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QS Qualità Salute - Materiali per la promozione della
salute La malattia di Alzheimer nella regione Lazio: programmi di ricerca scientifica mirati alla individuazione di validi modelli assistenziali I materiali e le annotazioni che si riportano sono tratti da atti ufficiali della Regione Lazio a vario titolo elaborati sul tema della malattia di Alzheimer nel periodo settembre 2000 – marzo 2001. Il relativo allestimento è stato curato da Agostino Bruni e Valentino Mantini della redazione di QS. I perché di un intervento speciale La demenza rappresenta una delle principali cause di disabilità nell’età avanzata. La malattia di Alzheimer è la più comune causa di demenza: in Italia si stimano sulle 500.000 le persone affette dalla malattia. Si tratta di un processo degenerativo cerebrale progressivo, irreversibile, di lunga durata e dalle cause non ancora del tutto note. La sopravvivenza mediana dall’inizio dei sintomi è di circa 9 anni. Non esiste un test specifico per la diagnosi di malattia di Alzheimer. Le tecniche di diagnostica più sofisticate non sono state ancora pienamente validate e risultano di non semplice accessibilità, altre indagini, come le tecniche diagnostiche per immagini, risentono di problemi di scarsa sensibilità perché riescono per lo più soltanto ad escludere che la demenza sia dovuta ad altre cause rispetto all’Alzheimer. La difficoltà diagnostica, che è dovuta principalmente alla aspecificità di molti sintomi, si riflette sulla produzione delle le stime di prevalenza e di incidenza che purtroppo spesso non si basano su di una univoca definizione di caso o di stadio della malattia. Anche per quanto riguarda il trattamente della malattia, ad oggi non esiste una terapia specifica, in grado di farla regredire. La progressione dell’Alzheimer comporta una crescente perdita dell’autonomia personale, con la comparsa di seri disturbi della personalità. I dati di alcune ricerche indicano che l’istituzionalizzazione delle persone con demenza arriva fino al 14% e che i soggetti con più di 85 anni raggiungono percentuali di istituzionalizzazione assai più elevate, fino al 50%. La Regione Lazio intende procedere in direzione di alcuni approfondimenti che, nella fase attuale, appaiono tra i più urgenti e significativi: la precoce identificazione della malattia; la valutazione complessiva dei bisogni sanitari, anche di quelli dovuti a fattori comorbidi; la definizione di criteri omogenei di gestione del paziente; lo sviluppo, il monitoraggio e la verifica di un sistema assistenziale integrato che includa i servizi territoriali e quelli specialistici; la valutazione dei costi, diretti ed indiretti, generati dalla malattia. Importante, per la complessiva valutazione del sistema assistenziale sarà, poi, la costruzione di una rete di medici di medicina generale nelle fasi di arruolamento dei casi prevalenti ed incidenti, la sperimentazione di un sistema di referaggio presso i centri specialistici (Unità Valutative Alzheimer – di séguito indicati come Centri UVA) e la valutazione prospettica della storia assistenziale in funzione del livello di gravità, nonché azioni di coordinamento delle attività assitenziali poste in essere dai vari Centri UVA della regione. La Regione sarà così in grado di stimare la prevalenza e l’incidenza della malattia, raccogliere decisivi elementi di conoscenza circa l’appropriatezza dei percorsi diagnostici, stimare il carico assistenziale e potenziare o consolidare la rete dei servizi socio-sanitari per l’assistenza al malato (assistenza domiciliare, attività di volontariato organizzato, strutture di assistenza residenziale, ecc.). Come, dove, quando operare Sul versante propriamente organizzativo, la Regione Lazio, in attuazione del Decreto ministeriale 20 luglio 2000, ha emanato la circolare 20 settembre 2000 comunicando alle aziende sanitarie, ai policlinici universitari, agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e privati, nonché agli ordini professionali dei medici e dei farmacisti il protocollo di monitoraggio dei