Vorrei sapere come è possibile usufruire della 104 per se stessi e per un'
altra persona vorrei inoltre sapere se è vero che l'orario scolastico per
chi ha la 104 può essere contrattato a ore anzichè a giorni: mi spiego
meglio.
Una mia collega con la 104 non vuole assentarsi 3 giorni al mese, ma,
durante la settimana, ad ore e cioè la prima ora del lunedì, del mercoledi,
l'ultima del sabato ecc...
In questo modo la didattica va a farsi friggere perchè per tutto l'anno
alcuni alunni non faranno le materie insegnate dalla collega
Permessi retribuiti al disabile in condizione di
gravità, a familiari, affini, ed affidatari I permessi previsti sono:
tre giorni al mese, fino ad un massimo di 18 h; due ore per ogni giorno
lavorato. Questi benefici sono altemativi e non cumulabili. La legge non
distingue tra tempo pieno e part-time, per cui a rigore di legge questi
permessi sono validi per tutti i lavoratori indistintamente, ma una prassi
dell'INPS e dell'INPDAP ne riducono la durata in rapporto alla qualità e
quantità del parttime. Tale impostazione deriva da un ragionamento basato
sul due ore al giorno, art. 3, comma 6, legge 104/1992.
La scelta di quale dei due benefici alternativi si voglia usufruire è
ammissibile in mesi diversi. Variazioni nel mese possono essere accordate in
casi eccezionali e, previa produzione di adeguata documentazione
giustificativa. Il permesso del giorno intero, può essere frazionato;
mensilmente i permessi frazionati non possono superare le 18 ore per i
lavoratori a tempo pieno.
Per prassi degli istituti previdenziali, ai lavoratori in parttime
verticale, i permessi di tre giorni potranno essere ridotti
proporzionalmente in rapporto al numero di giorni durante i quali viene
prestata effettivamente l'attività lavorativa; ai lavoratori in part-time
orizzontale viene riconosciuto il permesso dei tre giorni mensili, mentre il
permesso giornaliero di riduzione di due ore dell'orario di lavoro, viene
ridotto ad una sola ora se l'orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei
ore.
I permessi dei tre giorni al mese, se non utilizzati nel mese di competenza,
non possono essere cumulati in un mese successivo.
Il disabile che usufruisce del beneficio dei permessi retribuiti se ne ha
effettiva necessità, opportunamente certificata, può ottenere di essere
assistito da un famigliare, il quale usufruirà anch' esso dei permessi
retribuiti, purché non vi sia nessun altro famigliare in grado di prestargli
assistenza (Per prassi, l'INPS, in un primo tempo, ha ammesso la possibilità
per un disabile già fruitore per se stesso dei permessi retribuiti di poter
usufruire di ulteriori permessi anche per un proprio famigliare in
situazione di gravità. Successivamente, ha cambiato orientamento, negando
questa possibilità. Siccome, però, è ammesso che un lavoratore subordinato
possa usufruire di permessi cumulativi per più familiari in condizioni di
gravità, non si capisce perché venga esclusa tale possibilità al disabile
che ne usufruisca in
proprio) .
Il numero di ore complessive di permesso retribuito delle due ore al giorno
non è subordinato, come quello dei tre giorni mensili, alla durata massima
di 18 ore. Sussiste un problema di coordinamento sulla circostanza che il
disabile per sé può usufruire alternativamente dei permessi di tre giorni al
mese o di 2 ore al giorno; mentre il famigliare usufruisce solo dei tre
giorni al mese. Nel caso in cui il lavoratore per se stesso usufruisca del
permesso delle due ore al giorno, il famigliare potrà usufruire del permesso
dei tre giorni mensili, frazionandoli in sei mezze giornate al mese.
Familiare o affine di disabile in situazione di "gravità"
Il famigliare, entro il terzo grado, o l'affine, entro il terzo grado, del
disabile in situazione di "gravità", possono usufruire dei permessi
retribuiti di tre giorni al mese, purché sussista la convivenza con il
disabile e questo non si trovi ricoverato in istituto specializzato.
In analogia con quanto previsto per il genitore, secondo il combinato
disposto dell'art. 20, legge 53/2000, e dell'art. 42, d.lgs. 151/200 l,
anche per parenti o affini, i permessi spettano a condizione che sussista
convivenza con il disabile o, in assenza di convivenza, che l'assistenza al
disabile sia continuativa ed esclusiva. La continuità è la concreta
possibilità di provvedere alle esigenze del figlio disabile.
Per esclusività si intende allorquando, per esempio, il genitore non
convivente risulti essere l'unico soggetto che possa prestare l'assistenza
al figlio.
Coniuge
Nessuna norma di legge tratta espressamente del coniuge, il quale non è né
parente né affine, ma sussistendo l'obbligo di reciproca assistenza tra i
coniugi, ai sensi dell'art. 143, c.c., appare del tutto irrazionale ed
incongruo che il coniuge di persona (Secondo il parere del Consiglio di
Stato n. 785 del 14 giugno 1995 è ammesso che il lavoratore subordinato che
usufruisca per sé dei permessi, possa essere assistito da un proprio
famigliare, a condizione che sussistano effettivamente condizioni tali da
giustificare la necessità dell'aiuto supplementare da parte del famigliare
convivente, e ciò venga certificato da un medico del Servizio sanitario
nazionale. Unica condizione richiesta è che non vi sia altro famigliare non
lavoratore subordinato e in grado di assistere il disabile. Il beneficio
viene ammesso anche per l'assistenza prestata all'affine, entro il terzo
grado, convivente con il lavoratore o la lavoratrice che usufruisca dei
permessi) in situazione di gravità non possa usufruire dei permessi previsti
per parenti ed affini, entro il terzo grado. Pertanto, al coniuge, in via
analogica, va estesa la medesima disciplina prevista per parenti ed affini.
Pluralità di persone da assistere
Nel caso in cui un lavoratore subordinato, del settore pubblico o privato,
si trovi a prestare assistenza a più di un disabile in situazione di
gravità, potrà cumulare un numero di permessi corrispondenti al numero di
disabili da assistere. In tale senso si è pronunciato il Consiglio di Stato
con il parere 14 giugno 1995, n. 784.
Disciplina dei permessi
Con il recepimento della direttiva comunitaria sul divieto di
discriminazione diretta ed indiretta in ambito lavorativo si dovrebbe
considerare definitivamente superata la situazione che precedentemente
penalizzava coloro che usufruivano dei permessi mensili o giornalieri
previsti dall'art. 33, legge 104/1992. Attualmente non potranno essere
ridotti né il congedo ordinario né la tredicesima mensilità, in quanto
misure palesemente discriminatorie sul lavoro. La disciplina dei giorni o
delle ore di permesso retribuiti non potrà influire negativamente su
qualsivoglia aspetto del rapporto di lavoro e del trattamento economico,
contributivo e previdenziale. In caso contrario si ricadrebbe nel divieto di
discriminazione di cui alla direttiva comunitaria. In particolare, anche i
permessi retribuiti verranno computati sull'anzianità di servizio, ma non
verranno calcolati nel periodo di comporto.
Presentazione della domanda per fruire dei permessi retribuiti La domanda -
non si tratta di una vera e propria domanda, in quanto non esiste alcuna
autorizzazione alla fruizione del beneficio, ma si tratta di una pura e
semplice richiesta documentata
- per usufruire dei permessi retribuiti si presenta presso l'ufficio dell'
ente previdenziale di competenza territoriale, compilando un modulo in
doppia copia, la cui seconda copia, dopo l'opportuna timbratura e
attestazione da parte dell'ufficio dell'ente previdenziale ricevente, dovrà
essere consegnata al datore di lavoro o all'ufficio di amministrazione del
personale in caso di impiego pubblico.
