali delle politiche dell’Unione;

§ la promozione dell’occupazione.

Occorre costruire l’Europa della conoscenza, per fare ciò occorre:

§ che i cittadini siano messi in grado di far continuamente evolvere le proprie conoscenze, potenziandole e rinnovandole in maniera costante;

§ che emerga la nozione di cittadinanza più ampia e fondata su solidarietà attiva e sulla comprensione reciproca delle diverse culture che fanno la ricchezza e l’originalità dell’Europa;

§ che si sviluppi l’attitudine alla occupazione attraverso l’acquisizione delle competenze che la nuova organizzazione del lavoro richiede.

Per rendere efficaci le politiche di promozione dell’occupazione occorre poter contare su una strategia parallela che miri, in profondità ed a medio termine ad aumentare il livello delle conoscenze e delle competenze di tutti i cittadini europei.

A tal fine occorre:

§ privilegiare lo sviluppo delle competenze professionali e sociali per un migliore adattamento dei lavoratori alla evoluzione del mercato del lavoro;

§ mettere l’accento su una formazione generale di base, nonché sulle competenze tecnologiche, sociali ed organizzative che favoriscono l’innovazione. Si tratta di privilegiare le competenze trasversali; comprensione delle culture nella loro diversità, pratica delle lingue, attitudini necessarie all’auto imprenditorialità;

§ creare una nuova cultura della capacità di inserimento professionale."

3. L’Accordo tra le Parti sociali e il Governo del settembre 1996.

Le indicazioni della U.E. sono state introdotte nel nostro Paese prima in sede scientifica e poi, attraverso un ampio dibattito, anche in sede politica e sono state tradotte soprattutto nell’Accordo tra le Parti sociali e il Governo nel settembre 1996.

L’Accordo pone il miglioramento delle competenze degli individui e l’ampliamento delle opportunità formative al centro delle politiche di sviluppo e di sostegno all’occupazione nel nostro Paese. In questo accordo sono anche definite alcune linee guida per il sistema formativo, tra queste vi è la definizione di un "sistema di certificazione quale strumento idoneo a conferire unitarietà e visibilità ai percorsi formativi di ogni persona lungo tutto l’arco della vita nonché a promuovere il riconoscimento dei crediti formativi comunque maturati ed a documentare le competenze effettivamente acquisite".

L’accordo per il lavoro del settembre 1996, inoltre, introduce in forma esplicita i concetti di competenza, credito e certificazione, come fondamento di un nuovo sistema formativo rilevando:

§ la centralità dei processi di apprendimento riferita alla formazione e alla acquisizione del sapere lungo tutto l’arco della vita;

§ la centralità dell’individuo a cui si deve riconoscere il diritto acquisire competenze, che sono requisiti utili per la sua crescita sociale, civile e lavorativa;

§ la necessità di trovare nuovi modi per rappresentare il sapere conseguito dagli alunni;

§ in termini di categorie di analisi del lavoro (centrato sulle competenze);

§ nel valorizzare e riconoscere il sapere appreso al di fuori del dispositivo formale (scolastico e formativo);

§ nel documentare le competenze possedute (certificazione di crediti formativi).

Inoltre l’Accordo individua anche gli strumenti utili per realizzare l’ istruzione e la formazione richiesta dall’Unione: il sistema modulare di percorsi e l’adozione di un sistema di crediti formativi e di certificazione delle competenze acquisite (L’accordo per il lavoro discende dalle indicazioni della UE presenti nella Risoluzione del Consiglio del 1993, dalle varie edizioni del "Libro Bianco" (1993, 1994, 1995), dalle edizioni del Direttive e Risoluzioni "Libro Verde" (1995, 1996). Queste indicazioni sono state riprese anche dalla "Comunicazione della commissione (97/563) "Per una Europa della conoscenza" e dall’"Agenda 2000").

Queste indicazioni debbono essere tradotte nei percorsi formativi di tutti gli alunni, compresi gli alunni diversamente abili; anche la legge 68/99 richiede di progettare per gli alunni diversamente abili i PEI nei termini indicati.

