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Verso un garante nazionale per l'infanzia. Otto regioni hanno già istituito questo organismo di tutela
Francia, Austria,
Portogallo, Spagna, Polonia, Ungheria, Norvegia e Danimarca. Paesi
europei in cui la tutela dei minori passa attraverso l’istituzione
nazionale di un Garante per l'infanzia e l'adolescenza,
una figura piuttosto diffusa rispetto all’Italia dove esperienze
specifiche si registrano in otto regioni. Un importante confronto tra le
realtà nazionali e quelle oltrefrontiera già avviate è venuto nella
giornata di studio promossa dalla Commissione parlamentare per
l'Infanzia della Camera. Verso un garante nazionale per l’infanzia,
Confronto con alcune esperienze europee (Austria, Danimarca, Norvegia,
Polonia, Portogallo, Spagna e Ungheria),
Dalle Marche la proposta di creare ''tutori di ambito''. Mengarelli (Garante): ''Il minore, soggetto unico''
Le Marche sono tra le prime regioni ad avere istituito la figura del Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza (Legge regionale 15 ottobre 2002, n. 18. Istituzione del garante per l'infanzia e l'adolescenza) come organo monocratico e proprio dalla garante marchigiana Mery Mengarelli, nel corso della giornata di studio promossa dalla Commissione Parlamentare per l’infanzia, sul tema “Verso un garante nazionale per l’infanzia, Confronto con alcune esperienze europee”, è stata sostenuta la proposta di creare “tutori di ambito” . Si tratta in sostanza di sperimentare con gli ambiti territoriali socio-assistenziali un rapporto di collaborazione sistematico, pur senza istituzionalizzare nulla, per leggere con maggiore attenzione i bisogni, studiare e coordinare le possibili risposte, accogliere segnalazione, svolgere azioni di monitoraggio e vigilanza. Un’idea lanciata a livello nazionale che ora necessita di una discussione a livello territoriale coi responsabili dei 24 ambiti delle Marche e che già sta raccogliendo adesioni e consensi. “Cresce l’esigenza di un raccordo nazionale e territoriale a favore dei minori - ha dichiarato Mengarelli - ho conosciuto, vedo e sento parlare di tante iniziative a favore dei bambini e degli adolescenti promosso da enti, associazioni, cooperative sociali, bisogna creare una rete per far fruttare e moltiplicare le competenze e le esperienze migliori , per superare una sorta di “sindrome della settorializzazione” nell’ottica di una sussidiarietà che superi la separatezza dei ruoli e veda il minore come soggetto unico”. La realizzazione del progetto dunque permetterà di rendere ancora più efficace l’azione e verso i minori e rafforzare il ruolo dell’ufficio del garante nella sua funzione di tutela.
Il Garante per l'infanzia e l'adolescenza, una realtà per l'Europa
A livello internazionale appare difficile individuare una figura unitaria di Garante per l’infanzia e l’adolescenza, tuttavia emergono linee di intervento comune sia per quanto riguarda le funzioni che per l’organizzazione amministrativa. Le esperienze internazionali presentate nel corso dei lavori della giornata di studio promossa dalla Commissione parlamentare per l'Infanzia della Camera hanno indicato una pluralità di scelte in questo ambito.
Commissione Parlamentare per l'infanziaFonti Attività della Commissione
RELAZIONE PER L’ISTITUZIONE DI UN GARANTE NAZIONALE PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA AI SENSI DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1997, N. 451 Premessa
Dalla ratifica della Convenzione sui diritti del fanciullo (New York, 20 novembre 1989) ad oggi appare del resto opportuna una riflessione rispetto ai progressi compiuti in materia di tutela dei diritti dell’infanzia. La stessa Sessione speciale dell’Assemblea delle Nazioni Unite aveva tra i suoi obiettivi proprio quello di valutare l’effettiva applicazione della Convenzione nei Paesi che l’avevano sottoscritta, le iniziative assunte e le possibili future azioni comuni. Per quanto concerne l’Italia, dopo la ratifica della Convenzione di New York avvenuta con legge 27 maggio 1991, n. 176, si è svolto un intenso lavoro di approfondimento e di riflessione - anche attraverso l’istituzione di un’apposita Commissione speciale per l’infanzia presso la Camera dei deputati, presieduta dall’onorevole Russo Iervolino - a conclusione del quale è stata approvata la legge 23 dicembre 1997, n. 451, che ha istituito con carattere permanente la Commissione parlamentare per l’infanzia, l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e il Centro nazionale di documentazione e di analisi per l’infanzia, creando un sistema integrato di competenze, ruoli e funzioni. La Commissione, i cui principali compiti sono quelli di controllo e di indirizzo sulla concreta attuazione degli accordi internazionali e della legislazione relativi ai diritti e allo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, ha elaborato la presente relazione ai sensi dell'articolo 1, comma 5 della legge 23 dicembre 1997, n. 451, tenendo conto oltre che delle audizioni svolte sull'argomento anche degli intendimenti espressi dal Governo nel Piano d'azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva per il periodo 2002-2004, deliberato dal Consiglio dei ministri il 27 giugno 2003, ove, nel programma di interventi legislativi, si è individuata in particolare la creazione di un Ufficio di pubblica tutela del minore. 1. Atti e impegni internazionali relativi alla tutela dei diritti dell’infanzia L’esigenza di istituire un Garante per l’infanzia e l’adolescenza è ribadita da numerosi atti ed impegni internazionali. La Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, all’articolo 18 prevede che al fine di garantire e di promuovere i diritti enunciati nella Convenzione stessa, gli Stati provvedono alla creazione di istituzioni, istituti e servizi incaricati di vigilare sul benessere del fanciullo.