Nella domanda oltre ai dati anagrafici del beneficiario, in caso di
famigliare, vanno indicati anche i dati anagrafici del disabile.
Infine, va indicato il periodo per il quale si intende usufruire del
beneficio dei permessi. Per prorogare il periodo va presentata una nuova
domanda.
Alla domanda vanno allegati:
• copia del verbale di accertamento della Commissione ex legge 104/92,
ovvero copia della sentenza del Tribunale o della Corte d'Appello portante
l'accertamento della situazione di gravità, del lavoratore stesso, se è lui
il beneficiario dei permessi, ovvero del familiare che versa in situazione
di gravità Si sottolinea che la sentenza del Tribunale o della Corte
d'Appello è un titolo valido (in termini burocratici "equipollente") quanto
il verbale della Commissione annessa all'ASL.Lo si sottolinea perché
purtroppo nella prassi vi sono casi di incomprensioni.; • certificato di
nascita del fanciullo portatore di handicap, se si tratta di minore; • se
colui che dovrà beneficiare dei permessi è un genitore, una dichiarazione
dell' altro genitore che non intenda beneficiare anche lui dei permessi, con
impegno espresso di comunicare all' ente previdenziale eventuali modifiche;
• se il richiedente è genitore adottivo o affidatario, o parente o affine di
persona in situazione di gravità adottata o affidata, copia del
provvedimento di adozione o di affidamento; • se il richiedente è il
lavoratore disabile in situazione di gravità, la dichiarazione che nessun
altro familiare o affine intende avvalersi dei permessi per assisterlo.
Il datore di lavoro, dal momento di ricezione della copia vidimata e
timbrata dall'ente previdenziale, dovrà adeguarsi alla richiesta, senza che
né lui né l'ente previdenziale provvedano ad autorizzare l'avente diritto.
Nel caso in cui dalla documentazione prodotta, l'ente previdenziale dovesse
riscontrare anomalie tali da ostare alla fruizione dei permessi, dovrà
richiedere chiarimenti ed eventuale deposito di ulteriore documentazione a
colui che ha depositato la domanda, informandone il datore di lavoro, il
quale sospenderà la fruizione del beneficio, fino alla comunicazione
positiva da parte dell'ente previdenziale.
Il beneficio dei permessi retribuiti non è soggetto ad autorizzazione né
dell' ente previdenziale né del datore di lavoro, in quanto trattasi di
diritto soggettivo del disabile o del di lui familiare.
La domanda è valida per dodici mesi e deve essere annualmente rinnovata.
Permessi retribuiti per genitori di minore o maggiorenne in stato di gravità
I permessi per i genitori, previsti dall'art. 33, legge 104/1992, con le
modifiche apportate dagli artt. 19 e 20, legge 53/2000, sono differenziati
in rapporto all'età del figlio portatore di handicap.
Alla disciplina dei permessi mensili, prevista dalla legge-quadro
sull'handicap, si aggiungono i congedi parentali, di cui alla legge 53/2000
e d.lgs. 151/2001, ed il congedo straordinario, di cui originariamente
all'art. 80, comma 2, legge 388/2000, che ha aggiunto il comma 4-bis
all'art. 4, legge 3/2000, ed ora art. 42, comma 5, d.lgs.
151/2001. Alcuni di questi benefici sono alternativi e altri cumulativi
Prendiamo ora in considerazione la disciplina dei permessi mensili.
Figlio minore di tre anni
La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi,
di minore, non ricoverato in istituto specializzato (Sono escluse le
lavoratrici a domicilio, quelle addette ai servizi domestici e le
lavoratrici autonome, ai sensi dell'art. lO, legge 1204/1971.) con handicap
in situazione di gravità accertata, possono chiedere ai rispettivi datori di
lavoro di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a tre anni del
periodo di astensione facoltativa del congedo parentale, di due ore di
pennesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita
del bambino.
Sono cumulabili con la fruizione dei permessi giornalieri, il congedo
parentale ordinario, nonché il congedo per malattia, di cui all'art. 7,
comma 2, legge 1204/1971 (L'INPS, per prassi, esclude la cumulabilità dei
permessi orari previsti dalla legge 104/1992, con quelli orari per
allattamento, ex art. lO, legge 1204/ 1971, che siano richiesti per lo
stesso fanciullo). I riposi, i permessi e i congedi spettano anche qualora
l'altro genitore non ne abbia diritto. In caso di parti plurimi, i genitori
potranno usufruire di un numero di permessi moltiplicati per il numero di
figli portatori di handicap grave. Altro caso di cumulo si realizza quando
il genitore sia egli stesso in condizione di gravità, ma in grado di
assistere personalmente il figlio.
Dal 3° anno fino al 18° anno di età del figlio
Successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino, la
lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di
minore con handicap in situazione di gravità, hanno diritto a tre giorni di
permesso mensile coperti da contribuzione figurativa, fruibili anche in
maniera continuativa a condizione che la persona con handicap in situazione
di gravità non sia ricoverata a tempo pieno. Era richiesto, altresì, il
requisito della convivenza. Secondo la prassi degli istituti previdenziali
si possono frazionare i tre giorni in mezze giornate e non è richiesta la
convivenza.
I tre giorni di permesso possono essere utilizzati nel mese in parte da un
genitore e in parte dall'altro, purché nel limite complessivo dei tre giorni
mensili.
Il beneficio spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore
non ne abbia diritto (L’INPS, per prassi, esclude la cumulabilità dei
permessi orari previsti dalla legge 104/1992, con quelli orari per
allattamento, /ex /art. lO, legge 1204/1971, che siano richiesti per lo
stesso fanciullo). I tre giorni mensili possono essere utilizzati anche se
l'altro genitore usufruisca, in contemporanea, del congedo parentale
ordinario e del congedo per malattia del figlio. I permessi dei tre giorni
al mese, se non utilizzati nel mese di competenza, non possono essere
cumulati in un mese successivo.
Figlio maggiorenne
Successivamente al raggiungimento della maggiore età del figlio con
handicap, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche
adottivi, del disabile maggiorenne, in situazione di /"gravità",/possono
usufruire dei permessi retribuiti di tre giorni al mese. I permessi spettano
a condizione che sussista convivenza con il figlio o, in assenza di
convivenza, che l'assistenza al figlio sia continuativa ed esclusiva. La
continuità è la concreta possibilità di provvedere alle esigenze del figlio
disabile. Per esclusività si intende allorquando, per esempio, il genitore
non convivente risulti essere l'unico soggetto che possa prestare
l'assistenza al figlio. I permessi non spettano se il figlio disabile si
trovi ricoverato in istituto specializzato.
E' possibile per la famiglia di un alunno che frequenta la scuola secondaria
di secondo grado (per il quale lo specialista chiede una riduzione del
"carico scolastico" in termini di orario) chiedere la riduzione dell'orario
per tutto l'anno scolastico? Quali sono i riferimenti normativi che
consentono tale possibilità? Per la valutazione disciplinare, essa
riguarderebbe solo quelle afferenti alla frequenza.
Occorre una certificazione del'ASL da cui risulti che
l'alunno non è in grado di sopportare il carico di lezioni superiore a tot
numero di ore al giorno.
Sono un'insegnante di sostegno della scuola primaria comandata presso
l'Ufficio Scolastico Provinciale per il bienno 2006-2008 per i compiti
connessi all'autonomia scolastica.
Mi occupo presso codesto Ufficio dell'area del sostegno alla persona.