Questi temi compaiono nella normativa della scuola italiana solo nel 1992, nel nuovo ordinamento degli istituti professionali e successivamente nella riforma dell’esame di stato, nella riforma della scuola, la cosiddetta riforma dei cicli, nelle norme relative l’elevamento dell’obbligo di istruzione e di formazione e la legge sull’autonomia.

Le scelte fatte in sede normativa cambiano il lavoro nella scuola e nelle classi; la nuova scuola non è quella degli obiettivi, dei contenuti e delle pagelle, ma è la scuola delle competenze, dei crediti, è scuola che conduce gli alunni al successo formativo.

Vale la pena chiarire il significato di alcune parole "nuove", come successo formativo, competenza e credito formativo.

4. Che cosa è "il successo formativo".

L’art 4 del DPR. 275, il "Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche" afferma che le istituzioni scolastiche concretizzano percorsi formativi per condurre gli alunni al successo formativo. Il successo formativo non è il successo scolastico.

Una scuola che lavora per il successo scolastico, si basa su un modello di insegnamento/apprendimento che ha come finalità il conseguimento di un titolo di studio, In questo modello la logica curricolare è quella del "tutto o niente" o del "titolo o niente".

Due esempi.

Un alunno ha abbandonato la scuola dopo essere stato promosso alla quinta classe dell’ITI e non ha conseguito il titolo di esame di stato. Questo alunno, quando si presenterà in un concorso pubblico, può esibire solo il titolo di esame di stato di terza media: nulla gli valgono i quattro anni

frequentati con esito positivo in un ITI.

Un alunno diversamente abile non è in grado di conseguire il diploma di operatore (3°classe degli IP), si presenta ai concorsi, all’ufficio di collocamento o ai nuovi uffici per l’impiego con il solo titolo di diploma di terza media. Non contano nulla le abilità e capacità conseguite, non conta nulla aver realizzato con buoni risultati stages lavorativi…..

Un sistema basato sul successo scolastico non può realizzare itinerari legati all’effettivo raggiungimento di un risultato, diverso dal titolo di studio, e non consente ad ogni allievo di personalizzare sia il percorso formativo scegliendo le competenze da conseguire sia il percorso per raggiungere una stessa competenza.

Questo è punitivo nei confronti degli alunni diversamente abili, perché non valorizza la loro diversità e li umilia evidenziando ciò che non possono "saper fare"!

Il sistema basato sul successo scolastico, inoltre, non consente né l’esercizio di una pedagogia negoziale né la valorizzazione, sottoforma di credito, di quanto già appreso; in questo sistema le risorse, come le caratteristiche proprie del singolo studente (il suo vissuto, il suo patrimonio di conoscenze tacite, la sua diversità) possono difficilmente essere assunte nei processi di apprendimento.

Due esempi, uno studente parla e scrive correttamente l’arabo; in un sistema basato sul successo scolastico, queste competenze non possono fare parte del suo percorso scolastico e della certificazione del suo curricolo e non possono essere tenute in conto.

Una studentessa che frequenta un ITC suona il violino e conosce la storia della musica, questo patrimonio di competenze non può essere neppure preso in considerazione nel rilascio del titolo di studio.

Una scuola basata sul successo formativo è la scuola che realizza il "diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni" e che "riconosce e valorizza la diversità". È la scuola che, nell’esercizio dell’autonomia, per regolare i tempi dell’insegnamento e per scegliere e per programmare le diverse attività adotta forme di flessibilità che rispettano la diversità e i ritmi di apprendimento degli alunni.

In questa scuola non hanno significato parole come "percorso differenziato", "percorso diverso", "percorso equipollente" poiché ogni ragazza e ogni ragazzo segue un proprio percorso scelto in base alle proprie esigenze, capacità e anche ai propri desideri, ai propri tempi, ecc.

La scuola del successo formativo non certifica i percorsi scolastici, ma le competenze, in altre parole rilascia i crediti formativi che sono anche il passaporto verso il mercato del lavoro.

