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Handicap e Confindustria
Una Commissione ed un documento di lavoro. Carlo Callieri e Guidalberto Guidi sono tra i componenti della "Commissione Handicap" che Confindustria ha di recente istituito e presentato ai "partners" delle confederazioni sindacali e delle associazioni dei disabili. Nel documento programmatico per il triennio 2001 - 2003 di questa commissione, presieduta dal dinamicissimo Davide Cervellin, emergono motivazioni chiaramente condivisibili - come, recupero di competenze inespresse, compensazione delle minorazioni per promuovere la partecipazione, sviluppo di pari opportunità - ma anche parole d'ordine da accettare con prudenza del tipo "disabilità come opportunità di sviluppo imprenditoriale ….. domanda cui fornire risposte in termini di prodotti e di servizi e…. opportunità di sviluppo di un determinato segmento di mercato". Nell'incontro promosso da Confindustria si è puntato a mettere a fuoco i problemi, i ritardi o le incongruenze nelle politiche sociali, che risentono di "una impostazione assistenziale e risarcitoria" nei confronti dei disabili, "destinatari di interventi standardizzati" e i possibili punti per nuove politiche di integrazione, tra i quali: - messa in atto di strumenti premianti per i disabili e per le imprese che li utilizzano, incentivi per la costruzione di soluzioni su misura e mirate a valorizzare le "potenzialità residue e latenti"; - sviluppo di servizi professionali integrati (e di coerenti prodotti industriali) adattati alla domanda individuale; - riorientamento e integrazione delle politiche sociali ad ampio spettro.
Tra gli specifici ambiti di impegno per la commissione della Confederazione degli industriali spicca la valorizzazione delle nuove tecnologie a sostegno della scolarizzazione e della piena integrazione lavorativa, oltre che dell'autonomia personale di persone disabili ed anziane.
Facendo attenzione ad una specifica domanda di beni strumentali (dai più semplici, come le posate ai più complessi, come le attrezzature elettroniche e i mezzi di locomozione adattati) che il mercato non garantisce, Confindustria si propone di modificare il sistema normativo che oggi determina criteri e modalità per l'erogazione degli "ausili tecnici per persone disabili", che pur non avendo niente di speciale rispetto agli altri utensili di uso comune "risultano come alienati dalla normalità del contesto produttivo" e (stranamente?) erogabili con oneri a carico del Fondo Sanitario Nazionale, impedendo nei fatti lo sviluppo di capacità imprenditoriali (e di correlata innovazione tecnologica) per la produzione di questi strumenti e servizi. La Commissione si propone così la revisione del sistema di regole che disciplinano la fornitura degli ausili tecnici per disabili (distinguendo tra ausili con valenza riabilitativa e ausili con valenza sociale) permettendo "il passaggio di una persona con disabilità da assistito a contribuente" e, d'altro canto, alle imprese del "Made in Italy" di adempiere alla loro funzione di "inventare, produrre, immettere sul mercato … soluzioni". Per Confindustria bisogna poi uscire dalla genericità delle norme che prevedono incentivi per le aziende che assumono persone con gravi disabilità o che vivono particolari difficoltà ed andrebbe istituita una Commissione Scientifica per l'Orientamento che insieme ad una specifica Commissione Unica per gli Ausili (sul modello della CUF, Commissione Unica per il Farmaco) dovrà armonizzare le agevolazioni e le incentivazioni esistenti ed individuare le categorie di ausili da sostenere con particolari forme di contribuzione e di defiscalizzazione.
Altrettanto chiaro è il capitolo dedicato all'integrazione lavorativa delle persone disabili, per le quali occorre affrontare il problema della loro presenza in azienda e gestirlo per il conseguimento anche economico dei fini aziendali. L'analisi per una sua "gestione ottimale" e per la conseguente adozione di politiche organizzative e strumenti adeguati dovrebbe fornire credibilità e contenuto alle discussioni con le controparti governative e sindacali. Di particolare rilievo assume così più che la direttrice politico normativa, la direttrice operativa tesa alla preparazione della persona disabile per l'accesso al lavoro e della stessa azienda, al fine di integrarlo positivamente nel proprio ambito, salvaguardando anche i fini economici. Questa direttrice va perseguita sul territorio e deve trovare risposta nella pianificazione e nel coordinamento degli interventi sanitari, sociali e formativi.
La Commissione intende così costituire oltre che un "riferimento centrale" per il monitoraggio dell'applicazione della legge 68/99, specifiche commissioni territoriali per la costruzione di "un raccordo tecnico concreto con le diverse strutture" dei servizi ed eventualmente le parti sociali. Ciò al fine di favorire percorsi formativi sempre più mirati a mansioni con effettivi sbocchi occupazionali e adottare i necessari provvedimenti o accordi di intervento tra strutture ed al fine di "supportare le aziende nei rapporti con le istituzioni e nello sviluppo di una cultura del job coach per l'inserimento lavorativo".
