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"Anticipazioni
Dossier Statistico Immigrazioni 2002" 12/07/2002 Come tradizione, anche quest'anno, la Caritas
Italiana e la Fondazione
Migrantes, con il supporto della Caritas diocesana di Roma
presso la quale ha sede il coordinamento del "Dossier
Statistico Immigrazione", presentano le prime statistiche sugli
immigrati soggiornanti in Italia all'inizio del 2002, anticipando
così una piccola parte del nuovo Dossier 2002 (XII Rapporto) che
verrà pubblicato il prossimo ottobre.
Gli ingressi con sponsorizzazione (circa 15.000 nel 2001),
ritenuti una sorta di porta di ingresso per etnie e individui poco
raccomandabili, alla luce dei dati disaggregati per area di
provenienza, superano questi pregiudizi e lasciano intatte nella
loro validità le ragioni che indussero a chiederne l'istituzione.
IMMIGRAZIONE Dossier Caritas 2002.
''Lavoratori sì, ma anche cittadini''. Dal '70 gli stranieri
raddoppiano ogni dieci anni: in Italia 1 ogni 38 abitanti Dossier
Caritas sull'immigrazione, dodicesima edizione. Il rapporto viene
presentato questa mattina a Roma, accolto come sempre da un grande
interesse. Il
dossier giunge in un momento molto importante e la sua presentazione
si colloca a metà strada tra l'approvazione della legge Bossi-Fini
e la regolarizzazione messa in atto dal Governo. Aspetti che hanno
consentito agli studiosi e agli estensori del rapporto di dare altre
e più dirette interpretazioni della situazione in atto. Non a caso
esso si intitola “Lavoratori e cittadini”, quasi ad evidenziare
le due dimensioni del problema. “La
legge Bossi-Fini – si legge nel Rapporto Caritas
– concentra l’attenzione sull’immigrato come lavoratore e
presenta una forte analogia, anche se con tonalità più
restrittive, con l’impostazione della prima legge sull’immigrazione
(n.943/1986). E’ vero che il lavoro è uno degli aspetti
preminenti e può favorire la comprensione ma non esaurisce la
realtà del fenomeno migratorio; perciò il lavoro merita di essere
evidenziato, senza trascurare che l’immigrato è anche un
cittadino portatore di bisogni socio-culturali”. Dunque
Caritas Italiana e Fondazione
Migrantes, nell’introduzione del Dossier, esprimono riserve
sulla Bossi-Fini. E il punto, così come evidenziato, “non è la
severità contro i trafficanti clandestini, che trova tutti d’accordo,
bensì la rigidità mostrata nei confronti degli immigrati regolari:
abolizione della venuta sotto garanzia, riduzione della durata del
permesso di soggiorno, riduzione del periodo di permanenza come
disoccupati, restrizioni nell’acquisizione della carta di
soggiorno e nella normativa sui ricongiungimenti familiari, tutela
inadeguata in caso di ricorso contro provvedimenti coattivi (…)”.
Per la Caritas, in definitiva, l’Italia è un Paese “storicamente
destinato a convivere con l’immigrazione”, e il dibattito
politico “non sembra recepire adeguatamente la rilevanza
strutturale assunta dall’immigrazione, la sua crescente dimensione
societaria e le sue prospettive”. Aspetti, questi, messi in
evidenza dai numeri riportati dal Dossier. A
partire dagli anni ’70 la popolazione immigrata in Italia si è
raddoppiata ogni dieci anni. Alla fine del 1991 gli immigrati
registrati come legalmente soggiornanti in Italia erano 648.935;
alla fine del 2001 sono aumentati a 1.362.930. E se si tiene conto
dei nuovi nati e dei minori (circa 300 mila unità, un quinto della
popolazione straniera), il numero complessivo degli immigrati sfiora
1 milione e 600mila unità, con una incidenza sulla popolazione
residente pari al 2,8% (1 presenza ogni 38 residenti). Qualcosa di
inferiore, comunque, rispetto alla media europea (1 immigrato ogni
20 residenti), agli Stati Uniti d’America (1 ogni 10), in Canada
(1 ogni 6), in Svizzera e Australia (1 ogni 5). Non solo: tenendo
conto che molte persone sposate hanno lasciato i figli in patria e
che altre devono ancora costituire una famiglia, e che ogni anno c’è
bisogno di nuove leve lavorative, il dossier ipotizza che la
presenza degli immigrati è destinata ad aumentare ulteriormente. Ma
per la Caritas l’apertura all’immigrazione deve realizzarsi
oggi, perché essa è una realtà in atto. Nel 2001, infatti, i
nuovi permessi di soggiorno per inserimento a carattere stabile sono
stati 130mila, la metà dei quali è avvenuta per ricongiungimento
familiare. Non si tratta, dunque, di una immigrazione passeggera,
visto che negli anni ’90 il processo di radicamento è stato molto
incisivo. E all’inizio del 2001 (dati Istat) il 10% degli
immigrati viveva in Italia da più di 15 anni, il 26% da più di 10
e il 54% da più di 5 anni. Quanto
ai numeri del mondo del lavoro, va detto che i lavoratori
extracomunitari costituiscono il 3% del totale delle forze lavoro,
triplicando la loro incidenza sulle assunzioni. Uno ogni 10 assunti
è un lavoratore extracomunitario, mentre uno ogni cinque posti
perduranti a fine anno spetta ad un immigrato. In altre parole:
questi lavoratori, in confronto con quelli italiani, vengono assunti
con più frequenza e con maggiore facilità vengono tenuti in
attività. Caritas Italiana Indirizzo:V.le Baldelli 41 - 00162 - Roma (RM) Tel: 06/541921, Fax: 06/5410300 E-mail:segreteria@caritasitaliana.it responsabile:don Vittorio Nozza addetto alla comunicazione:Ferruccio Ferrante sito/i internet: http://www.caritasitaliana.it/
La Caritas Italiana è l'organismo pastorale
costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana al fine di
promuovere la testimonianza della carità nella comunità ecclesiale
italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello
sviluppo integrale dell'uomo, della giustizia sociale e della pace,
con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione
pedagogica. Fa anche parte della Conferenza nazionale volontariato
giustizia.