Questa è anche la scuola dell’integrazione fra i diversi sistemi di istruzione e di formazione.

5. Che cosa sono le competenze.

Nella lettura nazionale e internazionale il significato del termine "competenza" è ampio e contraddittorio. Questo è dovuto non solo ai diversi orientamenti culturali, ma anche al ricco insieme di esigenze che con questo termine si vogliono soddisfare. Anche in questa nota la parola competenza è stata usata in più contesti (lavoro, mercato del lavoro, scuola, formazione professionale, ecc.) e con diverse motivazioni (per descrivere la posizione di una persona rispetto al lavoro, al percorso formativo, per leggere il sapere di un individuo, nell’integrazione fra processi d’istruzione e di formazione, per esigenze di trasparenza, ecc.).

Questa diversità induce, secondo le indicazioni di ISFOL, ad assumere una posizione pragmatica: accettiamo l’attuale ambivalenza del concetto di competenza e distinguiamo la ricerca di una sua definizione teorica dalla sua utilizzazione pratica (Isfol, Introduzione, sta nel progetto "Sistema di standard formativi" della DGIP).

Nel lavoro condotto dall’ISFOL "si è cercato di proporre una prima definizione funzionale; la competenza è il patrimonio complessivo di risorse di un individuo nel momento in cui affronta una prestazione lavorativa o il suo percorso professionale.

È costituita da un mix di elementi, alcuni dei quali hanno a che fare con caratteristiche "personali" del soggetto – lavoratore che si mettono in gioco quando un soggetto si attiva in contesti operativi" (Isfol, Introduzione, sta nel progetto "Sistema di standard formativi" della DGIP).

Quando si parla di competenze si è soliti classificarle in competenza: di base, trasversali, specifiche o tecniche professionali.

Le competenze di base sono competenze ritenute indispensabili per poter vivere in Italia e in Europa a livello sociale e lavorativo (saper leggere e scrivere, conoscere l’informatica di base, una lingua straniera, conoscere le leggi fondamentali per vivere e lavorare, saper studiare, ecc,).

Le competenze specifiche o tecnico professionali, sono i saperi e le tecniche operative proprie delle attività relative a determinate funzioni o a determinati processi lavorativi, sono, in altre parole, le conoscenze dichiarative generali e specifiche nonché le conoscenze procedurali.

Le competenze trasversali sono utilizzate quando una persona si "attiva" di fronte ad una richiesta dell’ambiente organizzativo e sono importanti ed essenziali quando si devono attivare comportamenti professionali che trasformano un sapere in una prestazione lavorativa efficace. Per chi opera nella scuola si tratta di competenze che trasformano il sapere in un saper fare, come ad esempio, saper comunicare, saper risolvere dei problemi, saper relazionarsi con gli altri, ecc.

Le competenze trasversali sono state oggetto di studio da parte di tutti, soprattutto da parte delle scuole e in particolare da parte dei consigli di classe che realizzano progetti di integrazione perché le competenze trasversali sono veramente una chance per gli alunni diversamente abili.

L’ISFOL definisce queste competenze come quelle che possono essere trasferite da un lavoro ad un altro, per quello che riguarda la scuola si tratta di competenze che sottendono qualsiasi insegnamento, non si tratta di competenze interdisciplinari, ma di competenze che stanno alla base di qualsiasi apprendimento e qualsiasi operatività. Ad esempio, saper interpretare, saper ascoltare, saper decidere, ecc.

Il grado di padronanza da parte degli alunni o più in generale da parte degli individui di queste competenze non solo modula i loro apprendimenti, ma influisce anche sulle loro risorse (conoscenze, cognizioni, rappresentazioni, elementi d’identità, ecc.), ad esempio, attraverso la qualità delle informazioni che sono in grado di raccogliere, delle relazioni che sanno instaurare, dei feedback che riescono ad ottenere e di come sanno utilizzarli per riorganizzare le conoscenze.