piani di trattamento farmacologico per la malattia di Alzheimer e l’elenco delle unità di valutazione Alzheimer (Centri UVA) individuate nella regione (riportato a pag. 57). Nella circolare si sintetizzano i passaggi procedurali del monitoraggio: I medici di medicina generale, avendo contatti diretti e regolari con le persone anziane e con le loro famiglie, saranno coloro che per primi, su un sospetto diagnostico, indirizzeranno il paziente verso il Centro UVA di riferimento e, nel proseguo della terapia, vigileranno sull’andamento clinico del trattamento farmacologico; Il Centro UVA, a sua volta, esaminato lo stato clinico del paziente, valuterà l’opportunità di iniziare il programma terapeutico così come previsto nel Decreto ministeriale; Sarà còmpito dei Centri UVA compilare la scheda d’inizio del trattamento e le successive schede di visita. Copia di entrambe le schede saranno inviate alle Aziende Usl di residenza dei pazienti; Le Aziende Usl, raccolte le schede dei propri assistiti, invieranno, con cadenza quadrimestrale, il prospetto riepilogativo previsto dal Decreto ministeriale allo stesso Ministero della Sanità – Dipartimento valutazione dei medicinali e farmacovigilanza; Analogamente, ma con cadenza mensile, le Aziende Usl trasmetteranno alla Regione Lazio il prospetto riepilogativo dei pazienti ammessi alla terapia con l’indicazione del corrispondente Centro UVA presso il quale siano stati indirizzati; Le ditte autorizzate all’immissione in commercio delle specialità medicinali erogabili ai sensi del 1° comma dell’articolo 8 del Decreto ministeriale, dopo averle opportunemente contraddistinte, forniranno gratuitamente tali specialità alle Aziende Usl, per un massimo di quattro confezioni per paziente; Questi stessi farmaci, a partire dal quinto mese della sperimentazione, e per un massimo di altri quattro mesi, verranno erogati a cura delle farmacie pubbliche e private ai pazienti ammessi dai Centri UVA al monitoraggio. Per tali farmaci, i distributori intermedi e le farmacie stesse, non percepiranno alcun compenso. Successivamente, ad integrazione delle indicazioni già fornite, con una seconda circolare esplicativa del 4 dicembre 2000, la Regione Lazio ha ritenuto di dover individuare modalità organizzative integrate multidisciplinari, omogenee per l’intero territorio regionale, soprattutto al fine di promuovere una maggiore collaborazione tra i medici di medicina generale e i Centri UVA e per meglio rispettare la sfera di riservatezza personale dovuta ai pazienti. Con queste ulteriori indicazioni la Regione ha inteso disciplinare alcuni passaggi procedurali di tipo tecnico e operativo ai quali vincolare le attività delle aziende sanitarie e degli altri Enti sanitari interessati e coinvolti nel monitoraggio e nella sperimentazione. Secondo quanto comunicato dalla circolare, quindi: Il paziente viene indirizzato al Centro UVA dal medico di medicina generale o da uno specialista (neurologo, psichiatra, geriatra, internista) mediante l’utilizzazione del ricettario regionale con la dicitura "vistia specialistica presso Unità di Valutazione Alzheimer". Il paziente e la sua famiglia sono liberi di scegliere il Centro UVA che ritengono più opportuno in base a motivazioni non sindacabili, pur essendo preferibile un rapporto con il Centro UVA di riferimento territoriale. Il tempo di attesa per la prima visita presso il Centro UVA deve essere contenuto entro il limite massimo di 20 giorni dalla richiesta del medico. Ogni Centro UVA si deve impegnare, con periodicità trimestrale, ad inviare al Centro regionale di coordinamento (Dipartimento Servizio sanitario regionale) i dati sulla attività clinica svolta. Nella prima fase ogni Centro UVA distribuirà il farmaco prescritto attraverso consegna diretta del prodotto che sarà fornito dalla farmacia della struttura, la quale, a sua volta, riceve gratuitamente il farmaco dalle aziende produttrici. Il responsabile del Centro UVA è libero di scegliere le molecole (o il prodotto) che ritiene più opportuno somministrare. Il medico di medicina generale si attiene alle