CRIMINALITA'
Tra le paure degli
italiani, criminalità al secondo posto, superata solo dalla
disoccupazione. Tra i più timorosi le donne, gli anziani, le persone
poco informate e senza reti sociali
Tra le paure degli
italiani, la criminalità si classifica al secondo posto, soprattutto
nelle aree urbane: preoccupazione pubblica superata soltanto dalla
disoccupazione. E tra i più timorosi figurano le donne, gli anziani,
le persone poco informate e senza reti sociali. Sono alcuni risultati
emersi dalla ricerca condotta dal Dipartimento “Rismes” (Ricerca
Sociale e Metodologia Sociologica “Gianni Statera”) della Facoltà di
sociologia dell’Università La Sapienza, presentata stamani durante un
convegno presso il Centro Congressi della Facoltà. Tema dell’indagine:
“La criminalità diffusa a Roma. Percezione sociale del rischio e uso
della città”, che ha analizzato la percezione, le reazioni e gli
effetti sociali che la criminalità produce.
La ricerca è stata svolta attraverso interviste face-to-face in
collaborazione con altri gruppi universitari di Milano, Torino,
Firenze e altre città. Dallo studio - collocato tra i 6 progetti di
ricerca scientifica di rilevanza e interesse nazionale, finanziati dal
Miur - emerge che nelle diverse realtà metropolitane la percezione del
rischio di criminalità raggiunge i livelli più alti nella classifica
delle paure degli italiani.
Tuttavia sondare il fenomeno della criminalità urbana “significa
conoscere anche la percezione sociale di un rischio così pervasivo ma
anche così letto, interpretato, rielaborato – osserva il professor
Fulvio Beato, docente di sociologia dell’ambiente, direttore della
ricerca -. Esistono delle vere e proprie culture del rischio: c’è chi
ha parlato, con riferimento all’Italia, di culture ‘locali’ del
rischio”. L’indagine focalizza la reazione sociale, gli effetti sulla
società delle forme della devianza diffusa (o “di strada”).
Alla domanda “Come definirebbe in termini di pericolo, rispetto alla
piccola criminalità, la zona dove Lei abita?”, le risposte hanno messo
in luce una percezione della situazione “di medio-bassa apprensione
sociale che si pone in un certo senso in frizione, se non in antitesi,
con l'allarmismo dei mass media e di taluni attori politici locali e
nazionali”. Infatti, su 702 intervistati, solo l’8% ritiene la sua
zona “molto pericolosa” e il 23,8% “abbastanza pericolosa”, ma per la
maggioranza (60,1%) la zona è “poco pericolosa” o per niente (8,1%).
Per quanto riguarda il sentimento di insicurezza personale, le
risposte confermano quelle precedenti: il 26,1% delle persone
interpellate si sente “molto sicuro” nel camminare per strada da solo
nella zona in cui abita quando è buio, il 40,1% “abbastanza”, il 21,5%
“poco” 3 il 12,3% “per niente”.
In riferimento all’area locale di abitazione e alla situazione
generale della città di Roma, la situazione è dichiarata “molto o
abbastanza pericolosa” dal 59,8% degli intervistati (terrorizzati, il
31,3%; timorosi il 28,5%), “poco o per niente pericolosa” dal 40,2%
(tranquilli, in 26,1%, spavaldi il 14,1%). Quindi “lo spazio urbano di
vita (zona di abitazione, quartiere, etc.) viene percepito in modo
diverso dallo spazio urbano che è formalmente comunale ma che viene
vissuto come città-regione, forse come città-nazione – fa notare il
direttore della ricerca -. Abitare a Roma e valutare i fenomeni
sociali che in essa si producono equivale infatti a esprimere
asserzioni che hanno per oggetto non un semplice ‘Comune’ (Roma è
infatti città capitale) e ciò non solo per la numerosità dei suoi
residenti ma anche per quella che potremmo definire ‘consistenza
simbolica’”.
In sintesi, vengono delineate due percezioni diverse per due
insicurezze: una ‘concreta’, di vita vissuta, personale; l’altra
“astratta”, di tipo pubblico, politica in senso ampio. L’indagine ha
considerato 4 tipologie differenti di “caratteri”: gli individualisti,
aperti a soluzioni tecnologiche e razionali di autodifesa dalla
criminalità; gli ugualitari, molto integrati nei gruppi, per i quali è
la mancanza di lavoro a generare la delinquenza e il poliziotto di
quartiere può generare sicurezza ma solo a patto che operi insieme
alla comunità; i gerarchici, prescritti dalle istituzioni nelle quali
operano e/o nelle quali credono, che auspicano leggi più rigorose
contro la criminalità e comunque guardano con attenzione alle
soluzioni istituzionali; i fatalisti o isolati, che non si impegnano,
non si associano, sono scettici sui destini personali e della società
e su tutte le misure di controllo della criminalità diffusa,
condizionati dalle regole esterne e scarsamente impegnati nella vita
politica e sociale.