Il documento
conclusivo della Sessione speciale dell’Assemblea generale delle Nazioni
Unite dedicata all’infanzia, svoltasi a New York dall’8 al 10 maggio
2002, al numero 31 afferma che i governi partecipanti alla Sessione
speciale si impegnano ad attuare misure quali, tra le altre,
l’istituzione o il potenziamento di organismi nazionali come i difensori
civici indipendenti per l’infanzia. Per quanto riguarda gli atti europei, la risoluzione del Parlamento europeo su una Carta europea dei diritti del fanciullo (A3-0172/92, dell’8 luglio 1992), invita al punto 6 gli Stati membri a designare un difensore dei diritti dell’infanzia, allo scopo di tutelarne i diritti e gli interessi, di riceverne le richieste e le lamentele e di vigilare sull’applicazione delle leggi che la proteggono, nonché di informare e orientare l’azione dei pubblici poteri a favore dei diritti del fanciullo. Nella risoluzione su misure per la protezione dei minori A4-0393/96 del 12 gennaio 1996, il Parlamento europeo al punto 24 invita gli Stati membri a potenziare la partecipazione sociale dei minori e ciò in particolare attraverso la nomina di responsabili per l’infanzia sulla falsariga del diritto norvegese o di altri esempi rivelatisi positivi e afferma che è importante che esistano istituzioni e organismi che effettuino il controllo, indipendente e imparziale, dell’effettivo rispetto della normativa vigente e dei diritti del fanciullo. La raccomandazione 1286 del Consiglio d’Europa (24 gennaio 1996), su una strategia europea per i minori, raccomanda al Comitato dei ministri di invitare gli Stati membri, tra l’altro, al n. 7, a nominare un incaricato (difensore civico) per l’infanzia o un’altra struttura che offra garanzie di indipendenza, abbia le competenze richieste per migliorare la vita dei bambini e sia accessibile al pubblico attraverso mezzi quali uffici locali. Il Consiglio d’Europa è tornato sul tema il 7 aprile 2000 (raccomandazione 1460, n. 8), raccomandando al Comitato dei ministri di richiedere a quegli Stati membri che ancora non lo hanno fatto di nominare un difensore civico nazionale per l’infanzia e il 26 marzo 2002 (raccomandazione 1551, n. 4), chiedendo al Comitato dei ministri di prendere l’impegno di istituire un difensore civico nazionale per i fanciulli, o una simile istituzione indipendente, per curare i diritti dei fanciulli e sorvegliare la loro applicazione. Quest’ultimo documento, al n. 5, auspica anche l’istituzione di un difensore civico indipendente europeo per l’infanzia con poteri d’iniziativa. Infine la Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996 e ratificata con legge 20 marzo 2003, n. 77, prevede all’articolo 12 che gli Stati incoraggino la promozione e l’esercizio dei diritti dei fanciulli attraverso specifici organi che abbiano, tra le altre, le seguenti funzioni: fare proposte per rafforzare le disposizioni legislative relative all’esercizio dei diritti dei fanciulli; formulare pareri sui progetti di legge relativi ai diritti dei fanciulli; fornire ai mezzi di comunicazione, al pubblico e alle persone ed agli organi che si occupano delle questioni relative ai minori, informazioni generali riguardanti l’esercizio dei diritti dei fanciulli; ricercare l’opinione dei fanciulli e fornire loro tutte le informazioni appropriate. 2. Le esperienze dei Garanti nazionali per l’infanzia in alcuni Paesi europei Il Garante per l’infanzia è una figura piuttosto diffusa nel panorama europeo, essendo costituito, a livello nazionale o regionale, in numerosi Paesi (Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Islanda, Lituania, Norvegia, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Russia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria). Il 9 luglio 2003 – all’inizio del semestre italiano di presidenza dell’Unione europea – la Commissione parlamentare per l’infanzia ha organizzato presso la Camera dei deputati una giornata di studio "Verso un garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza - Confronto con alcune esperienze europee", per conoscere direttamente alcune esperienze significative di Paesi nei quali sono già operanti garanti nazionali e, inoltre, per contribuire alla riflessione su un garante europeo per l’infanzia e l’adolescenza.