indicazioni del Centro UVA: ogni eventuale cambiamento deve essere concordato con il Centro stesso. Qualora il paziente sia ricoverato presso strutture ospedaliere per qualsiasi motivo, la responsabilità della terapia passa al medico della struttura di degenza il quale dovrà collegarsi con il Centro UVA di riferimento. Anche qualora il paziente non rientrasse nel trattamento farmacologico Alzheimer, è opportuno che il Centro UVA attivi le alternative assistenziali avvalendosi, anche, della rete dei servizi. Considerata la necessità di raccogliere presso i Centri UVA dati e informazioni sui pazienti, dati ritenuti sensibili, la circolare suggerisce di adottare due apposite schede per informare i pazienti medesimi e/o i loro familiari circa l’uso che verrà fatto delle notizie ricevute. La circolare, infine, invita i Direttori generali delle Aziende sanitarie a promuovere, congiuntamente con i responsabili dei Centri UVA, tutte le iniziative utili al coinvolgimento attivo dei medici di medicina generale perché collaborino operosamente per raggiungere gli obiettivi della sperimentazione nell’interesse della popolazione affetta dalla malattia di Alzheimer. In particolare, i Direttori sono chiamati ad organizzare incontri a livello distrettuale per favorire un’adeguata conoscenza da parte dei medici del modello organizzativo dei Centri UVA e delle procedure da seguire. Per l’utilità che può derivarne, riportiamo lo schema delle due diverse schede previste per l’acquisizione del consenso al trattamento dei dati sensibili di cui alla Legge 675 del 1996.
Mod. A (sottoposto ad un soggetto di diritto) Il/la sottoscritto/a _______________________________________ apprese le informazioni di cui all’articolo 10 della Legge 675/96, dopo essere stato/a ampiamente informato/a dal dr.___________________, alla presenza del mio familiare e caregiver di fiducia sig. ____________, sullo studio e sulle procedure diagnostico-terapeutiche finalizzate alla definizione ed al trattamento della mia patologia, appreso che i dati personali che verranno raccolti rientrano nel novero dei dati sensibili di cui all’articolo 22 della legge suddetta, vale a dire "dati idonei a rilevare lo stato di salute e la vita sessuale", ACCONSENTE al trattamento dei propri dati personali, limitatamente alle finalità di diagnosi e cura; ACCONSENTE, altresì, alla trasmissione dei dati medesimi al Ministero della Sanità ed alla Regione Lazio per finalità epidemiologiche. firma del soggetto di diritto firma del familiare-caregiver
Mod. B (sottoposto ad un soggetto posto a curatela e/o a tutela) Il/la sottoscritto/a _______________________________________ familiare e/o caregiver del sig. _______________________________, apprese le informazioni di cui all’articolo 10 della Legge 675/96, dopo essere stato/a ampiamente informato/a dal dr.___________________, sullo studio e sulle procedure diagnostico-terapeutiche finalizzate alla definizione ed al trattamento della mia patologia, appreso che i dati personali che verranno raccolti rientrano nel novero dei dati sensibili di cui all’articolo 22 della legge suddetta, vale a dire "dati idonei a rilevare lo stato di salute e la vita sessuale", ACCONSENTE al trattamento dei dati personali del proprio familiare, limitatamente alle finalità di diagnosi e cura; ACCONSENTE, altresì, alla trasmissione dei dati medesimi al Ministero della Sanità ed alla Regione Lazio per finalità epidemiologiche. firma del soggetto di diritto firma del familiare-caregiver