Comparando queste 4 tipologie con i valori dell’area della “grande
paura” (“i terrorizzati”), gli individualisti autonomi si attestano
sul 23,7% a fronte del 38,8% riferito ai gerarchici, che sono
"terrorizzati" o "timorosi" nel 67,3% dei casi a fronte di un valore
del 51,3% attribuibile agli ugualitari, “coloro che credono che la
criminalità diffusa sia un fenomeno che debba essere gestito non solo
attraverso il meccanismo sociale devianza/sanzione” ma anche mediante
“pratiche sociali che facciano perno sulla prevenzione e sul
contenimento dell’esclusione sociale”.
LA CRIMINALITA' DIFFUSA A
ROMA
Percezione sociale del rischio e uso della città
Classi di età per
status socioeconomico
ripartite per sesso |
MASCHI |
Status
sociale |
Classi di
età |
tot.
(%) |
da 20 a
34 anni
(%) |
da 35 a
54 anni
(%) |
da 55 a
64 anni
(%) |
da 65
anni in su
(%) |
Alto |
41,5 |
29,6 |
26,7 |
26,6 |
31,5 |
Medio |
35,4 |
33,3 |
30,0 |
17,2 |
29,6 |
Basso |
23,1 |
37,0 |
43,3 |
56,3 |
39,0 |
tot. |
100,0 |
100,0 |
100,0 |
100,0 |
100,0 |
FEMMINE |
Status
sociale |
Classi di
età |
tot.
(%) |
da 20 a
34 anni
(%) |
da 35 a
54 anni
(%) |
da 55 a
64 anni
(%) |
da 65
anni in su
(%) |
Alto |
42,2 |
38,9 |
29,3 |
16,3 |
32,7 |
Medio |
36,1 |
36,1 |
22,0 |
23,8 |
31,7 |
Basso |
21,7 |
25,0 |
48,8 |
60,0 |
36,2 |
tot. |
100,0 |
100,0 |
100,0 |
100,0 |
100,0 |
Fonte:Università degli studi di Roma "La Sapienza" - Fac.
Sociologia, Maggio 2003
Vittime di reati, donne e anziani
temono soprattutto nomadi e tossicodipendenti, meno gli immigrati.
Vittime di reati,
donne e anziani temono soprattutto nomadi e zingari,
tossicodipendenti, ma molto meno gli immigrati. Lo evidenzia la
ricerca “La criminalità diffusa a Roma. Percezione sociale del rischio
e uso della città”, presentata oggi dal Dipartimento “Rismes” della
Facoltà di sociologia dell’Università La Sapienza. Svolta nel 2002,
l’indagine campionaria è stata condotta attraverso un questionario
sottoposto a 700 persone nel III e V municipio di Roma (350 per
ciascuno dei due Municipi, rispettivamente ad alta e bassa criminalità
diffusa ), campionate per quote in misura proporzionale alle
caratteristiche di età e genere riscontrate nei due municipi.
“Il confronto fra due unità territoriali ha permesso di controllare
l’ipotesi relativa all’indipendenza della paura del crimine dal
pericolo effettivo”, riferisce il prof. Enzo Campelli, tra i curatori
della ricerca, che contempla l’ipotesi secondo cui la percezione della
criminalità diffusa da parte dell’attore sociale non dipende dalla
sensazione concreta del pericolo, ma da una serie di altri fattori
culturali che determinano “il senso di insicurezza del cittadino: la
sua visione del mondo, l’idea che esso stesso si è fatto delle
istituzioni, la fiducia che ripone negli altri”. Inoltre lo studio
mette in luce che “la sicurezza è inversamente proporzionale
all’isolamento sociale degli individui: tanto più è fitta la rete di
relazioni interpersonali che compone la vita di una persona, tanto più
questa tenderà a sentirsi sicura”. Secondo i dati raccolti, le donne
hanno subito più di 2 reati molto di più degli uomini (il 58,6% contro
il 44,3%), così gli anziani (54,8% contro il 45,5% dei più giovani).
Donne e anziani sono meno istruiti e meno abbienti degli altri: gli
ultra 65enni hanno status basso molto più frequentemente dei più
giovani (rispettivamente 56,3% e 60% contro il 23,1% e il 21,7% degli
altri, tra i 20 e i 64 anni). E il genere è più discriminante
dell’età, poiché, a parità d’età, le donne sono più frequentemente
“terrorizzate” degli uomini (45,1% contro il 32,9%).
