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MINORI Riforma giustizia. Fadiga (Corte d’Appello Roma): ''Provvedimenti insensibili alle nuove esigenze''
Luigi Fadiga, presidente della Sezione famiglia e minori della Corte di Appello di Roma, effettua alcune considerazioni sui Ddl governativi di riforma della giustizia minorile.
"Dimostrandosi all’oscuro di tali elaborazioni scientifiche e dottrinali – continua -, i ddl governativi scindono le competenze civili minorili da quelle penali per trasportare meccanicamente le prime nell’ambito di una istituenda sezione specializzata per la famiglia e i minori del tribunale civile ordinario. In tal modo essi dimenticano che le competenze civili e penali del tribunale per i minorenni (…) costituiscono un sistema organico di protezione giudiziaria del minore che non può essere scisso senza venire squilibrato e scompensato a tal punto da compromettere irrimediabilmente le finalità e la stessa esistenza della giustizia minorile in Italia. I collegamenti tra area dell’incapacità genitoriale ed area del disagio giovanile penale e non penale sono infatti talmente stretti che l’esigenza di affidarli alla competenza di un unico giudice è stata pacificamente recepita da tutti i sistemi giudiziari europei, fatta eccezione per quelli (come l’anglosassone e gli scandinavi) che attribuiscono ai servizi sociali locali ampi poteri e piena legittimazione ad agire in giudizio nell’interesse del minore, o per quelli (come il tedesco) che hanno istituito un apposito ufficio di protezione del minore (Jugendamt) con propri poteri e competenze nel campo della protezione e della prevenzione del disagio giovanile".
Giustizia minorile: cosa cambia con il nuovo ddl
Giudici onorari Vengono ridotti da due a uno (art. 1, 2 e 3). Il ddl infatti mira a far prevalere il profilo giurisdizionale dell''organo giudicante, pur non privandolo del supporto di specialisti di carattere sociale, tradizionalmente assicurato attraverso la partecipazione dei componenti privati dei Tribunali per i minorenni. La riduzione comunque fa si che la maggioranza rispecchi una specializzazione di carattere giuridico.
Si introduce un diverso regime sansonatorio per i soggetti compresi tra i 16 e i 18 anni, per i quali la pena può essere ridotta solo fino ad un quarto. Rimane inalterata invece la riduzione di un terzo per i minori di 16 anni (art. 4). La motivazione di fondo risiede nella convinzione che i fenomeni di devianza che suscitano maggiore allarme hanno più spesso interessato proprio questo fascia d''età.
Gli articoli 7, 8, 9 e 10 ridefiniscono il sistema
delle misure cautelari riducendo i margini di discrezionalità del
giudice, aumentando la durata dei termini della custodia cautelare e
distinguendo secondo fasce di età e distinti livelli di devianza. Si
introduce l'ipotesi del pericolo di fuga, anche in considerazione
della "condotta di vita dell'imputato", come ulteriore
criterio per definire i provvedimenti di adozione di misure cautelari
restrittive, stabilendo un parallelismo con quanto prevede il codice
di procedura penale per i maggiorenni. Viene inoltre indicato un
elenco di delitti ritenuti "di particolare allarme sociale"
rispetto a cui viene determinata l’adozione delle misure cautelari.
Tra questi anche la "resistenza aggravata". Il ddl conferma l''istituto della sospensione del processo e della messa alla prova ma stabilendo che la durata della sospensione del processo non sia superiore a tre anni, modalità oggi prevista solo per i reati di maggiore gravità. La sospensione del processo e la messa alla prova sono escluse per i delitti di omicidio volontario, consumato o tentato.
Al compimento del diciottesimo anno di età il giudice competente può disporre anche di ufficio, tenuto conto della personalità dell'imputato o del condannato, delle esigenze del trattamento e della durata della pena o del residuo di pena, che la misura della custodia cautelare in carcere o la pena detentiva siano eseguite negli istituti per adulti. |
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