Fonte: Dossier statistico immigrazione, 2002 -
"Lavoratori e cittadini" - Caritas e Migrantes
Lo scorso anno assunti 467mila
extracomunitari. Sono loro a trovare lavoro nelle piccole e medie
imprese Ma
qual è la rilevanza dei lavoratori immigrati? Secondo il Dossier
Caritas, che riporta dati raccolti dall’Inail, nel corso del 2001
i flussi lavorativi sono stati così caratterizzati: 4.743.650
assunzioni (di cui 467.304 extracomunitari), 4.297.205 cessazioni
dei rapporti (di cui 378.856 extracomunitari) e 446.445 saldi tra
assunzioni e cessazioni (di cui 88.448 extracomunitari). I
lavoratori extracomunitari trovano un maggiore sbocco tra le piccole
e medie imprese rispetto a quelle con oltre 50 dipendenti (58% dei
lavoratori extracomunitari). La loro incidenza è del 9,9% sul
totale delle assunzioni, dell’8,8% sul totale delle cessazioni e
del 19,8% sui saldi tra assunzioni e cessazioni di rapporti.
Il
Dossier, cioè, riscontra che i settori che attraggono in maggior
misura e più stabilmente la manodopera immigrata sono il mercato
dei servizi e delle merci ‘immateriali’ più che quello della
produzione industriale. Il primo ambito, dunque, è quello
alberghiero e della ristorazione, primo per assunzioni (87.182), e
vede i lavoratori extracomunitari influire nella misura del 10,5%
sul totale delle assunzioni del settore. Più meno identica l’incidenza
nel settore delle costruzioni, dei trasporti e delle pulizie. Nell’agricoltura,
nell’industria tessile e dei metalli, invece, il rapporto è più
consistente e c’è un lavoratore immigrato ogni 6 assunti.
Fonte:
Dossier Statistico Immigrazione, 2002 - "Lavoratori e
cittadini" su dati INAIL/DNA 950mila famiglie interessate a
colf e badanti. Interinali: il 20% sono immigrati Proprio
in queste settimane tiene banco nel nostro Paese la regolarizzazione
di colf e ‘badanti’. Ma come era la situazione alla fine del
2001? Il Dossier della Caritas evidenzia come in Italia, alla fine
del 1999, fossero 227.249 le collaboratrici e i collaboratori
domestici assicurati presso l’Inps. La metà di essi è costituito
da extracomunitari (4/5 sono donne). In media, in Italia, vi è
dunque una collaboratrice o un collaboratore familiare dichiarato
all’Inps ogni 256 residenti. “Ma in realtà – è scritto nel
Dossier – la presenza è molto più numerosa”. Tali presenze,
comunque, sono così ripartite: ogni 10 presenze, 4 vengono dall’Asia
(complessivamente 49.214, di cui 36.606 dalle Filippine), e 2,
rispettivamente, da Europa (18.930, per la stragrande maggioranza
dai Paesi dell’Est), America (20.499, in larga parte dall’America
Latina) e Africa (16.803). Oltre ai filippini (1 ogni 3 colf), i
gruppi più consistenti sono quello peruviano (11.847) e quello
dello Sri Lanka (9.791). Seguono con 3-4mila unità Romania,
Polonia, Albania e, con 1000 unità, Brasile, Nigeria, Isole
Mauritius ed El Salvador.
Fonte:
Dossier Statistico Immigrazione, 2002 su dati INPS Non
radicata la presenza familiare. Minori raddoppiati in soli 4 anni Lavoratori, dunque, ma anche cittadini. I dati del
Dossier Caritas sugli immigrati non si esauriscono, allora, con i
riferimenti al mondo del lavoro ma attingono anche agli altri ambiti
della loro permanenza in Italia. Come detto nel lancio introduttivo, nel 2001 sono
stati 130mila i nuovi permessi di soggiorno, la metà dei quali è
avvenuta per ricongiungimenti familiari. La tipologia dei permessi
di soggiorno indica una immigrazione radicata. Sono stati rilasciati
per il 59% per lavoro, per il 29% per motivi familiari e un altro 7%
per altri motivi (religiosi, residenza elettiva, corsi pluriennali
di studio). Secondo il Dossier, tuttavia, si è ancora molto
lontani dal pieno sviluppo del processo in atto. Ad esempio, il
fatto che le donne siano soltanto il 46% della popolazione immigrata
significa che la dimensione familiare non è ancora pienamente
radicata, perché il nucleo familiare è legato alla presenza di
entrambi i partner e alla presenza dei figli. “Oggi, infatti,
molte persone immigrate sposate – è scritto nel Rapporto – sono
costrette a vivere da sole per le difficoltà di ottenere il
ricongiungimento familiare, che è subordinato al fatto di avere un
lavoro stabile e un alloggio adeguato: basti pensare che appena un
terzo delle persone coniugate ha i figli con sé”. Comunque, l’Italia è uno degli esempi più
evidenti di “policentrismo migratorio”, in quanto sono
rappresentati tutti i continenti con gruppi consistenti, senza
preponderanza di una o poche comunità. Ogni 10 presenze, ci sono 4
europei, 3 africani, 2 asiatici e 1 americano. Continuando la
tendenza in atto, in seguito ad alcuni Paesi dell’Est europeo, la
proporzione sarà di 4,5 europei e di 2,5 africani. A seguito di ciò ecco un’Italia che sta
diventando sempre più un mosaico di etnie, lingue, culture,
religioni. Un contesto difficile soprattutto per i minori. Secondo
il Dossier, allora, “è indispensabile costruire uno spazio aperto
dove i nostri figli e i figli degli immigrati siano ugualmente
protagonisti”. Spesso si parla di “minori immigrati” ma si
dimentica che due terzi di essi non sono venuti in Italia ma sono
nati qui. E mentre la popolazione immigrata è raddoppiata nel corso
di dieci anni, per i minori ciò è avvenuto in soli 4 anni! Sono
infatti passati da dai 126mila della fine del 1996 ai 278mila della
fine del 2000. Tenendo conto dei nuovi nati (più di 25mila) e dei
ricongiungimenti, la soglia delle 300mila presenze è stata oramai
superata. Essi sono oramai un quinto della popolazione immigrata. Il Dossier sottolinea come anche il termine “bambino
straniero” è improprio, perché si tratta spesso di bambini nati
in Italia, che parlano come i loro coetanei italiani e hanno,
magari, gli stessi gusti. Il loro numero ha superato le 100mila
unità solo 4 anni fa ed è arrivato a 147mila nell’anno
scolastico 2001-2002 e 182mila in quello successivo. Sei su dieci
sono iscritti alle scuole elementari e alle materne. E se ora sono
meno del 2% della popolazione residente, nel 2017 (stima del
Ministero)potrebbero arrivare ad essere 529mila e incidere per il
6,5% sulla popolazione scolastica. Da una indagine del Ministero dell’Istruzione
(2001) condotta presso le strutture scolastiche di tutta Italia,
risulta che nel 7% delle scuole non vi è alcun alunno straniero
(percentuale 3 volte più alta nel Meridione), nel 64% dei casi gli
alunni stranieri incidono per più del 3% sulla popolazione
scolastica e nel 28% dei casi si va oltre il 5%.