Vorrei avere chiarimenti normativi e/o tecnici in riferimento alla richiesta
di un Dirigente Scolastico di un Istituto Superiore (ITC) il quale non sa se
può accogliere o meno la richiesta di iscrizione alla classe 1^ Commerciale
del suo Istituto di un alunno diversamente abile classe 1979, quindi di anni
27.
E' giusto che tale alunno venga inserito in una classe 1^ con alunni di
14-15 anni? Come deve comportarsi il Dirigente Scolastico?
In questi casi, normalmente si suggerisce, ove
esistenti, l'iscrizione a corsi pomeridiani o serali per lavoratori, nei
quali è assicurato il sostegno come nei corsi mattutini per analogia a
quanto stabilito dalla c m n. 455/97 per i corsi di educazione per gli
adulti.
Avrei bisogno di chiarimenti sui compiti del coordinatore del gruppo H
durante l'anno scolastico: proposte di assegnazione delle ore agli alunni
disabili, incontri con i genitori, richieste di deroghe, ecc.) Inoltre
quanti incontri durante l'a.s. sono previsti con lo psicologo, a scuola?
Se si riferisce al GLH operativo sul singolo caso, di
cui all'art 12 comma 5 L.n. 104/92 gli incontri debbono essere almeno tre
durante l'anno; ma le buone prassi indicano incontri mensili o bimestrali.
Il coordinatore non ha poteri propri , ma tutto si decide, se necessario a
maggioranza, nell'ambito del GLH operativo.
Se si riferisce al GLH d'istituto di cui all'art 15 comma 2 LL.n. 104/092,
esso riguarda l'organizzazione dell'integrazione nella scuola e non si
occupa di didattica.
Sono la mamma di un bambino disabile grave (intellettivo) che
frequenta la IV° elementare statale a Roma.
Quest’anno la sola classe che frequenta mio figlio, è stata spostata dal
plesso della scuola elementare a un’ altra scuola media nelle vicinanze.
Questa scuola media, non è assolutamente adatta ad accoglierlo, in quanto,
oltre ad essere sporca e con locali fatiscenti, è totalmente sguarnita di
attrezzature in palestra, materiali e logistica adeguata (per es. i banchi
sono per ragazzi delle medie e quindi sono alti e poco agevoli per bambini
di elementare).
Queste rimostranze erano già state segnalate alla fine dello scorso anno
scolastico quando si parlava del possibile trasferimento, e in apposito GLH
convocato allo scopo era stato segnalato anche dalla psichiatra della usl la
contrarietà al trasferimento per limitare un disagio a livello psicologico
al bambino.
Ora che possiamo fare? (la direzione della scuola non risponde..)
A causa di questo disagio, volevo spostare mio figlio nella scuola
elementare statale dietro casa in una IV° elementare con solo 17 bambini.
Ma il direttore rifiuta la mia domanda di inserimento (anche se il bambino
ha già assegnato 22 ore di sostegno e 15 di a.e.c.), adducendo strane scuse
di impedimenti amministrativi interni alla sua scuola. Può farlo?
Purtroppo, se il Dirigente non può assegnarLe una
prosecuzione di incarico con altro alunno con disabilità, eventualmente
sopravvenuto, temo che il Suo contratto decada.Però in base alla normativa,
se Lei è presente in altre graduatorie, può rinunciare subito a questa
nomina e sceglierne una di durata maggiore. Però la famiglia dell'alunno
dovrebbe segnalare subito alla scuola l'intenzione di trasferirsi, anche
perchè il Dirigente deve dare il nulla osta e deve avvertire il Collega che
dovrà chiedere il sostegno tardivo.
Sono il papà di un bimbo di 4 anni, attualmente in possesso di L 104 in
quanto mio figlio è stato riconosciuto quale “_MINORE con difficoltà
persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età con
necessità di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti
quotidiani_” per “SINDROME AUTISTICA” e pertanto “_PORTATORE DI HANDICAP IN
SITUAZIONE DI GRAVITA’_”.
Quest’anno l’ho iscritto al 2° anno di scuola materna comunale. Basandomi
sulla Diagnosi Funzionale della AUSL redatta lo scorso settembre ‘05 (dove è
stata suggerita l’applicazione di strategie educative specifiche con
approccio cognitivo-comportamentale ed un Rapporto di Sostegno in deroga
massima), seguendo le indicazioni delle linee guida per l’Autismo della
SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e
dell’Adolescenza), nella facoltà di poter scegliere quale percorso
terapeutico-riabilitativo intraprendere per la persona bisognosa e su
consiglio del NPI che ha diagnosticato mio figlio, ho scelto, visto anche il
diritto dei bambini alle migliori cure possibili (UNESCO), la terapia
dell’“ANALISI del COMPORTAMENTO APPLICATA” (in inglese A.B.A. – APPLIED
BEHAVIOUR ANALISYS).
Questo è l’unico metodo scientificamente validato nel panorama odierno della
riabilitazione di soggetti autistici (e non solo). Tale approccio viene
fornito al momento in convenzione SSN solo nella regione Marche (A.U.S.L. n.
3 di Fano), ed è indisponibile a Bari, come certificatomi dalla mia AUSL di
appartenenza.
Con la collaborazione della Psicologa dell’Equipe Multidisciplinare del Ser.
Med. Scolastica AUSL (che ha redatto la D. F.), del quadro docente della
scuola materna in questione, del Dirigente Scolastico, del sottoscritto e
con la collaborazione dell’Educatore Professionale, è stato sviluppato il
Piano Educativo Individualizzato in base al Profilo Dinamico Funzionale,
redatto solamente nell’aprile di quest’anno. In particolare è stato
specificato in questi ultimi due documenti che col bambino viene applicato
il metodo educativo-comportamentale A.B.A. da ottobre 2005. Infatti, dovendo
garantire un intervento precoce ed intensivo, alla luce della
indisponibilità di tale terapia fornita dal SSN, il sottoscritto ha
contattato un centro A.B.A. inglese per essere assistito nell’applicazione
di tale metodologia didattica. La direttrice di questo centro ha formato in
tale disciplina delle laureate/laureande, che hanno quindi quotidianamente
applicato l’A.B.A. in ambito familiare al bambino sin da ottobre 2005, con
una intensità di circa trenta ore settimanali, in un rapporto 1 a 1
(terapista-studente). Da marzo il bambino ha quindi iniziato a frequentare
il primo anno di scuola materna.
> Tale programma d’intervento, intensivo e */“curricolare”/*, fatto ad “hoc”
per il bambino, prevede l’applicazione delle tecniche di modificazione
comportamentale anche a scuola, luogo dove si deve massimizzare
l’apprendimento di nuovi concetti e la generalizzazione di quelli acquisiti
dal bambino durante le sessioni casalinghe. Il tutto in particolare per
l’acquisizione delle autonomie e della socializzazione. Un incontro fatto
presso il plesso tra la Direttrice di questo centro inglese, la Psicologa
della ASL, la direttrice scolastica, l’Educatore Professionale ed il
sottoscritto, ha permesso di appurare e delineare alcuni aspetti
fondamentali per l’inizio della frequenza scolastica del bambino in marzo
u.s., ma improntati più che altro per l’anno 2006-07.
L’Educatore Professionale ha reso possibile, anche se per sole circa tre ore
settimanali, negli ultimi tre mesi di scuola e saltuariamente (essendo
impegnato anche presso un'altra struttura scolastica), l’applicazione in
ambito scolastico dei soli principi basici dell’A.B.A., essendo egli stesso
stato indottrinato all’A.B.A., avendo preso parte ad alcuni incontri
formativi e di /follow up/ presso l’abitazione del sottoscritto, a puro
titolo gratuito e fuori dall’orario di servizio. I suoi compiti però non
prevedono di potersi aggiornare e specializzarsi al pari delle terapiste che
applicano la terapia a casa. Disponendo all’attivo di poche ore di lavoro
col bambino, non aveva le caratteristiche adeguate per poter assicurare la
continuità didattico-educativa impostata per la maggior parte del tempo a
casa. Inoltre quest’anno ha rinunciato ad essere E.P. ASL per il comune.
