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"I familiari dei disabili
possono essere trasferiti"
Il bene della collettività è più importante della tutela di un parente portatore di handicap. E’ il principio in base al quale la Corte di Cassazione ha stabilito che il datore di lavoro può disporre il trasferimento lontano da casa di un proprio dipendente, anche se questi deve accudire una persona affetta da handicap. La ''tutela effettiva dell'handicappato", si legge nella sentenza 12692, "non può essere fatta valere quando il relativo esercizio venga a ledere le esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro, in quanto ciò può tradursi in un danno per la collettività". La suprema Corte ha così respinto il ricorso di un dirigente delle poste che aveva chiesto di essere trasferito in una succursale più vicina a casa, per accudire la madre Lucia, gravemente malata e invalida. Dalla sua il lavoratore aveva la legge n. 104 del '92 che prevede che "il genitore o familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o affine entro il terzo grado handicappato, con lui convivente ha diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso in un'altra sede". Ad avviso dei giudici di Piazza Cavour, però, "il diritto del genitore o del familiare lavoratore dell'handicappato di scegliere la sede più vicina al domicilio presuppone la compatibilità con l'interesse comune,'visto che ''il diritto alla tutela effettiva dell'handicappato non può essere fatto valere quando il relativo esercizio venga a ledere le esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro, in quanto -afferma ancora la Cassazione- ciò può tradursi, soprattutto per i rapporti di lavoro pubblico, in un danno per la collettività". |
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