Le competenze trasversali fanno riferimento alle operazioni fondamentali proprie di qualunque allievo posto di fronte ad un compito: diagnosticare (la situazione, il compito, il problema, sé stesso, ecc.), relazionarsi con gli altri per rispondere alle richieste del compito (persone o cose), affrontare (la situazione, il compito, il problema).

Isfol,Unità capitalizzabili e crediti formativi.Repertori sperimentali, Franco Angeli,Milano1997, pagg.110-111..

Le competenze relative al diagnosticare comprendono una grande classe di competenze che presentano vari livelli di complessità e costituiscono una tappa indispensabile per la progettazione e l’esecuzione di una prestazione in modo efficiente ed efficace. Ad esempio, possedere queste competenze significa essere in grado (secondo i vari livelli) di effettuare la diagnosi di una situazione più o meno complessa, di comprendere le sue caratteristiche, le esigenze che presenta all’individuo e le interazioni tra individuo e singole componenti della situazione stessa.

In questi tipi di competenza sono presenti tutte le esperienze che una persona realizza (e non solo in quelle lavorative), si può pensare che esse siano apprese e sviluppate nel corso di attività routinarie e non routinarie, in contesti lavorativi e no.

Tuttavia esse possono costituire una parte rilevante di un percorso formativo durante il quale l’alunno riceve un diretto feed – back su come la sua capacità diagnostica è stata utilizzata, sulle difficoltà, gli errori e le probabilità di potenziamento.

Una buona capacità diagnostica è il punto di partenza per relazionarsi con gli altri ed affrontare, in modo efficace, le situazioni ed i problemi.

Le competenze relative al relazionarsi richiedono una particolare attenzione ad una complessa gamma di variabili e di processi, che riguardano i modi attraverso i quali si stabiliscono i rapporti con altri individui (saper riconoscere sé e l’altro, saper ascoltare, saper esprimere, ecc.).

Relazionarsi efficacemente con altri richiede lo sviluppo di una adeguata "competenza sociale", intesa come insieme di abilità di natura socio - emozionale (espressione e controllo delle emozioni, gestione dell’ansia, ecc.) e cognitiva (leggere in modo adeguato la situazione) e richiede anche la capacità di percepire correttamente l’altro e le sue richieste e di mettere in atto stili di comportamento adeguati all’interazione.

Centrale per la competenza relazionale è considerata la competenza comunicativa, che è un prerequisito di base per qualificare qualunque rapporto interpersonale. La competenza comunicativa richiede, ad esempio, la capacità di registrare messaggi verbali e non verbali, di interpretarli e integrarli in maniera corretta ed adeguata, di decentrarsi rispetto al ruolo e alla situazione in cui avviene lo scambio.

Le competenze relazionali, nel lavoro dell’ISFOL, risultano fortemente connesse, a quelle relative alla diagnosi e alle competenze di affrontare e risolvere problemi.

Le competenze relative all’affrontare si integrano con quelle del diagnosticare e del relazionarsi, permettono di intervenire su un problema e di risolverlo. Ad esempio, per risolvere un problema sono importanti sia le competenze diagnostiche (definire in modo adeguato la situazione o il problema e di costruire una rappresentazione adeguata all’evento da affrontare) sia quelle relazionali (definire, e valutare le risorse da mettere in campo, di percepire e stimare adeguatamente il proprio inserimento nell’ambiente in cui si opera e il tipo di investimento che si è disposti ad effettuare per affrontare la situazione).

L’affrontare fa riferimento ad un insieme di competenze che permettono la progettazione e l’implementazione di strategie e di azioni finalizzate al raggiungimento delle mete relative al proprio progetto di vita e/o al conseguimento dei risultati previsti dal compito assegnato.

Molte di queste competenze fanno parte dei PEI che i consigli di classe preparano per gli alunni diversamente abili, in altre parole vi sono già tanti consigli di classe che lavorano con le competenze trasversali.