Fonte:
Dossier Statistico Immigrazione, 2002 su dati Istat
Fonte:Caritas/Dossier
statistico immigrazione, 2002 L'Italia e la pluralità religiosa. 40mila respinti alle frontiere, 34 mila accompagnati. 350mila gli irregolari L'evento migratorio ha accelerato un confronto
culturale e religioso al quale gli italiani non erano preparati. Anche l’Italia, insomma, è divenuta una realtà
irrevocabilmente multireligiosa. Per stimare l’appartenenza
religiosa degli immigrati nel nostro Paese la Fondazione Migrantes
si basa sulle percentuali riscontrate nei paesi d’origine. Risulta
così che la metà è costituita da cristiani, così ripartiti al
loro interno: ogni 10 presenze, 5,5 sono cattolici, 3 ortodossi, 1,5
protestanti. Al secondo posto vengono i musulmani con il 35,4% e al
terzo posto le religioni orientali con il 6,4%. Tradotto in termini
numerici, ciò significa che in Italia vi sono 660mila cristiani,
488mila musulmani e 88mila fedeli di religioni orientali. Tenuto
conto anche dei minori, tali cifre secondo il Dossier vanno
aumentate del 20%. I musulmani, inoltre, sono maggioritari in 6
regioni (Emilia Romagna, Puglia, Sicilia, Calabria, Basilicata e
Valle d’Aosta). Per la Caritas
“la differenza religiosa, al pari di quella culturale, non deve
far paura e va rispettata, a condizione che non vengano lese le
regole fondamentali di convivenza. Sarebbe falso nascondere i
problemi, taluni anche molto gravi. Parimenti sarebbe sbagliato
escludere la possibilità di una soluzione positiva. Il problema di
fondo consiste nel riuscire a proporre una cornice istituzionale in
grado di inquadrare con equità le differenze religiose ed ottenere
un’adesione, non solo strumentale, da parte di tutti i gruppi
religiosi. Si tratta di salvaguardare le radici della società che
accoglie gli immigrati, di riconoscere le specificità religiose
delle quali sono portatori i nuovi venuti, di varare forme di
convivenza in grado di soddisfare le esigenze di tutti e anche(…)
di tener conto che le stesse garanzie di libertà devono essere
proposte per l’accettazione anche ai Paesi di origine degli
immigrati”. Infine un ultimo aspetto, adeguatamente segnalato
dal Dossier della Caritas. Ed è il problema del saper distinguere
tra immigrazione irregolare e richiedenti asilo. Secondo il Dossier
Caritas il rigore “sempre giustificato quando diretto verso
trafficanti di manodopera, dovrebbe essere temperato da una maggiore
dose di umanità quando si rivolge a queste persone in difficoltà,
memori anche del nostro passato di emigranti”. Il monitoraggio
degli ultimi anni indica che la pressione migratoria è stata
costante, come anche la vigilanza delle forze di polizia. Nel 2001
più di 40mila sono stati respinti alle frontiere e altri 34mila
sono stati espulsi con effettivo accompagnamento. Vi è poi un
numero imprecisato di persone che sono sfuggite ai controlli e
vivono in situazioni irregolari, che gli studiosi stimano con grande
prudenza tra il 25 e il 33% dei soggiornanti regolari (cioè
300-350mila persone). Per loro sono stati varati i due provvedimenti
di regolarizzazione mentre in prospettiva si richiede una politica
preventiva basata su una più solida collaborazione con i Paesi di
origine e sulla riapertura delle quote. Ed è sbagliato, quando si parla di sbarchi, pensare
sempre e solo ad immigrati clandestini. Molti di loro, infatti, sono
richiedenti asilo venuti in Italia per sfuggire a situazioni di “gravissimo
pericolo”, come avviene per i curdi e per le persone provenienti
da vari Paesi dell’Africa e dell’Asia. I richiedenti asilo nel
corso del 2001 sono stati circa 10mila. La maggior parte delle
domande presentate è stata respinta. E come lamentato dall’Alto
Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Lubbers, “a
seguito del terrorismo si è creato una allarmismo che ha
contribuito a far esplodere in molti paesi posizioni intolleranti e
xenofobe, creando un clima di allarme indiscriminato per cui i
rifugiati e i richiedenti asilo diventano i principali sospettati, e
le misure di protezione in linea con le convenzioni internazionali
vengono indebolite a favore di provvedimenti restrittivi”. In realtà il Dossier Caritas evidenzia come le
stesse tendenze nel numero di domande di asilo presentate in Europa
smentiscono e rendono ingiustificata questa “sindrome da
accerchiamento”.
Fonte:
Caritas/Dossier
Statistico immigrazione 2002 su dati del Ministero dell'Interno
Fonte: Dossier Statistico Immigrazione, 2002 su dati
del Ministero dell'Interno
Fonte:
Caritas/Dossier statistico immigrazione, 2002 Piemonte quinta regione per numero di immigrati.
