Da dove pensiamo di ripartire
di Pietro Barbieri*
È crisi di governo, un’altra. Ormai non ci stupisce
più. Dovremmo ricominciare daccapo perché, come dice un'autorevole
fonte, il presidente della Camera Fausto Bertinotti, la
legislatura è finita politicamente. Al massimo vi potrà essere un
prologo di non più di tre mesi per approvare una nuova legge elettorale.
Fornire una lettura di questo ennesimo fallimento della politica
parlamentare in relazione alle persone con disabilità e alle
loro aspettative di inclusione sociale, non è operazione
semplice. Anzi. Rifugiarsi nell’antipolitica e nel "grillismo" senza
appello appare sin troppo disinvolto, nel momento in cui il nostro
nucleo di riferimento è un gruppo sociale emarginato fino alla
segregazione più disumana. In questa condizione è fin troppo
facile contrapporre la "casta" ai cittadini e alla società civile, tanto
da far nascere qualche sospetto verso le derive qualunquiste.
Nelle persone con disabilità e nelle loro famiglie, invece, la
sensazione di sfiducia nella politica parlamentare talvolta assume dei
connotati di rinuncia all'istanza di inclusione sociale.
Ritorna l’idea di farsi risarcire «al solo titolo della menomazione»,
monetizzando ogni cosa.
C’è la percezione di non vedersi più inclusi, ma caduti in un vortice
involutivo che vede le persone con disabilità solo come costo e
"freno" alla crescita della ricchezza del Paese. La grande
intuizione dell’eguaglianza di opportunità, di poter partecipare alla
vita della comunità in cui si risiede, viene avvertita persino
come un inganno.
Il primo riflesso, dunque, è primum vivere deinde philosophari,
ovvero "prima la vita, poi la filosofia", un galleggiamento a pelo
d’acqua come ancora di salvataggio al naufragio della fiducia e delle
aspettative.
Le uniche prescrizioni normative che funzionano per tutti nel nostro
Paese sono quelle di impianto risarcitorio: indennità,
permessi lavorativi, agevolazioni fiscali, insegnante di sostegno,
ausili e mantenimento riabilitativo vita natural durante.
Non si riesce però a completare il percorso di emancipazione con il
progetto individuale, la vita indipendente, il posto di lavoro giusto,
l’indennità e la pensione adeguata, la presa in carico come sistema di
accesso e la giusta tutela alle persone sprovviste di
tutela familiare e non in grado di rappresentarsi da sole.
Non si riesce a compiere il salto da un sistema all’altro, dalla
segregazione alla vita indipendente, dalla tutela delle
categorie alla promozione dei diritti fondamentali e
dall’integrazione all’inclusione sociale.
Per essere chiari, le leggi approvate nella Seconda Repubblica sono
prive dei fondamenti di universalità e quindi largamente inefficaci.
Però imperversano i "poteri forti", le istituzioni, le RSA
[Residenze Sanitarie Assistenziali, N.d.R.] e le lungodegenze:
riapre il Piccolo Cottolengo ad Ortona, rialzano la
testa l’Istituto Vaccari a Roma, la Sacra
Famiglia di Milano e non chiude Serra d’Aiello
in Calabria.
Coloro che hanno potuto usufruire dei servizi di integrazione frutto
delle battaglie degli anni Settanta e resi successivamente flessibili al
proprio bisogno da iniziative personali, hanno raggiunto obiettivi di
vita al pari di chiunque altro. Per gli altri è una dura battaglia
quotidiana per lo più per l'assenza di impegno dei Comuni e dei
Distretti Sociosanitari, in altri casi per la rigidità
dei mansionari e la totale assenza di una pubblica
amministrazione efficace, efficiente e soprattutto capace.
Come più volte denunciato, negli ultimi sette anni (non un giorno), con
governi di segno diverso, le risorse sono state destinate ad una
"beneficenza pelosa" (vedi il cinque per mille, il
finanziamento alle associazioni "storiche" o per i cosiddetti
"viaggi della speranza") oppure a moltiplicare gli stipendi
di "baroni" e amministratori.
Presumibilmente ci ritroveremo con una riedizione del precedente governo
di centrodestra. L’abbiamo già vissuto: nessuna volontà di gestire
centralmente le politiche che ci riguardano. Un laissez-faire
regionalista come tratto federalista del governo.
La società civile è il perno su cui contare, la sua
capacità di mobilitazione e azione, portando le istanze di inclusione
sociale in ogni territorio. Da questa attitudine dipenderà il
successo di pratiche innovative: le Regioni Veneto e Liguria
hanno deliberato l’adesione ai principi della
Convenzione ONU sui Diritti delle Persone
con Disabilità, impegnandosi a modificare il loro ordinamento. Da azioni
territoriali di questo genere ripartiremo, per parlare la stessa
lingua del futuro governo.
*Presidente nazionale della FISH (Federazione
Italiana per il Superamento dell'Handicap). |