Alla luce di quanto sopra, non essendo disponibile alla data odierna un
“Insegnante di Sostegno”, tra l’altro non indottrinato all’A.B.A., e non
essendo peraltro stato riconfermato lo stesso E.P. per l’anno 2006-07, il
sottoscritto ha cercato di chiedere (ma è stato sconsigliato in questo dalle
addette del Comune), con particolare riferimento alla Legge 104/92, art. 9
(commi 1, 2 para b., 3 e relativa nota) ed art. 14, di autorizzare l’accesso
presso la Scuola dell’infanzia Comunale di una delle terapiste che svolgono
attività in ambiente familiare, ricoprendo l’incarico quale _volontaria_ nel
ruolo di assistente specialistica per mio figlio, andandosi ad integrare
nello staff che opera a favore del bambino a scuola, nel percorso
socio-didattico deciso d’accordo dalle persone succitate (ivi compresi i
genitori) e ricoprendo l’incarico di coordinatore dei programmi casa-scuola,
per assicurare un minimo di continuità didattico-educativa anche tra scuola
e casa. Quindi ho suggerito una comunicazione scritta da parte del Comune
indirizzata alla Scuola dell’infanzia Comunale al fine di permettere
l’ingresso all’edificio scolastico della volontaria. Quest’ultima, è in
possesso certificato dei requisiti richiesti per assicurare la continuità
didattico educativa in quanto allo stato attuale è la terapista che segue il
bimbo con più continuità e da più tempo, conoscendone le doti e le lacune,
alla luce del continuo svolgimento del programma casalingo. Ha inoltre
ricevuto formazione specifica sull’A.B.A. ed avrebbe dovuto presentare
domanda di volontariato (ma è stato sconsigliata in questo dalle addette del
Comune) presso il Comune per il “servizio di aiuto personale”.
Avrebbe quindi affiancato il nuovo E.P. e l’insegnante di sostegno, che
avrei successivamente e personalmente indottrinato all’ABA, suggerendogli
corsi di formazione, anche presso la mia abitazione, o workshop formativi in
Italia, invitandoli anche a delle visite domiciliari per una migliore
conoscenza di queste tecniche applicate durante le sessioni 1 a 1 col
bambino. Questo al fine di ritrovarmi per l’anno 2007-08 un E.P. ed un
Insegnante di Sostegno qualificati in ABA, per cui richiederne la
riconferma, anche per il futuro, al fine di assicurare la continuità
didattico-educativa, svincolandomi dalla
> presenza della terapista a scuola come volontaria. In un incontro al
Comune, al quale erano presenti la responsabile amministrativa per il
sostegno, quella delle scuole comunali, la direttrice del plesso ed il
sottoscritto si è detto quanto segue:
1. Il comune non riconosce la volontaria per “l’aiuto personale” (art. 9 L.
104/92) perché non iscritta ad associazione di volontariato (leggasi invece
comma 2b art.9 e comma 4 L104/92) e quindi non assicurabile o gestibile ai
fini di retribuzione, riconoscimento dell’attività di volontariato in quanto
costretta ad orari rigidi scolastici, impossibilità di motivarne la sua
presenza vista l’assegnazione di un E. P. per sole 24 ore ed al momento
niente insegnante di sostegno, tutela della L. 626 in toto ed altre a mio
dire “scuse”;
2. Il Comune esprime dubbi sulla validità di questa metodologia ABA scelta,
non riscontrando in nessun E. P. od insegnante di sostegno tale
specializzazione (peraltro conosciuta, in ambito della Neuropsichiatria
riabilitativa, ma di solo recente divulgazione ed applicazione in Italia);
3. Il Comune afferma che non posso scegliere io qual è il meglio nelle
terapie riabilitative ed accenna più ad un problema di ASL (ma se è
rammentato nel PEI, PDF e DF con tanto di firma di tutti i membri!!!??);
4. Seppur remota questa possibilità di volontariato, essendo solo ora a
conoscenza di tale improbabile (a lor dire) procedura, imporrebbe al comune
delle azioni (appalto per società di assicurazione, aspetti amministrativi,
della gestione del personale, ecc) di lunga attesa di attuazione, andando
così di fatto alla esclusione della frequenza all’anno scolastico del
bambino;
5. La presenza di troppe figure attorno al bambino in classe potrebbe
nuocere agli altri alunni;
6. Altre futili motivazioni e ridicolizzazioni nei miei confronti alla mia
comunicazione di adire alle vie legali nel caso fosse utile, suggerendomi
ancora una volta di non presentare nessuna domanda al comune per evitare
risposte negative, anche alla luce degli accordi di seguito riportati.
Su iniziativa della direttrice mi è stato quindi suggerito questo:
1. Tramite una “buona parola” si fa iscrivere la mia terapista specializzata
in una cooperativa sociale che in passato ha collaborato con la scuola
materna comunale di mio figlio;
2. Usando le tecniche ABA e seguendo il PDF dobbiamo preparare un progetto
da presentare alla cooperativa. Questo progetto probabilmente dovrà essere
_finanziato da me_ alla cooperativa per farlo approvare;
3. La scuola chiederà quindi, per conto del Comune, diciamo a 3 cooperative
se ha personale qualificato ABA con un progetto pari a quello richiesto per
mio figlio; 4. Rispondendo la cooperativa di cui al punto1. la mia terapista
potrà accedere al plesso e tutto ciò che è di amministrativo (assicurazione,
contributi, ecc) sarà la cooperativa stessa ad occuparsene (ed il Comune??);
5. La mia terapista lavorerà con l’E.P. al fianco col compito di apprendere
(e parallelamente dovrebbe formarsi su mie indicazioni circa l’ABA;
dell’insegnante di sostegno neanche l’ombra).
Questo col rischio che il Comune, dovendo sovvenzionare la scuola per aver
richiesto questo progetto, annulli il mandato dell’E.P. vanificando ciò che
voglio (un E.P. che sia qualificato ABA e che possa assicurare la continuità
didattico-educativa nel futuro scolastico). Senza tener conto che non
sappiamo che cosa propone in effetti la cooperativa e se la mia terapista
accetta queste condizioni/impegno, alla luce di un prossimo impegno con la
seduta di
> laurea. Poi potrebbe sempre succedere qualcosa durante l’anno ed io non
avrei più né la terapista né l’E.P.. In pratica nessuno si vuol prendere
responsabilità…..di una cosa nuova ed articolata nel rispetto della legge.
Non mi sembra giusto che dovrò pagare io questo progetto alla cooperativa o
comunque sostenere delle spese per una cosa prevista dalla legge quadro
104/92. Del resto il bambino ha il diritto di andare a scuola e fin
dall’inizio dell’A.S.. Dovrei far capire all’E.P. che si _deve
_specializzare e formare in ABA (è suo dovere credo), visto che è indicato
nel PDF e nel PEI, ed essendo stato assegnato a mio figlio (con la
possibilità di richiesta futura di continuità didattico- educativa).
Chiedendo scusa per la forma e la foga nel raccontare gli eventi, rimango in
attesa di un cortese riscontro per capire quale strada intraprendere.