Fenomeno stabile Il Piemonte è la quinta regione italiana per numero
di immigrati con oltre 95.000 soggiornanti, al maggior parte dei
quali risiede nella provincia di Torino (52.162). I tre paesi di
maggiore provenienza, in linea con il dato nazionale, sono il
Marocco (22.781), l’Albania (13.308) e la Romania (10.302). Cambia
invece il quarto paese d’origine che in Piemonte è rappresentato
dal Perù con 3.491 soggiornanti, posto che sul totale italiano è
invece occupato dalla Filippine. Sono dati che emergono dal Dossier
statistico sull’immigrazione presentato oggi anche a Torino da
Fredo Olivero, direttore dell’Ufficio Pastorale Migranti, “L’aspetto che emerge con maggiore evidenza
rispetto alla realtà piemontese – ha spiegato Roberta Ricucci che
ha curato il capitolo dedicato al Piemonte – ci parlano di un’immigrazione
sempre più stabile. Sono infatti in aumento i ricongiungimenti
familiari, così come cresce assai velocemente il numero di minori
presenti nelle scuole della regione. Inoltre nel 2001 sono risultati
in aumento gli ingressi in Italia avvenuti attraverso la
sponsorizzazione di cittadini immigrati già presente nel nostro
Paese: una conferma indiretta al fatto che in molti hanno potuto un
livello di vita tale da rispondere ai criteri rigidi che sono
previsti per la figura degli sponsor”. Caritas Diocesana di Torino Indirizzo:Via Ceresole, 4210100 Torino (TO)Tel:011/2462443 E-mail:caritas@torino.chiesacattolica.it
responsabile:Pierluigi
Dovis addetto alla comunicazione:Don Livio Demarie http://www.torino.chiesacattolica.it/caritas/diocesana/caritas.htm
La Caritas è un organismo pastorale costituito dalla
Conferenza Episcopale Italiana al fine di promuovere la
testimonianza della carità cristiana per lo sviluppo integrale
della persona umana, la giustizia sociale, la pace. La sua azione
nella comunità ecclesiale italiana pone particolare attenzione agli
ultimi ed è basata prevalentemente ad una funzione pedagogica. Il
suo operato è rivolto al servizio dei poveri e degli esclusi. Anche
l'Arcidiocesi di Torino, nell'ambito della propria curia
arcivescovile, dispone di un ufficio Caritas che ha la funzione di
promuovere le iniziative di carità per il territorio della diocesi,
attraverso l'opera delle Caritas parrocchiali in collegamento con
associazioni di volontariato, oppure con l'intervento diretto. A Torino previste 30mila richieste di
regolarizzazione. "Si intitola lavoratori e cittadini il dossier
statistico della Caritas sull'immigrazione, ma la nuova legge pare
trascurare proprio gli aspetti legati ai diritti di cittadinanza –
ha spiegato Don Fredo Olivero direttore dell’Ufficio
migranti Caritas alla presentazione torinese della ricerca. –
La nuova legge rende più precario il futuro per gli immigrati
presenti regolarmente nel nostro paese, ma così facendo finisce di
non garantire più nemmeno gli italiani. Di sicuro un immigrato non
integrato, o addirittura che è spinto in contesti di criminalità,
costa molto di più alla collettività in termini di spese per la
sicurezza, la detenzione o in termini di tensione sociale.” Anche
la nuova norma sui minori che rende possibile l’ottenimento del
permesso di soggiorno al raggiungimento della maggiore età per
quanti siano arrivati in Italia con meno di 15 anni e che abbiano
seguito un percorso educativo appropriato, lascia per Fredo Olivero
troppi spazi vuoti. “Che cosa diremo – spiega – a quanti sono
arrivati in Italia quando avevano 15 anni e un giorno?”. Se il dossier fotografa la situazione al dicembre
2001, in questi mesi la nuova legge sull’immigrazione sta portando
numerosi cambiamenti, primi fra tutti quelli legati alle
possibilità di regolarizzazioni per lavoratrici e lavoratori. La
dott.ssa Lavezzaro dell’ufficio stranieri della Questura di
Torino, ha affermato che al suo ufficio sono arrivate fino ad ora
25.000 domande, con una prevalenza di quelle presentate in quanto
lavoratori subordinati. “La nostra previsione è di raccoglierne
circa 30.000, un numero più alto di quello che ci si sarebbe
aspettato. Bisogna però dire che da Roma, dove vengono inviate le
domande da tutto il territorio nazionale, comunicano che dall’apertura
delle prime 5000 buste alcune sono risultate vuote. Questo significa
che alcuni, pur non rispondendo ai requisiti previsti dalla
sanatoria, hanno inviato lo stesso la busta perché la ricevuta dell’invio
testimonia l’avvenuta richiesta ed è un documento sufficiente per
impedire il rimpatrio almeno per il periodo in cui la sanatoria è
nella sua fase istruttoria” Di Tora: ''Pregiudizi superati dai dati: realtà
molto meno drammatica'' "L'immigrazione è già inscritta nel nostro
futuro: a metà di questo secolo ci aspetta una realtà che già
esiste in Germania, dove gli immigrati sono il 10% della
popolazione, mentre ora in Italia sono il 2,8%". Sono le
previsioni – dati alla mano – di Il nuovo rapporto, dal titolo “Lavoratori e
cittadini”, è stato presentato stamani in un Teatro Orione
gremito, a testimoniare il grande interesse che la pubblicazione
suscita ogni anno. Finanziata al 70% dalla stessa Caritas
(per un costo complessivo di 500mila euro) e realizzata anche grazie
al contributo di tanti volontari, la nuova edizione – oltre ad
essere arricchita di pagine: quasi 500 – presenta delle novità:
un capitolo dedicato al fenomeno migratorio in ogni regione
italiana, nel dettaglio. In ogni sezione il Rapporto è un invito a
mettere da parte i preconcetti, dando spazio alla verità delle
cifre: “I pregiudizi e le informazioni sbagliate sugli immigrati
possono essere superati dai dati: non si tratta di buonismo”, ha
specificato monsignor Guerino Di Tora, direttore della Caritas
diocesana di Roma, aggiungendo: “Chi legge i capitoli del dossier
non viene invitato a sposare una tesi, ma a valutare delle
statistiche, riconoscendo che la realtà è molto meno drammatica
rispetto a come la si dipinge”. Gli stranieri regolarizzati, ad
esempio, sono 5 volte più numerosi a confronto degli irregolari,
che molto spesso “sono soltanto dei poveri cristi”, ha precisato
Di Tora. Dunque occorre insistere su “una convivenza credibile”,
concependo l’immigrato innanzitutto “come una persona umana: una
concezione che non viene dai numeri. Il nostro impegno deve essere
mirato a non classificarlo come categoria inferiore, ma a
riconoscere i suoi diritti anche al di fuori della fabbrica”.
