San Patrignano e’ il modello. San Patrignano e’ lo stile,
la filosofia, la visione del mondo di Letizia Moratti. Fondata
da Vincenzo Muccioli nel 1978, la comunita’ di recupero dei
tossicodipendenti, destinati altrimenti al carcere, puo’
contare su donatori cospicui. Fra questi, fin dai primi anni
’80, spiccano i coniugi Moratti, il petroliere Gian Marco e
la moglie, attuale ministro dell’istruzione. San Patrignano
e’ una macchina complessa, una vera e propria holding del
“privato sociale”; circa 2000 ospiti, distribuiti tra la
sede principale, vicino a Rimini e le due di Vito Pergine, in
provincia di Trento e Sant'Agata Feltria, sulle dolci e belle
montagne al confine tra Marche e Romagna. Negli anni, la
comunita’ ha acquisito una funzione semi-istituzionale, fino
ad ottenere l’incarico dal governo Berlusconi di gestire un
istituto di pena, in provincia di Modena, dove saranno reclusi
i giovani autori di reati connessi alla droga. I principi che
presiedono alla missione di san Patrignano sono gli stessi che
riecheggiano nelle dichiarazioni della Moratti sul compito
della scuola: il disagio giovanile e’ letto solo in chiave
negativa, come rifiuto dei buoni e saggi codici morali
custoditi dalla famiglia. L’uso della droga non e’ mai la
ricerca disperata, tendenzialmente autodistruttiva, di un
proprio, personale stile di vita, non omologato, non
conformista, ferocemente inibito e represso dagli apparati
disciplinari. E’ sempre l’espressione di una perdita di
dignita’, di decoro, una forma di de-responsabilizzazione
rispetto ai doveri e alle norme costituite. Compito della
comunita’ (e della scuola, in quanto comunita’ di
recupero) e’ dunque quello di ripristinare il circuito
interrotto tra scelte personali e ruoli socialmente assegnati
e predefiniti. Da qui l’accento posto sul lavoro e sulla
formazione professionale come strumento di “reinserimento
sociale delle persone”, come si legge negli statuti di san
Patrignano e negli analoghi documenti ministeriali. Da qui
anche la funzione dell’educazione come “supporto alle
famiglie”. Dove e’ implicito che la famiglia e’ l’unica
e insostituibile depositaria dei “valori” e la scuola e
ogni altra comunita’ di recupero fungono da mere agenzie di
servizio.
Ogni anno,
dall’insediamento del governo di centro-destra, nel mese di
ottobre San Patrignano si trasforma in una kermesse mediatica
animata dalla presenza di ministri, sottosegretari, e guru
dell’attuale governo. Con la Moratti e la scuola nel ruolo
dei padroni di casa. Nell’estate scorsa, a due mesi dalla
nomina, il Ministro cito’ i dati di un’indagine secondo la
quale i ragazzi passano la gran parte del pomeriggio in
strada, al di fuori del controllo dei genitori, impegnati sul
lavoro. E propose
, su suggerimento di Andrea Muccioli, il figlio del fondatore,
che le scuole si dotassero di laboratori attrezzati, per
attivita’ ludiche e lavorative, in modo da tenere i giovani
sotto sorveglianza .
Qualche giorno fa, a San Patrignano, e’ tornata sull’argomento
ed e’ passata alla fase esecutiva: il progetto si chiama “Enjoy”
(European network for a joint organization of the youth) e
consiste nell’apertura pomeridiana di “aule, palestre,
attrezzature, biblioteche, laboratori fuori dagli orari di
studio», per riuscire a recuperare e motivare «ragazze e
ragazzi troppo spesso abulici, frustrati, indifferenti”.
(Repubblica). Inizialmente riservato solo a 20 scuole, avra’
una durata di tre anni. “Per questi venti centri sono stati
trovati (al ministero del Lavoro) anche i soldi: 10.000.733
euro, che ad ognuno degli istituti porterà un miliardo di
vecchie lire. Saranno impegnati 60 insegnanti, 320 operatori
volontari e 120 operatori del privato sociale”. La capofila
delle associazioni che si occuperanno del progetto sara’,
manco a dirlo, San Patrignano, insieme allo CSI (Centro
Sportivo italiano), alle Acli e alla Compagnia delle Opere di
Comunione e liberazione. Come ha dichiarato l’ex ministro De
Mauro. “L' imprenditrice Moratti è un po' dirigista e a
senso culturalmente unico e circoscritto. Con questi soldi,
saranno contenti gli affaristi di Cl. Questa è una nuova
iattura che si abbatte sull' edificio scolastico. Speriamo che
regga, ma sarà dura”.
Ma non e’
questo il punto. Il principio-cardine del progetto e’ l’idea
che i giovani vanno formati non attraverso il sapere ma
utilizzando i giochini multi/ipermediali o le attivita’
ludico sportive da un lato e l’apprendistato professionale
dall’altro. Chi poi siano questi giovani, e’ facile dirlo:
i ragazzi emarginati, i figli delle classi meno abbienti
perche’ e’ chiaro che gli altri hanno il pomeriggio
impegnato tra corsi ad elevato contenuto formativo e ad
elevato costo.
Sono per l’appunto
i giovani a cui si addice non il sapere ma l’apprendistato o
lo stordimento iper/multimediale. Gli stessi a cui andra’ in
seguito riservato il trattamento farmacologico.
Molti anni sono passati dall’esperienza di Don Milani, un
prete, un cattolico come la Moratti. Ma tanto diverso dalla
Moratti. Barbiana e’ morta, i figli dei contadini sono stati
fagocitati dall’industrializzazione, dal consumismo, dall’omologazione
delle culture e degli stili di vita. Ma la lezione di Barbiana
vive ancora. Mentre cercavo il materiale per questo articolo
mi e’ capitato sotto mano un vecchio testo pubblicato da
Laterza, nel ’95. Gli scritti di padre Ernesto Balducci su
Don Milani. E in particolare l’articolo pubblicato sull’Unita’
il 26 giugno ’92, due mesi dopo la sua morte, su “I
nuovi ragazzi di Barbiana”. Secondo Balducci
la metafora della Lettera a una professoressa e’ ancora
attuale e viva.
“Pierino è il ragazzo integrato. È quello che sa tutto, perché a
scuola, dopo che a casa... vive di una cultura omogenea e
quindi ha ottimi voti, successo e carriera. Gianni è un
reietto, è un bocciato, però non è che non ha una sua
cultura. Ha una sua cultura, solo che essa non è omologata.
Il pericolo della scuola è di far sì che Gianni diventi
Pierino. E noi non facciamo che questo, praticamente. Di un
ragazzo discolo, riottoso, caratteriale noi, con grande
sapienza, sappiamo fare un ragazzo normale. Non so se questo
è un esito auspicabile” |