Diritto alla vita e condizioni di vita
(di Carla Castagna*)
http://www.superando.it/content/view/2835/112/
La Legge
194/78, nonostante le limitazioni imposte per l’interruzione
volontaria della gravidanza e l’obiezione di coscienza, a parere di chi
scrive - donna con disabilità motoria che fa parte dei movimenti delle
donne e della disabilità - è complessivamente una buona legge,
da salvaguardare.
Inoltre ritengo che spetti alla donna, ad ogni donna, il diritto di
scegliere se portare avanti una gravidanza oppure no, qualunque sia la
ragione, senza contrastare il diritto alla sua piena e totale
autodeterminazione.
Gran parte del mondo politico, su temi eticamente sensibili - aborto,
convivenze, testamento biologico, procreazione assistita, ricerca sulle
cellule staminali (che avrebbe dato speranza per molte patologie) -
sembrerebbe mancare di autonomia e indipendenza culturale e
politica, con una pericolosa subalternità a
valori non laici, né democratici, né umani e al contempo parrebbe ostile
o indifferente verso persone che, a causa delle loro diversità umane (di
razza, genere, orientamento sessuale o condizioni psicofisiche),
subiscono quotidianamente discriminazioni e continue violazioni
dei loro diritti umani.
La recente
Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (che si
spera venga presto ratificata dall'Italia) non è stata
sottoscritta dallo Stato del Vaticano perché l’articolo 25 di
essa, che fa riferimento all’accesso ai servizi sanitari dell’area
sessuale e della salute riproduttiva, è stato percepito come un’apertura
verso l’interruzione volontaria della gravidanza e pertanto risulta
inconciliabile con le posizioni della Chiesa [a tale questione il
nostro sito ha dedicato i testi disponibili cliccando
qui,
qui e
qui,
N.d.R.].
Sconcerta poi che quest'ultima non abbia preso in considerazione neppure
l’ipotesi, prevista dal diritto internazionale, di esprimere una riserva
sul testo, in particolare sull’articolo in questione,
sottoscrivendo il resto della Convenzione.
In realtà, con la Convenzione, per la prima volta nella storia, si
sancisce il diritto per le donne con disabilità ad avere una
vita sessuale e la possibilità di scegliere se interrompere o
portare avanti una gravidanza, senza prevaricazioni.
Mi chiedo a questo punto se il Vaticano condivida o meno l'idea che
sulla disabilità si passi da un modello medico e veteroassistenziale,
che ha consentito di relegare in istituzioni chiuse migliaia di persone
con disabilità, a un modello sociale che valorizza le diversità
umane e promuove, protegge e assicura il pieno ed eguale
godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà
fondamentali delle donne e uomini con disabilità (articolo 1
della Convenzione).
Ancora oggi succede che le donne con disabilità, a causa di barriere e
pregiudizi, abbiano grosse difficoltà ad accedere ai servizi
sanitari di prevenzione e cura delle patologie e a quelli
riguardanti la sfera sessuale e riproduttiva e che donne con disabilità
intellettiva subiscano violenze e abusi spesso impuniti
o, se rilevati, considerati fatti "di lieve entità", come recentemente
sentenziato dalla Corte d'Appello di Campobasso [sulla vicenda si
legga nel nostro sito il testo E dopo nove anni lo stupro diventa
più lieve!, disponibile cliccando
qui,
N.d.R.].
È davvero curioso, in conclusione, che si difenda con tanta veemenza il
diritto alla vita e si "dimentichino" le condizioni di vita
reale di tante persone discriminate e spesso le più povere tra
i poveri, ancor più se di genere femminile.
*DPI
Italia (Disabled Peoples' International). Componente del Gruppo
Donne della FISH (Federazione Italiana per il
Superamento dell'Handicap) e del Consiglio Direttivo del
Coordinamento Para-Tetraplegici del Piemonte. |