Un consiglio di classe che lavora per far conseguire competenze agli alunni propone ad un alunno diversamente abile più obiettivi, più possibilità; questo non significa frammentare, un percorso, ma collocare il percorso formativo in una realtà sistemica, dove sono possibili più accessi, più punti di partenza, più itinerari, più punti di arrivo, più collaborazioni.

Acquisire competenze non significa mai percorrere una strada lineare, sommatoria, rettilinea, stabilita una volta per tutte, ma vuol dire fare un percorso ricco di occasioni, con molte opportunità, con possibilità di itinerari laterali, di scorciatoie e anche di lunghi percorsi panoramici, con anche la presenza di panchine su cui riposarsi per ammirare il cammino fatto, gli ostacoli superati e per riprendere con entusiasmo viaggio.

Lavorare per far conseguire competenze agli alunni non è solo una grande avventura umana e culturale che accetta la persona così come essa è, è anche andare fuori dalla scuola per una ricerca e un’offerta di più occasioni formative ed, eventualmente, è realizzare l’integrazione fra i diversi sistemi di istruzione e di formazione.

6. Certificazione delle competenze: i crediti formativi.

Il comma 4 dell’art.13 della O.M. n.330/97 e le successive modificazioni è particolarmente importante per gli alunni in situazione di handicap.

Prima dell’anno scolastico 1996/97, gli allievi che frequentavano la scuola secondaria superiore, al termine del periodo scolastico, ricevevano un titolo di studio (diploma di qualifica o di esame di stato) o un attestato di frequenza, cioè la certificazione che erano stati iscritti ed erano stati presenti a scuola.

Questa certificazione non indicava quali competenze l’alunno aveva acquisito, non raccontava i suoi progressi, le sue difficoltà, le sue conquiste, ma certificava solamente che l’alunno era stato a scuola.

Ora la scuola rilascia un credito formativo.

Gli artt. 3 e 4 della C.M.126/2000 le successive modificazioni e le altre norme relative all’esame di Stato conclusivo il corso di studi superiori sono particolarmente significativi.

Infatti, tali norme affermano che il compito della istituzione scolastica è quello di garantire, agli alunni che non sono in grado di conseguire un diploma di qualifica o di maestro d’arte o il titolo di esame di stato, percorsi scolastici, anche integrati, di istruzione e formazione professionale, che conducano al rilascio di una certificazione di credito formativo. Queste certificazioni sono utilizzabili per il proseguimento degli studi e sono riconoscibili o riconosciuti dalla istituzione scolastica e dalla formazione professionale regionale all’interno di accordi fra scuole e Regione e utilizzabili dall’ufficio per l’impiego ai fini dell’occupazione.

La certificazione di credito formativo che la scuola rilascia è una certificazione che attesta le competenze conseguite.

I crediti formativi, secondo la legislazione italiana,8 sono il riconoscimento di determinati segmenti di esperienze formative e/o lavorative dello studente e sono componibili, cumulabili, progressivi e riconoscibili. Il loro insieme costituisce la professionalità conseguita dall’allievo.

Per "segmento di formazione" si può intendere, ad esempio, un modulo didattico, una unità capitalizzabile, una annualità accademica… o ad una esperienza individuale (lavorativa, di volontariato…) che ha condotto alla acquisizione di competenze.

In altre parole il credito è un riconoscimento accordato a determinati segmenti di esperienza dell’allievo, che hanno avuto esito positivo e che vanno acquisiti come tali.

La certificazione delle competenze, in altre parole il credito formativo, è il riconoscimento ad una persona del possesso di competenze utili per il proseguimento del percorso formativo e per un chiaro rapporto con le aziende.

Un credito formativo è un titolo che un alunno deve esigere rispetto al proprio percorso formativo, poiché questo titolo mette in valore una o più parti della esperienza che è stata maturata a scuola e può ottimizzarla.

"Ottimizzarla" nel senso che non si devono ripetere quelle parti della esperienza che sono state già realizzate dall’alunno.