I risultati mostrano che il quartiere in cui si abita è considerato
dagli intervistati pericoloso (molto+abbastanza) in misura di gran
lunga inferiore rispetto alla città di Roma (31,8% contro il 75,7%),
come se la maggiore conoscenza e familiarità con il luogo di
abitazione riducesse la paura. Tuttavia sono rilevanti le differenze
di genere e di età: donne e anziani ultra 65enni più frequentemente
degli uomini e dei giovani percepiscono pericoloso il quartiere
(rispettivamente il 38,2% delle donne e il 40,2% dei più anziani) e la
città è considerata tale soprattutto dagli anziani (l’84,7%), oltre
che dalle donne (l’80,5%). Analogamente, un aumento di frequenza della
micro-criminalità soprattutto a Roma, in misura doppia rispetto al
quartiere (a conferma dell’ipotesi che la maggiore familiarità induce
minore paura), è sostenuto più frequentemente dalle donne e dagli
anziani quasi in pari misura (rispettivamente dal 65% delle une e dal
64,4% degli altri, contro il 58,3% del campione complessivo). Quanto
alla frequenza dei vari tipi di reato, secondo le donne sono
abbastanza frequenti (48,9%, 35,2% per gli uomini).
Anche rispetto all’utilizzo dei mezzi di sicurezza (porte blindate,
casseforti, allarmi…) “vi è una tendenza ad essere fiduciosi piuttosto
che a blindarsi in casa – nota la ricercatrice Fiammetta Mignella
Callosa -. Benché la maggior parte dei soggetti abbiano subito uno o
più reati e lo abbiano subito nello stesso quartiere in cui vivono,
solo una quota irrilevante degli intervistati sarebbe disposta a
cambiare casa per migliorare la propria sicurezza personale e
patrimoniale”. Ad uscire meno non sono le persone che presentano
maggiori segni di insicurezza, quanto coloro a cui mancano le
occasioni o le relazioni, oppure le possibilità economiche. Tuttavia
la città non è vissuta come pericolosa, quindi la vita ritirata non è
da attribuirsi a timori o insicurezze.
LA CRIMINALITA' DIFFUSA A
ROMA
Percezione sociale del rischio e uso della città
Principali risultati
dell'indagine |
Come
definirebbe in termini di pericolo, rispetto alla piccola
criminalità, la zona dove Lei abita? |
Molto
pericolosa |
8,0% |
Abbastanza
pericolosa |
23,8% |
Poco
pericolosa |
60,1% |
Per niente
pericolosa |
8,1% |
Totale |
100,0% |
Quando è
buio, quanto si sente sicuro nel camminare per strada da solo
nella zona in cui abita? |
Molto |
26,1% |
Abbastanza |
40,1% |
Poco |
21,5% |
Per niente |
12,3% |
Totale |
100,0% |
L'indice
di pericolosità si distribuisce nel modo che segue: |
Terrorizzati
(Situazione molto pericolosa) |
31,3% |
Timorosi
(Situazione abbastanza pericolosa) |
28,5% |
Tranquilli
(Situazione poco pericolosa) |
26,1% |
Spavaldi
(Situazione per niente pericolosa) |
14,1% |
Fonte: Università degli studi di Roma "La Sapienza" - Fac.
Sociologia, Maggio 2003
Ricerca de La Sapienza: con
l'aumentare del livello di informazione decresce la paura.
L'informazione
sembra costituire un “antidoto alla insicurezza”, conducendo il
cittadino “a una visione più realistica di quanto gli sta intorno”:
con l’aumentare del livello di informazione decresce la paura nei
confronti della criminalità diffusa. Infatti i più “fiduciosi” hanno
un alto livello di informazione nel 43% dei casi, che scende all’11%
per i “diffidenti”. È una delle conclusioni a cui è giunta la ricerca
“La criminalità diffusa a Roma. Percezione sociale del rischio e uso
della città”, curata dal Dipartimento “Rismes” della Facoltà di
sociologia dell’Università La Sapienza e presentata oggi presso il
Centro Congressi della Facoltà.
Sapere e conoscere, quindi, contribuisce a “esorcizzare parte della
paura”. Ma insieme alla cultura un altro fattore sembra decisivo
“nello stemperare la percezione della criminalità diffusa: la rete di
relazioni sociali alla quale i singoli individui appartengono”,
precisa il ricercatore Stefano Nobile. Allo stesso tempo “rimane molto
da lavorare nella direzione delle campagne di informazione”. La
ricercatrice Daria Pessina ha analizzato per 6 mesi – dal settembre
2001 al febbraio 2002 - il fenomeno della criminalità diffusa a Roma
monitorando in particolare 3 testate quotidiane: “Repubblica”, “Il
Messaggero” e “Il Tempo” (le prime 2 sono le testate giornalistiche
locali più acquistate nelle edicole della città; la terza, pur non
essendo la terza testata giornalistica più venduta nella provincia di
Roma, è la più venduta fra quelle definite di ‘tendenza opposta’).