Così anche i richiedenti asilo che sbarcano nel nostro paese “non
vanno etichettati come ‘clandestini’”, ha aggiunto Pittau. Insomma, per gli immigrati la cittadinanza sembra
ancora “una corsa ad ostacoli” e la stabilizzazione “tarda ad
arrivare”, anche se ormai i 2/3 dei bambini stranieri sono nati in
Italia (circa 200mila) e rappresentano il 2% della popolazione
scolastica (nel 2017 saranno il 6,5%) e il mercato del lavoro “non
ideologico” richieda continuamente manodopera (gli immigrati sono
1/10 dei nuovi assunti e occupano 1/5 dei nuovi posti di lavoro).
Infine, “la religione non può essere invocata per mettere
contrasto tra i cittadini”, anzi: la sfida che attende politici e
amministratori è proprio quella dell’inclusione, perché “l’immigrazione
merita più attenzione e decisioni più adeguate a livello politico”
L'equazione stranieri-criminalità è frutto di
pregiudizi. 17mila i detenuti
Fonte:
Dossier Statistico Immigrazione, 2002 su dati del Ministero della
Giustizia-DAP L'equazione immigrazione-criminalità? Frutto di
opinioni e pregiudizi non basati sui fatti. Lo afferma il Dossier
Statistico sull’immigrazione 2002, curato da Caritas e Migrantes e
presentato stamani al Teatro Orione. Per la prima volta il Rapporto,
che quest’anno si intitola “Lavoratori e cittadini”, propone
un capitolo dedicato alla relazione tra stranieri e reati commessi.
Le sorprese non mancano, secondo Dai dati dell’ultimo quinquennio (1997-2002)
emerge che la maggiore incidenza degli stranieri su reati specifici
non si è mossa: se si è avuto un aumento del 10% nel numero degli
immigrati regolarmente soggiornanti, dall’altro l’incidenza dei
reati ascritti agli extracomunitari sulla totalità dei detenuti è
cresciuta con un ritmo meno sostenuto (+7,2%). In ogni caso, “la
criminalità degli immigrati non ha, a livello generale, un peso
maggiore di quella autoctona”, fa notare il Rapporto, a parte
alcuni reati, come lo sfruttamento della prostituzione (il 4,9% del
totale dei reati, ma ben il 77,2% dei reati compiuti da
extracomunitari, con un aumento nel quinquennio dello 0,8%). Per
quanto riguarda la tipologia, prevalgono “i reati di natura
predatoria, con particolare riferimento a quelli contro il
patrimonio, e quelli connessi alla loro particolare condizione
giuridica (violazioni del T.U. sull’immigrazione). In particolare,
si è ridimensionato molto negli ultimi 5 anni il numero dei reati
commessi dagli immigrati contro il patrimonio (-4,1% dal ’97 al
2001; in relazione al totale dei reati in questo campo, uno
straniero su 5 italiani) e quelli contro la persona (-3%), “categorie
considerate di particolare allarme sociale”. Ulteriori
diminuzioni, anche se più lievi, nei delitti di falso (-0,4%), nei
reati contro la Pubblica amministrazione (-0,3%). Gli aumenti,
invece, hanno riguardato le violazioni della legge sulle sostanze
stupefacenti (+ 6,4%) e “le fattispecie disciplinate dal Testo
Unico sull’immigrazione (+2,6%)”. A questo proposito il Dossier
fa notare “la maggiore esposizione degli extracomunitari all’azione
repressiva delle forze dell’ordine”, per quanto riguarda la
droga. Infine, considerando una delle tipologie che destano più
allarme sociale, come il reato di associazione a delinquere di
stampo mafioso, “da tempo nelle relazioni annuali dei Procuratori
generali viene evidenziato il pericolo del consolidamento di
sodalizi criminosi fra le mafie straniere e le autoctone e il
progressivo affermarsi delle prime sul nostro territorio –
riferisce il Rapporto -. Pur non volendo sottovalutare il fenomeno,
occorre rilevare che il timore che ingenera non trova, allo stato
attuale, il pieno conforto delle risultanze statistiche”. Infatti
il reato rappresenta lo 0,1% del totale degli illeciti ascritti a
stranieri. Analoghi risultati emergono dall’indagine di Caritas
italiana sul 10% delle sponsorizzazioni (istituto abolito dalla
legge Bossi-Fini): “Non esiste correlazione tra sponsorizzati e
criminali, come invece si è affermato: si compiono troppi salti che
non corrispondono alla realtà”, ha commentato il coordinatore del
Dossier. Un solo esempio: le organizzazioni di patrocinio di
emanazione sindacale, attive in Senegal, affermano che la
sponsorizzazione ha aiutato molti connazionali a trovare lavoro in
Italia “ed è servita a contrastare la criminalità locale, che si
arricchisce procurando visti falsi o adoperandosi comunque per
ingressi contro la legge”
Fonte:
Dossier Statistico Immigrazione, 2002 su dati del Ministero della
Giustizia - DAP Dossier Caritas 2002. Il sottosegretario Mantovano:
''Gli stranieri minacciati dai datori di lavoro facciano denuncia''.
Critiche dalla sala Sarà pronto a fine anno il bilancio degli immigrati
regolarizzati attraverso il provvedimento “che
collega la presenza in Italia degli stranieri a un lavoro certo,
sicuro. E non definiamola sanatoria, ma regolarizzazione”.