Stando all'art 9 L.n. 104/92, il comune potrebbe
avvalersi di un volontario singolo per il servizio di aiuto personale. Però
qui, a mio avviso, si applica l'art 13 comma 3 stessa legge sull'obbligo del
comune di fornire un assistentre per l'autonomia e la comunicazione, che
avviene normalmente tramite cooperative convenzionate. Mi chiedo però se la
figura dell'operatore dell'ABA sia una figura di tale tipo o non piuttosto
una figura piuttosto nuova. In questa seconda ipotesi, la famiglia potrebbe
ottenerla egualmente dal Comune , ma in base alla L.n. 162/98 che finanzia i
progetti di vita personale, anche dei minori, rientranti nel progetto
globale di cui all'art 14 della L.n. 328/00.
Comunque consiglio la famiglia di chiedere l'iscrizione alla lista
specializzata , scrivendo al seguente indirizzo valerio.mezzogori@autismo33.it
A mio figlio è stato riconosciuto un handicap in situazione di gravità
per cui è beneficiario della legge 104. Essendo minorenne, di tali benefici
ne usufruisce mia moglie, infermiera professionale che ha chiesto ed
ottenuto i due anni di congedo retribuito per l'assistenza al bimbo, minore
di 3 anni.
Le chiedo: per questi due anni, le spettano la tredicesima mensilità e le
ferie?
Quando rientrerà al lavoro, abbiamo pensato che sarebbe meglio
usufruire di due ore di permesso giornaliero piuttosto che di tre giorni al
mese. E' fattibile oppure le ore di permesso mensili non debbono superare,
come qualcuno ci ha detto, le 18 ore?
*Parere del Consiglio di Stato* (9 novembre
2005, n. 3389): *tredicesima mensilità e ferie non possono essere decurtate*
quando i permessi sono fruiti in modo non cumulativo agli altri congedi
parentali.
Sia l’*INPS* che il *Ministero del Lavoro*, con proprie note circolari hanno
ripreso le indicazioni del Consiglio di Stato
*Permessi retribuiti al disabile in condizioni di gravità, a familiari,
affini e affidatari *I permessi previsti sono:
-Tre giorni al mese, fino ad un massimo di 18 ore; -due oer per ogni giorno
lavorato Questi benefici sono alternativi e non cumulabili.
La legge non distingue tra tempo pieno e part-time, per cui a rigore di
legge questi permessi sono validi per tutti i lavoratori indistintamente, ma
una prassi dell'Inps e dell'Inpdap ne riducono la durata in rapporto alla
qualità e quantità del pert-time. Tale impostazione deriva da un
ragionamento basato sulla durata del tempo lavorato( in caso di par-time
orizzontale: tre giorni al mese, fino ad un massimo di 18 ore, due ore per
ogni giorno lavorato, se l'orario giornaliero è inferiore a 6 ore; mentre,
in caso di par-time verticale: i permessi di tre giorni al mese, fino ad un
massimo di 18 ore, dovranno essere ridotti proporzionalmente al numero dei
giorni contrattualmente previsti come lavorativi, due ore per ogni giorno
effettivamente lavorato).
Sono la madre di una bambina di 13 anni risiedente in un comune nella
provincia di fr il quale si rifiuta di fornire il servizio gratuito di
trasporto per e da scuola (scuola media locale) perchè dichiarano di non
averlo previsto nel bilancio comunale,nonostante la bambina sia portatrice
di handicap pari al 100%. Volevo solo chiederle se possono astenersi dal
servizio gratuito nonostante la legge 104 lo ritenga obbligatorio??
No, non possono farlo. Se si rifiutano vanno
denunciati alla magistratura.
Nella rubrica troverà numerose sentenze sul trasporto scolastico:
https://www.edscuola.it/archivio/handicap/trasporto_scolastico.htm
La legge 118/71, art. 28 c. 1, ribadita dal Decreto Legislativo n. 112/98
art. 139 comma 1 lett. C) prevede la gratuità del trasporto scolastico a
carico dei Comuni per la scuola dell’obbligo.
Sono un'insegnante di sostegno di ruolo nella scuola superiore. Sono a
conoscenza del fatto che, qualora manchi il docente curricolare, spetta
all'insegnante di sostegno presente in quelle ore sostituirlo. L'anno
scorso, e, molto probabilmente anche quest'anno, mi troverò nella condizione
di dover sostituire i colleghi tante, ma tante ore. Non solo per me, ma
anche per altri docenti di sostegno dell'Istituto, è difficile convincere
gli alunni a fare lezione, perchè noi non abbiamo il potere di valutarli e
quindi non gliene importa niente. E in più, è difficile tenere la disciplina
della classe e, contemporaneamente, far studiare il mio alunno. Oltrechè il
mio alunno fa un po' la faccia storta perchè gli altri non fanno niente e
lui deve lavorare. L'anno scorso all'inizio ho fatto fare varie attività,
come farli ripassare e vedere vari film. Ma, alla fine, si sono stancati e
si sono rifiutati. E si sono stancati anche di vedere la mia faccia e anche
io la loro, perchè le ore di assenza dei colleghi erano veramente tante e io
ho 18 ore sempre nella stessa classe. E si stancano (e mi stanco) anche
perchè devo essere presente tra un suono di campana e l'altra e si sentono
controllati anche nei momenti in cui vorrebbero rilassarsi un po'.
Non si può certo impedire ai docenti di star male o di andare in malattia,
ma la situazione summenzionata non lede il diritto del mio alunno ad essere
seguito per tutte le 18 ore e il mio diritto-dovere nel seguire lui, anche
se so bene che io sono docente della classe e non solo del mio alunno? Ma,
tenendo conto, come già detto, che la situazione dell'insegnante di sostegno
è un po' anomala, nel senso che è considerato docente della classe, ma non
può valutare direttamente con voti, non è pretendere troppo che gli alunni
lo seguano, quando già con difficoltà seguono gli altri docenti? E' vero,
abbiamo diritto di voto nel Consiglio di Classe, ma questo agli alunni non è
visibile, anche se glielo diciamo in tutte le salse, e quindi se ne fregano
(scusate l'espressione, ma è quella corretta per rendere l'idea). Che fare?
I docenti di sostegno, non possono essere utilizzati
per le supplenze in sostituzione di docenti colleghi momentaneamente
assenti.
La normativa vigente e da ultima la legge finanziaria n. 289/02 all'art.35
comma7 stabilisce inequivocabilmente che l'insegnante per il sostegno deve
essere assegnato e deve operare solo nella classe dove è inserito l'alunno
con handicap. Solo se tale alunno è assente è legittima una sua
utilizzazione per supplenze in altre classi. Una tale utilizzazione quando
l'alunno con handicap è presente concretizza per il dirigente scolastico
l'ipotesi di reato di abuso di potere, oltre che quello di illecito
contabile.
Il docente richiesto di una supplenza illegittima deve pretendere l'ordine
di servizio scritto, in mancanza del quale può legittimamente rifiutarsi di
abbandonare la classe dove è iscritto e presente l'alunno con handicap.
Può inoltre segnalare l'ordine illegittimo scritto ai sindacati scuola ed
all'Osservatorio del ministero dell'Istruzione sulla integrazione scolastica
chiedendo il num. di fax alla segreteria del 0658492414.
Per quanto riguarda le ripetute supplenze nella stessa classe a cui è stata
assegnata, vorrei ricordale che l'insegnante per il sostegno è nominato solo
perchè in quella classe c'è un alunno certificato con disabilità (L.n.
