NO AI DISSERVIZI
SI' ALLA QUALITA’ DELL’INTEGRAZIONE
- I numerosi
disservizi verificatesi da tempo nella scuola e da parte di enti
locali ed ASL, si sono ripetuti anche quest’anno e sono stati
segnalati dalla FISH con numerose lettere al Ministero dell’Istruzione
(All.
n. 1).
Alle nomine tardive
di insegnanti per il sostegno, il Ministero ha provveduto con la C.M.
n. 146/2001.
La formulazione di
tale circolare però ha suscitato errate interpretazioni di molti
dirigenti scolastici che pertanto non hanno provveduto alle
nomine.Su ciò è dovuta ritornare la FISH (All.
n. 2).
- I disservizi
conseguenti alla carenza di assistenza materiale ed igienica da
parte dei bidelli sembrano finalmente avviati a soluzione con l’emanazione,
dopo numerose insistenze della FISH della nota
prot. 3390 del 30 novembre 2001 a firma del Dr. Silvana Riccio
Dir. Gen. del Ministero dell’Istruzione
per l’organizzazione dei servizi nel territorio.
Con tale nota
vengono assegnati numerosi miliardi per corsi di formazione ai
bidelli sull’integrazione scolastica.
Inoltre i dirigenti
scolastici potranno richiedere ai dirigenti regionali la nomina di
un maggior numero di collaboratori scolastici per questi compiti,
dal momento che il Ministero dell’Istruzione ha autorizzato quanti
l’hanno richiesta (cfr nota
140/VM del 29 ottobre 2001 inviata dalla Dir. Gen. del personale
del Ministero dell’Istruzione al Direttore generale scolastico per
la Sardegna).
- Alla carenza di
formazione sull’integrazione scolastica degli insegnanti
curriculari si deve la delega di fatto che essi effettuano agli
insegnanti per il sostegno. Ciò contraddice alle normativa e alle
buone prassi d’integrazione scolastica.
Il Ministero dell’Istruzione
deve destinare, come richiesto insistentemente da più parti,
ingenti finanziamenti di cui alla direttiva
143/2001 per la formazione, anche a distanza, degli insegnanti
curriculari.
- All’insufficiente
collaborazione delle unità multidisciplinari delle ASL nella
formulazione e verifica dei singoli piani educativi
individualizzati, va posto urgente rimedio dagli assessori regionali
alla sanità su richiesta delle conferenze e dei comitati dei
sindaci responsabili del “progetto globale di vita” delle
persone con handicap di cui all’art.
14 della l. n. 328/2000 legge di riforma dei servizi sociali.
- Ai disservizi di
corretta accoglienza a scuola degli alunni che debbono assumere
farmaci a seguito di terapie, si deve provvedere con delle normative
specifiche richieste da associazioni aderenti alla FISH come “AICE”
(Associazione Italiana Contro l’Epilessia) (All. n. 3).
- I conflitti di
competenza fra comuni, province
ed amministrazione scolastica che da troppo tempo intralciano
la qualità dell’integrazione di alunni con handicap, recentemente
riaperti dalle divergenti interpretazioni dell’art 139 del decreto
Bassanini n. 112/98, debbono essere superati tramite gli accordi di
programma ed i piani di
zona di cui all’art
19 l. 328/2000.
- I rischi di
ritorno alle scuole speciali sembrano emergere non solo dall’intervento
del sottosegretario Sestini del 19 novembre 2001, ma anche dalla
stessa commissione “Bertagna” sulla riforma della scuola voluta
dal Ministro Moratti. (All. n. 4)
Le argomentazioni
dei sostenitori del ritorno alle scuole speciali riguardano gli
alunni cosiddetti “gravi o gravissimi”. Esse si basano sul
preconcetto,che si ritiene dettato dal buonsenso, secondo il quale
gli alunni “gravi” non trarrebbero alcun vantaggio dal
frequentare la scuola di tutti, mentre starebbero meglio in
strutture specializzate con coetanei anch’essi “gravi”.
Una variante,
sostenuta anche dal vecchio consiglio scolastico nazionale, propone
la concentrazione di alunni con la stessa tipologia di minorazione
in differenti scuole comuni, nelle quali l’integrazione sarebbe
favorita dalla presenza stabile di personale specializzato,
scolastico, sociale ed anche sanitario, e da sussidi ed ausili
tecnologici.
La FISH obietta che
l’integrazione scolastica per gli alunni con handicap in
situazione di gravità deve realizzare i livelli qualitativi più
alti, attraverso la predisposizione di piani educativi
personalizzati molto articolati, in cui debbono puntualmente
coordinarsi i servizi della scuola di residenza dell’alunno con
quelli di territorio; in tali progetti occorre graduare gli
interventi didattici in classe, anche secondo il principio delle
classi aperte, con quelli fuori della classe e con interventi
educativi anche al di fuori della scuola, specie presso associazioni
di disabili, di volontariato e cooperative sociali, quali soggetti
attivi del progetto.