Lo ha annunciato stamani l’onorevole Alfredo Mantovano,
sottosegretario al Ministero dell’Interno, intervenendo alla
presentazione del XII Dossier Statistico sull’immigrazione. Mantovano è stato criticato da alcuni partecipanti
alla presentazione del Rapporto, quando ha affermato che gli
immigrati minacciati dai datori di lavoro – che li spingono a
pagarsi i contributi, invece di regolarizzarli – possono
denunciare chi compie queste violazioni: “Se il datore di
lavoro non regolarizza, rischia dai 3 ai 12 mesi di carcere, e una
multa di 5mila euro per ogni lavoratore irregolare”, ha
ricordato il sottosegretario, mentre qualcuno della platea domandava: "E
che fine fa l’immigrato? Perde il lavoro e viene rimpatriato?”.
“So che questa legge non è gradita alla
Caritas e alla Migrantes – ha osservato Mantovano -,
ma voglio far notare che dal primo testo a quello definitivo le
modifiche sono state numerose: si parla di formazione professionale
nei paesi d’origine, gli infermieri professionali possono entrare
in Italia senza limiti di numero, gli stagionali possono ricevere un
permesso di lavoro pluriennale... Se vogliono stare in Italia solo
alcuni mesi e poi tornare a casa con un gruzzolo, è una loro scelta”. Anche le norme sull’asilo sono state modificate:
“È stato introdotto il riesame della domanda, compiuto da
una commissione parzialmente diversa dalla prima che ha rigettato l’istanza;
inoltre le commissioni territoriali potranno fornire risposte più
pronte, e vi prenderanno parte l’Acnur e i difensori chiamati dai
richiedenti asilo”. Attacco deciso alla gestione del problema dei minori
non accompagnati: il Comitato minori stranieri “è stato
istituito ben 3 anni dopo il varo della legge del ’98, esaminando
solo l’1% delle pratiche, quando i minori abbandonati sono 17mila:
ora noi lo stiamo facendo funzionare”. E le richieste di identificazione (nei centri di
permanenza temporanea), le impronte digitali? “La certezza dell’identificazione non
parte dal presupposto che l’immigrato sia un criminale, ma fa l’interesse
di tutti gli immigrati, anche di quelli regolari, permettendo di
identificare i trafficanti di clandestini”. Tuttavia la
Bossi-Fini vuole rappresentare solo “un tassello importante
in una strategia complessiva sull’immigrazione: alcune modifiche
andranno fatte sicuramente”, ha annunciato il
sottosegretario all’Interno, sottolineando che i criteri alla base
di questa legge sono “legalità e solidarietà”.
Il rapporto con i paesi di provenienza degli immigrati, ad esempio,
“non deve essere ricattatorio, ma serio: non possiamo dare
aiuti e ricevere in cambio illegalità, in termini di armi, droga,
traffico di clandestini”. E la connessione contratto di lavoro – permesso di
soggiorno? “Dobbiamo decidere se stare o no in Europa,
che sta per varare una risoluzione che pone in collegamento ancora
più stretto questi due elementi – ha risposto Mantovano
-. È più rispettoso assicurare la semplice iscrizione in una
lista di collocamento, oppure un contratto di lavoro con una
prospettiva di dignità e stabilità che deriva da una retribuzione?”.
La legge prevede “un incontro tra domanda e
offerta: la Regione Lazio sta promuovendo corsi di formazione di 6
mesi in Tunisia per poi far venire personale qualificato in Italia;
questo modello può essere esportato in tutte le regioni italiane”.
Il decreto flussi chiude le frontiere agli
immigrati? “Nel 2002 ne entreranno complessivamente
83.500, 63mila per lavoro stagionale: non mi sembra che si possa
parlare di porte serrate”. Infine Mantovano ha stigmatizzato l’informazione
data sugli immigrati dai media, “forzando le notizie e i
commenti, con effetti sempre negativi e con pregiudizi nei confronti
delle etnie, ma anche della nuova legge”. Nello scenario attuale – sale Bingo, tv
spazzatura, delitti familiari - il sottosegretario ha invitato ad
aver “paura innanzitutto di noi stessi, della nostra
incapacità di essere fedeli alla nostra tradizione cristiana”.
In questa situazione l’immigrazione “non tollera di essere
fotografata, ma vuole essere filmata: è un lungometraggio che ci
accompagnerà per i prossimi decenni” Modifica alla
normativa in materia di immigrazione e di asilo - Legge
sull'immigrazione Bossi-Fini Ecco i punti principali della legge sull'immigrazione: IMPRONTE DIGITALI: Agli immigrati che chiedono il permesso di
soggiorno nel nostro paese (e anche a chi ne chiede il rinnovo)
saranno rilevate le impronte digitali. L'opposizione aveva chiesto
che a rilievi ''fotodattiloscopici'' fossero sottoposti solo quei
cittadini extracomunitari per i quali non è possibile accertare
altrimenti l'identità. PERMESSO DI SOGGIORNO: Verrà concesso solo allo straniero
che ha già un contratto di lavoro, durerà due anni. Se l'immigrato
perde il lavoro, dovrà tornare in patria, o andrà a ingrossare le
file degli irregolari. CARTA DI SOGGIORNO: Viene elevato da cinque a sei anni
il periodo di soggiorno necessario perché lo straniero possa
ottenere la carta di soggiorno che, a differenza del permesso di
soggiorno, non ha termine di scadenza. SPORTELLO UNICO: in ogni provincia sarà istituito, presso
la prefettura-ufficio territoriale del governo, uno sportello unico
per l'immigrazione, che sarà responsabile dell'intero procedimento
per l'assunzione di lavoratori stranieri. DIRITTO DI ASILO: Il ministero dell'Interno sosterrà gli
enti locali che accolgono coloro che chiedono asilo in Italia. AMBASCIATE : Per fronteggiare le esigenze straordinarie
previste dalle nuove norme sull'immigrazione, rappresentanze
diplomatiche e uffici consolari potranno assumere 80 persone. ESPULSIONI: Come nella Turco-Napolitano lo straniero
senza permesso di soggiorno viene espulso per via amministrativa; se
é privo di documenti viene portato in un centro di permanenza per
60 giorni (la Turco-Napolitano parlava di 30) durante i quali si
cerca di identificarlo. Se non ci si riesce al clandestino viene
''intimato'' a lasciare il territorio entro 3 giorni (prima era
entro 15 giorni). Lo straniero espulso che rientra in Italia senza
