Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

Ricerca
 
Edscuola Web

 

Il contributo della famiglia con disabilità alla costruzione di un percorso di integrazione scolastica di qualità

ovvero

 un genitore di una studentessa con disabilità grave a colloquio con gli insegnanti di domani

                             Savigliano, 18 ottobre 2007

        Seminario tenuto su invito della docente Cecilia Marchisio  Scienze dell’ educazione  –  Scienze della formazione primaria Università degli Studi di Torino

                Come molte cose della vita (forse tutte) anche l’innocuo titolo di questa “lezione” può essere visto in due modi: in alto c’è quello pomposo, accademico, aulico: anche se dice il vero, lasciamolo subito da parte.

Sotto quello concreto e spiccio, quello che preferiamo.

        Non una “lezione” quindi ma un colloquio, spero tra amici.

        Niente quindi “potrei essere vostro padre” anche perché potrei essere tranquillamente vostro nonno !

        Innanzitutto chi sono ( o meglio chi rappresento) e cosa ci sto a fare qui.

        Personalmente sono come Ulisse, cioè NESSUNO. Ma proprio nessuno.

        Non ho alcun merito ( anzi ho moltissimi demeriti, basta chiedere  a moglie e figlie), non ho alcuna capacità particolare.

        Però…rappresento le nostre famiglie con disabilità alle prese con il mondo della scuola.

        Ecco perché talvolta parlo o scrivo al plurale. Non perché mi creda un monarca.

Perché sono qui?

        Sono qui perché la vostra  docente, la prof.ssa Cecilia  Marchisio ha visto il video di Silvia presentato e commentato al convegno “Famiglia e disabilità –Dalle emergenze alle buone pratiche per un welfare di qualità” , convegno svoltosi il 2 dicembre 2006 a Cagliari ed ha pensato che un approccio visivo di un’esperienza reale valesse più di molte parole per presentare la disabilità ed i suoi problemi a chi poi l’incontrerà davvero nella professione.

        Ritengo sia stata un’ottima idea, anche perché nel video io non c’entro per nulla: il video è stato prodotto dalla scuola all’interno di un progetto   finanziato dal comune.

        Il fatto che non ci sia il mio “zampino” è stato determinante alla buona riuscita del video stesso ed oggi è un video (relativamente) famoso, proiettato in convegni e rassegne, presentato al Ministero e (speriamo sia davvero cosi !) alcuni suoi fotogrammi dovrebbero essere  inseriti in un video delle Nazioni Unite sulla disabilità nel mondo.

        La parte meno importante del video è il sonoro.

        Almeno in questa sede il sonoro è superfluo: per due motivi.

        Il primo è che avete davanti a voi il resto della vita (almeno quella professionale) per leggere o sentire migliaia di circolari ministeriale e di riferimenti normativi e qui ve li risparmio.

        Il secondo è…che Silvia non parla …e mi sembra inutile sentire la voce di altri !

        Manterremo il sonoro solo in alcune parti, quando potrà essere davvero interessante.

        Ma, purtroppo per voi, dovrete sopportare il mio commento al video.

                                Cronologia del video.

        Il video ha una durata di 11’.

        E’ stato “firmato” dal regista Marino Lagorio della Cooperativa Sociale Iso di Toirano (SV) e girato nell’anno scolastico 2004-5 quando Silvia frequentava la classe 2° b dell’IISS “Falcone” – Ragioneria di Loano (SV) ed originariamente era parte integrante di un complesso di video girati a scuola, in parete dagli studenti stessi, facenti parte di un progetto finanziato dal Comune.

        Nei primi minuti l’insegnante di sostegno ( ripreso a casa di Silvia) presenta il progetto di insegnamento “ anche domiciliare”, quindi si vede l’insegnante di inglese ( assieme alla madre di Silvia e all’insegnante di sostegno) durante una lezione domiciliare, successivamente (3°-4° minuto) un frammento di una lezione di economia aziendale. Quindi alcune immagini di un video didattico sulla digestione, mentre viene visto da Silvia.

Al 5° minuto: Silvia legge un testo di scienze della natura. Successivamente la sorella le spiega una parte di una lezione.

Dal 6° all’ 11° minuto (fine del video) le riprese sono a scuola, prima nell’aula multimediale con l’assistente alla comunicazione e l’insegnante di sostegno durante la “costruzione” di un testo di educazione fisica. Poi (7°

minuto) Silvia è in classe; successivamente (9°-10° minuto) una verifica.

Fine del video.

                Questa che avete appena visto “dovrebbe” essere la presentazione di uno studente con disabilità ai suoi nuovi insegnanti, in modo che possano conoscerlo e possibilmente capirlo prima di giudicarlo.

                Altrimenti si tratterà fatalmente di un “pregiudizio” non di una equa valutazione.

        Torniamo alla nostra storia, alla storia di Silvia: il primo anno delle

secondarie superiori il video non era ancora stato girato ( lo sarà durante il 2° anno) ma il corpo insegnante era, per la massima parte, composto da professionisti aperti e privi di pregiudizi. Risultato finale veramente eccellente.

        Il secondo anno il video era in gestazione ma fortunatamente gran parte degli insegnanti conoscevano Silvia: risultato finale buono/molto buono.