Questo richiede una accurata descrizione delle competenze, una verifica ed una valutazione, una certificazione ed un riconoscimento (Ricordiamo, ancora una volta, l’importanza del rilascio del credito formativo agli alunni che hanno svolto percorsi individualizzati diversificati in vista di obiettivi educativi e formativi non riconducibili a quelli della classe.Questa attestazione può costituire, in particolare quando il piano educativo individualizzato prevede esperienze di orientamento, tirocinio,stage, inserimento lavorativo, un credito spendibile, oltre che nella scuola, anche nella frequenza di corsi di formazione professionale nell’ambito degli accordi tra amministrazione scolastica e regioni.La realizzazione degli accordi fra amministrazione scolastica e regione sono previsti dalle norme vigenti).

Noi siamo abituati a certificare un percorso con una semplice attestazione (promosso, non promosso) o con una pagella o un titolo di studio, (diploma per superamento di esami di qualifica o di maturità) e la durata del corso frequentato.

La certificazione di credito formativo si basa, anziché sulla certificazione di un percorso, sulla attestazione delle competenze raggiunte e, in particolare, anche sulla certificazione/riconoscimento di esperienze formative realizzate, anche se parziali.

La certificazione di un credito è difficile perché è una certificazione analitica e riporta le descrizioni delle competenze di base, trasversali, specifiche raggiunte, la durata delle esperienze, le modalità formative e le modalità di valutazione (Le indicazioni fornite dall’UE sulle certificazioni sono presenti in moltissimi documenti, Il consiglio degli Stati membri invita a promuovere una maggior trasparenza nelle certificazioni tenendo conto dei criteri che potrebbero comprendere, fra l’altro:

• l’indicazione della istanza che rilascia la certificazione e della sua natura giuridica;

• l’indicazione del titolare della certificazione,

• l’indicazione degli obiettivi, della durata e del contenuto dei corsi di formazione professionale seguiti e la descrizione, la più precisa possibile, delle qualifiche professionali acquisite,

• l’indicazione dei risultati finali dei corsi seguiti,

• l’informazione sulla validità delle certificazioni rispetto all’accesso a determinate professioni e/o ulteriori percorsi formativi).

7. Scriviamo le competenze per gli alunni diversamente abili.

La soluzione non è stata facile da trovare. Il lavoro fatto, che gli IP hanno fatto, ci ha permesso di trovare un buon modo per la descrizione delle competenze degli alunni diversamente abili, di verificarne la validità e di estenderla a livello nazionale.

Si tratta di descrivere le competenze acquisite dagli alunni diversamente abili, indicando in quale situazione, ambiente, contesto tali competenze possono esplicarsi.

Ad esempio:

A.B. ha un grave deficit uditivo; A.B. può lavorare in officina "se" il segnale di pericolo è indicato mediante segnali ottici anziché acustici;

C.D. ha un deficit intellettivo; C.D. può realizzare la mise en place "se" l’ordine gli viene dato in modo chiaro e pacato e l’ambiente è tranquillo;

E.F. ha deficit sensoriale, E.F. sa utilizzare il programma di videoscrittura xxy (word) SE il computer dotato di una apposita interfaccia.

G.H, ha un deficit intellettivo; G. H. sa utilizzare la fotocopiatrice se l’ambiente è tranquillo e se non è solo.

Il MPI ha preparato dei modelli di certificazione che le scuole utilizzano con successo per il rilascio del credito al termine della classe terza degli Istituti professionali e degli istituti d’arte e dopo l’esame di Stato.

Descriviamo brevemente la modulistica per il rilascio di certificato di credito formativo rilasciato agli alunni che non conseguono il diploma di operatore o di maestro d’arte.

Tale certificazione e formata da tre parti.

Nella prima parte si indica chi è l’allievo, dal punto di vista della iscrizione a scuola (nome, cognome, istituto e classi frequentate, ecc) come in tutte le pagelle scolastiche.

Nella seconda parte si indica che cosa l’allievo ha fatto, in modo chiaro, leggibile e trasparente e precisamente quali attività curricolari ha svolto, quali esperienze ha fatto a scuola (sala bar, cucine, serre, officine, ecc.), fuori dalla scuola (laboratori , particolari attività ) ed inoltre quali stage ha seguito.