Sono stati archiviati 1.761 articoli, il 67,7% dei quali è dedicato
alla narrazione di reati commessi e di fatti strettamente collegati.
Gli ulteriori 568 articoli descrivono la sicurezza nei diversi luoghi
della città, le politiche di sicurezza comunali e i discorsi dei
protagonisti della politica ad essi strettamente collegati e i temi
nazionali e internazionali collegati alla sicurezza (ad esempio, il
terrorismo internazionale).
Nel semestre si sono verificati 765 reati o fatti criminosi, riportati
dalla cronaca dei quotidiani; il maggior numero è stato registrato nel
settembre 2001 (29,3%), mentre il minor numero si è verificato nel
dicembre del 2001 (7,8%) e solo lo 0,4% dei reati è stato commesso in
un periodo precedente a quello di lettura della cronaca romana. Il
73,2% dei reati schedati prevedono l’interazione con la persona,
mentre il solo 20% è diretto alla persona (aggressione, omicidio e
reati contro la libertà sessuale, ad eccezione della prostituzione).
Per il 13,3% non è nota alcuna informazione relativa a sesso ed età di
chi li subisce, mentre non si conosce nulla riguardo al sesso e
all’età dell’autore per il 20,9%. I reati con autore indefinito
riguardano il 41,8% dei furti, l’11,3% delle rapine, il 9% delle
aggressioni e il 4,8% degli stupri. Del 20,9% dei reati non si conosce
l’autore, il 38,2% è commesso da una sola persona, il 24,7% da due ed
il restante 16,2% da un gruppo di tre o più persone. Gli autori dei
fatti criminosi sono per il 67,1% di sesso maschile, per il 5,9%
femminile e per il restante 6,1% di entrambi i sessi.
Per il 45,8% dei reati non si conosce l’età dell’autore. Il 29,8% è di
giovane età (21-34 anni), il 14,6% è d’età adulta (35-64), il 4,3% è
minore, mentre l’1,3% è d’età anziana (65 anni e oltre). Il 53,8% dei
reati per i quali è noto il destinatario sono rivolti alle persone; di
questi, il 51,9% a soggetti solo maschili, il 37,5% solo femminili e
il 10,6% ad entrambi. Il 46,2% del totale dei reati è rivolto invece a
luoghi o cose (nel 17,8% dei casi abitazioni private), solo il 3,1% a
luoghi sacri. Dei 765 fatti criminosi il 13,1% è rappresentato dalle
aggressioni, l’11,2% dal furto in abitazione o del veicolo o di altre
cose private, il 10,2% dallo spaccio di droghe, il 9,8% dalle rapine
in negozio o altro luogo diverso da banche, uffici postali o altri
uffici, che escludono le rapine di valori o veicoli alle persone. Se
si suddivide idealmente la città di Roma in quattro aree geografiche
in base ai punti cardinali, l’area più colpita dalla criminalità
risulta il Sud-Ovest (34%), quella più sicura il Nord-Ovest (13,7%). I
Municipi meno sicuri appaiono il XIII (18,2%) e il I (17,1%), i più
tranquilli risultano il III, IV, VI e XIX (2,4%). Nei Rioni del Centro
storico si commettono il 19% dei reati (l’Esquilino il più colpito,
con il 5,4%), ad Ostia il 10,2%, ad Acilia il 4,6%. Il reato
maggiormente diffuso al Centro è l’aggressione (16,6% dei reati
commessi), seguito a pari merito dai reati contro la libertà sessuale
e dalla rapina a persona o di veicolo (10,3%). Nel Nord-Est si ritrova
invece al primo posto il furto in abitazione o di veicolo o di altri
oggetti privati (16,5%), a seguire i reati contro la libertà sessuale
(15,5%) e dall’aggressione (14,6%). Nel Nord-Ovest si registra come
reato più diffuso la rapina in negozio o in altro luogo diverso dalle
altre categorie schedate (quali rapina in abitazione, rapina a persona
o di veicolo: 18,8%), seguito dal furto in abitazione o di veicolo o
di altri oggetti privati (14,9%) e dalla rapina a persona o di veicolo
(10,9%).
Se si suddivide
la giornata in fasce orarie, per quei reati sui quali viene riportato
un riferimento temporale, la notte e l’alba rappresenterebbero i
momenti più rischiosi per vivere in qualsiasi punto della metropoli.
La maggioranza dei reati vengono commessi in ambiente chiuso (53,1%),
tranne che nel sud-est cittadino, dove nel 54,5% dei casi è più sicuro
stare all’aperto.