I risultati del convegno, di grande interesse sia per l’ampiezza del panorama delle esperienze illustrate, sia per la rilevanza dei contributi, hanno consentito di delineare con maggiore precisione la struttura, le concrete linee d’azione e gli orientamenti degli organismi istituiti nei diversi Paesi europei per la garanzia dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Non è ovviamente possibile rinvenire una figura unitaria di Garante, avendo ciascuno degli organismi dei diversi Paesi europei struttura e caratteristiche proprie. Si vanno comunque definendo alcune linee tendenzialmente comuni sia in ordine all’organizzazione sia in riferimento alle funzioni svolte dagli organismi in esame. Per quanto riguarda la struttura, vi sono Paesi in cui sono istituiti Garanti nazionali (Francia, Danimarca, Portogallo, Polonia, Islanda, Lituania, Norvegia), altri in cui operano Garanti regionali (Spagna, Germania, Belgio, Regno Unito, Russia) ed altri ancora nei quali coesistono gli uni e gli altri (Austria). In alcuni casi, gli organismi nazionali hanno anche articolazioni periferiche: ad esempio, il Defenseur des enfants francese ha corrispondenti territoriali, in larga parte volontari, in 35 dei 100 Dipartimenti in cui è suddivisa la Francia ed è in programma la realizzazione di una presenza ancora più capillare, anche nei territori d’oltre mare. Nell’ipotesi dei Garanti nazionali, si tratta generalmente di organi monocratici (con la sola eccezione della Danimarca, in cui è istituito un Consiglio nazionale per i bambini), la cui nomina è prevalentemente governativa, spettando essa, a seconda dei casi, all’esecutivo nella sua collegialità ovvero a singoli ministri (in Norvegia il Garante viene nominato dal Re su proposta del Governo). I Garanti portoghese e polacco sono, invece, di derivazione parlamentare, essendo eletti rispettivamente dal Parlamento a maggioranza qualificata e dalla Camera con l’approvazione del Senato. Il mandato di questa tipologia di Garanti ha una durata piuttosto estesa, assestandosi sui 5 o 6 anni (solo in Norvegia e Portogallo la durata è di 4 anni), e, in alcune ipotesi, esso risulta altresì rinnovabile (Norvegia, Polonia, Svezia e Portogallo). La durata del mandato dei Garanti è, a volte, superiore a quella degli stessi organi che li hanno designati, in modo da accentuare il carattere di indipendenza dal potere politico dell’istituzione (Comunità autonoma di Madrid). Sono, in ogni caso, sempre previste rigorose cause di incompatibilità dell’ufficio con altre attività, sempre a presidio dell’indipendenza ed autonomia dell’organo. Non tutti i Garanti europei si dedicano però esclusivamente alla tutela dell’infanzia: in alcuni Paesi, infatti, tale compito è svolto da articolazioni interne di organismi dotati di competenze di carattere più generale, volte alla garanzia dei diritti umani. Si tratta, in particolare, dei Garanti dell’Ungheria, del Portogallo e della Comunità autonoma della Catalogna.