Un piano articolato di ricerca scientifica Agli inizi del mese di marzo 2001 il Dipartimento Servizio sanitario regionale ha consegnato al Ministero della Sanità i piani esecutivi di 5 progetti di ricerca scientifica finalizzata allo studio della malattia di Alzheimer e dei relativi percorsi assistenziali. Si tratta di un intervento complesso che spazia dal settore bio-sanitario a quello epidemiologico, dal campo della ricerca organizzativa a quello delle indagini biochimiche e farmacoeconomiche. Si riportano di séguito le indicazioni generali e gli obiettivi di ciascuno dei 5 progetti del Lazio. UN MODELLO DI STIMA DELL’OCCORRENZA DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER PER LA COSTRUZIONE DI UN REGISTRO REGIONALE E LA VALUTAZIONE DEL BISOGNO ASSISTENZIALE. Obiettivi: Definire criteri di riconoscimento della malattia utilizzabili a livello di popolazione; Stimare la prevalenza e l’incidenza della demenza nella popolazione superiore ai 64 anni; Valutare i carichi assistenziali e i costi, diretti e indiretti, generati dalla malattia nei suoi differenti stadi di evoluzione; Sviluppare un modello di raccolta dei dati utile alla costruzione di un registro regionale Programmare e sviluppare un modello integrato di offerta asssistenziale basata sulla rete dei servizi e sul supporto informale costituito dalle famiglie e dai caregivers dei pazienti. Come e perché: La Regione Lazio insieme alle singole Aziende Usl e con il contributo delle Aziende ospedaliere, mediante la creazione di una banca dati e di nuovi modelli assistenziali relativi alla popolazione affetta da demenza, potranno: Programmare una rete di servizi socio-sanitari sul territorio per l'assistenza al malato, quali: l'assistenza domiciliare, le attività di volontariato organizzato, le strutture di residenza. Ottimizzare la qualità di tali servizi Migliorare gli indicatori di costo-efficacia relativamente al comparto dei servizi assistenziali e farmaceutico. Ottimizzare i supporti sia sociali che finanziari alle famiglie e ai caregivers dei pazienti Gli operatori del Sistema sanitario nazionale potranno: Ottimizzare l'approccio diagnostico e terapeutico al malato affetto da demenza Migliorare la qualità degli interventi degli operatori paramedici e/o del volontariato Gli elementi conoscitivi prodotti nell’ambito del progetto, in termini di stima dell’incidenza e della prevalenza di demenza e di Malattia di Alzheimer, nonché di stima dei carichi assistenziali e dei costi (diretti ed indiretti) connessi a tale condizione, concorreranno ad ampliare il patrimonio conoscitivo a disposizione del Servizio Sanitario Nazionale e potranno indirizzare specifiche politiche di settore. I modelli diagnostici ed assistenziali, sviluppati e validati dal progetto tanto per i medici di medicina generale quanto per i centri specialistici, potranno essere confrontati con quelli prodotti da altre esperienze (nell’ambito dello stesso progetto strategico o al di fuori di esso) ed eventualmente diffusi a livello nazionale. Dal punto di vista degli aspetti metodologici, tutti gli strumenti messi a punto ed utilizzati dal progetto potranno essere immediatamente trasferiti, qualora giudicati validi, al SSN. In particolare, verranno resi disponibili: I metodi relativi alla selezione e all’uso di campioni stratificati di medici di medicina generale per l’arruolamento di coorti di persone affette da patologie acute e/o croniche e il riferimento di tali persone ai centri di secondo livello; le tecniche di riporto all’universo per la produzione di stime di incidenza e prevalenza articolate per sesso, classe di età ed area geografica di residenza; i modelli di formazione per i medici di medicina generale e i sistemi di documentazione dell’assistenza di base erogata ai pazienti con demenza; i metodi e le procedure di interrogazione delle basi dati regionali delle prestazioni sanitarie (ricoveri ospedalieri in acuzie, post-acuzie e riabilitazione estensiva, assistenza ambulatoriale e prescrizioni farmaceutiche) per la descrizione dei percorsi assistenziali dei pazienti i metodi per la rilevazione del carico assistenziale, interno ed esterno al SSN, dalla malattia di Alzheimer e per la quantificazione dei costi, diretti ed indiretti, da essa generati. 