        Il terzo anno il video era pronto ma, ahimè, l’insegnante di sostegno usufruiva dei permessi per seguire un corso di perfezionamento e nessuno (purtroppo era cambiato anche il dirigente scolastico) ha fatto vedere il video ai nuovi insegnanti. Risultato: un anno veramente difficile con molte discussioni e pregiudizi, che ha rischiato di far naufragare l’intero progetto (e che purtroppo poi è proseguito ridimensionato). Un insegnante, inizialmente  pieno di dubbi, dopo aver visto il video a fine anno ha ammesso candidamente che se lo avesse visto all’inizio il suo comportamento sarebbe stato enormemente diverso !).

        E siamo al 4° anno (2007-2008): video proiettato SUBITO a tutti gli insegnanti (quasi tutti nuovi per Silvia) e pare non vi sia alcun problema, almeno per ora. Un ottimo inizio.

        Morale ( non della favola, ma del video): per valutare bisogna capire, per capire bisogna conoscere e per conoscere le potenzialità di uno studente con disabilità grave o lo si osserva attentamente, pazientemente e senza pregiudizi per un tempo sufficientemente lungo  oppure ci si affida ad una presentazione “giurata” cioè “filmata” fatta dal vero e con grande cura.

        In mancanza del video si ascolta la famiglia, ovvero “la madre”.

        Per noi ABC “la madre” non è necessariamente di sesso femminile: rappresenta il genitore che conosce meglio il figlio con disabilità. Certo spessissimo è la madre, talvolta è il padre, ma può anche essere una sorella o, al limite, un non-familiare.

        Per non fare discriminazioni ed essere politicamente corretti chiamiamo poi “ figlio” anche le ragazze. Quindi madre e figlio.

        Tornando al pregiudizio circa le potenzialità dello studente con disabilità

potete leggervi l’abstract della relazione della dott.ssa Cinzia Greco, neuropsichiatra dell’equipe consultoriale dell’ ASL 3 “ Genovese” della Regione Liguria, al “Corso introduttivo alla utilizzazione delle tecniche di comunicazione aumentativa nella scuola” svoltosi a Savona un paio d’anni fa grazie alla Provincia e ad ABC Liguria.

        La dott.ssa Greco, oltre ad essere una professionista eccellente, dotata di grande esperienza e pathos professionale verso i nostri ragazzi, sfata il vecchio detto  ABC ( non ditemi che non l’avete mai sentito !) che paragona l’utilità di un neuropsichiatra infantile ( in un programma di riabilitazione pediatrica domiciliare) a quello di un ufficiale della Royal Navy su di uno yacth in regata ( a fine ‘800 !!!): praticamente nulla.

        Da un paio di anni il Ministero ha scoperto il lessico legato al mondo della disabilità ed ha “creato” ufficialmente gli studenti “diversabili” o “diversamente abili”.

        Secondo le nostre “famiglie con disabilità” questa dizione può avere qualche valore letterario ( spero che Claudio Imprudente mi perdoni !) ma nasconde un inganno sostanziale ed una inquadratura “pietistica” del problema:

i nostri ragazzi sono “studenti con disabilità”, cioè studenti NORMALI ( normale = come tutti gli altri) con necessità SPECIALI .

        Avere in classe studenti con necessità speciali può aiutare moltissimo tutti gli altri studenti. E anche ( e soprattutto ?) i docenti.

        Il momento più disarmante ( e forse disperato) della mia carriera umana di genitore e di studioso “forzato” della disabilità in età evolutiva è stato quando, l’anno scorso in un consiglio di classe, il rappresentante dei genitori  (ma io credo non rappresentasse nemmeno se stesso) con falso candore mi ha chiesto se avere in classe uno studente con disabilità non vada a nocumento degli altri ragazzi.

        La risposta naturalmente è : NO !  VA A  VANTAGGIO  DI  TUTTI !

        Vediamo assieme i perché di questa asserzione:

1)    Avere in classe uno studente con disabilità fa riflettere ed apre gli occhi e la mente sui valori veri della vita. Non credo ci sia bisogno di alcuna spiegazione su questo punto.

Se proprio ne volete una , eccola: lo studente con disabilità è l’incarnazione della resilienza.

Conoscete questo termine ?

In ingegneria indica la resistenza dei materiali ad una forza che tende a romperli.

Nel linguaggio della disabilità indica “la forza d’animo”, la resistenza nell’avversità.

A noi sembra un concetto molto vantaggioso per tutti.

2)   La classe è numericamente più piccola, generalmente più coesa, apprende anche “cose diverse” ( ad es. un nuovo modo di comunicare con linguaggi non verbali). E spesso nuove tecnologie.

3)   La classe usufruisce di un insegnante di sostegno (che come tutti dovrebbero ormai sapere è di sostegno alla classe, NON allo studente con disabilità !), impara a gestire nuovi rapporti con il mondo reale che è fatto anche di persone con disabilità. Le persone con disabilità in Italia sono MILIONI. Più del 75% delle persone con disabilità grave vive in famiglia. La disabilità è una NORMALE condizione di vita. Tutti, vivendo abbastanza a lungo, siamo destinati ad avere qualche forma di disabilità. Probabilmente esistono altri motivi di vantaggio, ma questi possono bastare.

        Per quel rappresentante dei genitori (non credo fosse un buon genitore avendo tali idee !) il 30° compleanno dell’integrazione scolastica non aveva prodotto nulla di buono.

Giorgio Genta per ABC Federazione Italiana


La pagina
- Educazione&Scuola©