Nella terza parte si indicano le competenze raggiunte a seguito delle prove di esame.

Questa parte deve essere compilata con molta chiarezza e trasparenza.

In particolare deve indicare se,come si è già detto, il contesto in cui si possono esplicare una o più competenze,se, ad esempio, per sviluppare una certa competenza, è necessario usare ausili o particolari potenziamenti.

Due ulteriori esempi per chiarire quanto si è detto.

Carlo, un alunno disabile riesce a muovere in modo volontario solo un piede, ha conseguito alcune competenze utilizzando il computer collegato ad una pedaliera.

Nella certificazione di credito formativo rilasciata a Carlo, il consiglio di classe ha scritto "Sa costruire dei fogli elettronici, organizzando la struttura tabellare e impostandone i criteri di calcolo se il computer è collegato alla sua pedaliera."

Un altro esempio, nella certificazione di credito di Francesca, un’allieva con deficit intellettivo, il consiglio di classe ha scritto, che Francesca:

"Sa predisporre la sala, i tavoli e la mise en place secondo le prescrizioni del responsabile di reparto e nei tempi richiesti dall’organizzazione del servizio se gli ordini le sono dati in modo chiaro e se l’ambiente è tranquillo".

È stata anche preparata una certificazione per gli allievi che frequentano la quinta classe delle scuole secondarie superiori e non conseguono il titolo di esame di stato, ma un credito formativo.

8. A chi e a che cosa servono i crediti formativi.

La certificazione delle competenze, il credito formativo, serve per fornire informazioni:

§ allo studente e alla sua famiglia, per leggere i progressi fatti, le mete raggiunte e quelle da raggiungere, per verificare il valore ed i limiti delle scelte fatte e farne per il futuro, per essere sereni nel proseguire il proprio cammino;

§ alla scuola per proseguire il percorso scolastico o per un eventuale rientro dopo un percorso lavorativo o dopo una assenza o anche per passare da un ciclo ad un altro o da un tipo di scuola ad un’altra;

§ ai CFP per progettare il percorso formativo verso il lavoro;

§ a chi deve scegliere l’inserimento in una situazione protetta o per chi ha già scelto una situazione protetta.

Inoltre:

§ permette al Servizio informativo, all’ufficio di collocamento o ai nuovi uffici per l’impiego di leggere le competenze e le capacità conseguite dallo studente diversamente abile;

§ fornisce al datore di lavoro informazioni chiare e univoche sulle competenze possedute dall’alunno e su come tali competenze possono esplicarsi;

§ può servire non solo per monitorare parametri relativi la formazione dei disabili, ma per avere una banca dati utile per conoscere le reali potenzialità di lavoro da parte dei disabili, per programmare interventi, ecc. ecc.

9. La trasparenza nelle certificazioni scolastiche.

La trasparenza è un’operazione che rende visibili le risorse acquisite da ciascuno (per esempio, la qualifica o le competenze possedute) e i processi con cui tali risorse sono state acquisite (per esempio le modalità con cui sono definiti gli output di un percorso formativo) ed è finalizzata alla loro migliore comprensione da parte di soggetti "terzi".

La parola trasparenza ha molti significati per la scuola.

Vale la pena dedicare un po’ di spazio a questo tema.

La trasparenza, nel linguaggio scolastico, può essere riferita alla visibilità all’operare della scuola.

In questo caso si tratta di uno strumento formativo per la crescita degli alunni, ad esempio per dare visibilità:

  • a quello che la scuola fa e alle regole che si è data,

  • a ciò che i docenti e gli alunni devono fare e fanno,

  • alle regole per il lavoro in classe,

  • al contratto formativo che il singolo docente e il singolo alunno devono fare e fanno,

  • ecc.

La trasparenza, in questo contesto, cioè nella visibilità dell’operare della scuola, è utile per:

  • la collaborazione delle famiglie,

  • l’informazione e la comunicazione all’interno della scuola e fra scuola e territorio.