104/92 art 12 comma 5", L:n. 289/02 art 35 comma 7), cioè egli deve
occuparsi dell'integrazione dell'alunno in quella classe. Ciò può pure
realizzarsi con momenti in cui il docente per il sostegno gestisce da solo
la classe; ma deve essere un caso sporadico e programmato; non può divenire
occasionale e solo per tappabuchi. In tal modo si lede pure il diritto di
tutta la classe ad avere le lezioni di quel docente curricolare che invece
va a fare supplenze altrove.I genitori di tutti gli alunni e non solo quelli
degli alunni con disabilità dovrebbero ribellarsi, minacciando ( e se
necessario procedendo ) a denunciare alla Procura della Repubblica questi
comportamenti illegali.
Sono un docente di ed. fisica di ruolo da 12 anni nello stesso
istituto con anzianita' di servizio 35 anni...l'anno scorso ero titolare di
cattedra 16 ore mattina e due pomeridiane gruppo sportivo...ho legge 104
art. 21...e sono il primo in graduatoria interna..per punteggio e per nn. 2
104 una per mia madre e una per me 104 art. 21. Purtoppo quest'anno si e'
verificata decisione per diminuzione 4 ore di mandarmi a completare cattedra
nello stesso comune di residenza 2ore. perche' hanno spostato me e non la
collega titolare solo di 104 assistenza genitore adducendo la continuita'
didattica come causale?
La continuità del processo educativo, è un fattore
rilevante per la positività dell'esperienza scolastica di ogni alunno e per
il bambino in stato di handicap lo è ancora di più. Nella scuola, vengono
prima gli interessi del bambino, poi del lavoratore.
Desidererei sapere se, con l'art. 33 comma 5 e 7 legge 104 riconosciuti per
assistenza al genitore disabile con invalidità di 2/3 e non in gravità,
risulta possibile fruire del permesso di 3 gg. mensili
Solo con l'art.3 comma 3, può usufruire dei 3 gg.
Sono un genitore, lavoratore dipendente, che ha due figli minori,
entrambi in situazione di gravità riconosciuto e come tale, beneficiario
dell'art. 33 c^ 3 lg. 104 relativi in particolar modo alla fruizione dei tre
giorni di permesso mensile. Ho fatto richiesta alla mia amministrazione, poi
concessami, di fruire di 3+3 giorni di permesso mensile, per quanti sono i
figli (2) affetti da handicap e in situazione di gravità. Recentemente anche
mio padre , in relazione ad una grave malattia è stato riconosciuto invalido
al 100% e come tale necessita di assistenza. Chiedo se posso, in quanto
unico figlio in grado di assisterlo, essere beneficiario, anche per mio
padre, dell'art. 33 c^ 3 lg 104 e quindi usufruire dei 3 giorni di permesso
mensili previsti, oltre a quelli di cui beneficio per i miei due figli. Il
papà risiede nella stessa città di mia residenza. Grazie.
Quando nel nucleo familiare sono presenti più persone
handicappate gravi, bisognose di assistenza, può essere riconosciuta al
lavoratore, dietro sua specifica richiesta ed al verificarsi di alcune
condizioni, la possibilità di cumulare più permessi, sempre, però, nel
limite massimo di tre giorni per ogni familiare handicappato.
Il cumulo dei benefici può essere chiesto dai genitori di figli di età
superiore ai 3 anni ovvero dal coniuge, dai parenti o dagli affini (entro il
3 grado) del soggetto handicappato.
Veda la Circolare INPS D.C. Prestaz. Temporanee - Uff. XII - 31 ottobre
1996, n. 211
Sono un genitore di una ragazza Down di 22 anni, Fabiola ha
frequentato la classe 4 dell'Istituto Statale d'Arte di Comiso, io come
insegnante di questa scuola sono stato ( in questo anno di insegnamento),
insegnante di mia figlia per la disciplina Educazione Visiva. Fabiola questo
anno è stata bocciata per consolidare alcune aree di sviluppo, il C.S.A. di
Ragusa, per il prossimo anno non vuole dare l'insegnante di sostegno con la
motivazione che dopo il diciottesimo anno di età non tocca il sostegno.
Chiedo gentilmente se la posizione del C.S.A. di Ragusa è corretta oppure ci
sono delle prese di posizioni da poter contrastare per avere il sostegno il
prossimo anno scolastico.
Faccio presente che Fabiola segue un PEI con obbiettivi minimi e la
bocciatura motivata già al primo quadrimestre con alcune insufficienze, il
consiglio di classe si è espresso per la bocciatura motivandolo
opportunamente con una relazione dell'insegnante di sostegno.
In via di principio, nessuna norma di legge prevede che agli alunni
maggiorenni con disabilità possa essere negato il sostegno e gli altri
diritti che garantiscono il diritto allo studio. Cosa diversa è se la
famiglia si adopera per far permanere l'alunno nella scuola superiore,
perchè non sa come progettare la sua vita futura. In tal caso non si può
parlare di integrazione scolastica, ma di "parcheggio" e l'amministrazione
scolastica cerca di utilizzare al meglio le scarse risorse disponibili, ad
es. preferendo chi si iscrive per la prima volta ad un corso superiore a chi
, dopo aver frequentato un ciclo superiore si iscrive ad un secondo ciclo o
ripete anni nel primo ciclo senza un progetto e senza chiare e precise
motivazioni. Occorre stimolare gli Enti locali ad assumersi le loro
responsabilità per garantire un progetto di vita ai sensi dell'art 14 L.n.
328/00, al termine della scuola.
Ho ottenuto per mio padre il rilascio della certificazione da parte
della commissione medica art 3 comma 3. Gradirei conoscere l'elenco completo
della documentazione da presentare al Dirigente scolastico per fruire dei
benefici previsti dalla legge 104. Faccio presente: a) che ho due fratelli e
che risiedono nella mia stessa citta; b) che mio padre da anni legalmente
separato risiede con mia madre da soli due anni; c) che nessun altro
familiare fruisce o intende fruire dei benefici previsti dalla legge 104/92.
Per usufruire dei benefici, devi presentare domanda
all'Inps o all'Ente a cui appartieni, dopo di ciò la copia
dell'autorizzazione rilasciata dall'Ente la consegni al Dirigente scolastico
SONO UNA NON VEDENTE IN POSSESSO DEL CONTRASSEGNO DISABILI, VORREI PORRE
ALCUNE DOMANDE.
HO FATTO LA RICHIESTA AL COMUNE DI ROMA DI UN PARCHEGGIO DISABILI RISERVATO
SOTTO CASA.
HO FATTO QUESTA RICHIESTA IN QUANTO USUFRUISCO DELLA MACCHINA DI MIA SORELLA
E ALTRI ACCOMPAGNATORI GIORNALMENTE E IN QUANTO ABITO IN UNA ZONA IN CUI
C’E’ MOLTO TRAFFICO VISTO CHE NEI PRESSI C’E’ UN CENTRO COMMERCIALE.
TUTTI I PARCHEGGI RISERVATI IN ZONA LI TROVO SEMPRE OCCUPATI.
HO FATTO LA RICHIESTA NEL MESE DI APRILE 2005, DOPO DECINE DI CHIAMATE AL
COMUNE, DOPO AVER PAGATO ALCUNI BOLLETTINI, IL PARCHEGGIO E’ STATO FATTO A
MAGGIO 2006.
IL PROBLEMA E’ CHE NON HANNO FATTO UN PARCHEGGIO RISERVATO E NUMERATO MA UN
PARCHEGGIO COMUNE CHE PUO’ UTILIZZARE CHIUNQUE ABBIA IL CONTRASSEGNO.
IL COMUNE MI HA DETTO CHE AL NON VEDENTE NON E’ CONCESSO IL PARCHEGGIO
RISERVATO. A ME SEMBRA UNA COSA ASSURDA, TRA L’ALTRO QUESTO PARCHEGGIO
DOVREBBE ESSERE UTILIZZATO DA MIO MARITO E MIA SORELLA ANCH’ESSI NON
VEDENTI.