Le funzioni svolte
dai Garanti sono piuttosto simili in tutti i Paesi. Esse consistono
essenzialmente in attività di promozione ed informazione circa i diritti
dell’infanzia, consulenza sia ai privati, sia agli organi governativi e
legislativi, anche ai fini dell’adozione di opportune iniziative,
ascolto dei bambini, spesso attraverso apposite linee telefoniche
gratuite, raccolta di denunce, assistenza nelle ipotesi concrete,
monitoraggio. Peraltro, il Consiglio danese non si occupa affatto di
casi singoli, ma svolge prevalentemente attività di studio e di
divulgazione della conoscenza dei diritti dei bambini e degli
adolescenti. In alcuni casi, il Garante ha poteri più incisivi, in
quanto è competente a rappresentare sul piano istituzionale l’interesse
dei bambini (Svezia), ovvero a svolgere vere e proprie indagini sulle
violazioni dei diritti dei minori (Spagna – Comunità autonoma di Madrid,
Belgio – Comunità francese, anche se con poteri non giuridicamente
vincolanti), con la possibilità di richiedere documenti ed informazioni
a tutte le autorità competenti (Belgio – Comunità fiamminga) o, infine,
a prestare assistenza legale e giudiziaria (Portogallo). In alcuni
Paesi, comunque, i compiti del Garante non risultano tassativamente
individuati dalle leggi istitutive, al fine di non limitare e
circoscrivere le potenzialità operative dell’organo, che diventa così
idoneo ad adeguare il tipo di intervento alle necessità di volta in
volta emergenti (Norvegia). 3. Il quadro normativo in Italia La legislazione italiana in materia di tutela dei diritti dell’infanzia, sulla base delle convenzioni internazionali, trova una sua iniziale disciplina con la legge 23 dicembre 1997, n. 451, istitutiva della Commissione parlamentare per l’infanzia, dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l’infanzia.
La Commissione
parlamentare, bicamerale, ha compiti di indirizzo e controllo sulla
concreta attuazione degli accordi internazionali e della legislazione
relativa ai diritti e allo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, può
chiedere informazioni, dati e documenti sui risultati delle attività
svolte concernenti i diritti dei minori, e riferisce alle Camere,
annualmente, sui risultati della propria attività, formulando
osservazioni e proposte per l’adeguamento della legislazione vigente al
fine di assicurarne la rispondenza alla normativa comunitaria e ai
principi della Convenzione di New York. Il Centro di documentazione raccoglie la normativa, i dati e le pubblicazioni scientifiche; realizza la mappa aggiornata annualmente dei servizi e delle risorse destinate all’infanzia a livello nazionale, regionale e locale; analizza le condizioni dell’infanzia; predispone, sulla base delle direttive dell’Osservatorio, lo schema della relazione biennale sulla condizione dell’infanzia in Italia e sull’attuazione dei relativi diritti e del rapporto previsto dall’articolo 44 della Convenzione di New York; formula proposte per la elaborazione di progetti-pilota; promuove la conoscenza degli interventi delle amministrazioni pubbliche; raccoglie e pubblica regolarmente il bollettino di tutte le ricerche e pubblicazioni che interessano il mondo minorile. Non si dimentichi che altri settori strettamente inerenti alla tutela dei diritti dell’infanzia sono disciplinati da altre fonti normative e i relativi compiti amministrativi o giurisdizionali sono disciplinati da altri centri amministrativi (come in materia di adozioni, di tutela dei minori stranieri, etc.). In realtà, gran parte delle attribuzioni che lo Stato dovrebbe esercitare rimangono inevase o comunque non sufficientemente determinate, tenuto conto della frammentarietà delle competenze dislocate fra i diversi organi previsti dalla legislazione statale. Il completamento di questa normativa di carattere nazionale conduce all’istituzione nel nostro Paese di una Autorità garante nazionale dei diritti dell’infanzia che sia nello stesso tempo dotata di piena autonomia e indipendenza di fronte al potere politico e in genere alle organizzazioni di governo; e dei necessari poteri di intervento in tutte le sedi nelle quali la tutela dei diritti dell’infanzia possa essere efficacemente esercitata. Al fine del completamento del quadro legislativo, occorre individuare i principi costituzionali operanti nella materia, segnatamente in ordine al riparto di competenze fra Stato e Regioni, alla luce delle rilevanti modifiche apportate al testo della Costituzione dalla legge costituzionale 18 ottobre 2002, n. 3. Anzitutto si deve tenere presente che la materia della tutela dei diritti dell’infanzia, come anche altre materie concernenti i diritti civili e sociali, presenta una duplicità di aspetti a seconda che si guardi alla tutela dei diritti del bambino come persona, segnatamente sul versante civile e penale, ovvero alle politiche sociali - concernenti la sanità, la scuola l’assistenza, lo sport, il tempo libero, la formazione in genere, etc. - che coinvolgono fortemente la gioventù e quindi i bambini e gli adolescenti nell’ambito della vita sociale. Anzi possiamo dire che essi in queste politiche sono più fortemente coinvolti rispetto alle altre categorie, proprio per la loro naturale debolezza, per essere più esposti ai rischi sociali, per aver bisogno nella crescita, di maggior sostegno da parte delle strutture pubbliche. Sul punto si deve sottolineare che le politiche sociali nel vigente assetto costituzionale sono principalmente di competenza delle Regioni sul piano legislativo (articolo 117 della Costituzione) e degli enti locali, Comuni e Province, sul piano amministrativo (articolo 118 della Costituzione). Tra esse, solo nella scuola la competenza statale rimane forte ai sensi dell’articolo 33 della Costituzione e anche dell’articolo 117 che attribuisce alle Regioni solo una competenza di carattere organizzativo peraltro limitata all’esigenza di garantire l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Ma tutte le altre politiche sociali, compresa la fondamentale politica sanitaria, risultano ormai attribuite alla competenza regionale e locale. Allo Stato tuttavia resta un’importante attribuzione di potestà legislativa di carattere generale in queste materie, attraverso la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili da garantire su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione. Attraverso l’esercizio di siffatta competenza lo Stato ha la capacità di assicurare che in tutti gli ordinamenti regionali i livelli essenziali delle prestazioni siano garantiti a tutti e segnatamente alle categorie più deboli quale può essere considerata quella dei minori e degli adolescenti. Ma la gestione delle politiche sociali concernenti anche questa categoria sicuramente resta di competenza del governo regionale e locale.