permesso commette un reato. QUOTE: il decreto del presidente del Consiglio che
determina il numero di extracomunitari che possono entrare ogni anno
in Italia diventa facoltativo. SCOMPARE LO SPONSOR: La figura dello sponsor, che ha
caratterizzato la legge Turco-Napolitano, è stata cancellata. PENE RIDOTTE PER SCAFISTI PENTITI:
Sconti di pena fino alla metà per gli scafisti pentiti, se
aiuteranno forze dell'ordine e magistrati a raccogliere elementi di
prova, individuare e catturare organizzatori e manovali del traffico
di esseri umani. BLOCCARE IN MARE LE ''CARRETTE'' :
più poteri alle navi della Marina militare per bloccare le carrette
che trasportano in Italia i clandestini. CASA: Il datore di lavoro dovrà fornire garanzie sulla
disponibilità di un alloggio, una casa a tutti gli effetti le cui
caratteristiche devono rientrare nei ''parametri minimi'' previsti
per l'edilizia popolare. FALSI MATRIMONI: Permesso di soggiorno revocato se ottenuto
attraverso un matrimonio finto con un cittadino italiano (o uno
straniero ormai regolarizzato). Con una sola eccezione: se dal
matrimonio sono nati dei figli. RADDOPPIANO LE MULTE PER I DATORI DI LAVORO:
chi fa lavorare extracomunitari privi del permesso di soggiorno (o
con permessi falsi o scaduti) rischia l'arresto da tre mesi ad un
anno e multe fino a 5000 euro per ogni lavoratore non in regola. CONTRIBUTI PREVIDENZIALI:
Gli immigrati extracomunitari per i quali sono stati versati anche
meno di cinque anni di contributi (una deroga rispetto alla
normativa che riguarda gli italiani) potranno riscattarli ma solo
quando avranno raggiunto i 65 anni. RICONGIUNGIMENTI:Il cittadino extracomunitario, in regola con
i permessi, può chiedere di essere raggiunto dal coniuge, dal
figlio minore, o dai figli maggiorenni purché a carico e a
condizione che non possano provvedere al proprio sostentamento.
Potranno entrare in Italia i genitori degli extracomunitari a
condizione che abbiano compiuto i 65 anni e se nessun altro figlio
possa provvedere al loro sostentamento. MINORI: I minori non accompagnati da parenti
ammessi per almeno tre anni ad un progetto di integrazione sociale e
civile di un ente pubblico o privato avranno il permesso di
soggiorno al compimento dei diciotto anni. Una volta maggiorenne,
l'ente gestore del progetto dovrà garantire e provare che il
ragazzo/a si trovava in Italia da non meno di quattro anni, aveva
seguito il progetto di integrazione da non meno di tre, ha una casa
e frequenta corsi di studio oppure lavora, o che è in possesso di
un contratto di lavoro anche se non ha ancora iniziato l'attività.
I permessi di soggiorno a minori ed ex minori vanno sottratti alle
quote d'ingresso definite annualmente. COLF E BADANTI : Ciascuna famiglia potrà regolarizzare una
sola colf, ma non è stato posto un limite per le ''badanti'', cioé
chi assiste handicappati o anziani. La denuncia (che si chiama
dichiarazione di emersione) dovrà essere presentata entro due mesi
dall'entrata in vigore della nuova legge alla Prefettura-Ufficio
territoriale del Governo competente per territorio. Sono state
sveltite le norme burocratiche. PREVENZIONE: Per prevenire l'immigrazione clandestina il
Ministero dell'Interno potrà inviare presso ambasciate e consolati
funzionari di polizia esperti. INFERMIERI PROFESSIONISTI:
Vista la grande carenza di questa figura professionale nel nostro
Paese, entrano a far parte delle categorie speciali, sottratte alle
norme sui flussi. SPORTIVI: stretta anche per gli sportivi
professionisti. Il Ministero della cultura stabilirà ogni anno con
un decreto un tetto per gli sportivi che svolgeranno la loro
attività in Italia, da distribuire tra le varie Federazioni. Mons. Cocchi: ''Dal punto di vista cristiano non
può esistere la figura del clandestino'' Se la nuova legge Bossi-Fini introduce "la
figura giuridica dell’immigrato provvisorio”, dal punto di vista
cristiano “non può esistere la figura del clandestino”. Mons.
Benito Cocchi, presidente di Caritas
italiana, ha espresso chiaramente il suo “no” alla
concezione degli stranieri che giungono in Italia come “persone a
tempo”. Ed è stato applaudito - come anche mons. Infatti la pressione migratoria sull’Italia “è
inferiore a quella di altri paesi e non esiste, come abitualmente si
ritiene, una preminenza islamica nella composizione dell’immigrazione”.
Nessuno – ha precisato il presidente di Caritas italiana – “si
nasconde le difficoltà e i problemi che potranno derivare dalla
presenza di molti aderenti a questa e ad altre religioni. Intanto,
però, possiamo aiutare i molti immigrati cristiani (e sono circa la
metà del totale) ad inserirsi nella vita delle nostre chiese: non
raramente ne ricaveremmo un arricchimento dalla testimonianza di una
fede giovane e vivace”, sviluppando, con gli immigrati di altre
religioni, “un dialogo franco e rispettoso che ci porti a
conoscere, a partire dalla storia, i valori comuni e la ricchezza
delle diversità”. Il Dossier viene pubblicato all’indomani della
conclusione del confronto politico sulla riforma della normativa
nazionale: “Confronto durante il quale le molte preoccupazioni
espresse dalla Chiesa italiana, in particolare dalla Caritas
Italiana e dalla Fondazione Migrantes, non hanno trovato
riscontro nelle scelte compiute dal Parlamento – ha osservato
Cocchi -. Scelte che noi rispettiamo perché legittimamente
adottate, così come chiediamo si rispettino i nostri punti di vista
basati su due riferimenti per noi irrinunciabili: il servizio della
carità e la condivisione delle motivazioni e delle condizioni di
chi cerca presso di noi, nel rispetto della legalità, quello che la
sua patria non può dargli: un’esistenza dignitosa”. I tempi non sono maturi per una verifica, tuttavia
“qualche indicatore autorizza a immaginare che verrà chi potrà e
resterà chi ce la farà a sopravvivere”, ha anticipato Cocchi,
ricordando che “il buon samaritano della parabola evangelica non
chiese al ferito lungo la via di Gerico né come si chiamava, né
tantomeno il permesso di soggiorno, le impronte digitali, il
passaporto o la tessera sanitaria in regola. Lo aiutò e basta”.