COME POSSO FARE PER AVERE QUESTO PARCHEGGIO?
Nelle aree di parcheggio devono essere previsti posti
auto, riservati a persone disabili, nella misura di almeno uno ogni frazione
di 50 (2%), opportunamente segnalati ed ubicati nelle vicinanze dell'accesso
all'edificio o struttura a cui è riservata l'area di parcheggio (DM 236/89
p. 8.2.3.).
La sosta in tali parcheggi è consentita solo ai veicoli al servizio delle
persone disabili, che abbiano già ottenuto il “contrassegno H”. È vietato
l'uso del contrassegno da parte di persone diverse dall'interessato,
pertanto non è consentito parcheggiare negli spazi riservati se, in quel
momento, l'auto non è al servizio specifico della persona disabile.
I parcheggi riservati personalizzati
Le persone che possiedono già il “permesso H” possono richiedere un
parcheggio riservato "personalizzato" all'Ufficio competente del Comune di
residenza (DPR 495/92 art 381 comma 5).
Il parcheggio riservato e personalizzato può essere richiesto nei pressi
della propria abitazione e/o del luogo di lavoro, anche da o per coloro che
non sono personalmente abilitati alla guida.
Non è possibile, però, presentare una domanda perché siano individuati
parcheggi riservati all'interno di cortili, siano essi di proprietà privata
o di edilizia residenziale pubblica. Sull’apposito segnale può essere
riportato il numero della concessione relativa al “contrassegno H”: in
questo caso il parcheggio è strettamente riservato al richiedente.
Da leggere:
Art. 381 del DPR n. 495/92 - Strutture e segnaletica per la mobilità delle
persone invalide (art. 188 C.s.).
1. Ai fini di cui all'articolo 188, comma 1, del codice, gli enti
proprietari della strada devono allestire e mantenere funzionali ed
efficienti tutte le strutture per consentire ed agevolare la mobilità delle
persone invalide.
2. Per la circolazione e la sosta dei veicoli a servizio delle persone
invalide con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta, il sindaco
rilascia apposita autorizzazione in deroga, previo specifico accertamento
sanitario. L'autorizzazione è resa nota mediante l'apposito "contrassegno
invalidi" di cui alla figura V.4. Il contrassegno è strettamente personale,
non è vincolato ad uno specifico veicolo ed ha valore su tutto il territorio
nazionale. L'indicazione delle strutture di cui al comma 1 deve essere resa
nota mediante il segnale di "simbolo di accessibilità" di cui alla figura V.5.
3. Per il rilascio della autorizzazione di cui al comma 2, l'interessato
deve presentare domanda al sindaco del comune di residenza, nella quale,
oltre a dichiarare sotto la propria responsabilità i dati personali e gli
elementi oggettivi che giustificano la richiesta, deve presentare la
certificazione medica rilasciata dall'ufficio medico-legale dell'Unità
Sanitaria Locale di appartenenza, dalla quale risulta che nella visita
medica è stato espressamente accertato che la persona per la quale viene
chiesta l'autorizzazione ha effettiva capacità di deambulazione
sensibilmente ridotta. L'autorizzazione ha validità 5 anni. Il rinnovo
avviene con la presentazione del certificato del medico curante che confermi
il persistere delle condizioni sanitarie che hanno dato luogo al rilascio.
Conservano la loro validità le autorizzazioni e i corrispondenti
"contrassegni invalidi" già rilasciati. All'atto del rinnovo, il
contrassegno dovrà essere adeguato alle presenti norme.
4. Per le persone invalide a tempo determinato in conseguenza di infortunio
o per altre cause patologiche, l'autorizzazione può essere rilasciata a
tempo determinato con le stesse modalità di cui al comma 3. In tal caso, la
relativa certificazione medica deve specificare il presumibile periodo di
durata della invalidità.
5. Nei casi in cui ricorrono particolari condizioni di invalidità della
persona interessata, il sindaco può, con propria ordinanza, assegnare a
titolo gratuito un adeguato spazio di sosta individuato da apposita
segnaletica indicante gli estremi del "contrassegno invalidi" del soggetto
autorizzato ad usufruirne . Tale agevolazione può essere concessa nelle zone
ad alta densità di traffico, dietro specifica richiesta da parte del
detentore del "contrassegno invalidi". Questi deve, di norma, essere
abilitato alla guida e deve disporre di un autoveicolo.
6. Gli schemi delle strutture e le modalità di segnalamento delle stesse,
nonché le modalità di apposizione della segnaletica necessaria e quant'altro
utile alla realizzazione delle opere indicate nel comma 1, sono determinati
con apposito disciplinare tecnico, approvato dal Ministro dei lavori
pubblici sentito il Ministro della sanità.
Sono un'insegnante di sostegno dell'istituto agrario di Potenza.
Vorrei avere delucidazioni in merito al seguente problema: una ragazza
portatrice di handicap frequentante l'ultimo anno di scuola superiore ha
manifestato apertamente di non voler lasciare la scuola e di poter
frequentare l'istituto almeno per un altro anno scolastico. La ragazza non
vuole, soprattutto, sostenere gli esami. Qual è il procedimento da adottare
e la normativa di riferimento a
cui posso riallacciarmi perchè si possa procedere regolarmente? E' possibile
ricondurre e risolvere il tutto in sede di scrutinio facendo riferimento
all'immaturità sociale della ragazza?
Se l'alunno non si presenta agli esami , è
automaticamente dichiarato bocciato. Spetta poi al Collegio docenti decidere
discrezionalmente se accoglie o meno la richiesta di ripetenza dell'alunno.
Sono un'insegnante di sostegno che segue un alunno con ritardo mentale
grave sostenuto da sindrome di down in terza media. Il consiglio di classe
ha deciso di fermarlo per un altro anno poichè l'alunno non ha acquisito le
autonomie sociali e personali di base e soprattutto perchè la madre non
intende assolutamente iscriverlo alle superiori ma tenerlo a casa con sè;
il punto è che l'alunno ha 17 anni e compirà 18 anni il prossimo 5 dicembre;
per tale motivo il dirigente scolastico fa verbalizzare ad ogni consiglio
che lui è contrario a questa decisione poichè sostiene che l'alunno perderà
il diritto all'insegnante di sostegno appena compirà 18 anni, cioè dal 6
dicembre in poi, e che saranno solo gli insegnanti curriculari a doverlo
seguire. Dal Csa di riferimento arrivano notizie contrastanti al riguardo,
chi conferma ciò che dice il dirigente scolastico, chi smentisce sostenendo
che non è possibile togliere un insegnante di sostegno a metà anno
scolastico, soprattutto se a nominarlo è il csa con incarico annuale (a
questo punto viene il dubbio se sarà mai nominato un insegnante di sostegno
con incaricao annuale!?); per favore, sapreste indicarmi dei riferimenti
legislativi per fare chiarezza e risolvere definitivamente questo problema?
La situazione è stata determinata dalla snentenza n.
226/01 della Corte costituzionale che ha stabilito che gli alunni dopo il
compimento del 18° anno dietà debbono frequentare i corsi serali per adulti
con diritto al sostegno Cfr. C.M.n.455/97. Siccome però l'alunno comincia
l'anno scolastico ancora da ,minore, non può certo essere cacciato da scuola
ad anno iniziato.
Quindi la possibilità della prosecuzione sino alla fine dell'anno deve
essere garantita col sostegno. Comunque non esiste nessuna norma che vieta
la nomina del sostegno dopo i 18 anni.