Viceversa la tutela
dei diritti della persona, e quindi del bambino e dell’adolescente come
persona, è riservata alla competenza statale in quanto essa è
fondamentalmente attratta nelle materie di cui alla lettera l)
dell’articolo 117, secondo comma, della Costituzione (ordinamento
civile, penale, processuale) e d’altra parte strettamente connessa con
l’ordine pubblico e la sicurezza e fortemente implicata dai rapporti
internazionali dello Stato. Possiamo quindi affermare che la tutela dei
diritti dei minori, intesi in senso stretto come diritti civili e come
tutela penale e processuale degli stessi, sia di stretta competenza
della legislazione dello Stato. Mentre la connessione di questa materia
con quella delle politiche sociali, è data dalla determinazione con
legge dello Stato dei livelli essenziali delle prestazioni sociali da
garantire su tutto il territorio. 4. Le esperienze regionali Organismi specifici che si occupano dei diritti dell’infanzia, al di là delle diverse denominazioni, risultano istituiti in otto Regioni, attraverso l’approvazione di apposite leggi. Si tratta, in particolare, del Veneto (legge regionale 9 agosto 1988, n. 42), dell’Abruzzo (legge regionale 14 febbraio 1989, n. 15), del Piemonte (legge regionale 31 agosto 1989, n. 55), del Friuli-Venezia Giulia (legge regionale 24 giugno 1993, n. 49), dell’Umbria (legge regionale 23 gennaio 1997, n. 3), della Puglia (legge regionale 11 febbraio 1999, n. 10), delle Marche (legge regionale 15 ottobre 2002, n. 18) e del Lazio (legge regionale 28 ottobre 2002, n. 38). In realtà, solo quattro di tali organismi (ossia quelli presenti nelle regioni Veneto, Friuli, Lazio e Marche) assumono la struttura di garante in senso proprio, mentre gli altri si configurano sostanzialmente come articolazioni degli organi di governo della Regione. Per quanto riguarda i Garanti in senso proprio, si tratta di cariche monocratiche configurate in modo autonomo rispetto al potere politico: i titolari dell’Ufficio del tutore pubblico dei minori (Friuli), dell’Ufficio di protezione e pubblica tutela dei minori (Veneto), il Garante dell’infanzia e dell’adolescenza (Lazio) ed il Garante per l’infanzia e l’adolescenza (Marche) sono eletti dal Consiglio regionale con maggioranza dei due terzi (anche se in Friuli e nelle Marche solo per le prime tre votazioni) e possono essere da esso revocati con la medesima maggioranza per gravi motivi (Friuli e Veneto). Inoltre, le leggi delle regioni Veneto e Lazio stabiliscono espressamente che il Garante eserciti la sua attività in piena libertà ed indipendenza di giudizio, senza alcuna forma di controllo gerarchico o funzionale. Sempre a presidio dell’autonomia ed indipendenza dell’organo, sono previste diverse cause di incompatibilità, tra cui quella con la carica di parlamentare, consigliere ed assessore regionale, amministratore di Comuni e Province, componente di organi dirigenti di partiti e sindacati (Veneto), direttore generale, sanitario ed amministrativo delle ASL, amministratore di ente e azienda pubblici ovvero di enti sovvenzionati dallo Stato. Per l’accesso all’incarico le leggi di riferimento prevedono, inoltre, specifici requisiti: laurea (Veneto e Lazio), ovvero documentata esperienza di quindici anni (Marche), una specifica competenza giuridico-amministrativa (Friuli e Lazio) in materia minorile e nel settore della tutela dei diritti umani e dell’infanzia, esperienza nel campo del sostegno all’infanzia. I Tutori durano in carica cinque anni ed hanno sede, in alcuni casi, presso la Giunta regionale (Veneto e Marche), in altri presso il Consiglio regionale (Lazio), mentre in Friuli il Tutore è collocato presso la Direzione regionale dell’assistenza sociale. Generalmente i Garanti si avvalgono di personale e mezzi della Regione per l’esercizio delle loro funzioni, mentre il Garante del Lazio ha a disposizione un’apposita struttura organizzativa, che può anche essere articolata in sedi a livello provinciale.