2. EFFICACIA NELLA GESTIONE DEL PAZIENTE DEMENTE DI UN’ASSISTENZA DOTATA DI UNA STRUTTURA RESIDENZIALE CAPACE DI ADI. Obiettivi: Verificare se un modello assistenziale innovativo per malati moderati-severi di m. di Alzheimer/demenza centrato su una struttura residenziale capace di fornire anche Assistenza Domiciliare Integrata: eviti/diminuisca il ricovero ospedaliero; rallenti il declino della funzione fisica e cognitiva; diminuisca lo stress dei caregivers Come e perché: La gestione della malattia di Alzheimer e della demenza in genere prevede un coinvolgimento importante della famiglia, supporto informale e decisivo in un servizio Sanitario Nazionale povero di offerta di supporto formale. Offerta scarsa sia a livello di assistenza al domicilio che di istituzionalizzazione. Tutto questo determina da una parte un coinvolgimento eccessivo del caregiver informale con sostanziali costi sul versante personale e socio-economico dall' altra il ricorrere all' ospedale per acuti (comunque unico presidio disponibile) per la gestione di richieste sanitarie e non sanitarie. Il malato di Alzheimer, infatti, dalla fase moderata in poi presenta problematiche sanitarie intercorrenti come episodi di delirio, disturbi del comportamento, incontinenza, infezione, iponutrizione, disidratazione etc. che vengono affrontati dall' ospedale. Ospedale che si è anche caricato nel tempo di una sorta di assistenza di respiro quando la famiglia necessita di un periodo di sollievo dall' assistenza quotidiana. L' organizzazione dell' ospedale per acuti impone dei ritmi, orari e regole normalmente inadeguati per il paziente demente, che spesso viene dimesso con un sostanziale peggioramento della situazione per lo meno a livello di funzione fisica e cognitiva; l' introduzione del sistema di rimborso DRGs ha poi ridotto drasticamente la disponibilità dell' ospedale a fornire assistenza di respiro ai caregiver informali. Non essendosi però costituita una rete di servizi a livello del territorio, lo stress del caregiver è immodificato e l' ospedale continua a gestire i problemi sanitari acuti con i costi ed i limiti della sua performance. Il presente programma intende verificare se un modello assistenziale innovativo, centrato su una struttura residenziale capace anche di provvedere ai pazienti in suo carico di una assistenza domiciliare integrata, soddisfi le esigenze assistenziali dei malati di demenza/Alzheimer sia sanitarie che psico-sociali (incluse quelle di respiro per i caregiver), diminuisca l' ospedalizzazione, rallenti il declino fisico e cognitivo e allievi lo stress dei caregiver informali. Il tutto su una popolazione di malati moderati-severi e residenti in una grande città, caratteristiche che maggiormente condizionano il ricorso all' ospedalizzazione e dove più alto è lo stress del caregiver. 3. MECCANISMI DI TRASDUZIONE COLINERGICA: IMPLICAZIONI PER LA TERAPIA DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER Obiettivi: Accertare il ruolo dei recettori muscarinici per l’acetilcolina nella plasticità sinaptica striatale valutando il ruolo della protein chinasi C e la sua modulazione da parte dei neurosteroidi. Sistema colinergico striatale e pontomesencefalico in fenomeni cognitivi. Sistema colinergico striatale in condizioni di alterato metabolismo mitocondriale. Ruolo delle fosfolipasi nella tossicità da Beta-amiloide. Come e perché: Nelle aree cerebrali coinvolte, la degenerazione neuronale si accompagna ad un’alterata neurotrasmissione colinergica. A sostegno della cosiddetta "ipotesi colinergica", si è dimostrato che nell’Alzheimer gli elementi del sitema colinergico vegnono compromessi. Lo striato come parte integrante del circuito dei gangli della base è stato coinvolto in fenomeni cognitivo come la memoria motoria, meccanismi di ricompensa e di farmaco dipendenza. Nei fenomeni di plasticità sinaptica striatale, l’acetilcolina ha un ruolo esseziale ed uno dei meccanismi di trasduzione del segnale colinergico è rappresentato dall’attivazione di enzimi calcio-dipendenti come la fosfolipasi e le proteinchinasi. Entrambi questi enzimi sono stati implicati nella patogenesi del danno neuronale in corso di Alzheimer. Allo stesso modo la PKC è stata coinvolta nei processi di neurodegenerazione in specie nei meccanismi aberranti di trasduzione del segnale che si verificano in corso di Alzheimer e he accompagnano le anomalie di neurotrasmissione colinergica,. Una delle ipotesi concernenti la patogenesi della malattia di Alzheimer considera