Ci troviamo in una situazione paradossale: il 23 maggio u.s. è stato
assegnato sostegno ad un allievo di un prima classe di un istituto
professionale. Il Ds ci ha convocato in seduta straordinaria per definire il
PEI (alla riunione è stato convocato peraltro anche il genitore
dell'allievo) per l'anno in corso. E' possibile tutto questo? Può un
Consiglio formulare il Pei in termini così ristretti e poi valutare l'alunno
in base ad esso a pochi giorni dal termine delle attività didattiche? Voglia
cortesemente rispondere perchè il Ds ritiene la qual cosa fattibile.
Il Piano educativo individualizzato è il documento nel
quale vengono descritti gli interventi integrati ed equilibrati tra di loro,
predisposti per l'alunno in situazione di handicap, in un determinato
periodo di tempo, ai fini della realizzazione del diritto all'educazione e
all'istruzione, di cui ai primi quattro commi dell'art. 12 della Legge n.
104 del 1992.
Il P.E.I. è redatto, ai sensi del comma 5 del predetto art. 12,
congiuntamente dagli operatori sanitari individuati dalla ASL e dal
personale insegnante curriculare e di sostegno della scuola e, ove presente,
con la partecipazione dell'insegnante operatore psico-pedagogico, in
collaborazione con i genitori o gli esercenti la potestà parentale
dell'alunno. Atto di indirizzo: D.P.R. del 24/02/94, art.4.
Il P.E.I. tiene presenti i progetti didattico-educativi, riabilitativi e di
socializzazione individualizzati, nonché le forme di integrazione tra
attività scolastiche ed extrascolastiche, di cui alla lettera a), comma 1,
dell'art. 13 della Legge n. 104 del 1992.Nella definizione del P.E.I., i
soggetti di cui al precedente comma 2, propongono, ciascuno in base alla
propria esperienza pedagogica, medico-scientifica e di contatto e sulla base
dei dati derivanti dalla diagnosi funzionale e dal profilo dinamico
funzionale, di cui ai precedenti articoli 3 e 4, gli interventi finalizzati
alla piena realizzazione del diritto all'educazione, all'istruzione ed
integrazione scolastica dell'alunno in situazione di handicap. Detti
interventi propositivi vengono, successivamente, integrati tra di loro, in
modo da giungere alla redazione conclusiva di un piano educativo che sia
correlato alle disabilità dell'alunno stesso, alle sue conseguenti
difficoltà e alle potenzialità dell'alunno comunque disponibili.
Il PEI:
- si definisce entro il secondo mese dell'anno scolastico
- si verifica con frequenza, possibilmente trimestrale
- verifiche straordinarie per casi di particolare difficoltà
Pertanto quello che sta facendo quel dirigente scolastico è una presa in
giro e serve solo a lui per mettersi in regola anche se tardivamente
Può l'insegnante di sostegno essere utilizzato per supplenze di altre
classi, per mancanza del docente curriculare, anche se nella sua classe è
presente il ragazzo diversamente abile che segue? possono essere invertite
le ore sempre per sostituire un docente assente cambiando l'orario effettivo
di servizio? esistono dei riferimenti normativi a riguardo e non libere
interpretazioni su tali norme?
Se legge le faq, troverà mille risposte per questa
pratica indecente che applica ancora qualche pseudo dirigente scolastico e
che insegnanti si sostegno, ma di poco sostegno scolastico per i ragazzi
disabili praticano.
Se lo faccia mettere per iscritto quello che gli chiedono, altrimenti si
rifiuti e gli dica che l'insegnante viene nominato per dare un supporto
attivo all'integrazione scolastica del ragazzo disabile e non per fare
supplenze!
E' un abuso e omissione in atti di ufficio
Sono impiegata in un call center; mia madre invalida al 100% vive in
un'altra città, sul decreto di invalidita` gli sono stati riconosciuti i
benefici della legge 104/92.
Posso avvalermi di detta legge per “pretendere” il trasferimento presso la
sede del call center dove risiede mia madre?
Ho necessita` di essere trasferita, per poter garantire, con carattere di
continuita`, le cure a mia madre.
Ho letto, inoltre, che non e` piu` richiesto il requisito della convivenza
con il disabile (lg.53/2000)
Certamente. Si ricordi che l'invalidità riconosciuta
deve essere quella con gravità, art. 3 comma 3 della legge 104/92
Gradirei conoscere i riferimenti di legge per quanto riguarda la
facolta del capo d'istituto di controllare in primis un documento per poi
passarlo al protocollarlo se egli lo ritiene opportuno.
Ritengo il potere sia insito nella funzione
dirigenziale.Comunque una raccomandata con avviso di ricevimento, non può
non essere protocollata.
Sono una insegnante di sostegno di scuola primaria, l’alunno che seguo
frequenta la classe quinta ed è un soggetto artistico medio-grave. Dovrei
redigere un progetto di accompagnamento dalla scuola primaria alla scuola
secondaria di primo grado, ma non so come fare.
Esiste una modulistica apposita oppure un fac simile, se si vi chiedo di
inviarmelo come allegato alla mia casella di posta elettronica, oppure darmi
delle informazioni necessarie per poterlo redigere.
Veda il Decreto Ministeriale 24 luglio 1998, n. 331,
Art. 43 - Progetti sperimentali
Disposizioni concernenti la riorganizzazione della rete scolastica, la
formazione delle classi e la determinazione degli organici del personale
della scuola
https://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dm331_98.html
Sono un insegnante di spostegno, nell'area tecnica.
Lo scorso 4 Aprile me' scaduto il periodo di validita' dei 3 anni
consentiti, per usufruire dei beneifici di questa legge, per assistere mio
padre cieco parziale, quasi totale, affetto da retinopatia deiabetica
prolieferante.
A questo punto, abbiamo fatto di nuovo l'accertamente con la commissione
preposta dalla USL di competenza, ma ci vorranno 70 gg e piu' per ricevere
l'esito dell'accertamento.
Questo comporta che per il prossimo Giugno, termine di presentazione della
domanda di utilizzazione, io non posso presentare tale domenda.
Come posso fare?
L'accertamento della situazione di handicap è
effettuato dall'apposita commissione medica costituita presso l'Azienda
Sanitaria Locale di appartenenza del disabile, integrata da un operatore
sociale e da un esperto, in servizio presso la struttura sanitaria.
Ai sensi dell'art. 2, comma 2, del D.L. 27/8/93 n. 324, convertito in L.
27/10/93 n. 423, qualora la commissione medica non si pronunci entro 90
giorni dalla presentazione della domanda, l'accertamento può essere
effettuato dal medico, in servizio presso la ASL che assiste il disabile,
specialista nella patologia dalla quale è affetta la persona handicappata.
L'accertamento produce effetti, ai fini della concessione dei benefici
previsti dall'art. 33, sino all'emissione del verbale da parte della
commissione medica.
È necessario precisare che, per ottenere i benefici previsti dalla legge in
esame, è indispensabile che il verbale di visita attesti esplicitamente la
sussistenza di handicap gravi ai sensi dell'art. 3, 3° comma, della L.
104/92."
La copia della certificato "provvisorio" va allegato quindi alla domanda di
fruizione dei permessi. I moduli di richiesta dei permessi sono disponibili
presso la sede territorialmente competente dell'INPDAP.
Per gli assicurati INPS è prevista un'analoga disposizione che peraltro non
fa che applicare una norma dello Stato, la legge 423/1993.
Circolare INPDAP - Direzione Centrale Personale Ufficio IV - 10 luglio 2000,
n. 34
https://www.edscuola.it/archivio/norme/circolari/cinpdap3400.html
Legge 27 ottobre 1993, n. 423
http://www.handylex.org/stato/l271093.shtml