Questi progetti sono
sostenuti da personale specializzato e da sussidi ed ausili che di
volta in volta vengono spostati nelle scuole di competenza
territoriale degli alunni, seguendo gli stessi e non invece
costringendo gli alunni con handicap grave a concentrarsi dove
queste risorse sarebbero stabilmente allocate.
Queste soluzioni non
sono frutto di “ideologia”, ma di numerose esperienze; a meno
che non si considerino “ideologia” i pronunciamenti della Corte
Costituzionale sull’integrazione scolastica degli alunni con
handicap grave contenuti nella sentenza
n. 215/87, come diramati dal Ministero della P.I. con la C.M.
262/88 (all.5)
E che l’integrazione
scolastica sia ormai un principio di rilevanza costituzionale, anche
per i “gravi”, è dimostrato dalla recente sentenza
della Corte Costituzionale n. 226/2001 che ha dichiarato non
valido ai fini dell’adempimento dell’obbligo scolastico per gli
alunni con handicap, un anno in cui il giovane con handicap era
stato secolarizzato nella propria casa.
Si allegano alcune
esperienze significative pubblicate da “Handicap e scuola”
rivista torinese (All. n. 5).
- La qualità dell’integrazione
scolastica deve costituire parte essenziale della qualità del
servizio scolastico che dovrà essere valutato sia dall’apposito
istituto specializzato di Frascati, sia da “soggetto esterno”,
come giustamente ha detto il Ministro Moratti nel suo intervento
alla Camera nel luglio 2001.
Se però si
utilizzano solo gli indicatori di qualità delle regole “ISO
9000”, attualmente in uso, la presenza degli alunni con
handicap farà abbassare il livello medio della qualità nelle
scuole che attuano l’integrazione, a causa dei maggiori tempi, dei
maggiori cisti e dei più bassi profitti.
Occorre invece
individuare degli indicatori specifici di qualità dell’integrazione
con riguardo agli aspetti strutturali a quelli di processo, ed a
quelli di risultato, per ciascuna tipologia di minorazione.
Per gli indicatori
di risultato non si può tener conto solo del profitto, ma come
stabilisce l’art. 12 comma 3 della l.
104/92 , “della
crescita nell’autonomia nel campo degli apprendimenti, della
comunicazione, della socializzazione e degli
scambi relazionali”.
Solo in tal modo l’integrazione
scolastica potrà non ridurre il livello di qualità delle scuole
ove si realizza, ma potrebbe anche contribuire ad innalzarlo, se
essa è svolta con interventi di eccellenza.
Occorre pertanto
integrare la normativa in tal senso.
Documento
Bertagna
(All.4)
Handicap e diversità per tutti.
Va inserito nel
contesto del profilo professionale terminale anche la preparazione
di tutti gli insegnanti per il trattamento dei soggetti portatori di
handicap e delle diversità culturali (migranti, stranieri ecc.). L’idea
che questa preparazione si possa ridurre ad una serie di conoscenze
e di abilità aggiuntive alla professionalità docente ordinaria è
lesiva della stessa identità deontologica dell’insegnante.
Occorrerà tarare le conoscenze e le abilità richieste sia sulla
formazione iniziale universitaria sia su quella relativa al biennio
di straordinariato, ma nell’uno e nell’altro caso deve trattarsi
di una preparazione professionale trasversale che tematizza la
presenza ordinaria dei soggetti portatori di handicap e delle
diversità culturali nelle comuni classi scolastiche, e riesce a
gestirla in maniera educativa.
Tutti i docenti,
perciò, devono essere capaci di interloquire in maniera proficua
con gli specialisti di territorio (terapisti della riabilitazione,
neuropsichiatri, psicologi; animatori, mediatori culturali,
assistenti sociali) e, al contempo, possedere gli strumenti
metodologici e didattici che consentono di trasformare l’handicap
e la diversità in una risorsa per la qualità dell’insegnamento,
delle relazioni interpersonali degli allievi e dell’organizzazione
della classe e della scuola.
Se è ragionevole
prevedere che questa formazione dei docenti si possa acquisire nei
piani di studio per l’abilitazione all’insegnamento nella scuola
dell’infanzia e primaria con 300 crediti a tempo pieno e 60
crediti a tempo parziale durante i primi due anni straordinariato,
si può prevedere l’acquisizione della stessa formazione per i
docenti delle scuole secondarie con 300 crediti a tempo pieno e 90
crediti a tempo parziale durante i primi due anni di
straordinariato.
Questo non esclude,
comunque, l’ipotesi di definire, dopo la laurea specialistica per
l’insegnamento, anche corsi universitari intensivi di alta
specializzazione per particolari tipologie e trattamenti dell’handicap,
destinati sia a docenti che devono diventare figure di sistema nelle
istituzioni scolastiche ordinarie, sia a docenti che operano in
strutture educative speciali o potenziate. Si può dire, anzi, che
ne sia la condizione.