la tossicità dovuta all’accumulo a livello cerebrovascolare della proteina b-amiloide (Ab) come una delle cause primarie nello sviluppo della patologia.A b viene prodotta dal metabolismo di un precursore/i definito APP, precursore della proteina amiloide. Un metabolismo aberrante di APP sembrerebbe verificarsi nel corso della patologia con aumnetata produzione e deposito del peptide Ab. L’attivazione dela PKC è uno dei meccanismi con cui si può favorire il metabolismo amiloidogenico di APP. E’ interessante sottolineare che i recettori muscarinici sono in grado di attivare la PKC. Anche alcuni steroidi, prodotti sia da tessuti periferici che direttamente dal cervello sono in grado di modulare il metabolismo di APP. In particolare, è stato dimostrato che il neurosteroide deidroepiandrosterone può ripristinare il metabolismo non amiloidogenico di APP. E’ importante notare che il corretto funzionamento di tali effettori intracellulari diviene anomalo in condizioni di alterato metabolismo energetico della cellula, in particolare durante il danno mitocondriale. Pertanto sarà necessario analizzare il ruolo dei recettori muscarinici per l’acetilcolina nella plasticità sinaptica striatale, valutando, in particolare, il ruolo della PKC e sua modulazione da parte dei neurosteroidi. Esaminare il ruolo dei sistemi colinergici striatali e pontomesencefalici in fenomeni cognitivi. Valutare le risposte del sistema colinergico striatale in condizioni di alterato metabolismo mitocondriale. Infine, definire il ruolo delle fosfolipasi nella neurotossicità da b-amiloide al fine di sintetizzare peptidi in gradi di interferire con il metabolismo dell’amiloide stessa.4. EVOLUZIONE CLINICA DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER E DEL MILD COGNITIVE IMPAIRMENT (MCI): MODIFICAZIONE DEL CARICO ASSISTENZIALE ED OTTIMIZZAZIONE DELL’ASSISTENZA. Obiettivi: Individuazione di un set di test psicometrici e di procedure cliniche per la diagnosi di malattia di Alzheimer utilizzabili in ambito assistenziale, territoriale, da integrare con gli strumenti di valutazione multidimensionale. Follow-up dei pazienti per verificare l’evoluzione degli stadi intermedi (MCI) e l’evoluzione clinica dei dementi. Proposta di modelli di assistenza territoriale e verifica di: carico assistenziale, tasso di istituzionalizzazione; risultati delle diverse tipologie assistenziali. Come e perché: Lo sviluppo di deficit cognitivi nel paziente anziano, rappresenta, da un punto di vista di gestione clinica, un continuum più o meno evolutivo che parte dalle forme – non ancora ben definite – di Mild Cognitive Impairment (MCI) per arrivare a quelle di malattia di Alzheimer conclamata. In rapporto a ciò si pongono due ordini principali di problemi, diagnostici e assistenziali. Non sempre – soprattutto in ambito di assistenza sul territorio – è possibile o agevole effettuare un processo diagnostico così approfondito da decidere, con accettabile sicurezza circa la presenza, il tipo e il livello di un quadro demenziale o di impairment cognitivo. In rapporto a ciò lo studio si propone di individuare un set di test psicometrici e di procedure di esame clinico per la diagnosi di deficit cognitivo – nelle sue varie presentazioni – utilizzabili in ambito assistenziale territoriale da integrare con gli strumenti di valutazione multidimensionale geriatrica. Tale set diagnostico sarà validato contro il golden-standard rappresentato dalla diagnosi che si avvarrà di tecniche testistiche, cliniche, di neuroimaging, di elettrofisiologia e di diagnosi biologica. In tal modo verranno individuati tre gruppi di pazienti affetti, non affetti da demenza e affetti da altre forme di impairment cognitivo. Il primo gruppo non sarà seguito nel tempo, contrariamente agli altri due. In tal modo sarà possibile confermare o meno le diagnosi, verificare l’incidenza della demenza in pazienti con diagnsi di MCI, valutare l’evioluzione degli stadi intemedi, monitorare l’evoluzione della situazione clinica. A livello di territorio, inoltre, verranno forniti servizi di assistenza differenziati