Per quanto riguarda
le funzioni, è possibile individuare quattro tipologie essenziali di
compiti attribuiti agli organi in questione, relative a: reperimento e
formazione di personale addetto a svolgere attività di tutela e
curatela; promozione di iniziative volte a rendere effettiva la
tutela dei diritti dei minori, sia attraverso la realizzazione di studi
e ricerche, sia tramite la diffusione di una cultura dell’infanzia e
dell’adolescenza; funzioni consultive su atti legislativi ed
amministrativi all’esame delle istituzioni regionali; segnalazione di
situazioni di rischio alle autorità competenti, ad esempio, ai servizi
sociali, all’autorità giudiziaria, alle pubbliche amministrazioni.
Gli altri quattro
organismi sono invece organi collegiali (Consulta regionale di tutela a
difesa dei minori in Abruzzo, Consiglio regionale sui problemi dei
minori in Piemonte, Centro regionale per l’infanzia e l’età evolutiva in
Umbria, Commissione consultiva per i problemi dei minori in Puglia). In
due casi (Piemonte, Puglia) sono composti sia da politici sia da tecnici
e hanno legami stretti con le autorità di governo regionale, essendo
presieduti dall’assessore regionale ai servizi sociali; in Abruzzo i
componenti sono solo tecnici, nominati dalla Giunta regionale; in Umbria
la legge istitutiva non prevede nulla sui componenti e le modalità di
nomina, ma definisce l’organismo come "strumento conoscitivo per la
programmazione e il coordinamento delle politiche per l’infanzia" e
precisa che svolge i suoi compiti mediante le strutture della Giunta
regionale. 5. Le proposte di legge
Numerose proposte di
legge sono state presentate nel corso dell’attuale legislatura al fine
di istituire un Garante per l’infanzia. Si tratta dei progetti di
iniziativa parlamentare A.C. 315 (Mazzuca), A.C. 695 (Turco ed altri),
A.C. 818 (Molinari), A.C. 1228 (Pecoraro Scanio), A.C. 1999 (Pisicchio
ed altri), A.C. 3667 (Buontempo ed altri) e A.S. 1916 (Ripamonti). In particolare, in merito alla struttura, le proposte di legge delineano varie tipologie: mentre le proposte AA.CC. 1228, 3667 e A.S. 1916 istituiscono il Difensore civico (o Garante) dei minori con carattere nazionale, le proposte AA.CC. 695 e 818 affidano l’istituzione dell’organo a ciascuna regione e la proposta A.C. 1999 lo istituisce a livello provinciale. Infine, la proposta A.C. 315 prevede che il Garante del minore sia nominato dal giudice. Nel caso di Garante nazionale, il potere di nomina è demandato ai Presidenti delle due Camere, similmente a quanto avviene in genere per le autorità indipendenti (proposte AA.CC. 1228 e 1916). L’A.C. 3667, invece, attribuisce la nomina dell’organo al Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per il lavoro e le politiche sociali, mentre il Tutore provinciale è eletto dal consiglio provinciale, a maggioranza dei tre quinti dei componenti (anche se, dopo il terzo scrutinio, è sufficiente la maggioranza assoluta: cfr. A.C. 1999). Per quanto riguarda, poi, i requisiti che il Difensore deve possedere per essere nominato, le proposte di legge prevedono che: il candidato abbia età non superiore a sessantacinque anni (AA.CC. 818, 695) e sia in possesso di comprovata competenza ed esperienza professionale nella materia concernente l’età evolutiva e la famiglia (AA.CC. 315, 818, 695, 1228, 3667 e A.S. 1916), ovvero magistrato, professore universitario in materie giuridiche e psicopedagogiche, avvocato, psicoterapeuta con almeno cinque anni di esercizio professionale (A.C. 1999), o ancora sia dotato di indiscussa moralità e indipendenza (A.C. 1228 e A.S. 1916). La durata del mandato è fissata in quattro anni, prevedendo altresì l’incompatibilità con l’esercizio di qualsiasi carica elettiva nonché con qualsiasi forma di lavoro autonomo e subordinato, comprese l’attività imprenditoriale e l’amministrazione di soggetti pubblici o privati (AA.CC. 695, 818, 1228, 1999, 3667 e A.S. 1916); il Difensore non può, inoltre, ricoprire incarichi nell’ambito di partiti politici o di associazioni che svolgano attività nel settore dell’infanzia (AA.CC. 695 e 818). In alcuni casi il Garante può reperire il proprio personale (A.C. 1228) anche attraverso il ricorso alle procedure di mobilità previste dall’ordinamento tra i pubblici dipendenti ovvero tramite contratti a tempo determinato. Le proposte A.C. 3667 e A.S. 1916 affidano, invece, ad un regolamento ministeriale (rispettivamente del Ministro del lavoro o della solidarietà sociale) la