Particolarmente preoccupanti a questo punto sono le proposte che Confindustria tramite questa sua commissione lancia per una modifica della legge 68/99. Si badi che stiamo parlando di una legge non ancora entrata pienamente a regime e non ancora sperimentata in vastissime aree del territorio nazionale. Ma non servono sperimentazioni per capire il segno delle modifiche che Confindustria propone: - valutazione da parte del medico aziendale (e non della Commissione medica delle Asl, in interazione con il Comitato tecnico dei Servizi per l'impiego) della compatibilità mansioni/condizioni del disabile; - preventiva verifica delle effettive capacità della persona disabile, prima di farla entrare - e solo se effettivamente necessario - nel circuito normato dalla legge 68. - sospensione dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori al fine incentivare le imprese a sperimentare l'inserimento in organico di persone disabili, anche gravi, senza il vincolo del mantenimento a tempo indeterminato. Per Confindustria quasi tutta la legge mostra "un impianto complesso burocratico che certamente risulterà alquanto oneroso", mentre un "timido passo avanti" si può ritrovare nell'articolo 12 ("unico elemento innovativo della legge") che - guarda caso - scopre che il mondo del lavoro è fatto pure di cooperative sociale, di pubbliche amministrazioni, di liberi professionisti e non solo di "fabbriche" che invece (chissà perché) stanno tanto a cuore a quelli del sindacato ma forse non alle persone disabili. Infine, sempre secondo la Confederazione degli industriali, è evidente l'inconsistenza dei fondi nazionale e regionali (e su questo potremmo essere d'accordo anche noi) ed è lecito il sospetto che si intenda finanziare questi fondi con le sanzioni somministrate ai datori di lavoro che cercano di sfuggire agli obblighi della legge.
Non altrettanto chiare invece appaiono le proposte fatte da Confindustria a riguardo della Scuola e della Formazione. Oltre a rivendicare la sua permanenza nell'Osservatorio permanente del Ministero della Pubblica Istruzione e il completo superamento degli istituti per ciechi e sordi, la commissione propone di sostenere i processi in atto di semplificazione burocratica, di riforma dei cicli scolastici e di riorganizzazione periferica del Ministero, di potenziamento dell'obbligo.
Considerazioni. In conclusione, è da accogliere con favore un impegno organico dei nostri interlocutori del mondo imprenditoriale di fronte ai problemi dell'integrazione delle persone disabili ed handicappate. Può anche fare piacere l'idea di allacciare rapporti per una sana azione di lobbying al fine di sollecitare adeguate politiche sociali di integrazione e di sostegno dell'autonomia. Noi del sindacato, però, non possiamo dimenticare la specificità del nostro ruolo - diverso dal loro. Siamo ben contenti di verificare se e come funziona la legge che afferma il diritto al lavoro delle persone disabili e vogliamo a far venire alla luce i punti critici da modificare. Per noi però occorre prima di tutto puntare a far funzionare questa legge. Ciò per costruire le condizioni perché i percorsi di inserimento lavorativo si realizzino e le persone possano nel lavoro svelarsi "produttive" e in grado di corrispondere anche alle attese di profitto delle aziende che li accolgono. Se Confindustria attiva poi ai livelli territoriali "commissioni" o organismi in grado di interloquire con la rete dei servizi dell'impiego, formativi e sociali ed orientarli verso un più stretto coordinamento per noi andrà bene. Non saremo certo noi a pretendere di essere consultati o di "sindacare" i loro suggerimenti. Al contrario, però, noi siamo convinti che la legge 68/99 per il diritto al lavoro delle persone disabili avrà possibilità di realizzare gli obiettivi per cui è stata formulata solo se nel territorio ci sono le condizioni per una concertazione sociale in grado di individuare i problemi che l'inserimento in una struttura produttiva di persone disabili può comportare e trovare - e gestire - insieme le soluzioni contrattuali o strumentali più appropriate. Contrariamente a Confindustria, che invoca l'eliminazione delle strutture di mediazione sociale, noi siamo convinti che queste siano necessarie, sia quando assumono la forma di associazioni di rappresentanza di familiari di persone che non possono esprimersi in prima persona, sia quando si tratta di strutture di servizio - pubbliche o di privato sociale - che accompagnano la persona disabile nel suo percorso formativo e di inserimento e che forse anche indicano le soluzioni "contrattuali" da adottare in rapporto agli obiettivi che con quell'inserimento ci si propone. Non pretenderemo di essere noi ad esprimerci in questo senso. Ci basta avere la sicurezza che nel territorio vi è un "governo" delle domande, delle interazioni, delle soluzioni.
Tutto ciò senza vedere le persone disabili o handicappate come nuova area di mercato.
Flavio Cocanari Resp. Politiche Handicap CISL |
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