e verificati: carico assistenziale per la presa in carico di pazienti dementi in day hospital, Centri diurni, assistenza domiciliare integrata, ospedalizzazione domiciliare, rsa; modificazione del tasso di ospedalizzazione e istituzionalizzazione; confronto tra tipologie assistenziali in termini di utilizzazione di risorse umane, strumentali ed economiche; influenza delle varie tipologie assistenziali sulla evoluzione della malattia in termini di deficit cognitivi. Un gruppo di pazienti non avviati alla assistenza territoriale verrà utilizzato come gruppo di controllo in termini di analisi dei costi e dei carichi assisitenziali. 5. IDENTIFICAZIONE PRECOCE DI PAZIENTI ALZHEIMER "RESPONDERS" AGLI INIBITORI DELLA COLINESTERASI: STUDIO DI FATTIBILITA’ ED IMPLICAZIONI FARMACOECONOMICHE. Obiettivi: Identificazione di marcatori biologici e clinico anamnestici di pazienti con malattia di Alzheimer "responders" e "non responders". Messa a punto di uno strumento per la selezione precoce dei pazienti "responders". Addestramento di un campione di operatori nella regione Lazio per l’uso dello strumento. Come e perché: L’approccio terapeutico ai pazienti Alzheimer è stato radicalmente modificato negli ultimi anni dall’itroduzione di una nuova classe di agenti farmacologici: gli inibitori reversibili delle colinesterasi colinergiche cerebrali. Il meccanismo di azione di questi farmaci consiste fondamentalmente nella loro capacità di inibire in maniera reversibile il catabolismo del neurotrasmettitore acetilcolina a livello delle sinapsi del sistema nervoso centrale, incrementando, in tal modo, l’attività colinergica a livello di tali strutture. Il razionale di tale approccio terapeutico risiede, in primo luogo, nella dimostrazione di un marcato deficit dell’attività colinergica cerebrale dei pazienti Alzheimer imputabile, da un lato, al depauperamento neuronale nelle strutture neocorticalie , dall’altro, alla riduzione delle afferenze neocorticali di tipo colinergico a partenza dai nuclei diencefalici. In secondo luogo, un possibile effetto terapeutico di questi farmaci sui deficit cognitivi dei pazienti è suggerito dal ruolo che l’acetilcolina normalmente svolge nel funzionamento dei processi cognitivi, primo tra i quali la memoria episodica. E’ necessario, perciò approfondire il rapporto costo/beneficio del trattamento con farmaci anticolinesterasici insieme ad un’analisi avanzata sui markers predittori di responsività al trattamento medesimo. Le strategie di politica sanitaria che prevedano un’ampia e gratuita diffusione di questi farmaci sono fortemente condizionate da una serie di problemi: costo elevato; parziale effetto limitato nel tempo non ancora quantizzato per quanto concerne l’impatto sulla vita quotidiana dei pazienti e dei caregivers; risposta farmcaologica percepibile in misura ancora lieve ed evidenziabile solo a distanza di alcuni mesi dall’inizio del trattamento. Sarebbe pertanto estremamente utile disporre di una batteria di esami strumentali, neuropsicologici e clinico-anamnestici in grado di indentificare precocemente i "responders" soprattutto allo scopo di: evitare inutili esborsi per farmaci estremamente costosi; evitare effetti collaterali relativamente rischiosi in soggetti che non si gioveranno del trattamento; permettere ai pazienti "non responders" di essere reclutati per trial farmacologici con sostanze diverse dagli inibitori delle colinesterasi. Un filo conduttore I 5 progetti, pur del tutto autonomi nella loro fase realizzativa e nei diversi approcci culturali e scientifici, rispondono tuttavia ad uno stesso bisogno di conoscere di più e meglio tutte le facce di un problema che non presenta facili soluzioni. La sfida/ambizione della Regione Lazio risiede proprio nella possibilità e capacità di ricondurne i risultati all’interno di un unico percorso operativo i cui punti di riferimento restano la sofferenza dei malati e dei loro familiari, l’efficienza e l’efficacia delle risposte assistenziali, l’equità e la qualità delle soluzioni offerte. |
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