disciplina dell’organizzazione e del funzionamento dell’ufficio del Garante. Infine, progetti che demandano l’istituzione del Difensore alle Regioni (AA.CC. 695, 818) o alle Province (A.C. 1999) attribuiscono a queste ultime la competenza a determinarne l’organizzazione. Per quanto riguarda le funzioni, i progetti di legge attribuiscono al Garante svariati compiti, che possono essere essenzialmente ricondotti a quattro aree tematiche. Si tratta di funzioni di carattere generale volte a diffondere e realizzare una cultura dell’infanzia (diffondere la conoscenza dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza; vigilare sull’attuazione delle convenzioni internazionali; promuovere programmi di prevenzione; reperire e formare personale per svolgere funzioni di tutela o curatela), funzioni relative alla produzione delle regole finalizzate a segnalare al Governo l’adozione di opportuni interventi, anche normativi, funzioni relative allo svolgimento di attività amministrative (segnalare alla pubblica amministrazione i fattori di rischio; intervenire nei procedimenti amministrativi; prendere visione ed impugnare degli atti amministrativi relativi ai minori), funzioni concernenti il profilo giudiziario (trasmettere denunce all’autorità giudiziaria; intervenire in giudizio per rappresentare il minore e per tutelarne gli interessi). 6. Osservazioni conclusive e proposte della Commissione A conclusione dell’attività di approfondimento svolta, la Commissione ritiene necessario un adeguamento della legislazione vigente, anche per assicurare una maggiore rispondenza agli atti internazionali sopra richiamati, e una maggiore vicinanza alla situazione, e quindi alle normative, presenti nella maggior parte dei Paesi dell’Unione europea.
L’istituendo Garante
nazionale per l’infanzia e l’adolescenza dovrebbe assicurare la piena
attuazione e la tutela dei diritti dei minori come definiti dalla
Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20
novembre 1989 e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, in
ambito familiare e sociale, sui luoghi di lavoro, nella scuola e in ogni
manifestazione della vita di relazione, esercitando le sue funzioni in
piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione, senza
essere soggetto ad alcuna forma di controllo gerarchico o funzionale. Si
tratterebbe quindi di un’autorità indipendente sia dal Governo, sia dal
Parlamento, al quale dovrebbe tuttavia presentare annualmente una
relazione sulla propria attività. L’organizzazione interna e le norme relative al funzionamento dovrebbero essere definiti con un regolamento adottato dal Garante stesso. Per quanto attiene al delicato profilo dei rapporti tra il Garante nazionale e gli organismi regionali competenti in materia di tutela dell’infanzia, ove istituiti, occorre prevedere che cooperino in spirito di leale collaborazione; a tale fine appare utile istituire un apposito organo di concertazione e di raccordo, la Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti dell'infanzia, presieduta dal Garante nazionale e composta da tutti i Garanti regionali, comunque denominati, nell'ambito della quale dovrebbe aver luogo non solo uno scambio di informazioni e di esperienze, ma anche un’azione di coordinamento, con particolare riguardo all’individuazione di forme di costante scambio di dati e di informazioni sulla condizione dei minori, alla verifica degli strumenti formativi e di aggiornamento degli operatori del settore dell’infanzia e alla predisposizione degli elenchi di persone idonee e disponibili ad assumere la funzione di tutori e curatori speciali dei minori, nonché cura della formazione e all’aggiornamento di tali persone. La Conferenza dovrebbe riunirsi periodicamente, almeno ogni tre mesi. In linea generale, il Garante dovrebbe configurarsi come una sorta di snodo relazionale, in grado di intessere una fitta di rete di rapporti con tutti gli organismi – pubblici e non – competenti in materia di infanzia, che si affacciano sul panorama nazionale ed internazionale. In quest’ottica il Garante intratterrebbe, quindi, rapporti di collaborazione con gli organi dell’Unione Europea, con le organizzazioni non governative che si occupano di tutela e promozione dei diritti dei minori, con organismi di tutela dei minori operanti in altri Paesi, sul versante internazionale, e con la Commissione per le adozioni internazionali e il Comitato per i minori stranieri – anche al fine di richiedere ad