Ma alcuni ritengono che l’immigrato esista soltanto se è “certificata,
con le autorizzazioni e i bolli necessari; se non è così va
rispedita a casa nel modo più rapido. Non dunque una figura umana,
ma una ‘pratica’, una ‘partita’ di merce-lavoro, da
consumare nel ciclo produttivo finché serve, cioè finché rende in
termini economici. Opinione diversa dalla nostra, sulla quale non
può esservi concordanza”. Perché sono “accoglienza e
ospitalità verso lo straniero” ad identificare “i veri
cristiani e a caratterizzare una Chiesa fedele al Vangelo. Impegno
che si fa ancora più forte verso chi si trova in situazioni
particolarmente disagiate e gravi: i detenuti stranieri, spesso
privi delle elementari condizioni di difesa in presenza di procedure
a rischio di incostituzionalità e in carenza di pene alternative e
rieducative; le donne vittime della tratta, costrette alla
prostituzione perché ci sono clienti italiani; coloro che chiedono
asilo, per i quali la nuova legge accentua una sorta di ‘principio
di discrezionalità’, aggravando la precarietà della loro
condizione. Ecco perché i vescovi italiani, ai quali ultimamente
una parte politica ha dedicato qualche espressione vagamente
minacciosa - i ‘vescovoni’ - non possono che proseguire nel
cammino indicato da Gesù Cristo”. Quindi occorre smorzare i toni
e il “clima culturale di ostilità nei confronti degli immigrati,
creato dalla nuova legge”, secondo mons. Petris. In un’Europa
che va “verso il restringimento delle frontiere non bisogna
perdere la nostra memoria di emigranti italiani: questa deve essere
la scuola che ci insegna come trattare gli extracomunitari”. Il
direttore della Fondazione
Migrantes ha anche espresso un chiaro “no al balletto e al
terrorismo delle cifre: queste oscillazioni non aiutano a creare
serenità, comprese le dichiarazioni di ministri e autorità
pubbliche”. Caritas e
Migrantes, dunque, rivendicano la loro “autonomia, per questo ci
permettiamo di criticare il Governo, ma allo stesso tempo chiediamo
allo Stato e al volontariato il loro contributo affinché il Dossier
diventi anche un’antologia delle prassi positive (pubbliche e
private) nei confronti degli immigrati che vivono nel nostro paese”
Buone le relazioni con gli italiani: per il 67%
degli stranieri i rapporti sono di ''reciproca disponibilità'' “Un'immagine corrotta”, quella degli italiani
nei confronti degli immigrati albanesi: “Chi non li ha conosciuti,
ne parla sempre male a priori, chi invece li conosce cambia opinione”.
Claudia Bumci, albanese, giornalista di Radio Vaticana, denuncia i
pregiudizi nei confronti del suo popolo di origine nel nostro paese:
“Finché non si trasporta il fenomeno immigrazione dalle frontiere
all’interno dell’Italia, lo straniero non potrà mai diventare
un cittadino”. Intervenendo alla presentazione del Dossier
statistico sull’immigrazione 2002, Bumci ha sottolineato l’importanza
della reciprocità tra le culture, dall’arricchimento che può
venire dallo scambio e dal dialogo, da contrapporre a “sindromi di
invasione e numeri gonfiati”. Eppure le relazioni tra immigrati e
italiani, nel tessuto sociale, sembrano buone: il Rapporto riferisce
che per il 67% degli stranieri i rapporti con i vicini italiani sono
caratterizzati dalla “reciproca disponibilità”, anche se il 30%
parla di “cordiale indifferenza; solo il 3,5% degli uomini
(percentuale che scende al 2,1% per le donne) dichiara che i
rapporti sono segnati da “manifesta ostilità” e “rifiuto-intolleranza”.
I dati esprimono, secondo la giornalista, “il desiderio di una
relazione basata sulla reciprocità”. I vicini migliori restano i
propri connazionali (90% uomini, 84,6% donne), mentre il rapporto di
vicinato con gli altri stranieri è leggermente peggiore di quello
con gli italiani: la risposta più positiva scende al 59%, mentre la
“cordiale indifferenza” si attesta intorno al 38,5%. Per quanto riguarda il luogo di socializzazione
preferito, è la casa, dove si incontrano i connazionali (spesso nel
40,5% dei casi per gli uomini, il 38,2 per le donne); segue il bar o
la piazza del quartiere e al terzo posto si colloca la casa di amici
italiani (incontri occasionali per il 36,2% degli uomini e il 42,1%
delle donne, frequenti rispettivamente nel 13,7 e 17,4% dei casi).
Le donne, quindi, frequentano occasionalmente con la stessa
intensità le case di connazionali e di italiani (41 e 42,1). “Per
alcune culture – ha fatto notare Bumci – la massima espressione
di ospitalità è invitare a casa gli amici, non al ristorante”. Solo una quota esigua degli intervistati “vive l’associazionismo
come un momento di socializzazione”, osserva il Dossier. Infatti
circa il 30% del campione (991 immigrati presenti in 7 regioni
italiane) ha dichiarato di non recarsi mai presso associazioni di
italiani e stranieri; leggermente più positivo il legame con quelle
formate da connazionali. Comunque gli uomini partecipano più delle
donne, ma in modo soprattutto occasionale e discontinuo.
Fonte:
Dossier Statistico Immigrazione, 2002
Somma
risposte consentite - sondaggio effettuato su 400 immigrati
musulmani
Fonte:
Dossier Statistico Immigrazione, 2002 |
La pagina
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