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FAQ
Domande e Risposte su Handicap e Scuola
Assistenza Familiare
Disabile
Il dipendente che assiste un
familiare disabile ha diritto a rimanere nella sede più vicina al
proprio domicilio ed a non essere trasferito senza il suo consenso,
intendendosi per trasferimento qualsiasi modifica unilaterale della sede
in cui il lavoratore svolge la propria attività e che pregiudichi la
continuità dell'assistenza. Tale diritto sussiste indipendentemente
dalla conoscenza che il datore di lavoro ha della situazione familiare
del dipendente e dal numero di persone, appartenenti al nucleo
familiare, che assistono il disabile. (Trib. Verona 20/11/2001, Pres.
Chimez Est. Sollazzo, in D&L 2002, 152)
L'art. 33, comma 5, L. n. 104/92 non è applicabile al caso in cui il
lavoratore chieda il trasferimento del posto di lavoro nel luogo in cui
è domiciliato il familiare bisognoso di cure, quando il rapporti di
assistenza non è ancora posto in essere, poiché la norma in esame
richiede la continuità del rapporto, e quindi che questo sia già in
essere al momento della costituzione del rapporto di lavoro. (Trib. Roma
17/3/2003, Est. Perra, in Lav. nella giur. 2003, 1178)
In materia di assistenza alle persone handicappate, la norma di cui
all'art. 33, quinto comma, l. 5/2/92, n. 104, sul diritto del genitore o
familiare lavoratore "che assista con continuità un parente o un affine
entro il terzo grado handicappato" di scegliere, ove possibile, la sede
di lavoro più vicina al proprio domicilio, non è applicabile nel caso in
cui la convivenza sia stata interrotta per effetto dell'assegnazione, al
momento dell'assunzione, della sede lavorativa e il familiare tenda
successivamente a ripristinarla attraverso il trasferimento in una sede
vicina al domicilio dell'handicappato. (Corte Appello Milano 5/6/01,
pres. Mannaccio, est. Ruiz, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 340)
Il diritto alla scelta della sede di lavoro più vicina al proprio
domicilio, previsto dall'art. 33 c. 5 L. 104/92 in favore del lavoratore
che assista con continuità un parente (o affine) entro il terzo grado
handicappato e convivente, sussiste non solo al momento della
costituzione del rapporto ma anche durante lo svolgimento dello stesso;
tale interpretazione della norma comporta il diritto di ottenere il
trasferimento in una sede più vicina al domicilio anche dopo averne
ricevuta una più lontana e impone, in simile ipotesi, di intendere il
requisito della convivenza con l'assistito come appartenenza allo stesso
nucleo familiare (e non come convivenza in atto al momento della domanda
di trasferimento); per la sussistenza dell'ulteriore requisito relativo
all'oggettiva possibilità del mutamento della sede di lavoro, pure
previsto dalla norma, è sufficiente che risulti la disponibilità di
posti di lavoro presso la sede indicata dall'interessato (Pret. Milano
10/7/95, est. Sala, in D&L 1995, 977)
Il diritto alla scelta della sede di lavoro più vicina al proprio
domicilio previsto dall' art. 33, comma 5, l. 5/2/92, n. 104, in favore
del lavoratore che assista un familiare handicappato sussiste anche
quando non si è in presenza di handicap grave e anche quando non vi sia
la convivenza in atto. Tuttavia, il requisito della convivenza, non più
richiesto a seguito dell'emanazione della l. 8/3/00, n. 53, deve
intendersi comunque sussistente, nonostante la lontananza, quando tra il
lavoratore richiedente e il familiare assistito permangono stretti
legami di assistenza materiale e morale (Trib. Modica, 12/7/00, est.
Rizza, in Dir. lav. 2001, pag. 48)
Il lavoratore che assista con continuità un parente handicappato con lui
convivente non può essere trasferito ad altra sede, ai sensi dell’art.
33, 5° comma, L. 5/2/92 n. 104, se non previo consenso, essendo
irrilevante, ai fini dell’operatività della norma, la presenza di altro
soggetto in grado di fornire assistenza all’handicappato (nella
fattispecie, è stato anche ritenuto che, nel caso di illegittimo
trasferimento di lavoratore che assiste un parente portatore di handicap
con lui convivente, sussiste il periculum in mora che legittima la
sospensione del trasferimento, con provvedimento d’urgenza ex art.700
c.p.c., dovendosi evitare la traumatica e dannosa rottura di una
convivenza che il legislatore ha inteso tutelare) (Pret. Roma 31/5/97,
est. Vincenti, in D&L 1998, 415)
E’ illegittima la revoca del trasferimento di lavoratore che assiste un
familiare in condizioni di handicap grave, come previsto dalla L. 5/2/92
n. 104, qualora lo stesso abbia fissato il proprio domicilio e quello
della famiglia nella nuova sede di lavoro e le esigenze organizzative
aziendali poste a fondamento del provvedimento di revoca e di rientro
nella sede originaria non siano state provate, siano formulate in modo
generico e risulti, per contro, la tendenziale flessibilità
dell’organizzazione aziendale (nella fattispecie, è stato ritenuto
sussistere il periculum in mora legittimante la sospensione, con
provvedimento d’urgenza, del trasferimento del lavoratore in ipotesi di
cessazione traumatica della convivenza e dell’assistenza concernenti il
familiare da lui assistito, portatore di patologie gravi) (Trib. Roma
28/5/99 (ord.), pres. ed est. Pecora, in D&L 1999, 857)
Legge 5 febbraio 1992, n. 104
"Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle
persone handicappate."
(Pubblicata in G. U. 17 febbraio 1992, n. 39, S.O.)
Comma 5.
Il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o
privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il
terzo grado handicappato ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede
di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito
senza il suo consenso ad altra sede. (7bis)(7quater)
Comma 7.
Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si applicano anche agli
affidatari di persone handicappate in situazione di gravità.
(7ter)(7quater)
Soggetti destinatari dei benefici di legge (art. 33, commi 1, 3, 5, 6,
7)
I benefici, di cui all'art. 33 della legge in esame, sono previsti a
favore:
dei genitori, anche adottivi, di soggetti portatori di handicap grave;
dei dipendenti, che assistono parenti o affini entro il terzo grado
affetti da handicap grave;
degli affidatari di persone con handicap grave;
dei lavoratori portatori di handicap grave.
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