entrambi informazioni e documenti utili per verificare l’efficacia della tutela dei diritti dei minori – sul fronte interno. Nella medesima linea d’intervento, il Garante dovrebbe anche poter stipulare protocolli d’intesa con i ministeri, gli enti pubblici nazionali e locali, l’UNICEF, gli organismi internazionali, gli ordini professionali, le associazioni e le organizzazioni non governative operanti nel settore, avvalendosi altresì, per l’esercizio delle proprie funzioni, del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e degli organismi pubblici di ricerca statistica, economica e sociale, cui richiedere specifiche indagini. La Commissione ha preso in considerazione inoltre la possibilità di dotare il Garante di articolazioni territoriali, prospettando a tale riguardo più soluzioni. Una prima ipotesi potrebbe essere l’individuazione delle articolazioni territoriali del Garante nazionale nei garanti regionali e nelle istituzioni similari già presenti sul territorio. Tale soluzione appare tuttavia insufficiente, sia perché i garanti locali esistono solo in poche Regioni (né sarebbe possibile con una legge imporre ovunque l'istituzione dei garanti regionali), sia perché il livello regionale appare ancora troppo esteso. Sembra quindi più idonea un’altra soluzione, che consiste nel prevedere l'istituzione di uffici del garante a livello provinciale, che potrebbero avvalersi del supporto logistico degli Uffici territoriali del Governo. Riguardo alle attribuzioni, occorrerebbe conferire al Garante poteri effettivi, in grado di incidere sul tessuto sociale e civile in cui si trova ad operare. In tal senso, si dovrebbe dotare il Garante del potere di richiedere alle pubbliche amministrazioni, organismi, enti o persone di fornire informazioni rilevanti ai fini della tutela dei minori, ordinando eventualmente, per determinate situazioni, lo svolgimento di specifiche indagini o ispezioni (con la previsione di adeguate sanzioni pecuniarie per i casi di mancata collaborazione con il Garante), o ancora della facoltà di intervenire in giudizio, promuovendo azioni giudiziarie in sede civile, penale o amministrativa a tutela dei minori e ricorrendo alla Corte europea dei diritti dell’uomo e al Comitato per i diritti del fanciullo delle Nazioni Unite per segnalare violazioni dei diritti dei minori. Analogamente il Garante dovrebbe avere la possibilità di chiedere al giudice, qualora i genitori non siano in grado di tutelare i diritti del figlio minore ovvero qualora vi sia un grave conflitto tra il minore e coloro che esercitano la potestà nei suoi confronti, la nomina di un curatore speciale che possa, in rappresentanza del minore stesso, promuovere o partecipare al giudizio. Oltre che sul versante amministrativo e giudiziario, al Garante dovrebbe essere data la possibilità di influire anche sul fronte normativo, attribuendo ad esso il compito di esprimere pareri in ordine ai progetti di legge ed agli schemi di atti normativi del Governo che concernono il settore di competenza, nonché di proporre l’adozione di iniziative, anche legislative, relative alla tutela dei diritti dei minori. La Commissione ritiene importante anche la questione della tutela dei minori impiegati nella pubblicità, negli spettacoli pubblici cinematografici e teatrali, nelle trasmissioni televisive e nelle attività sportive professionistiche: al Garante, in tali ambiti, dovrebbe essere affidata la funzione di rilasciare autorizzazioni preventive all’impiego dei minori. In ogni caso, al Garante dovrebbero spettare i seguenti compiti:
Nel corso della giornata di studio del 9 luglio 2003 "Verso un garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza - Confronto con alcune esperienze europee", il Ministro per le politiche comunitarie e il Sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali con delega per le politiche sociali hanno annunciato che nella riunione informale del Consiglio dei ministri degli affari sociali dell’Unione europea, che si terrà a Lucca il 25 settembre 2003, tra i temi all’ordine del giorno vi sarà anche quello della tutela dei minori e, specificamente, dell’istituzione di un Garante europeo in tale settore. La Commissione parlamentare per l’infanzia auspica che possa così avviarsi un percorso che conduca ad istituire un Garante per l’infanzia e l’adolescenza dell’Unione europea, che potrà avere utili funzioni di stimolo e di coordinamento. |
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