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Indagine su disabilità e lavoro a Bologna: la strada dell'integrazione occupazionale passa attraverso i centri di lavoro protetto e il percorso scuola-formazione professionale-lavoro Una delle possibili soluzioni per l'integrazione occupazionale dei disabili è rappresentata dai centri di lavoro protetto e, ancor prima, dal percorso scuola-formazione professionale-lavoro. E’ quanto risulta dall’indagine della rivista del Cdh di Bologna “HP-Accaparlante”. I primi sono centri dedicati a chi, disabile, pur avendo concluso il percorso formativo, obbligatorio fino al diciottesimo anno di età, non è riuscito ad inserirsi in una azienda. Ma non solo. All'interno del tessuto sociale e produttivo un centro di lavoro protetto ha diverse funzioni. Può rappresentare lo strumento per il recupero e il conseguimento di maggiori abilità da spendere nel mondo lavorativo, essere centro di formazione professionale, o farsi carico di una funzione di ammortizzatore, in grado di alleggerire i problemi dei familiari della persona diversamente abile. "Il lavoro ha finalità formative, migliora la sicurezza, la stima di sé, la capacità di essere autonomi”, spiega Walter Baldassarri, direttore dei laboratori protetti per persone con handicap mentale dell'Opera dell’Immacolata di Bologna. Al loro interno, conto terzi per aziende dell'hinterland, vengono effettuati lavori di montaggio di carburatori, prese elettiche, valvole antiflusso, prevedendo anche l'uso di macchinari. "Lavoro vero", tiene a precisare Baldassarri. Con tempi di consegna da rispettare, e controlli per la qualità del prodotto. E' prevista anche una forma di retribuzione basata sul numero delle presenze sul posto di lavoro. Ogni disabile incassa annualmente circa un migliaio di euro e ai momenti di lavoro si alternano l'integrazione formativa attraverso la frequenza agli di ceramica e teatro.
Per quanto riguarda invece il percorso scuola-formazione professionale-lavoro, si parte dall'obiettivo di garantire l'eliminazione delle barriere architettoniche all'interno degli edifici scolastici e poi ci sono tutti gli interventi tesi a garantire il diritto allo studio, la collaborazione con l'amministrazione scolastica per le procedure di orientamento dello studente, la parte riguardante la formazione professionale integrata con la scuola. “La Provincia di Bologna opera in questo senso con corsi di formazione da frequentarsi dopo la scuola media, o dopo il ciclo delle superiori. Da alcuni anni a questa parte alcuni di questi corsi vengono integrati all'interno della scuola superiore - spiega Angela Bianchi, responsabile per la Provincia di Bologna dell'Ufficio coordinamento handicap -. Queste iniziative nascono dall'osservazione del fatto che spesso, all'uscita dalla scuola, gli studenti non avevano maturato le competenze necessarie per un inserimento proficuo all'interno del mondo del lavoro. In questi ultimi anni si è avviata una nuova sperimentazione, attraverso i Piafst, cioè i percorsi integrati tra scuola, formazione e territorio all'interno delle scuole superiori”.
Con la legge Moratti e i nuovi criteri per le certificazioni di disabilità fatte dall'Ausl, cosa cambierà? “Ci sarà una tendenza a ridurre i costi: ad esempio la legge 104/92 contempla la costituzione del Glip, il Gruppo di lavoro interistituzionale provinciale. E se l'anno scorso c'erano fondi destinati allo sviluppo di alcune iniziative, quest'anno non ci sono più. Se i criteri per stabilire il sostegno allo studente cambiano – conclude la Bianchi -, automaticamente si assisterà ad una contrazione delle risorse destinate all'handicap nella scuola”.
Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, 2001
Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, 2001 Dei quasi 17mila disabili iscritti al collocamento nel 2001 in Emilia Romagna, solo 2700 assunti nonostante la disponibilità di 12.968 posti.
Scarsa disponibilità delle aziende ad assumere disabili “gravi” anche se in grado di lavorare con l'aiuto di ausili (su 16.986 disabili iscritti al collocamento nel 2001 in Emilia-Romagna, erano 2.700 quelli assunti nonostante la disponibilità di 12.968 posti di lavoro), alta disoccupazione, mancanza di investimenti in risorse, soprattutto umane (manca ad esempio la figura del tutor), e alcuni problemi pratici come il trasporto casa-ufficio o l'assistenza personale nel luogo di lavoro. Nonostante il passaggio dal collocamento "obbligatorio" al collocamento "mirato", continuano ad esserci poche risorse per integrare al lavoro i disabili "gravi". Manca la figura del tutor prevista dalla legge 68/99 e non sono previste sanzioni per le aziende che si rifiutano di assumere persone disabili. E' questo il quadro tracciato da Roberto Alvisi, esperto dell'Agenzia E.R. Lavoro e presidente dell'Uildm, Unione italiana lotta alla distrofia muscolare. “Il tutoring dovrebbe concretizzarsi attraverso la presenza costante di un operatore che accompagni, sostenga, protegga e affianchi l'inserimento lavorativo del disabile. Non per tre giorni striminziti, ma fino a quando la situazione di reciproca conoscenza tra datore di lavoro e lavoratore non si stabilizza positivamente. Purtroppo nell'attuale pratica operativa corrente la figura del tutor non esiste perché non ci sono risorse. Nessuno paga. La figura è prevista, ma non è prevista alcuna forma di copertura finanziaria. Finché restiamo nell'ambito della formazione si riesce a sopperire a questo problema con i finanziamenti provenienti dall'Unione Europea, ma dopo le cose non vanno più così - commenta Alvisi -. L'altro problema grosso è rappresentato dal trasporto: casa-lavoro e viceversa. Chi ti porta in ufficio, chi ti porta in bagno? L'attuale normativa, insomma, prevede e tutela l'assunzione, ma è carente per il resto dei dispositivi messi in campo. Soprattutto nei confronti dei disabili gravi. Se si va avanti così continuerà a prevalere la logica economicista, per cui all'azienda l'assunzione costa, e se è più onerosa del solito, o della media, si cerca di evitarla – continua il presidente della Uildm -. Infine c'è da affrontare il discorso sulle sanzioni, che sono previste ma non sono applicate. Il soggetto deputato ai controlli è l'Ispettorato del lavoro, sulla base delle segnalazioni degli interessati, degli uffici competenti e di terzi soggetti. Ma l'Ispettorato dipende dal ministero del Lavoro, non dalla Provincia o dalla Regione, che invece sono i soggetti realmente coinvolti dal punto di vista istituzionale. E il Ministero sembra non abbia grande interesse ad occuparsi di questa materia”.
Secondo Luca Pieri, invece, disabile affetto da tetraparesi spastica, laureato, sposato e con due figli, il problema sono le aziende, restie all'assunzione, nonostante le tecnologie informatiche gli permettano di utilizzare il computer con appositi programmi. “Le leggi che attualmente regolano il mercato del lavoro da un punto di vista formale sono abbastanza adeguate, ma manca una cultura condivisa – dice Pieri -. Rispetto al collocamento di un disabile in azienda ci sono delle reali pregiudiziali. Il disabile è percepito come un costo, o peggio come un danno all'immagine dell'azienda”.
Fonte: Monitoraggio SPI 2001 e 2002. Servizi per il collocamento mirato dei disabili
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