Occorre però fare attenzione al diritto alla privacy o alla riservatezza.

La trasparenza, nel linguaggio scolastico, può essere riferita anche ai saperi acquisiti dai singoli allievi, in particolare dagli allievi diversamente abili.

In questo contesto la trasparenza è condizione d’accesso ai percorsi formativi.

La trasparenza è intesa:

§ come elemento di orientamento /valutazione in fase di selezione o iscrizione (ad esempio, attraverso il bilancio delle competenze);

§ come messa in evidenza, attraverso strumenti, quale il libretto formativo individuale, gli attestati di credito, ecc. , delle competenze conseguite dal singolo allievo,

§ come condizione di miglior rapporto fra domanda e offerta, (ad esempio, permettere oggi agli alunni e domani ai lavoratori di presentare alle imprese in modo chiaro e secondo un protocollo condiviso le proprie esperienze formative e professionali),

• come possibilità di mobilità dei lavoratori nell’ambito dell’U.E.

Il termine trasparenza e privacy in molti atti della scuola appaiono in contrasto fra loro: da una parte c’è l’esigenza di trasparenza del lavoro fatto, dei risultati raggiunti e dall’altro c’è il diritto alla riservatezza sui dati e sui problemi personali delle persone.

Uno di questi atti sono i "tabelloni", cioè gli elenchi degli studenti di una classe che sono esposti in bacheca, cioè sotto gli occhi di tutti, e contengono, per ciascuno studente, i voti riportati e gli esiti degli anni scolastici e degli esami.

La storia dei rapporti non positivi fra gli alunni disabili che frequentano le secondarie superiori (e le loro famiglie) e i"tabelloni" è molto lunga, inizia nel 1925 con l’art.102 del R.D. n.653.

Limitandoci a tempi recenti il problema si pone, in particolare, per gli studenti diversamente abili che seguono percorsi scolastici complessivamente non riconducibili a quelli della classe.

Per questi alunni fino al 1994 nei tabelloni era indicato il nome dell’alunno seguito da tante caselle vuote. (O.M.2 giugno 1989, n.193) Qualche Preside riempiva le caselle vuote con scritto in rosso "handicappato".

Dall’anno scolastico 1994/95 anche per questi studenti le caselle si riempiono di voti riferiti non al percorso della classe, ma al loro percorso, quindi, come si dice, riferiti al PEI. (Tutte le valutazioni degli alunni diversamente abili sono riferite al PEI!).

In realtà si tratta di percorsi scolastici che hanno obiettivi che non sono complessivamente riconducibili a quelli della classe perché sono diversi, (non più alti o più bassi, solo diversi), e quindi debbono essere valutati secondo parametri che sono diversi da quelli usati per la classe; per questo motivo si parla di valutazione "differenziata" perché valuta il raggiungimento o il non raggiungimento di mete complessivamente diverse da quelle della classe (O.M.29 marzo 1995, n.80).

Per questi alunni nei documenti ufficiali occorreva aggiungere che i voti erano riferiti all’art.13 della O.M n.80/95 .

Nella compilazione dei tabelloni si è scatenata la fantasia dei Presidi. Le votazioni conseguite da questi alunni, sono e sono state a volte indicate con inchiostro colorato per distinguerle da quelle dei compagni, nella colonna degli esiti è stato scritto di tutto utilizzando dizioni più o meno fantasiose, con colori più o meno vivaci, per dire che l’allievo è ammesso alla frequenza della classe successiva e che i voti si riferiscono al progetto che il consiglio di classe ha preparato e che questo progetto non è complessivamente riconducibile a quello della classe.

Anche negli esiti degli esami di stato o di qualifica o di maestro d’arte la varietà delle scritture è infinita: c’è perfino chi non ha voluto scrivere i risultati degli esami (nello scorso anno non sono stati pochi!).

Esistono anche esperienze positive e anche queste non sono poche! La loro storia ci ha aiutato a capire qualche cosa sulla valutazione di tutti gli alunni e anche degli alunni diversamente abili.


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